RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 dicembre 2021, depositata il 9 febbraio 2022, il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lucca, all'esito di giudizio abbreviato, ha giudicato, tra gli altri, Sc.Lo. - nella sua qualità di amministratrice della Toscana Servizi Srl, imputata originariamente in concorso con Mu.Ca. e Mo.Ro., nella qualità di amministratori occulti - colpevole - tra i reati originariamente imputatile - solo di quelli al capo 3) di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 D.Lgs. n. 74/2000 (relativamente alla presentazione, al fine di evadere l'imposta IVA, di una falsa dichiarazione indicante elementi passivi fittizi rappresentati da fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti annotate in contabilità ed emesse apparentemente da Tecnoservice Srl per l'anno 2015); al capo 4) di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 D.Lgs. n. 74/2000 (relativamente alla presentazione, al fine di evadere l'imposta IVA, di una falsa dichiarazione indicante elementi passivi fittizi rappresentati da fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti annotate in contabilità ed emesse apparentemente da da Tecnoservice Srl e Inox Tecnica Srl per l'anno 2016); al capo 5), di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 D.Lgs. n. 74/2000 (relativamente alla presentazione, al fine di evadere l'imposta IVA, di una falsa dichiarazione indicante elementi passivi fittizi rappresentati da fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti annotate in contabilità ed emesse apparentemente da Inox Tecnica Srl per l'anno 2016) , e ritenendo l'ipotesi del rilascio di fatture solo soggettivamente inesistenti (non anche come contestato anche oggettivamente tali), con la diminuente del rito e il riconoscimento della continuazione, l'ha condannata alla pena condizionalmente sospesa di un anno e dieci mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, adottando altresì le disposizioni di cui all'art. 12 D.Lgs. 74/2000.
2. Interposto gravame (anche) dall'imputata Sc.Lo., la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, la ha assolta dal reato ascrittole al capo 3) perché il fatto non sussiste, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
3. Ha proposto ricorso per cassazione Sc.Lo., a mezzo del difensore di fiducia, affidandolo a tre motivi.
3.1. Col primo motivo la difesa denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla sussistenza del reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, in ordine all'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. in materia di prova indiziaria, nonché manifesta infondatezza della motivazione resa in proposito. Contesta l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento così alla sussistenza del dolo specifico di evasione come alla diligenza che può esser pretesa dal contribuente nell'ipotesi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Fallace sarebbe la ricostruzione ed interpretazione dell'intero compendio probatorio che, complice il malgoverno del disposto dell'art. 192 cod. proc. pen. in tema di prova indiziaria, non ha riconosciuto la dovuta importanza alla mancata prova della restituzione al committente - Toscana Servizi Srl - degli importi recati dalle false fatture (asseritamente implicante la mancata prova del vantaggio indebito conseguito dalla società Toscana Servizi), e - non rispondendo alle censure mosse con l'atto di appello - acquietandosi su quanto dedotto dagli ufficiali di P.G. circa il ruolo di amministratori di fatto di Mo.Ro. e Mu.Ca. (coimputati di Sc.Lo.), "filo rosso" di tutte le vicende societarie oggetto di indagine, non ha adeguatamente motivato sulla prova della circostanza che entrambe le società emittenti fossero prive di mezzi e strumenti per effettuare le lavorazioni (l'assunto è meramente ipotetico), utilizzassero locali e attrezzature della Toscana Servizi Srl, i loro lavoratori fossero assoggettati al potere direttivo gerarchico dell'imprenditore Toscana Servizi Srl, così travisando e fraintendendo valenza e finalità della produzione documentale della difesa. Non dimostrata l'inidoneità operativa del cedente, comunque di per sé non sufficiente ai fini della condanna, non è stata fornita la prova che il cessionario fosse in grado di percepire tale inidoneità in base alla diligenza specifica di un operatore medio del settore.
3.2. Col secondo motivo la difesa denuncia manifesta illogicità e/o carenza assoluta di motivazione e inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 81, comma 2, e 132 cod. pen. e 597 cod. proc. pen.
