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Reati tributari: l'affermazione della natura fittizia degli elementi passivi è legittima se i fornitori sono inesistenti e le fatture generiche

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti:

Cassazione penale sez. III, 12/04/2024, n.29355

In tema di reati tributari, l'affermazione della natura fittizia degli elementi passivi nelle dichiarazioni fiscali è legittima quando la Corte di merito rilevi l’inesistenza effettiva dei fornitori emittenti delle fatture contestate e la genericità delle indicazioni riportate nei documenti contabili, soprattutto se tali operazioni riguardano rilevanti importi economici e sono supportate da uno studio di consulenza fiscale.
La corrispondenza tra i costi fatturati e le uscite dai conti correnti societari non è di per sé sufficiente a dimostrare l’autenticità delle operazioni, in particolare in assenza di chiari beneficiari dei pagamenti. In sede di legittimità, è preclusa una rivalutazione delle risultanze istruttorie finalizzata a proporre interpretazioni alternative, qualora le argomentazioni della sentenza d’appello siano sorrette da una logica ricostruzione dei fatti e da adeguati elementi indiziari.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 14 marzo 2023, la Corte di appello di Milano confermato la sentenza pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità di Ch.Sa. e Ba.Al. per il reato continuato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000. Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, Ch.Sa. e Ba.Al. , in concorso tra loro, la prima quale legale rappresentante della "Ba. Group Srl" e il secondo quale amministratore di fatto della medesima società, al fine di evadere le imposte sui redditi e l'IVA, avrebbero presentato le relative dichiarazioni per gli anni 2014 e 2015, nelle date, rispettivamente, del 29 settembre 2015 e del 29 settembre 2016, indicando elementi passivi fittizi costituiti, per l'anno 2014, da 21 fatture per un imponibile complessivo pari a 1.020.098,50 euro, di cui 224.568,52 per IVA, e, per l'anno 2015, da 78 fatture per un imponibile complessivo pari a 2.228.826,37 euro, di cui 478.434,68 per IVA, tutte relative ad operazioni oggettivamente inesistenti. 2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe Ch.Sa. e Ba.Al., con due distinti atti, entrambi a firma dell'avvocato Giovanni Pignataro. 3. Il ricorso di Ch.Sa. è articolato in un motivo. Nel motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti sotto il profilo oggettivo. Si deduce che la sentenza impugnata illegittimamente ha ravvisato l'inesistenza delle operazioni documentate dalle fatture indicate nelle imputazioni, valorizzando elementi equivoci, inidonei ad assurgere anche a semplici indizi. Si segnala innanzitutto che: a) l'affermazione secondo cui i fornitori della "Ba. Group Srl" non avevano dipendenti negli anni 2014 e 2015 costituisce una mera asserzione, fondata sull'assenza di prova contraria; b) la mancata risposta dei fornitori ai questionari inviati dalla Guardia di Finanza nel 2018, quindi a distanza di circa tre anni dai fatti, non costituisce indizio di inesistenza delle loro imprese; c) la genericità dell'oggetto delle fatture ritenute mendaci e dei contratti di subappalto dà luogo a mere anomalie, spiegabili per lo scarso bagaglio tecnico e culturale degli imputati e per la particolarità del servizio svolto, quello di volantinaggio; d) la comune nazionalità degli imputati e dei titolari delle ditte fornitrici non è neppure indizio, ma mero pregiudizio. Si osserva, poi, che la sentenza è incorsa nel vizio di travisamento della prova per omissione, perché non ha considerato: a) gli estratti dei conti correnti bancari, dai quali risultano i pagamenti in entrata ed in uscita relativi alla "Ba. Group Srl", anche con specifico riferimento alle fatture ritenute mendaci; b) i partitari dei ricavi di distribuzione 2014 e 2015, dai quali si evince il collegamento tra gli aumenti dei costi e l'incremento del volume degli affari. Si evidenzia che i costi documentati dalle fatture ritenute mendaci sono coerenti con i ricavi, altrimenti del tutto sproporzionati. Si precisa che, infatti, se non si considerassero i costi ritenuti fittizi, per l'anno 2014, a fronte di ricavi pari a 1.128.920,76 euro, vi sarebbero costi per soli 13.969,91 euro, e, per l'anno 2015, a fronte di ricavi pari a 2.305.030,00 euro, vi sarebbero costi per soli 66.340,00 euro. 4. Il ricorso di Ba.Al. è articolato in due motivi. 4.