RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 18 gennaio 2024, e depositata il 30 gennaio 2024, per quanto di interesse in questa sede, il Tribunale di Salerno, in parziale accoglimento dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno avverso l'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Salerno, ha disposto l'applicazione a) nei confronti della "Natana.Doc Spa", del sequestro preventivo a fini di confisca diretta della somma di 40.880.518,10 Euro per il reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 in relazione agli anni di imposta dal 2013 al 2019, nonché della somma di 2.291.607,16 per il reato di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000 in relazione agli anni di imposta dal 2013 al 2015; b) nei confronti degli amministratori prò tempore della "Natana.Doc Spa" e di At.Gi. quale amministratore di fatto della stessa, del sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente per un valore di eguale importo.
I fatti, per come precisato nell'ordinanza impugnata, hanno ad oggetto due distinte tipologie condotte.
Con riguardo all'85 % delle prestazioni considerate, la "Natana.Doc Spa" avrebbe indicato, nelle dichiarazioni ai fini IVA ed IRES, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse da numerose società cooperative, con configurabilità della fattispecie di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000. In questi casi, relativi agli anni dal 2013 al 2019, la "Natana.Doc Spa", dopo aver stipulato contratti di appalto di servizi con terzi, aventi ad oggetto logistica e distribuzione delle merci, li avrebbe subappaltati a società cooperative da ritenere fittizie o ad associazioni temporanee di imprese costituite da società cooperative da ritenere fittizie, al fine di far emettere, da queste ultime, fatture nei propri confronti relative, in realtà , al proprio costo del lavoro, e, quindi, a prestazioni non detraibili ai fini dell'IVA, così da riportarle in contabilità ed operare illegittime detrazioni IVA, nonché deduzioni di costi superiori a quelli effettivi ai fini IRES. La regia delle operazioni sarebbe stata di At.Gi., quale gestore di fatto sia della "Natana.Doc Spa", sia delle società cooperative. Le fatture illegittimamente utilizzate dalla "Natana.Doc Spa", e alla stessa rilasciate dalle società cooperative, nel periodo compreso dal 2013 al 2019, avrebbero comportato un'evasione pari a 39.476.893,10 Euro per IVA e a 1.403.688,00 Euro per IRES. Le società cooperative, poi, hanno evaso l'IVA o non presentando dichiarazioni, o presentando dichiarazioni infedeli, o omettendo i versamenti dovuti sulla base della dichiarazione.
In relazione al restante 15 % delle prestazioni considerate, la "Natana.Doc Spa", avrebbe impiegato lo schema dell'interposizione fittizia, con configurabilità della fattispecie di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000. In questi casi, relativi agli anni dal 2013 al 2016, la "Natana.Doc Spa", senza intervenire in modo formale nelle operazioni economiche, utilizzava le società cooperative, le quali, dopo aver stipulato in proprio i contratti di appalto di servizi con i committenti, e dopo aver eseguito le prestazioni pattuite, cessavano la loro attività omettendo il versamento delle imposte. Questo schema operativo avrebbe comportato un'evasione pari a 1.713.437,16 Euro per IVA e a 578.170,00 Euro per IRES.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe At.Al., quale presidente del consiglio di gestione e legale rappresentante prò tempore della "Natana.Doc Spa", con atto sottoscritto dagli Avv. Franco Coppi e Giovanni Chiarito, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2 e 3 D.Lgs. n. 74 del 2000, 321, comma 1, e 125, comma 3, cod. proc. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delieti, per la natura meramente apparente della motivazione.