La sentenza gravata sarebbe stata emessa in violazione del divieto di reformatio in peius.
Nonostante la Corte abbia assolto l'imputata da uno dei reati per cui aveva riportato condanna in primo grado, il capo 3) - in relazione ai quali vi era stato un aumento decisamente importante: da una pena base di anni 1 mesi 9 ad anni 2 e mesi 9 - non ha provveduto a rideterminare la pena inflitta dal giudice di primo grado.
3.3. Col terzo motivo la difesa denuncia inosservanza o violazione di legge penale in relazione agli artt. 2 D.Lgs. n 74/2000 e 62-bis cod. pen., e comunque, assoluta mancanza della motivazione in merito al diniego della attenuanti generiche (insufficiente ritenendosi il riferimento alla reiterazione nel tempo delle condotte e nonostante l'elisione, come detto, di uno dei capi di imputazione, il capo 3), non tenendo in debita considerazione che, quanto alle condotte sub 4), la ricorrente aveva assunto la carica di amministratore appena sette giorni prima della presentazione della dichiarazione); ed erronea applicazione dell'art. 2 D.Lgs. 74/2000 sul profilo dell'imposta da considerare evasa. Non avrebbe considerato la Corte che il reato in contestazione, con riguardo alle imposte dirette, è integrato dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti. Trattandosi, in questo caso, di inesistenza soggettiva - per come accertato in sentenza - avrebbe potuto ritenersi integrata la sola evasione dell'IVA e non, come ritenuto nei due gradi di merito, anche dell'Ires. La minore gravità del danno, inteso come imposta evasa, avrebbe comportato un trattamento sanzionatorio più contenuto e richiesto, a fortiori, una motivazione più stringente anche in merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
4. Il Procuratore generale, intervenuto in udienza, si è riportato alle conclusioni scritte del 15 maggio 2024.
Dedotto che, al netto della modifica in tema di riconoscimento della attenuante di cui all'art. 62 n 6 cod. pen., la Corte territoriale ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale, ha concluso per l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, ripropositivo di quello in appello, in relazione al quale la sentenza impugnata compie una compiuta disamina delle censure e si pronuncia in maniera logica, coerente e aderente alla consolidata giurisprudenza di legittimità, con motivazione non censurabile in questa sede perché le lagnanze imporrebbero una inammissibile rivalutazione del merito in questa sede.
Ha concluso, altresì, per l'inammissibilità del terzo motivo: fermo il principio per cui in relazione al trattamento sanzionatorio la Corte di cassazione ha in più occasioni affermato il principio per cui il giudizio discrezionale delle Corti di merito non può essere oggetto di censura in sede di legittimità purché legittimo e motivato, ha negato l'esistenza, nella motivazione della rimodulazione del trattamento sanzionatorio alla luce del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen., di vizi di legittimità.
Ha invocato, pertanto, dichiarazione di inammissibilità per manifesta infondatezza delle descritte censure difensive.
Ha concluso, invece, per la fondatezza dell'ulteriore motivo di ricorso, il secondo, riguardante il trattamento sanzionatorio, atteso che la Corte territoriale, pur avendo assolto l'imputata da uno dei reati uniti dal vincolo della continuazione - in relazione al quale l'aumento era stato decisamente importante -, non ha provveduto a rideterminare la pena inflitta dal giudice di primo grado. Ha invocato, in parte qua, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
5. La difesa ha concluso invece per l'accoglimento di tutti i motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile tranne che per il secondo motivo.
1. Si premette che quello della Cassazione è giudizio di legittimità a critica vincolata, e resta comunque esclusa, per la Corte di legittimità, la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. Va infatti ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è in via esclusiva riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (così SS. UU. 30/04/1997, n. 6402 - Rv. 207944; Cass. Pen. Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - 06/02/2004 Rv. 229369).
Si è poi ulteriormente precisato che la modifica dell'art. 606 lettera e) c.p.p. (anch'esso vizio evocato dalla difesa nei motivi di ricorso) per effetto della L. n. 46 del 2006 non consente alla Corte di legittimità di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del c.d. travisamento della prova, a condizione che siano però indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili minime incongruenze o differenti opinabili interpretazioni di contesti intercettivi o dichiarativi (Cass. Pen. Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2000, Rv. 234099; Cass. Pen. Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Rv. 237652).
Questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce (Cass. Pen. Sez. 6 n. 197110 del 03/02/2009, Rv. 243636; Cass. Pen. Sez. 2, n. 5336 del 9 gennaio 2018, Rv. 272018), ritiene che in presenza della cosiddetta doppia conforme, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno - come nella specie con riferimento alla condanna per i capi 4) e 5) dell'originario editto accusatorio - il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Nel caso di specie, la Corte d'Appello, nel confermare la condanna avverso la quale si appunta il ricorso, ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del giudice dell'udienza preliminare che ha deciso ex actis e, dopo aver preso atto delle censure dell'appellante, è giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell'odierno ricorrente e di insussistenza dei vizi evidenziati con i motivi di gravame, reiterati con i motivi di ricorso che rappresentano le doglianze già incensurabilmente disattese dalla Corte distrettuale.
2. Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile sotto diversi profili.
Astrattamente denuncia violazioni di legge e illogicità o carenza della motivazione, si limita, sostanzialmente, a contestare vizi motivazionali della sentenza di appello, ritenendo deboli ed assertivi gli argomenti accusatori utilizzati per affermare la sussistenza dell'elemento soggettivo, in particolare, del delitto di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74/2000.
2.1. Già escluso dal Tribunale il profilo della inesistenza anche oggettiva delle operazioni, la Corte di appello fiorentina ha ricostruito, all'esito della certosina, puntuale ed esaustiva disamina dei risultati dell'attività di accertamento avente ad oggetto Tecnoservice Srls circostanze di fatto e rapporti di questa società con quella - Toscana Servizi Srl - di cui Sc.Lo. era legale rappresentante (l'assenza di costi per fornitori, attrezzatura, materiale di consumo e materie prime, le situazioni debitorie cospicue nei confronti di enti previdenziali e dell'erario, la assoluta inadeguatezza dell'amministratore, la assenza di luoghi per lo svolgimento di attività, di macchinari, di strumenti); nonché circostanze di fatto e rapporti Toscana Servizi Srl, con Inox Tecnica Srl (l'assenza di costi per fornitori, attrezzatura, materiale di consumo e materie prime, le situazioni debitorie cospicue nei confronti di enti previdenziali e dell'erario, la capacità patrimoniale pressoché nulla dell'amministratore con il quale i clienti non avevano avuto alcun rapporto, l'elevata difficoltà di ottenere la soddisfazione dei crediti da parte dell'erario, l'apertura, dopo l'inizio dell'attività ispettiva, di un ufficio in prossimità di quello della Toscana Servizi Srl, la presenza - nel capannone della Inox Tecnica Srl in cui avrebbero dovuto essere svolte le lavorazioni e già sede di lavoro di altre imprese sottoposte a verifiche- di pochi attrezzi di cui l'impresa non ha mostrato la proprietà e dove verosimilmente non si svolgeva attività lavorativa - atteso che il concedente aveva riferito di vedere sempre solo una persona e solo sporadicamente qualcuno che utilizzava una saldatrice, l'assunzione part time della socia rappresentante legale della Toscana Servizi Srl nella persona dell'imputata odierna ricorrente, da parte della medesima Inox Tecnica Srl, l'identificazione, all'atto dell'accesso del 7 giugno 2017 presso i locali della Toscana Servizi Srl, di due operai della Inox Tecnica Srl che svolgevano attività su macchinari della prima).
Ha dunque ritenuto - così confermando il quadro già apprezzato in sede cautelare dal giudice perle indagini preliminari e, nel merito, dal Tribunale, e affermandola interposizione fittizia di manodopera e, a cascata, la inesistenza soggettiva delle fatture utilizzate in sede di dichiarazione Iva - che Toscana Servizi Srl, pur in regola con adempimenti di natura amministrativo-contabile, avesse strumentalmente utilizzato le due società fruendo della manodopera da esse fornita, utilizzando le fatture al proposito emesse, deducendo i costi e l'Iva corrispondente senza provvedere al pagamento dei correlati oneri tributari, retributivi e previdenziali, rimasti a carico delle imprese che avevano fornito la manodopera ed erano amministrate da soggetti, anche nullatenenti, che non avevano mai onorato i debiti con l'erario.
