RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 9 maggio 2023, la Corte di appello di Trieste, per quanto di interesse in questa sede, ha: 1) confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Udine nella parte in cui aveva dichiarato la penale responsabilità di Ba.Mi. per il reato continuato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, aggravato dall'aver agito avvalendosi di un'associazione per delinquere transnazionale, in ordine alle dichiarazioni presentate il 24 settembre 2013 ed il 16 settembre 2014; 2) dichiarato estinto il medesimo reato con riguardo alla dichiarazione presentata il 21 settembre 2012; 3) rideterminato la pena in due anni e due mesi di reclusione, con diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, Ba.Mi., nella qualità di legale rappresentante pro tempore della "M.G. Service Srl", dichiarata fallita il 30 giugno 2015, avrebbe indicato nelle dichiarazioni dei redditi relativi agli anni 2011, 2012 e 2013 elementi passivi fittizi, avvalendosi di quattro fatture parzialmente inesistenti emesse dalla società "AD Evolution Ltd" tra il 15 marzo e l'1 dicembre 2011, aventi ad oggetto spese di pubblicità e propaganda, per un importo complessivamente pari a 120.000,00 Euro, poi ridotto con nota di credito di 10.000,00 Euro, e ammortizzato in cinque anni con quote di competenza annuale di 22.000,00 Euro.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe Ba.Mi., con atto a firma degli Avv.ti Francesco Borsetta e Tania Cattarossi, articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 530, comma 1, cod. proc. pen. e 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione per travisamento della prova, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato sotto il profilo dell'avvenuta presentazione delle dichiarazioni.
Si deduce che la sentenza impugnata illegittimamente ha ritenuto effettuata la presentazione all'Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni fiscali indicate in contestazione. Si premette che la sentenza di primo grado ha dato per effettuata la presentazione delle precisate dichiarazioni all'Agenzia delle Entrate senza indicare alcun elemento istruttorio a fondamento di tale conclusione, così incorrendo nel vizio di travisamento della prova per omissione. Si rappresenta, poi, che la sentenza di appello ha affermato la presentazione delle dichiarazioni fiscali all'Agenzia delle Entrate sulla base della deposizione del teste di polizia giudiziaria, e che, però, questi, per come risulta dal verbale di udienza del 10 gennaio 2021, ha detto di aver proceduto alle acquisizioni documentali presso la società "MG. Service Srl". Si aggiunge che non è stato acquisito nessun documento presso l'Agenzia delle Entrate. Si osserva che la frattura logica tra premessa fattuale e conclusioni porta ad escludere la certezza dell'avvenuta presentazione delle dichiarazioni fiscali all'Agenzia delle Entrate e, quindi, a ritenere che si sia verificato un vizio logico in ordine ad un elemento decisivo ai fini dell'affermazione di responsabilità dell'imputato.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato in ragione dell'affermata attendibilità delle dichiarazioni del testimone "assistito" Po..
Si deduce che la sentenza impugnata ha ritenuto intrinsecamente attendibili le dichiarazioni del teste "assistito" Po., valorizzandone la coerenza, e la scelta di rendere dichiarazioni dopo aver appreso di essere stato formalmente sottoposto ad indagini, quando proprio questo dato esclude la spontaneità del contributo narrativo, ed induce il sospetto del desiderio di compiacere gli inquirenti e di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite. Si aggiunge che, anzi, ben due decisioni emesse a carico di Po. evidenziano come lo stesso abbia beneficiato di un più mite trattamento sanzionatorio proprio per la sua "collaborazione" con gli inquirenti. Si rappresenta, inoltre, che le dichiarazioni del teste "assistito" Po. sono state rese a grande distanza dai fatti e si caratterizzano per contraddizioni, perché il medesimo: a) nella fase delle indagini, nel 2014, aveva negato di aver messo in contatto l'attuale ricorrente con la società "A.D. Evolution ltd"; b) a dibattimento, dapprima ha detto di aver gestito in prima persona i rapporti tra l'attuale ricorrente e i gestori dell'operazione diretta a procurare false fatture, per poi ritagliarsi il ruolo di mero "postino"; c) non ha saputo indicare l'esatta percentuale delle somme "restituite" alla "MG Service Srl" dall'organizzazione preposta all'emissione delle false fatture.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. d) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo al rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con riguardo all'esame del teste Be..
