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Dichiarazione fraudolenta e infedele: prevalenza dell’art. 2 D.Lgs. 74/2000 per condotte fraudolente

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti:

Cassazione penale sez. III, 28/06/2024, n.38494

Il reato di dichiarazione fraudolenta (art. 2 D.Lgs. n. 74/2000) prevale sul reato di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. n. 74/2000) per il maggiore disvalore penale attribuito alle condotte fraudolente, che richiedono un più complesso accertamento e che comportano un rischio aumentato per l'amministrazione finanziaria.
L’art. 4 si applica in via residuale, unicamente in assenza di documentazione falsa o di artifici atti a ostacolare l’accertamento. La clausola di sussidiarietà esclude, quindi, la possibilità di concorso tra i due reati se la condotta contestata rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2.

Dichiarazione fraudolenta: reato configurato per divergenze documentali oggettive, soggettive e sovrafatturazione

Dichiarazione fraudolenta con fatture false: rilevanza della falsità ideologica o materiale

Reati tributari: l'affermazione della natura fittizia degli elementi passivi è legittima se i fornitori sono inesistenti e le fatture generiche

Dichiarazione fraudolenta: reato configurato per uso di fatture da contratto apparente per occultare somministrazione irregolare di manodopera

Dichiarazione fraudolenta: esclusa per importi in fattura maggiorati ma effettivamente corrisposti

Reati tributari: visto di conformità leggero IVA senza presupposti costituisce contributo concorsuale al reato di dichiarazione fraudolenta

Reati tributari: rilevanza della divergenza tra realtà e documentazione nelle false fatture ex art. 2 D.Lgs. 74/2000

Reati tributari: dichiarazione fraudolenta configurabile per operazioni inesistenti e dolo eventuale con finalità evasiva

Dichiarazione fraudolenta: il reato si consuma con la presentazione della dichiarazione mendace agli uffici finanziari

Dichiarazione fraudolenta: reato configurato per uso di fatture relative a prestazioni dichiarate ma non eseguite

Dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. 74/2000: è un reato di pericolo che si perfeziona con la presentazione della dichiarazione

Dichiarazione fraudolenta e infedele: prevalenza dell’art. 2 D.Lgs. 74/2000 per condotte fraudolente