Tanto ha affermato all'esito della valutazione della documentazione offerta dalle difese, ritenuta neutra ai fini del ricorso in appello, trattandosi di attestazioni di formale regolarità contabile non messa in discussione, di documentazione riguardante il personale dipendente laddove non risultava contestato che Toscana Servizi Srl si fosse avvalsa di dipendenti delle due predette società emittenti, e disattendo la prospettazione difensiva relativa alla disponibilità di mezzi e strumenti da parte delle società emittenti in quanto contrastata dalle risultanze tutte degli accertamenti di polizia giudiziaria, parte del compendio probatorio e non superate.
2.2. Si duole il ricorrente della mancata valorizzazione della assenza di prova della circostanza che gli importi pagati per le fatture contestate sarebbero poi state restituite al committente, da cui dovrebbe trarsi prova della assenza del profitto del risparmio di imposta con "ruolo determinante nella ricostruzione della fattispecie".
Censura poi il percorso motivazionale, sotto il profilo della valorizzazione della prova indiziaria, sostanzialmente deducendo l'assenza di premesse certe in ordine alla assenza di mezzi e strumenti operativi in capo alle società emittenti, per essere gli indizi al proposito privi delle necessarie caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, nonché in ordine al ruolo di amministratori di fatto dei due coimputati.
Medesima censura muove in ordine alla consapevolezza e volontà di evasione di Sc.Lo., nella sua qualità.
2.3. Il motivo è sostanzialmente per la più gran parte ripropositivo dell'analogo motivo di appello, così riportato dalla Corte di appello fiorentina: "Con il primo motivo lamenta la erronea valutazione degli elementi di prova in ordine alla consapevolezza e volontà di evasione della Toscana Servizi Srl ed in particolare contesta che, una volta esclusa la inesistenza oggettiva delle operazioni, sia stata ritenuta la falsa fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti in presenza di una interposizione fittizia di manodopera".
Ricorrono, al proposito, diverse ragioni di inammissibilità.
In primis, per quanto appena dedotto, concordando il Collegio con la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6 n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 2 11951/2014, Rv. 259425).
In secundis è inammissibile, lo si è già detto, innanzi a questa Corte, il motivo che invochi una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (così SS.UU. 30/04/1997, n. 6402 - Rv. 207944; Cass. Pen. Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - 06/02/2004 Rv. 229369).
Manifestamente infondata risulta anche la censura di violazione del disposto di cui all'art. 192, comma 2, cod. proc. pen., peraltro relativamente alla affermazione del dolo di evasione e "quanto alla condotta che può essere pretesa dal contribuente sotto il profilo della diligenza richiesta nell'ipotesi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti".
Si è già riportato l'ordito motivazionale della Corte di appello fiorentina, svolto con completezza e corroborato da stringenti incontestati argomenti fattuali interpretati in assenza di qualsivoglia profilo di manifesta illogicità.
Con la motivazione così resa il motivo non si confronta, limitandosi a contrapporre, assertivamente, argomenti privi di rilevanza in fatto e in diritto, già sottoposti esplicitamente o implicitamente al doppio vaglio giurisdizionale di merito relativa alla ritenuta prova della incapacità produttiva delle società emittenti. Si sottolinea che la contestazione relativa al ruolo di amministratori di fatto di Mo.Ro. e Mu.Ca. si appunta non sulla motivazione della Corte di appello, ma su quella della sentenza di primo grado, e, comunque, è stata intesa come rilevante ai fini della loro assoluzione dai reati di cui ai capi 1, 2 e 6, nonché 3 e 4, ma limitatamente - in quest'ultimo caso - ai rapporti di Toscana Servizi Srl con due società diverse da quelle indicate come emittenti nei capi di imputazione che in questa sede interessano.