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta posizione di amministratore di fatto di 2Ba.Al. in relazione alla "Ba. Group Srl". Si deduce che la sentenza impugnata afferma illegittimamente la posizione di amministratore di fatto di Ba.Al. in relazione alla "Ba. Group Srl", perché fonda le sue conclusioni unicamente sulle dichiarazioni non firmate rese dal medesimo in sede di verifica dell'Ispettorato del Lavoro. Si evidenzia che le dichiarazioni in questione sono riportate in un verbale non firmato dall'attuale ricorrente o da altri, né timbrato, e datato 9 ottobre 2018, ossia in un giorno successivo di circa tre anni rispetto ai fatti contestati; si aggiunge che il precisato ricorrente, in data 30 luglio 2018, era divenuto amministratore unico della società, e che il verbale si riferiva a presunte assunzioni di lavoratori "in nero" nell'anno 2018. Si osserva che un documento non firmato, né timbrato è inattendibile, perché producibile da chiunque, e che, in ogni caso, il verbale in questione si riferisce a fatti diversi e a tempi lontani da quelli oggetto della contestazione in sede penale, sicché non può fondare alcuna conclusione logicamente accettabile in ordine a questi ultimi. 4.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti sotto il profilo oggettivo. Le censure esposte in questo motivo sono identiche a quelle formulate nell'unico motivo del ricorso di Ch.Sa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso di Ch.Sa. è infondato, mentre quello di Ba.Al. è fondato limitatamente alle censure enunciate nel primo motivo. 2. Infondate sono le censure esposte nell'unico motivo del ricorso di Ch.Sa., le quali contestano l'affermazione della fittizietà dei costi risultanti da 21 fatture per l'anno 2014 e da 75 fatture per l'anno 2015, deducendo che gli elementi su cui è fondata tale conclusione sono equivoci o comunque inidonei a determinarla in termini di certezza al di là del ragionevole dubbio, e che non sono stati correttamente valutati gli elementi indicati a discarico. 2.1. La Corte d'Appello ha affermato la fittizietà degli elementi passivi indicati nelle dichiarazioni fiscali presentate nel 2015 e nel 2016 dalla " Ba. Group Srl", e sottoscritte da Ch.Sa., all'epoca amministratrice, legale rappresentante e socia unica dell'impresa, risultanti da 21 fatture per l'anno 2014, relative ad un imponibile complessivo pari a 1.020.098,50 euro, con evasione di IVA pari a 224.568,52 euro, e da 75 fatture per l'anno 2015, relative ad un imponibile complessivo pari a 2.228.826,37 euro, con evasione di IVA pari a 478.434,68 euro, sulla base di una valutazione convergente con quella compiuta nella sentenza di primo grado. In particolare, i Giudici di merito hanno evidenziato che: a) le fatture ritenute mendaci descrivono in termini estremamente generici il loro oggetto di riferimento, in quanto si limitano a riportare mese e Regione di svolgimento dell'attività di volantinaggio; b) i contratti di subappalto sulla cui base sono state emesse le indicate fatture non precisano luoghi di distribuzione dei volantini, numero e caratteristiche di questi, nonché, più in generale, le modalità di adempimento, pur essendo relativi ad importi molto elevati e fissando inoltre penali sino a cinque volte il valore del contratto; c) i soggetti emittenti le fatture ritenute mendaci sono risultati tutti irrintracciabili negli indirizzi comunicati all'anagrafe e alla camera di commercio, nonostante le visite ispettive effettuate dagli organi accertatori, nonché, anche alla luce delle visure camerali prodotte dalla difesa, privi di struttura e di personale per distribuire migliaia di volantini; d) nessuno dei soggetti emittenti le precisate fatture ha risposto ai questionari inviati dagli organi accertatori; e) non sono stati individuati i clienti per conto dei quali si sarebbe reso necessario sub-appaltare le attività di volantinaggio; f) non si comprende perché la "Ba. Group Srl" abbia subappaltato a terzi l'attività di volantinaggio ad imprese prive di dipendenti e mezzi, quando tale attività costituiva il suo oggetto sociale, ed essa era dotata di dipendenti; g) appare inattendibile la realizzazione di un volume di affari per oltre 2.200.000,00 Euro in due anni mediante un'attività di volantinaggio porta a porta; h) non può essere credibilmente allegata una situazione di ignoranza della disciplina tributaria, anche perché la "Ba. Gruoup Srl" era supportata da uno studio di consulenza fiscale. Hanno inoltre rilevato che: a) la regolarità delle scritture contabili non costituisce significativo elemento a discarico, perché nulla prova con riferimento alla veridicità delle operazioni documentate; b) la riconciliazione fra importo delle fatture in contestazione e uscite documentate sui conti correnti sociali è irrilevante, perché difetta la espressa indicazione dei beneficiari delle operazioni; c) la mancata prova delle "retrocessioni" di denaro da parte degli emittenti le fatture alla "Ba. Group Srl" non è dirimente, per le numerose anomalie accertate. 