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14/07/2023, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza resa in data 27/04/2022 dal Tribunale di Torino nei confronti di De.Re., dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di art 2 D.Lgs. 74/2000 relativo all'annualità 2011 perché estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per le residue imputazioni (art. 2 D.Lgs. 74/2000 relativamente alle annualità dal 2012 al 2016) in anni uno e mesi due di reclusione). 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione De.Re., a mezzo dei difensori di fiducia, articolando nove motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità. Argomenta che la motivazione espressa dalla Corte di appello per confermare il giudizio di condanna pronunciato nei confronti della ricorrente costituisce una trascrizione pressocché integrale della sentenza di primo grado, tanto da doversi ritenere omessa perché incurante dei plurimi motivi di appello proposti. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla ritenuta natura fittizia della GENIUS Srl Argomenta che la Corte di appello, senza confrontarsi con lo specifico motivo di appello dedotto, ha confermato la natura fittizia della società GENIUS Srl, svalutando le prove testimoniali a discarico e senza considerare che, a seguito di accertamento della Guardia di Finanza nei confronti della predetta società, erano stati accertati costi effettivi inerenti all'attività di impresa. Con il terzo motivo deduce travisamento della prova in ordine alla ricostruzione del meccanismo del ed cavallo di ritorno ed al coinvolgimento della ricorrente. Argomenta che l'affermazione della responsabilità della ricorrente, che avrebbe beneficiato dei pagamenti effettuati per le prestazioni fittizie erogate da GENIUS Srl risulta basata sull'erroneo presupposto dell'esistenza di rapporti economici esistenti tra la GENIUS ed IMMOINDUSTRIA, di cui l'imputata deteneva il 50% delle quote societarie; in realtà, nel periodo di interesse la GENIUS non aveva mai disposto alcun bonifico in favore della IMMOINDISTRIA ma solo in favore del sig. Ga. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 240, comma 1, cod. proc. pen. e vizio di motivazione. Argomenta che la Corte di appello ha posto a fondamento del giudizio di condanna documenti inutilizzabili, costituiti da manoscritti, che dimostrerebbero l'inesistenza delle prestazioni rese da GENIUS Srl nei confronti di Olfattorio Srl, privi di qualsiasi riferimento all'autore e, quindi, documenti anonimi che, ai sensi dell'art. 240 cod. proc. pen. non potevano essere acquisiti né utilizzati ai fini della decisione. Con il quinto motivo deduce erronea applicazione degli artt. 2 e 4 D.Lgs. 74/2000 e vizio di motivazione. Argomenta che la Corte di appello non avrebbe esaminato lo specifico motivo di appello con il quale si lamentava l'erronea qualificazione giuridica del fatto contestato ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 74/2000, essendo configurabile la diversa fattispecie di cui all'art. 4 D.Lgs. 74/2000, per la quale non risultava superato il limite della doppia soglia di punibilità. Con il sesto motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 131-bis cod. pen. e vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla richiesta di applicazione della predetta causa di esclusione della punibilità. Con il settimo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 e vizio di motivazione, lamentando l'omessa valutazione del motivo di appello avente ad oggetto la revoca della confisca per effetto dell'accordo di "definizione agevolata" nella parte coperta dall'impegno assunto dal contribuente. Con l'ottavo motivo deduce violazione degli artt. 37 e 133 cod. pen. e 12 D.Lgs. 74/2000 e vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello, pur rideterminando la pena principale, ha confermato senza motivazione anche la durata delle pene accessorie. Con il nono motivo eccepisce l'intervenuta prescrizione del delitto di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000 con riguardo all'annualità 2012. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Va ricordato che in caso di "doppia conforme" affermazione di responsabilità è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. È, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595; Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Vecchia, Rv. 256096, non massimata sul punto; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Valerio, Rv. 252615: Sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2. 1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest'ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall'appellante. Inoltre, questa Corte ha affermato che la tecnica redazionale del ed. copia-incolla non è di per sé illegittima quando sia comunque possibile dedurre, dal testo del provvedimento, un'autonoma elaborazione del giudice sui fatti posti a fondamento della decisione (Sez. 4, n. 7031 del 05/02/2013, Rv. 254937 - 01; Sez. 3, n. 38011 del 17/05/2019, dep. 13/09/2019, Rv. 277834 - 02). Ribaditi tali principi, deve osservarsi che la doglianza proposta è generica perché, la ricorrente non specifica in che modo la tecnica di redazione della sentenza avrebbe violato il dovere del giudice di motivare e quali siano le censure difensive mosse con l'atto di appello non prese in considerazione dai Giudici di appello. Il motivo, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra, pertanto, la violazione dell'art. 581 lett. d) cod. proc. pen., che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l'impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, "I motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta"; violazione che, ai sensi dell'art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., determina, per l'appunto, l'inammissibilità dell'impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087). 