Si deduce che la Corte d'appello illegittimamente ha omesso di esaminare il teste Al.Be., indicato dal testimone "assistito" Po. come colui il quale aveva direttamente interagito con i vertici della "MG Service Srl" per conto dell'organizzazione preposta all'emissione delle false fatture. Si osserva che la Corte d'appello è incorsa in un travisamento della prova quando ha affermato che Be. non ha avuto contatti con l'attuale ricorrente, perché questo dato è smentito proprio dalle dichiarazioni del testimone "assistito" Po.. Si rappresenta che, in questo modo, il diniego della Corte d'appello di procedere a rinnovazione istruttoria ha procurato all'attuale ricorrente una ingiustificata compromissione del diritto di difesa, anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 729,191,192,530, comma 1, e 533, comma 2, cod. proc. pen., 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, 111, terzo comma, Cost. e 6, paragrafo 3, lett. d), CEDU, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato in ragione dell'affermata utilizzabilità di documentazione acquisita per rogatoria internazionale dalle Autorità svizzere e inglesi.
Si deduce che la sentenza impugnata illegittimamente ha ritenuto utilizzabili i documenti acquisiti per rogatoria internazionale dalle Autorità svizzere e inglesi. Si rileva che la Corte d'appello ha escluso l'esistenza di limiti di utilizzabilità in ordine a tali documenti sulla base delle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria. Si osserva che, però, manca qualunque formale autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria estera all'utilizzo di tali documenti, e che, di conseguenza, è inutilizzabile anche il contenuto delle dichiarazioni rese in proposito dal teste di polizia giudiziaria. Si segnala, inoltre, che l'inutilizzabilità dei documenti in questione determina il venir meno di qualunque riscontro alle dichiarazioni del teste "assistito" Po..
2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 133 cod. pen., e vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla dosimetria della pena.
Si deduce che la sentenza impugnata ha negato le circostanze attenuanti generiche ed applicato un aumento per la continuazione superiore al minimo di legge, senza considerare la collaborazione fornita dallo stesso, la quale ha consentito di individuare il ruolo di Po., nonché la sostanziale incensuratezza del medesimo.
3. Nell'interesse del ricorrente, gli Avv.ti Borsetta e Cattarossi hanno presentato memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Nella memoria, si sviluppano gli argomenti esposti nel ricorso, e in particolare nel primo, nel secondo e nel quinto motivo, alla luce delle osservazioni formulate nella requisitoria del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
2. Manifestamente infondate, se non diverse da quelle consentite in sede di legittimità, sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'affermazione di sussistenza del reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, deducendo che la Corte d'appello è incorsa nel vizio di travisamento della prova per omissione laddove ha ritenuto accertata la presentazione all'Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni fiscali indicate nell'imputazione.
Indubbiamente, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, è necessario che la dichiarazione fiscale mendace sia stata presentata agli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, perché solo in questo modo la stessa diventa giuridicamente rilevante (cfr., per la conclusione secondo cui il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari, tra le tantissime, Sez. 3, n. 3957 del 26/10/2021, dep. 2022, Arvotti, Rv. 282710 - 01, e Sez. 3, n. 52752 del 20/05/2014, Vidi, Rv. 262358 - 01).
Tuttavia, in proposto, la sentenza impugnata ha puntualmente precisato che le dichiarazioni fiscali di cui all'imputazione sono state presentate agli uffici dell'Amministrazione finanziaria. Ha infatti osservato: "Risultano in atti le dichiarazioni dei redditi della società MG Service relative alle annualità 2011, 2012 e 2013, che non sono state acquisite dalla p.g. in sede di perquisizione della società, bensì acquisite presso l'Agenzia delle Entrate dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Monza, che aveva condotto tutte le indagini: le dichiarazioni, pertanto, erano state compilate e presentate ("spedite") dalla società".
Né queste conclusioni possono essere contestate chiedendo una rilettura delle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria escusso nel dibattimento di primo grado, a maggior ragione se si considera che lo stesso, anche secondo il ricorso, non risulta aver espressamente escluso la circostanza dell'avvenuta presentazione presso l'Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni fiscali oggetto di contestazione.
3. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano il giudizio affermativo dell'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dal testimone "assistito" Ru.Po., deducendo che la sentenza impugnata ha omesso di considerarne l'assenza di spontaneità e le intrinseche contraddizioni e lacune.
3.1. Ai fini dell'esame delle doglianze appena sintetizzate, è utile richiamare i consolidati principi giurisprudenziali in materia.
Innanzitutto, come precisato anche dalle Sezioni Unite, nella valutazione della chiamata in correità o in reità, il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., alcuna specifica tassativa sequenza logico - temporale (così Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145 - 01, e, tra le altre, Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess Khalid, Rv. 276676 - 01).
Va poi rilevato che il sindacato di legittimità sulla valutazione delle chiamate di correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perché un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in sé stessi e nel loro reciproco collegamento (vds., tra le altre, Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, Guarino, Rv. 280058 - 01, e Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, Beruschi, Rv. 264577 - 01).
Va quindi evidenziato che, in tema di criteri di valutazione della chiamata in correità, occorre distinguere il generico interesse a "collaborare", che può animare utilitaristicamente ogni collaborante in ragione della possibilità di fruire dei benefici di legge, e non ne inficia la credibilità, in mancanza di quantomeno serie allegazioni contrarie, dall'interesse concreto a rendere dichiarazioni eteroaccusatorie inquinate - per malanimo, astio, rancore, intese collusive o altro - tale da rendere legittimo il sospetto concreto di inattendibilità delle propalazioni accusatorie, ciò che deve indurre il giudice a maggiore cautela e ad applicare con criterio di rigore gli ulteriori parametri valutativi offerti dall'esperienza e dalla logica (così Sez. 6, n. 48320 del 12/04/2022, Manna, Rv. 284074 - 02, e Sez. 1, n. 11179 del 31/10/2018, dep. 2019, Patanè, Rv. 274921 - 01).
Ancora, è utile aggiunge che, in tema di chiamata di correo, gli altri elementi di prova da valutare, ai sensi dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., unitamente alle dichiarazioni del chiamante, non devono possedere necessariamente i requisiti propri degli indizi di cui all'art. 192, comma 2, cod. proc. pen., essendo sufficiente che siano precisi nella loro oggettiva consistenza e idonei a confermare, in un apprezzamento unitario, la prova dichiarativa dotata di propria autonomia rispetto a quella indiziaria (cfr. Sez. 1, n. 31004 del 10/05/2023, Cauchi, Rv. 284840 - 01, e Sez. 1, n. 34712 del 02/02/2016, Ausilio, Rv. 267528 - 01).
3.2. La sentenza impugnata riporta il contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone "assistito" Ru.Po., e spiega perché le ritiene attendibili.
Secondo quanto esposto dalla Corte d'appello, il teste "assistito" ha dichiarato che l'attuale ricorrente, quale amministratore della " MG Service Srl", si era rivolto a lui per ricevere delle "sovrafatturazioni" e che, perciò, egli lo aveva messo in contatto con la società di diritto inglese "AD Evolution Ltd", gestita, insieme ad altre ditte, da un'organizzazione facente capo a Lu.Pr. e Al.Be., la quale aveva creato un meccanismo per sovrafatturare sponsorizzazioni relative al modo dei motori. Ha poi precisato che l'organizzazione appena indicata si avvaleva di tre società di diritto inglese, una delle quali era appunto la "AD Evolution Ltd", le quali emettevano fatture per le sponsorizzazioni alle società italiane e poi dirottavano il denaro ricevuto a società off-shore, con conti in Svizzera, dai quali venivano poi prelevate le somme per la restituzione alle società italiane, o mediante trasferimenti a conti cifrati nel Principato di Monaco o in Svizzera, o a mezzo di investimenti immobiliari, o in contanti. Ha inoltre aggiunto che, nel caso di sponsorizzazioni al team Kessel, come quelle effettuate dall'attuale ricorrente per conto della "MG Service Srl", la sovrafatturazione era del 75%. Ha quindi affermato che egli in prima persona aveva messo l'attuale ricorrente in contatto con Al.Be., e curato la consegna al medesimo sia delle fatture emesse dalla "AD Evolution Ltd", sia delle buste contenenti il denaro contante da restituire, pari al 75% o all'80% dell'importo delle fatture. Ha puntualizzato che i soldi da "retrocedere" venivano materialmente portati in Italia dalla Svizzera da una donna di una certa età, che egli li riceveva da questa persona, materialmente li metteva nelle buste e poi li consegnava ai destinatari e che, in particolare, egli si incontrava con l'attuale ricorrente in un bar di Udine da questi di volta in volta indicato. Ha infine detto di aver informato compiutamente l'attuale ricorrente di tutte le modalità delle operazioni e di aver cessato con lo stesso il rapporto quando il medesimo non aveva effettuato più i pagamenti ed aveva dovuto emettere delle note di credito per consentire alla società inglese di "sistemare" la contabilità.