Si deduce che l'ordinanza impugnata ha omesso di considerare che le società cooperative erano imprese effettivamente esistenti ed attive, come da essa stessa riconosciuto, e come ancor meglio esplicitato nell'ordinanza di rigetto del G.i.p., nella quale si era segnalato come dette cooperative avessero interagito anche con altri soggetti, diversi dalla "Natana.Doc Spa". Si aggiunge che la difesa, in sede di appello, aveva depositato cospicua documentazione idonea ad ulteriormente dimostrare l'effettiva operatività delle società cooperative (ad esempio contratti di noleggio delle attrezzature, pagamenti effettuati nei confronti dei manutentori e delle locatrici di tali attrezzature, certificati di regolarità contributiva, contratti relativi alle utenze; accertamenti fiscali e sentenze di giudici tributari escludenti l'interposizione fittizia o la simulazione soggettiva relativa).
Si rappresenta, poi, che il Tribunale non solo ha omesso di confrontarsi con le deduzioni e la produzione documentale della difesa, ma, per affermare la fittizietà delle cooperative, ha anche valorizzato un dato in sé irrilevante, quale l'esistenza di un'amministrazione di fatto unica per la "Natana.Doc Spa" e queste ultime, facente capo a At.Gi.. Si osserva, precisamente, che il fenomeno di c.d. "eterodirezione" di un ente non implica la fittizietà di quest'ultimo, quando questo abbia comunque una sua realtà strutturale.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 178, lett. c), cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla omessa considerazione delle argomentazioni sviluppate nella memoria depositata il 17 gennaio 2024 per il giudizio di appello del 18 gennaio 2024.
Si deduce che l'ordinanza impugnata ha omesso di considerare le dettagliate argomentazioni, fondate su atti del procedimento precisamente indicati, esposte nella memoria difensiva depositata il 17 gennaio 2024, ed allegata al presente ricorso, per escludere che At.Gi. sia stato amministratore di fatto . della "Natana.Doc Spa" e delle cooperative in relazione con la stessa.
Si richiamano, in particolare, le dichiarazioni di a) Ma.Vi., responsabile amministrativo delle società "Irpinia Zinco Srl" e "Serind Srl", il quale aveva avuto rapporti con la "DESMA", con la "MACO", con la "SVA" e con la "Natana.Doc. Spa"; b) Be.Ab., Sc.Do., Bo.Do. e altri, i quali avevano lavorato alle dipendenze di varie cooperative, in particolare la "Anni" e la "Evaristo Global", e poi della "Natana.Doc s.p.a"; c) Ge.Ro. e La.La., dipendenti della società "Aristea", la quale aveva avuto rapporti con la cooperativa "Anni" e con la "Natana.Doc Spa"; d) numerosi altri dipendenti della "Natana.Doc Spa". Si evidenzia che, da tutte queste dichiarazioni, emerge come At.Gi. non abbia mai agito come amministratore della "Natana.Doc Spa" o delle società cooperative, non sia mai intervenuto nella fase di assunzione dei dipendenti di tali imprese e non abbia mai impartito agli stessi direttive.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 321, comma 1, e 125, comma 3, cod. proc. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del periculum in mora.
Si deduce che l'ordinanza impugnata ha omesso qualunque motivazione per spiegare perché, nelle more del giudizio, i beni della "Natana.Doc s.p.a" potrebbero essere sottratti ad una futura ed eventuale confisca. Si segnala che, secondo la giurisprudenza, il periculum in mora non è configurabile solo perché il patrimonio del soggetto destinatario del provvedimento di sequestro è inferiore al valore di quanto dovrebbe essere oggetto della successiva confisca; si evidenzia che, ad accogliere questa tesi, il sequestro preventivo a fini di confisca sarebbe di fatto equiparato al sequestro conservativo di cui all'art. 316 cod. proc. pen. (si cita Sez. 3, n. 31025 del 06/04/2023, Benzoni, Rv. 285042 - 01).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'affermazione della sussistenza del fumus commissi delieti, deducendo che la motivazione espressa nell'ordinanza impugnata, laddove assume la natura fittizia delle fatture utilizzate dalla "Natana.Doc Spa", è apparente ed illegittima, attese l'effettività e l'operatività delle società emittenti dette fatture e l'irrilevanza della ipotizzata "eterodirezione" di tali imprese da parte dell'attuale ricorrente.