2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. I Giudici di appello hanno confermato la natura fittizia della GENIUS Srl, evidenziando plurimi elementi dimostrativi della circostanza che la Olfattorio Srl e la GENIUS Srl erano compagini societarie solo formalmente distinte e che la GENIUS Srl era una mera società schermo, utilizzata da Olfattorio Srl per l'emissione di fatture per operazioni inesistenti (pp. da 7 a 14 della sentenza impugnata: dichiarazioni testimoniali di Fr.Gi., che riferiva in ordine alle movimentazioni bancarie intercorse tra la Olfattorio Srl e la GENIUS Srl; dichiarazioni testimoniali di Mo.Ma., che riferiva di aver lavorato per la GENIUS Srl dal 2011 al 2015 e di aver utilizzato quasi sempre un indirizzo e-mail reso disponibile da Olfattorio Srl; relazione del curatore fallimentare nella quale si evidenziano le vicende societarie della società GENIUS - costituita come Sas e poi trasformata in Srl - e la natura fittizia della stessa; la circostanza che la GENIUS Srl era priva di sede operativa, apparecchiature informatiche e telefoniche e non pagava imposte e tributi; accertata costituzione postuma di documentazione contabile da parte della Olfattorio Srl a giustificazione delle movimentazioni bancarie nei confronti della GENIUS s.r.l; valutazione delle prove dedotte dalla difesa, ritenute inidonee ad elidere il quadro probatorio comprovante la natura fittizia della GENIUS Srl Il ricorrente non si confronta con la motivazione esposta dai Giudici di appello ma lamenta l'omessa valutazione di un elemento documentale acquisito nel corso dell'istruttoria dibattimentale (accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza nei confronti della GENIUS Srl), senza spiegare la decisività di tale elemento e la sua idoneità a disarticolare l'impianto motivazionale fondato su plurime risultanze istruttorie. Va ricordato che la deduzione del vizio di "travisamento della prova", per utilizzazione di un'informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, è correlata al fatto che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica, restando estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa e fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetto "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 1, 24667/2007 Rv. 237207, Sez. 2, n. 19848 del 24/05/2006, Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006). Il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085 - 01; Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Rv. 249035 - 01). 3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. La Corte di appello ha spiegato (pp 9 e 10 della sentenza impugnata), con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, richiamando le convergenti risultanze istruttorie (p.v.c. redatto nei confronti della GENIUS Srl, relazione del curatore fallimentare) che: tra le società beneficiarie delle somme confluite nella società GENIUS da parte della società Olfattorio negli anni 2013 e 2014 vi era la IMMOINDUSTRIA Srl, riconducibile all'imputata (al 50%) ed a Ga.; la predetta società, secondo le risultanze contabili, sarebbe stata fornitrice della GENIUS Srl; la prova che le fatture emesse erano oggettivamente inesistenti risultava dal fatto che l'ultimo bilancio depositato da IMMOINDUSTRIA risaliva all'esercizio 1997 e che l'oggetto sociale della stessa (produzione di filo e funi in acciaio) era estraneo a quello della GENIUS Srl ("produzione e progettazione di tutto quanto necessario per l'attività di pubblicità, marketing, visual merchandising e comunicazione di impresa"). Il ricorrente non si confronta con la motivazione esposta dai Giudici di appello ma lamenta il travisamento della prova quanto all'esistenza di rapporti economici tra le società GENIUS ed IMMOINDUSTRIA (documento "movimenti rilevanti conti GENIUS depositato dal PM all'udienza dibattimentale del 19.01.2022), senza spiegare la decisività di tale elemento e la sua idoneità a disarticolare l'impianto motivazionale fondato su plurime risultanze istruttorie. Ne consegue l'inammissibilità della doglianza, alla luce dei principi di diritto enunciati al paragrafo 2, che vanno qui richiamati. 