2.2. Le conclusioni della sentenza impugnata, laddove affermano la fittizietà degli elementi passivi indicati nelle dichiarazioni fiscali presentate nel 2015 e nel 2016 dalla "Ba. Group Srl" con riferimento alle fatture indicate nelle imputazioni, e la riconducibilità di tali dichiarazioni fiscali a Ch.Sa., sono immuni da vizi. La tenuta logica della ricostruzione dei fatti accolta dalla Corte d'Appello non è posta in crisi dalle censure formulate nel ricorso di Ch.Sa. In particolare, può evidenziarsi che: a) l'affermazione concernente l'inesistenza dei fornitori, emittenti le fatture contestate, non può ritenersi manifestamente illogica solo perché gli accertamenti e i questionari sono successivi dì circa tre anni al rilascio dei documenti contabili, in quanto legittimamente può essere considerata abnorme la "scomparsa", senza lasciare tracce, di soggetti fino a qualche anno prima caratterizzati da un volume d'affari per centinaia di migliaia di euro; b) l'estrema genericità delle indicazioni contenute nelle fatture e nei contratti legittimamente è stata ritenuta un indizio grave e preciso, sia perché si tratta di operazioni per centinaia di migliaia di Euro per ciascun fornitore, sia perché la società di cui era legale rappresentante l'attuale ricorrente era supportata da uno studio di consulenza fiscale; c) la corrispondenza tra costi indicati nelle fatture e uscite dai conti correnti della società è stata correttamente giudicata non dirimente, in quanto la Corte d'Appello ha evidenziato l'assenza di espressa indicazione dei beneficiari delle operazioni. La deduzione diretta a segnalare la "coerenza" economica tra costi fatturati e ricavi, poi, è funzionale esclusivamente a suggerire una interpretazione alternativa delle risultanze istruttorie, ossia un'operazione non consentita in sede di legittimità. 3. Il ricorso di Ba.Al. è fondato limitatamente alle censure enunciate nel primo motivo, mentre è infondato con riguardo alle doglianze presentate con il secondo motivo. 3.1. Precisamente, le censure esposte nel secondo motivo del ricorso di Ba.Al. sono infondate per le medesime ragioni indicate nei parr. 2, 2.1 e 2.2., siccome di identico contenuto a quelle formulate nell'unico motivo del ricorso di Ch.Sa. 3.2. Fondate, invece, sono le censure enunciate nel primo motivo del ricorso di Ba.Al., che contestano l'affermazione della sua qualità di amministratore di fatto della "Ba. Group Srl" negli anni in cui sono state presentate le dichiarazioni mendaci, deducendo che gli elementi addotti a suo carico sono equivoci e non decisivi. La sentenza impugnata ha valorizzato le dichiarazioni rese dall'attuale ricorrente in occasione della verifica compiuta dagli organi accertatori dell'Ispettorato del Lavoro nel 2018, siccome indicative di una "profonda" conoscenza delle vicende societarie e fiscali della società "Ba. Group Srl". Tuttavia, la Corte d'Appello non precisa perché questa "profonda" conoscenza delle vicende societarie e fiscali della società "Ba. Group Srl", manifestata nel 2018, implichi una attività di direzione di fatto della stessa all'epoca delle dichiarazioni fraudolente, ossia tra il 2014 ed il 2016. E però lo svolgimento di una direzione di fatto della società da parte di Ba.Al., secondo le stesse imputazioni, costituisce il presupposto per affermare il concorso del medesimo nella condotta materiale della moglie, Ch.Sa., istigandola, ovvero rafforzandola nel proposito criminoso, ovvero ancora agevolandola a realizzarlo. 4. In conclusione, il ricorso di Ch.Sa., attesa l'infondatezza delle censure proposte, deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorso di Ba.Al., invece, pur se infondato con riferimento alle doglianze relative all'elemento oggettivo dei reati contestati, è fondato relativamente all'affermazione della sua responsabilità come concorrente ex art. 110 cod. pen., perché non sono evidenziati elementi dai quali inferire, con ragionevole certezza, la posizione di amministratore di fatto del medesimo in relazione alla "Ba. Group s.r.l," all'epoca dei fatti, ed il contributo psichico o materiale dallo stesso fornito per la consumazione dell'attività delittuosa. Il Giudice del rinvio, pertanto, verificherà, compiendo tutti gli accertamenti ritenuti necessari, se Ba.Al. sia stato amministratore del fatto della "Ba. Group Srl" all'epoca della presentazione delle dichiarazioni fiscali fraudolente e in che modo sia concorso nella commissione dei reati in contestazione, evitando di incorrere nei vizi indicati in precedenza nel par. 3.2. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata in relazione all'imputato Ba.Al., con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano. Rigetta il ricorso di Ch.Sa. che condanna al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 12 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2024.
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