2.1. L'ordinanza impugnata ha ravvisato la sussistenza del fumus commissi delieti per i reati di cui agli artt. 2 e 3 D.Lgs. n. 74 del 2000, con riferimento all'attività svolta dalla "Natana.Doc Spa".
Precisamente, il reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 è stato ravvisato con riferimento alla presentazione, reiterata annualmente dal 2013 al 2019, da parte della "Natana.Doc Spa", di dichiarazioni fiscali fraudolente mediante uso delle fatture emesse da varie società - tra cui "Anni soc. coop.", "COIREMA", "Farinia soc. coop.", "Servizio Verifica Appalti (S.V.A.)", "AIRE Srl", "Evaristo Global Srl", "Servizi Ambientali (SE.AM.) Srl", "G. TRADE Srl" e "IR Logistic Srl" -, ritenute relative ad operazioni inesistenti, sul presupposto del controllo e della gestione di fatto da parte della medesima persona, At.Gi., sia della "Natana.Doc Spa", sia delle società emittenti le fatture indicate come mendaci. L'utilizzo da parte della "Natana.Doc Spa" delle fatture alla stessa rilasciate dalle società cooperative, nelle dichiarazioni presentate dal 2013 al 2019, secondo l'ordinanza impugnata, avrebbe comportato un'evasione pari a 39.476.893,10 Euro per IVA e a 1.403.688,00 Euro per IRES. Il reato di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000, invece, è stato ravvisato con riferimento alla presentazione, reiterata annualmente dal 2013 al 2016, da parte della "Natana.Doc Spa", di dichiarazioni fiscali fraudolente per aver omesso di indicare i proventi di contratti di appalto da essa gestiti mediante il ricorso all'interposizione fittizia di altre società , anch'esse controllate da At.Gi., in quanto rese formalmente parti di detti contratti in luogo della "Natana.Doc Spa". Questo schema operativo avrebbe comportato un'evasione pari a 1.713.437,16 Euro per IVA e a 578.170,00 Euro per IRES.
2.1.1. Per quanto di specifico interesse ai fini del giudizio sulla configurabilità del reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, come affermato ripetutamente nell'ordinanza impugnata (cfr. spec. pagg. 27-29, 38-39 e 42), le fatture utilizzate dalla "Natana.Doc. Spa", ed emesse verso la stessa dalle altre società anch'esse di fatto controllate e gestite da At.Gi., sono state ritenute inesistenti perché relative a mera prestazione di manodopera.
In proposito, l'ordinanza impugnata premette, in linea generale, che il costo del lavoro non è soggetto ad IVA, e, quindi, non può generare IVA a credito.
Osserva, poi, che, nella specie, la "Natana.Doc Spa" si è aggiudicata appalti di servizi, in genere relativi a logistica e distribuzione di merci, e poi ha trasformato il costo del lavoro necessario per eseguire tali contratti in un costo per prestazioni di servizi fornite da altra impresa, stipulando contratti di subappalto con le altre ditte controllate e gestite da At.Gi., e sul presupposto della formale assunzione da parte di queste ultime dei lavoratori concretamente utilizzati; in questo modo, precisamente, il costo del lavoro, invece di essere per salari e stipendi ai dipendenti, come tale non soggetto ad IVA, diventa per prestazioni di servizi fornite da terzi, come tale soggetto ad IVA, e perciò fonte di un credito IVA in capo alla "Natana.Doc Spa", quale acquirente delle prestazioni di servizi ottenuti mediante i subappalti.
Il Tribunale, quindi, segnala, fornendo una puntuale indicazione dei dati per singola ditta (cfr. ad esempio, pagg. 3-7 e 35-36 dell'ordinanza impugnata), che le imprese fornitrici delle prestazioni lavorative, ed emittenti le fatture indirizzate alla "Natana.Doc Spa", hanno quasi sempre omesso di presentare le dichiarazioni fiscali o, comunque, di pagare le somme dovute sulla base delle dichiarazioni da esse stesse presentate.