4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. I Giudici di appello, come già evidenziato al paragrafo 2, hanno valutato ai fini dell'accertamento della natura fittizia della GENIUS Srl plurime risultanze istruttorie e, tra queste, i fogli manoscritti rinvenuti presso i locali della Olfattorio Srl, documentazione che si è accertata essere stata formata anni dopo l'emissione delle fatture oggetto di contestazione; tale documentazione risulta costituita da estratto conto relativo al fornitore GENIUS Srl, nel quale sono annotate le fatture ricevute e i pagamenti emessi fino al 21.12.2010 con appunto manoscritto nel quale si evidenzia la necessità di trovare una giusta dicitura sull'oggetto delle prestazioni, nonché da manoscritto del 10.12.2015, ove si menziona la necessità di dotarsi di rapporti trimestrali e relazioni per gli anni precedenti dal 2011 al 2015, con contenuto coerente con le fatture già emesse e con i contratti stipulati. Trattasi di documentazione che i Giudici di merito hanno accertato essere stata costituita a posteriori dalla società Olfattorio, al fine di attestare lo svolgimento da patte della società GENIUS delle prestazioni svolte in favore della predetta. Il ricorrente ne lamenta l'inutilizzabilità in base al disposto dell'art. 240 cod. proc. pen. La doglianza è priva della necessaria specificità perché è formulata senza in alcun modo prospettare a questa Corte la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza degli elementi asseritamente inutilizzabili sulla complessiva motivazione posta a fondamento della affermazione di responsabilità. Questa Corte, con orientamento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, Rv. 269218; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452; Sez. 4, n. 18764 del 5.2.2014, Rv. 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2.10.2014, dep. 2015, Rv. 262011) che il Collegio condivide e ribadisce, ha, infatti, osservato che, nei casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità o la nullità di una prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l'espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento. Va, comunque, evidenziato che i Giudici di merito hanno accertato, in considerazione del rinvenimento degli appunti manoscritti nella documentazione contabile della società e del contenuto degli stessi, la riferibilità della documentazione alla società Olfattorio. Va ricordato che l'inutilizzabilità sancita dall'art. 240 cod. proc. pen. non si riferisce ai documenti anonimi in quanto tali, bensì a quelli contenenti dichiarazioni anonime (Sez. 4, n. 34984 del 24/05/2022, Rv. 283492 - 01; Sez. 6 n. 12655 del 26/02/2016, Rv. 266950 - 01) e che non è da ritenersi anonimo il documento privo di sottoscrizione di cui l'autorità inquirente sia in grado di identificare l'autore, sulla base di logiche e pertinenti considerazioni (Sez. 1, n. 15955 del 19/10/2023, dep. 17/04/2024, Rv. 286245 - 01; Sez. 6, n. 52926 del 04/11/2016, Rv. 268967 -01). La doglianza è, quindi, anche manifestamente infondata. 5. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il reato di dichiarazione fraudolenta di cui all'art. 4 D.Lgs. 74/2000 si differenzia dalla frode fiscale essenzialmente per la mancanza di comportamenti fraudolenti che possono ulteriormente caratterizzare la dichiarazione mendace annuale del contribuente; la fattispecie ha natura residuale e si applica ai casi di presentazione di una dichiarazione ideologicamente falsa, in assenza di fatture per operazioni inesistenti o documenti falsi e di mezzi fraudolenti diretti ad occultare il mendacio ed ostacolare l'accertamento (Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito..). Questa Suprema Corte ha già evidenziato il carattere del tutto residuale del reato di cui all'art. 4, D.Lgs. n. 74 del 2000, chiaramente espresso dalla clausola di sussidiarietà (sulla natura residuale del reato si veda, in motivazione, Sez. 3, n. 2156 del 18/10/2011 - dep. il 19/01/2012, n.m.), che rende impossibile il concorso con il reato di dichiarazione fraudolenta di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74, cit., quando la condotta materiale abbia ad oggetto la medesima dichiarazione (Sez. 3, n. 28226 del 09/02/2016, Rv. 267409 - 01, nonché Sez. 3 n. 15208 del 11/01/2022, Rv. 283036 - 02, in motivazione). Il reato di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74, cit., si perfeziona a prescindere dal superamento di soglie di punibilità ed il suo più severo trattamento sanzionatorio, esprime un maggior disvalore penale rispetto alla condotta tipizzata dal successivo art. 4, anche se l'imposta dovesse essere, per avventura, inferiore a quella evasa mediante la presentazione di una dichiarazione infedele. In particolare, si è rimarcato che il reato di cui all'art 4 D.Lgs. 74/2000 è ipotesi delittuosa di minore offensività per la amministrazione finanziaria, perché di più agevole accertamento rispetto alle dichiarazioni fraudolente, risulta, pertanto, che l'ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altra documentazione contabile di analoga efficacia probatoria materialmente false non potrebbe sicuramente farsi rientrare nella diversa fattispecie di mera dichiarazione infedele perché in tal modo si configurerebbe un sistema sanzionatorio penale tributario manifestamente irrazionale (Sez. 3, n. 2156 del 18/10/2011 - dep. il 19/01/2012, n.m., cit). Ciò posto, nella specie, il vizio dedotto è inconsistente perché la configurabilità del reato di cui all'art. 4 D.Lgs. 74/2000 è stata implicitamente esclusa dai Giudici di appello a seguito della ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000. Va anche ricordato che costituisce principio consolidato in tema di motivazione della sentenza, in base al quale, in sede di impugnazione, il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza (Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, Rv. 261423; Sez. 3, n. 53710 del 23/02/2016, Rv. 268705) ovvero non risultino concedibili per il difetto di ogni presupposto che ne giustifichi la concessione od il riconoscimento (Sez. 5, n. 30410 del 26/05/2011, Rv. 250583; Sez. 6, n. 20383 del 21/04/2009, Rv. 243841; Sez. 5, 7212/1989 Rv. 184373). 