E, eccentrica la questione della mancata prova della restituzione al committente degli importi recati nelle fatture - utilizzata, sin dal giudizio di primo grado per negare la primigenia ipotesi di fatture anche oggettivamente inesistenti - si osserva, comunque, che il reato previsto dall'art. 2 D.Lgs. 74/2000, è reato dì pericolo e di mera condotta, il quale si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari e prescinde dal verificarsi dell'evento di danno, nel mentre il profitto (suscettibile di confisca) è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, interpretazione perfettamente in linea con l'orientamento giurisprudenziale maggioritario (Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 10 ottobre 2011 n. 1843; Cass. Pen., Sez. 111, 4 luglio 2012 n. 11836; Cass. Pen., S.U., 31 gennaio 2013 n. 18374; Cass. Pen., Sez. 111, 20 gennaio 2017 n. 28047; Cass. Pen., Sez. 111, 6 febbraio 2019 n. 17535).
Quanto, infine, al quantum di diligenza richiesta al contribuente e al dolo di evasione, va rilevato, innanzi tutto, che si tratta di doglianza non formulata in appello. Si ravvisa, dunque, al proposito, innanzi tutto ulteriore ragione di inammissibilità: è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (v., ex multis, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Ciccarelli, Rv. 270627 - 01).
In ogni caso in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74/2000, si rileva che la stessa si connota come quella più grave ontologicamente in quanto non solo l'agente dichiara il falso, ma supporta la propria condotta mediante un "impianto contabile", o più genericamente documentale, diretto a sviare o ostacolare la successiva attività di accertamento dell'Amministrazione, avvalorando in modo artificioso l'inveritiera prospettazione di dati inseriti nella dichiarazione. Tale fattispecie criminosa si configura come un reato di pericolo e di mera condotta, il quale si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari e prescinde dal verificarsi dell'evento di danno. Il reato è integrato con la presentazione della dichiarazione (Cass., S.U., n.27/2000, n. 32348/2015), in quanto il legislatore mira a reprimere penalmente lesole condotte direttamente correlate alla lesione degli interessi fiscali, rinunciando invece a perseguire quelle di carattere meramente preparatorio o formale (fatti prodromici alla effettiva lesione del bene giuridico protetto).
Elemento costitutivo essenziale è dunque l'indicazione in una delle dichiarazioni di elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Dal momento che alla dichiarazione non vengono allegati documenti probatori, si chiarisce che si avvale della documentazione in questione chi li registra nelle scritture contabili obbligatorie o comunque li detiene al fine di prova nei confronti della Amministrazione. La condotta si dice essere "bifasica": l'autore, infatti, raccoglie o riceve la documentazione inveritiera e se ne avvale registrandola nelle scritture contabili obbligatorie o conservandola come prova da far valere contro l'Amministrazione nell'eventualità di un accertamento. Successivamente, presenta la dichiarazione dei redditi o ai fini IVA nella quale è recepita la falsa rappresentazione di cui la documentazione fittizia rappresenta il supporto. Soggetto responsabile è colui che sottoscrive la dichiarazione anche se lo stesso non ha partecipato alla fase antecedente di acquisizione e registrazione delle fatture relative ad operazioni inesistenti; si tratta infatti di reato "proprio": perché possa dirsi configurato è richiesto che il suo autore si trovi in una particolare posizione soggettiva, giuridica o di fatto, recte sia titolare dell'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi o ai fini IVA".
Tanto, che ineluttabilmente è stato provato a carico della rappresentante legale e amministratrice di diritto Sc.Lo., deve giovarsi poi, ai fini della affermazione della responsabilità, della riconosciuta esistenza anche dell'elemento soggettivo, il dolo specifico, che, seppure parte della dottrina ha ritenuto inconciliabile con l'accettazione del rischio che, connota il dolo eventuale, è stato invece ammesso da questa Corte, con la sua recente giurisprudenza, ammettendosi la configurabilità del reato ove l'accettazione del rischio attenga alla possibilità di evadere le imposte dirette o IVA, mediante la presentazione della dichiarazione comprensiva di fatture per operazioni inesistenti. (Cass., Sez. 111, 19 giugno 2018, n. 52411; Cass., Sez. 111, 23.6.2015, n. 30492).