Conclude pertanto che il "gruppo" gestito da At.Gi., attraverso gli indebiti risparmi fiscali conseguiti, ha potuto praticare prezzi più bassi per i terzi, e perciò "sconfiggere" la concorrenza ed espandersi sul mercato.
In particolare, l'ordinanza impugnata precisa espressamente che
a) "(l)a circostanza, dunque, che tali cooperative abbiano emesso fatture (benché per importi minimi rispetto a quelli fatturati nei confronti della Natana.Doc) anche nei confronti di altri soggetti, oltre che della Natana.Doc, appare non assorbente", perché ciò "non significa che esse esistano come soggetti giuridici effettivi, cioè caratterizzati da autonomia gestionale rispetto alla Natana.Doc", siccome questa "stipula un subappalto con le stesse cooperative, utilizzando così la forza lavoro che, di fatto, è la propria (perché assunta e diretta da At.Gi.) in un'operazione giuridica che certamente ha carattere simulatorio" (cfr., specificamente, pagg. 38-39, ma pure pag. 27);
b) '(l)e cooperative sono uno schermo utilizzato per far figurare i dipendenti come se fossero assunti da altri; in tal modo At.Gi. si sgrava dei costi di lavoro, riesce a convertire "fiscalmente" la prestazione lavorativa di propri dipendenti quale prestazione di servizi oggetto di un subappalto, ottenendo così un credito IVA, risparmia gli oneri fiscali (posto che le cooperative sono tutte evasori fiscali, quasi sempre totali), può permettersi, infine grazie, a tale risparmio di spesa, di abbassare i prezzi per i propri clienti, diventando concorrenziale sul mercato' (pag. 39);
c) "(i)n tali ipotesi, il contratto di appalto è del tutto fittizio ed è stipulato solo per evadere il fisco, consentendo alla Natana.Doc di utilizzare la (propria) forza lavoro, formalmente assunta dalla cooperativa, senza i costi correlati e beneficiando della detrazione dell'IVA fatturata dalle cooperative, che non viene mai versata all'Erario" (pag. 40);
d) (l)e cooperative dunque emettono fatture per operazioni in realtà inesistenti, e la fattura viene poi contabilizzata dalla Natana.Doc trasformando il costo del lavoro, di per sé indeducibile, in prestazione di servizi, indicandola nella dichiarazione ed evadendo così le imposte; si configura in tal modo la fattispecie di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000" (pag. 41).
2.1.2. Per quanto di specifico interesse ai fini del giudizio sulla configurabilità del reato di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000, come affermato nell'ordinanza impugnata (cfr. spec. pagg. 39-40), l'artificio è consistito nella sostituzione della "Natana.Doc Spa" con altra società , sempre controllata e gestita di fatto da At.Gi., quale parte appaltatrice in contratti di appalto di servizi, così da traslare su quest'ultima gli obblighi fiscali.
Il Tribunale precisa che anche nelle ipotesi in esame a) la società committente ha trattato direttamente dell'appalto con At.Gi., o comunque con dipendenti della "Natana.Doc Spa"; b) la società formalmente parte del contratto di appalto di servizi, poco dopo la cessazione di questo, è stata liquidata ed è rimasta inadempiente a tutti gli obblighi fiscali.
In particolare, l'ordinanza impugnata rimarca "La prestazione non è svolta, infatti, dalla cooperativa, che è solo un formale contenitore del personale dipendente della Natana.Doc, ma da quest'ultima, che non figura all'esterno (e che verosimilmente ha comunque un accordo dissimulato con il committente)".
2.2. Le conclusioni dell'ordinanza impugnata sono immuni da vizi nella parte in cui affermano che le fatture utilizzate nelle dichiarazioni della "Natana.Doc Spa", ed emesse verso di essa dalle altre società controllate e gestite di fatto da At.Gi., costituiscono fatture per operazioni inesistenti.