La Corte d'appello, poi, osserva che le dichiarazioni del testimone "assistito" Ru.Po. sono attendibili, perché coerenti, perché intervenute solo dopo l'apertura di indagini a carico del medesimo, e perché ampiamente confermate dagli accertamenti di polizia giudiziaria.
In particolare, evidenzia che le rogatorie hanno consentito di accertare: a) i movimenti di denaro dalla "MG Service Srl" alla "Ad Evolution ltd" e da questa alla società off-shore "Vainsun" nei termini indicati dal dichiarante; b) il prelievo di denaro in contante dai conti della società "Vainsun" il 12 luglio 2011, per l'importo di 29.792,00 Euro, in corrispondenza del bonifico effettuato il 6 luglio 2011 da "MG Service Srl" alla "Ad Evolution ltd" per la somma di 30.000,00 Euro, poi da questa girata alla "Vainsun" in pari data; c) il prelievo di denaro in contante dai conti della società "Vainsun" l'11 ottobre 2011, per l'importo di 28.950,00 Euro, in corrispondenza di un ulteriore bonifico effettuato da "MG Service Srl" alla "Ad Evolution ltd" per la somma di 30.000,00 Euro, e poi da questa girata alla "Vainsun"; d) l'esistenza di un documento extra-contabile, rinvenuto in sede di perquisizione presso la fiduciaria svizzera della Vainsun", recante l'indicazione "Conteggio x MG Service", datato 11 ottobre 2011, e nel quale è scritto in colonna: "30.000,00 da MG", "0,00 spese bancarie", "- 110,00 spese bancarie", "- 940,00 comm. Uff. MG", e riportato alla fine come risultato "28,950,00 MG". Aggiunge, inoltre, che anche l'emissione della nota di credito da parte della "MG Service Srl" è stata effettivamente accertata.
Precisa, ancora, che l'attendibilità delle dichiarazioni del testimone "assistito" non può ritenersi inficiata dal mancato accertamento dei costi non compresi nel contratto di sponsorizzazione o dell'esatta percentuale (75% ovvero 80%) delle somme retrocesse dall'organizzazione criminale alla "MG Service Srl", sia perché il teste ha dichiarato di non ricordare esattamente, anche per la distanza di molti anni tra i fatti e le sue audizioni, sia perché occorreva tener presenti i costi per la partecipazione alle gare, i quali erano soggetti a molteplici fattori e difficilmente quantificabili.
3.3. In considerazione dei principi giuridici applicabili, le conclusioni della sentenza impugnata in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni del testimone "assistito" Ru.Po. sono da ritenere correttamente motivate.
Innanzitutto, priva di concreta rilevanza è la deduzione relativa alla scelta di Ru.Po. di rendere dichiarazioni dopo l'apertura di indagini a suo carico: come si è indicato nel par. 3.1, la mera esistenza di un interesse a collaborare non è circostanza idonea ad inficiare la credibilità delle dichiarazioni.
In secondo luogo, poi, la Corte d'appello ha evidenziato che le dichiarazioni di Ru.Po.: a) non risultano dettate da malanimo, astio, rancore, intese collusive o altri fattori "inquinanti"; b) sono ricche di dettagli; c) non sono state smentite da elementi obiettivi, ma anzi da questi hanno ricevuto importanti conferme; d) incorrono in imprecisioni molto modeste e pienamente giustificabili quando non precisano l'esatta percentuale delle somme "restituite" alla "MG Service Srl".