6. Il sesto motivo di ricorso è infondato. Dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza impugnata emerge il carattere importante dell'evasione fiscale, protrattasi per un quinquennio ed involgente diverse strutture societarie, nonché la natura non esigua del danno in considerazione delle "significative movimentazioni di cospicui importi di denaro, ingiustificate e spropositate rispetto alle ragioni economiche invocate e comunque non corrispondenti alle registrazioni annotate nelle scritture contabili delle società interessate" (cfr. p. 6, 7, 8, 9 della sentenza impugnata). Il diniego di applicazione del disposto dell'art. 131-bis cod. pen. risulta, dunque, giustificato dalla complessiva motivazione della sentenza di appello e, conseguentemente, deve ritenersi insussistente il dedotto vizio motivazionale. Costituisce, infatti, principio condivisibile che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 08/02/2023, Rv. 284096 - 01; Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, dep. 26/11/2021, Rv. 282097 - 01, secondo cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità). 7. Il settimo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte di appello ha confermato la disposta confisca per equivalente rimodulandone l'oggetto e riducendo il relativo importo con deduzione di "quanto versato medio tempore all'Agenzia delle Entrate". Risulta del tutto destituita di fondamento la censura proposta, con cui si lamenta la mancata declaratoria di inefficacia della confisca per effetto dell'accordo di "Definizione agevolata" dell'intero debito tributario. La disposizione di cui al comma secondo dell'art. 12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato "non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro", deve essere, infatti, intesa nel senso che la confisca - così come il sequestro preventivo ad essa preordinato - può essere adottata anche a fronte dell'impegno di pagamento assunto, producendo, tuttavia, effetti solo ove si verifichi l'evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 9355 del 26/01/2021, Rv. 281480 - 01; Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi Rv. 268384; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266038 - 01, nonché Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, D'Angela, Rv. 280014 - 01, che in motivazione, ha precisato che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all'integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura); ed è stato precisato che la previsione di cui all'art. 12-bis, comma 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro, va intesa nel senso che, per la parte coperta da tale impegno, la confisca può comunque essere adottata nonostante l'accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 18034 del 05/02/2019, Rv. 275951 - 01). Dunque, la disposta confisca non doveva essere revocata sicché il dispositivo della decisione impugnata, applicando i principi di diritto esposti, risulta corretto; in punto di diritto, va solo chiarito che la confisca, per equivalente, confermata sul profitto residuo, produrrà i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito. 8. È invece fondato l'ottavo motivo di ricorso. La Corte di appello, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio a seguito dell'intervenuta estinzione del reato relativo all'annualità 2011, confermava la durata delle pene accessorie determinate in primo grado, senza motivare in merito. Va ricordato che la durata delle pene accessorie per le quali è previsto un limite minimo e massimo, deve essere determinata in concreto, con adeguata motivazione, sulla base dei criteri stabiliti dall'art. 133 cod. pen., dovendo escludersi la necessaria correlazione con quella della pena principale (Cfr. Sez. 3, n. 41061 del 20/06/2019, Rv. 277972 - 01, in fattispecie in tema di pene accessorie di cui all'art. 12 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74). 9. La carenza motivazionale rilevata vizia parzialmente la sentenza impugnata che sul punto va annullata con rinvio; nel resto il ricorso va rigettato, essendo complessivamente infondato con riguardo ai restanti motivi. 10. La non manifesta infondatezza del ricorso consente, infine, di rilevare l'estinzione del reato contestato relativo all'annualità 2012 per intervenuta prescrizione alla data del 30/09/2023 con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ordine a tale reato. 11. In definitiva, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato commesso il 30 settembre 2013, perché estinto per prescrizione e con rinvio relativamente alla rideterminazione della pena principale e di quelle accessorie; il ricorso va rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato commesso il 30 settembre 2013, perché estinto per prescrizione, e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Torino per la rideterminazione della pena principale e di quelle accessorie; rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024. Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2024.
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