2.2.1. A tali fini, è decisiva non la fittizietà delle ditte emittenti le fatture, bensì la effettiva natura delle prestazioni fornite da queste ditte e indicate nelle fatture, come individuata nell'ordinanza impugnata.
In proposito, il Tribunale evidenzia che le fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali della "Natana.Doc Spa", perché ricevute dalle ditte subappaltatrici, in realtà si riferiscono a prestazioni di lavoro subordinato rese da persone assunte su decisione di At.Gi., reale gestore della precisata "Natana.Doc Spa", ed utilizzate secondo le direttive del medesimo, e, perciò, attengono non a prestazioni di servizi, ma a mera "somministrazione di lavoro".
Ora, il contratto di somministrazione di lavoro è nullo se non è stipulato in forma scritta, ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore (art. 38, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e succ. modif.; di contenuto sostanzialmente sovrapponibile la disciplina precedentemente vigente, di cui, in particolare, al D.Lgs. n. 10 settembre 2003, n. 276).).
Inoltre, quando la somministrazione di lavoro avviene al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lett. a), b), c) e d), del D.Lgs. cit., "il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione". Per chiarezza, e ad esempio, l'art. 31 fissa rigorosi limiti quantitativi, perché, in linea generale, il numero dei "lavoratori somministrati" con contratto di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il venti per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore (art. 31, comma 1, D.Lgs. n. 81 del 2015), mentre il numero dei "lavoratori somministrati" con contratto di lavoro a tempo determinato non può eccedere il trenta per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore (art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 81 del 2015). L'art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 81 del 2015, poi, esige che il contratto di somministrazione di lavoro, oltre ad essere stipulato in forma scritta, contenga l'indicazione 1) dell'autorizzazione rilasciata al somministratore (art. 31, comma 1, lett. a), D.Lgs. cit., da leggere in combinato disposto con l'art. 30 D.Lgs. cit.); 2) del numero dei lavoratori da somministrare (art. 31, comma 1, lett. b), D.Lgs. cit.); 3) di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate (art. 31, comma 1, lett. c), D.Lgs. cit.); 4) della data di inizio e della durata prevista della somministrazione di lavoro (art. 31, comma 1, lett. d), D.Lgs. cit.).
E, in ragione di questa disciplina, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza civile di legittimità , nel caso di somministrazione irregolare di manodopera schermata da un contratto di appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell'appaltatore imponibile ai fini IVA (cfr. Sez. 5 civ., n. 34876 del 17/11/2021, Rv. 663136 - 01; Sez. 5 civ., n. 12807 del 26/076/2020, Rv. 658043 - 01; Sez. 5 civ., n. 31720 del 07/12/2018, Rv. 651778 - 01; Sez. 5 civ., n. 18808 del 28/07/2017, Rv. 645451 - 01), e neppure ai fini IRAP (vds. Sez. 5 civ., n. 7440 del 08/03/2022, Rv. 664129 -01).
2.2.2. Alla luce di quanto appena indicato nel par. 2.2.1, e rilevato che, secondo l'ordinanza impugnata, le società emittenti le fatture verso la "Natana.Doc Spa" provvedevano a mera somministrazione di lavoro in maniera simulata, dietro lo schermo di un contratto di appalto di servizi, trovano applicazione i principi consolidati in tema di fatture per operazioni inesistenti.
Come più volte precisato dalla giurisprudenza penale di legittimità , infatti, integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l'utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura (Sez. 3, n. 11633 del 02/02/2022, Casanova, Rv. 282985 - 01, e Sez. 3, n. 20901 del 26/06/2020, Montevecchi, Rv. 279509 - 02).