Ancora, la denuncia di contraddizioni interne alle dichiarazioni di Ru.Po., attinenti all'aver messo o meno in contatto l'attuale ricorrente con Be., e al ruolo da egli svolto nelle operazioni, risulta fondata sull'enfatizzazione di differenze lessicali, posto quanto testualmente riportato dalla sentenza impugnata (cfr., in particolare, le frasi trascritte a pag. 17 della sentenza impugnata).
4. Manifestamente infondate sono anche le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la legittimità del rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria, con riguardo all'esame di Al.Be., indicato dal teste "assistito" Po. come colui il quale aveva interagito con la "MG Service Srl" per conto dell'organizzazione preposta all'emissione delle false fatture.
Innanzitutto, non ricorrono i presupposti per la configurabilità del vizio di mancata assunzione di prova decisiva, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
Invero, come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza, la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo d'impugnazione ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione ai sensi dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente articolato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (così, tra le tantissime, Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 2024, Pasimeni, Rv. 285722 - 01, e Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, dep. 2017, Fiaschetti, Rv. 269270 - 01).
E, nella specie, l'esame di Al.Be., nel giudizio di primo grado, era stato chiesto a norma dell'art. 507 cod. proc. pen.
Sotto altro profilo, poi, non ricorrono nemmeno le condizioni per ritenere integrato il vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Questa Corte di legittimità, infatti, ha più volte osservato che, siccome l'ammissione di nuove prove ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., rispetto a quelle inizialmente richieste dalle parti, è soggetta ad una più penetrante e approfondita valutazione di pertinenza e rilevanza, correlata alla più ampia conoscenza dei fatti di causa già acquisita da parte del giudice, l'omesso esercizio del corrispondente potere-dovere può essere sì sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti rispetto al potere di ammissione delle prove a richiesta di parte, richiedendosi una manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata (così Sez. 4, n. 8083 del 08/11/2018, dep. 2019, Cristiano, Rv. 275149 - 01, e Sez. 6, n. 724 del 08/11/1993, dep. 1994, Capizzi, Rv. 196218 - 01).
E la sentenza impugnata ha richiamato il contenuto e la piena attendibilità delle dichiarazioni del teste "assistito" Ru.Po. - il quale ha affermato di aver gestito in prima persona i rapporti con l'attuale ricorrente per conto dell'organizzazione facente capo ad Al.Be., in particolare provvedendo alla consegna delle fatture emesse dalla "Ad Evolution ltd" ed alla "retrocessione del denaro in contanti -, così fornendo una puntuale e congrua motivazione per escludere l'assoluta necessità di acquisire la deposizione richiesta.
5. Manifestamente infondate sono anche le censure proposte con il quarto motivo, che contestano l'utilizzabilità della documentazione acquisita per rogatoria internazionale dalle Autorità svizzere e inglesi, deducendo l'assenza di qualunque formale autorizzazione da parte di queste ultime in relazione al giudizio a carico dell'attuale ricorrente.
In proposito, è sufficiente rilevare che la sentenza impugnata ha evidenziato espressamente l'assenza di vincoli di inutilizzabilità imposti dall'autorità estera; né il ricorrente ha fornito indicazioni concrete per contestare questa affermazione della sentenza impugnata.
6. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità, e comunque manifestamente infondate, sono le censure indicate nel quinto motivo, che contestano il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la misura dell'aumento apportato a titolo di continuazione.
La sentenza impugnata ha fissato la pena base in un anno e sei mesi di reclusione, pari al minimo edittale, ha applicato un aumento di sei mesi di reclusione per l'aggravante del reato transnazionale di cui all'art. 61 - bis cod. pen., non oggetto di censura, nonché un ulteriore aumento di due mesi per la continuazione, ed escluso la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, in particolare osservando che l'adesione ad una complessa operazione fraudolenta è indicativa di una spiccata intensità del dolo.
Le valutazioni indicate sono immuni da vizi. Invero, il profilo dell'intensità del dolo è elemento preciso e congruo per escludere il diniego delle circostanze attenuanti generiche e anche per giustificare il modesto aumento di pena apportato a titolo di continuazione.
7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 settembre 2024.