Ebbene l'assenza di una sede operativa adeguata, di attrezzature e, specularmente, l'utilizzo da parte delle società emittenti di locali e attrezzature della Toscana Servizi, cui concedevano la propria manodopera, è stato ritenuto sufficiente a fondare, unitamente a tutto quanto prima argomentato, l'interposizione fittizia di manodopera di cui Sc.Lo., legale rappresentante e amministratrice della società utilizzatrice necessariamente è stata ritenuta responsabile. Si richiama Sez. 3 - , Sentenza n. 45114 del 28/10/2022 - Rv. 283771 - 01, secondo cui " Integra il delitto di cui all'art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l'utilizzazione, nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette, di fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi, che costituisca di fatto lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera, realizzata in violazione dei divieti di cui al previgente D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, sostituito dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, trattandosi di fatture relative a un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti, attinente ad un'operazione implicante significative conseguenze di rilievo fiscale", e Sez. 3 - , Sentenza n. 11633 del 02/02/2022 Cc. (dep. 30/03/2022) Rv. 282985 - 01 , che ha affermato che "Integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l'utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura".
Alla stregua di tutto quanto fin qui argomentato resta priva di pregio la censura in fatto di illogica o carente motivazione. Si ribadisce che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell'esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l'hanno determinata, dell'assenza di manifesta illogicità dell'esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l'utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile. (Conf.: Sez. 6, n. 5334 del 1993, Rv. 194203 - 01).
2. Fondato è invece il secondo motivo di ricorso.
Sollecitata dai motivi di appello, e in particolare da quello con cui la difesa si doleva della affermazione di responsabilità in riferimento ai reati di cui ai capi 3 e 4, perché, alla data del 27 settembre 2016 di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2015 Sc.Lo. non era legale rappresentante della Toscana Servizi Srl essendo cessata dalla carica di amministratore unico con atto del 29 luglio 2016, iscritto presso la Camera di Commercio il 10 agosto 2016 - la Corte di appello fiorentina la ha assolta dal reato di cui al capo 3. Ha riconosciuto, infatti, che essendo stato il reato commesso in data 27 ottobre 2016 - data della presentazione della falsa dichiarazione per l'anno di imposta 2015 - la stessa doveva essere mandata assolta per non aver commesso il fatto atteso che a quella data non era più amministratore unico.
Inspiegabilmente, tuttavia, non ha corrispondentemente riveduto il trattamento sanzionatorio, confermato nella entità commisurata dalla sentenza di primo grado.
Incorre in violazione del divieto di "reformatio in peius" il giudice d'appello che, in presenza di impugnazione dell'imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, pur prosciogliendo l'imputato per taluno di essi, non diminuisca l'entità della pena originariamente inflitta , così Sezioni Unite: N. 7578 del 2021 Rv. 280539 - 01 e, da ultimo Sez. 6, n. 29659 del 11/05/2022 Ud. (dep. 25/07/2022) Rv. 283535 - 01.
Il motivo merita senza dubbio accoglimento e sul punto la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio.
3. Diversamente si ritiene con riferimento al terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, causa l'oggettiva gravità delle condotte e in particolare la loro reiterazione nel tempo.
Quanto invece al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche non può che rilevarsi la sua inammissibilità in sede di legittimità, afferendo al tema del trattamento sanzionatorio.
Si rammenta che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato) " così ex plurimis Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017 Ud. (dep. 22/09/2017) Rv. 271269 - 01 e, precedentemente, in termini, N. 28535 del 2014 Rv. 259899 - 01, n. 3896 del 2016 Rv. 265826 - 01.
5. In conclusione, stante l'infondatezza manifesta delle censure sollevate col primo e terzo motivo, il ricorso proposto nell'interesse di Sc.Lo. deve essere dichiarato inammissibile in parte qua. La sentenza va invece annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, in accoglimento del secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Sc.Lo. limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2024.