E altra decisione ha aggiunto che integra il delitto di cui all'art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l'utilizzazione, nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette, di fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi, che costituisca di fatto lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera, realizzata in violazione dei divieti di cui al previgente D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, sostituito dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, trattandosi di fatture relative a un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti, attinente ad un'operazione implicante significative conseguenze di rilievo fiscale (Sez. 3, n. n. 45114 del 28/10/2022, Testa, Rv. 283771 - 01).
2.2.3. Per completezza, va rilevato che l'ordinanza impugnata evidenzia anche il concreto fine di evasione perseguito attraverso le descritte operazioni simulate.
Il Tribunale, infatti, precisa che a) la "Natana.Doc Spa" ha "scaricato" illegittimamente nelle sue dichiarazioni l'IVA recata dalle fatture emesse dalle altre società facenti capo a At.Gi., sebbene queste fatture fossero, in realtà , relative a mera somministrazione di lavoro effettuata al di fuori delle forme e delle condizioni previste dalla legge a pena di nullità ; b) le altre società facenti capo a At.Gi. hanno pressoché sistematicamente omesso di presentare le dichiarazioni fiscali o, comunque, di pagare le somme dovute sulla base delle dichiarazioni da esse stesse presentate, e, quindi, anche l'IVA indicata nelle fatture da loro rilasciate alla "Natana.Doc Spa", nonché di versare le ritenute fiscali relative ai dipendenti (cfr., per analitiche indicazioni sul punto, pagg. 3-7 e 35-36 dell'ordinanza impugnata).
2.3. Le conclusioni dell'ordinanza impugnata sono immuni da vizi anche nella parte in cui affermano la configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
La giurisprudenza ha più volte evidenziato che il reato di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74 del 2000 è configurabile quando sono impiegati artifici idonei ad ostacolare l'accertamento della falsità contabile anche nell'ipotesi in cui questa si traduca in una omessa annotazione di ricavi (cfr., in particolare, Sez. 3, n. 24533 del 19/03/2013, Sicer, Rv. 256423 - 01, che ha -staté- ritenuto integrato il reato con riferimento ad un professionista che, avendo maturato compensi professionali per la gestione di un trust, li aveva lasciati nella disponibilità del trust, così sottraendoli all'imposizione fiscale, nonché Sez. 3, n. 2292 del 22/11/2012, dep. 2013, Stecca, Rv. 254136 - 01, che ha ritenuto responsabile del reato il socio accomandatario di una società che aveva mistificato il vero ammontare dei ricavi ottenuti da operazioni di vendita attraverso l'omessa registrazione dei contratti preliminari e l'incameramento di una parte del prezzo in contanti).
E, nella specie, l'artificio idoneo ad ostacolare l'accertamento della falsità contabile, per come indicato dal Tribunale, è costituito dall'utilizzo delle società cooperative quale parte formale dei contratti di appalto di servizi stipulati con i terzi, in sostituzione di quello che, invece, era l'effettivo appaltatore, la "Natana.Doc Spa", così da consentire a quest'ultimo l'elusione dell'obbligo di indicare nelle sue dichiarazioni i pertinenti ricavi.
3. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali contestano l'omesso esame, da parte dell'ordinanza impugnata, degli elementi forniti nella memoria depositata dalla difesa nel giudizio di appello, deducendo che dagli stessi emerge come At.Gi. non abbia mai agito come amministratore della "Natana.Doc Spa" o delle società cooperative subappaltatrici, non sia mai intervenuto nella fase di assunzione dei dipendenti di tali imprese, e non abbia mai impartito direttive agli stessi.
Il Tribunale, con riferimento ai rapporti tra la "Natana.Doc Spa" e le ditte da questa incaricate di eseguire i subappalti, e al ruolo svolto da At.Gi. in relazione ad esse, rappresenta che a) le sedi delle ditte subappaltatrici coincidono quasi sempre con uffici riferibili alla "Natana.Doc Spa"; b) molti dipendenti di tali ditte hanno detto di essere stati assunti da At.Gi. e di aver ricevuto dal medesimo le direttive sull'attività lavorativa da svolgere; c) numerose mail rinvenute presso le sedi della "Natana.Doc Spa" e delle cooperative evidenziano come la prima si occupasse degli adempimenti fiscali per le seconde, delle assunzioni e dei licenziamenti del personale, e della gestione dell'attività ; d) assegni e titoli delle cooperative sono stati rinvenuti nella cassaforte della "Natana.Doc Spa"; e) le decisioni relative alla costituzione e alla liquidazione delle cooperative sono state assunte da At.Gi., come dichiarato dal notaio rogante i relativi atti, e come confermato dagli appunti presenti nella documentazione acquisita presso lo studio notarile (cfr., per analitiche indicazioni relative alle singole società subappaltatrici, pagg. 27-38).
Il Tribunale, poi, con riguardo alla posizione di At.Gi. rispetto alla "Natana.Doc Spa", segnala che a) il capitale di detta società è detenuto per l'80 % dalle due figlie di At.Gi., e per il restante 20 % dalla "Calenda Srl", amministrata dal medesimo At.Gi.; b) i rappresentanti di alcune ditte che hanno commissionato servizi alla "Natana.Doc Spa" hanno detto di aver interloquito direttamente con At.Gi. e di aver constatato come lo stesso fosse solito effettuare sopralluoghi anche per verificare il comportamento dei lavoratori (cfr. pagg. 27-28 dell'ordinanza impugnata).
Il Tribunale, ancora, non solo indica in modo dettagliato il contenuto della memoria depositata dalla difesa di At.Gi., dedicandovi un apposito paragrafo (vds. pagg. 24-26 dell'ordinanza impugnata), ma spiega perché gli elementi addotti dalla difesa non sono risolutivi. Segnatamente, precisa che, in considerazione degli elementi acquisiti agli atti e precedentemente sintetizzati, "le dichiarazioni degli altri dipendenti, evidenziate dalla difesa, rese sia alla p.g. che in sede di indagini difensive, non sono dirimenti, per la considerazione che, come osservato dal P.M., non si può ritenere che At.Gi. personalmente si recasse sempre presso i luoghi di svolgimento delle attività ad impartire direttive o controllare la regolarità delle prestazioni, essendo invece verosimile che operasse anche attraverso altri soggetti, che agivano sempre sotto le sue direttive" (cfr. pag. 38 dell'ordinanza impugnata).
E questa spiegazione non solo non può ritenersi apparente, ma non è nemmeno inficiata da manifesta illogicità , contraddittorietà o lacune.
4. Manifestamente infondate sono anche le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per disporre il sequestro preventivo, deducendo che non sono indicati elementi specifici e che non è sufficiente l'incapienza dell'attuale patrimonio del destinatario della misura rispetto alla futura prevedibile confisca.
L'ordinanza impugnata, in realtà , ha espressamente posto a fondamento della necessità di applicare la misura una pluralità di elementi precisi e congrui, tra i quali a) la rapida e sistematica sostituzione delle cooperative utilizzate ai fini della commissione dei reati in contestazione con altre di nuova creazione nel corso degli anni; b) la facile dispersione dei profitti in altre attività ; c) l'interazione tra le cooperative e la "Natana.Doc. Spa" "quanto meno sino al 2022"; d) l'attualità dell'operatività della "Natana.Doc Spa"; e) ('inaffidabilità di At.Gi., gestore di fatto e dominus sia della "Natana.Doc Spa", sia delle cooperative, in quanto autore di plurime violazioni tributarie. Non va trascurato, inoltre, che At.Gi. è stato recentemente condannato, con decisione confermata in appello, per il delitto di autoriciclaggio di proventi di delitti fiscali commessi anche attraverso la "Natana.Doc Spa" (cfr. pag. 37 dell'ordinanza impugnata).
5. Alla complessiva infondatezza delle censure seguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2024.