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Furto: le aggravanti del mezzo fraudolento e della destrezza possono concorrere

Furto

Cassazione penale sez. V, 14/09/2022, n.48877

In tema di furto, sono compatibili e, dunque, possono concorrere le aggravanti del mezzo fraudolento e della destrezza, che, pur descrivendo modelli di agente prossimi ma non pienamente sovrapponibili, si caratterizzano, rispettivamente, per la particolare scaltrezza idonea a eludere la vigilanza del soggetto passivo e per la spiccata rapidità di azione nell'impossessamento della cosa mobile altrui.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 22 aprile 2021 (dep. il 7 giugno 2021) la Corte di appello di Napoli, a seguito del gravame interposto nell'interesse di P.M.P., ha confermato la pronuncia resa il 23 aprile 2013 dal Tribunale di Nola che, all'esito di giudizio abbreviato, ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di furto (in concorso con altri, avente ad oggetto generi alimentari prelevati dagli scaffali di un centro commerciale) aggravato perché commesso con destrezza e con mezzo fraudolento e determinando alla commissione del reato (o comunque avvalendosi) di minori, e - concesse le circostanze attenuanti generiche, stimate prevalenti, l'aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia, con il beneficio della sospensione condizionale, oltre al pagamento delle spese processuali. 2. Avverso la sentenza di appello il difensore dell'imputata ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi (di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1). 2.1. Con il primo motivo sono stati denunciati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione a cagione della mancata qualificazione del fatto come delitto tentato. La Corte di appello - alla luce di quanto chiarito dalle Sezioni Unite - avrebbe ritenuto erroneamente che la merce fosse già stata sottratta al legittimo detentore, atteso che l'imputata l'aveva posta all'interno di una vettura che non aveva lasciato il parcheggio di pertinenza dell'esercizio commerciale e non ne aveva conseguito la piena ed effettiva disponibilità (in quanto specie la persona offesa non aveva perso il controllo e la vigilanza sui beni). Ne deriverebbe l'estinzione del reato per prescrizione. 2.2. Con il secondo motivo sono stati denunciati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione, assumendo che erroneamente sarebbero stati ritenuti i presupposti delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p., comma 1, nn. 2 e 4, ravvisati nella medesima condotta, ossia la "manovra diversiva operata dai correi", senza rendere una motivazione congrua. L'imputata, difatti, nella specie non avrebbe utilizzato alcun espediente, ma avrebbe soltanto superato le casse senza pagare. Pertanto, il reato si sarebbe estinto reato per prescrizione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato. 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. In materia di furto: - "il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva", e dunque "risponde di furto consumato e non semplicemente tentato chi, dopo essersi impossessato della refurtiva, non si sia ancora allontanato dal luogo della sottrazione e abbia esercitato sulla cosa un potere del tutto momentaneo, essendo stato costretto ad abbandonarla subito dopo il fatto per il pronto intervento dell'avente diritto o della polizia" (Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 - 01, che richiama Sez. 5, n. 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266, e Sez. 5, n. 7704 del 05/05/1993, Gallo, Rv. 194483); - "ai fini della configurazione dell'autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l'impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l'agente abbia conseguito anche solo momentaneamente l'esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, anche se questa non si sia, di fatto, realizzata per l'intervento di fattori causali successivi ed autonomi" (Sez. 5, n. 48880/2018, cit., che condivisibilmente ravvisa la conformità di tale paradigma ermeneutico ai criteri enucleati da Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186 - 01, che ha chiarito come siano "il monitoraggio della azione furtiva in essere" - "esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale" - e "il conseguente intervento difensivo in continenti" a impedire "la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo" in quanto l'agente non ha "conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo"). Dalla sentenza impugnata - la cui ricostruzione del fatto è stata oggetto di censura apodittica, senza neppure addurre il travisamento della prova, e perciò irrituale (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01; conf. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 - 01) - si trae che l'imputata e i suoi correi, in mancanza di un monitoraggio del loro agire criminoso, sono stati raggiunti nel parcheggio all'esterno dell'esercizio commerciale, quando già avevano caricato sulla vettura a loro in uso i beni oggetto materiale del reato: consta, infatti, che il responsabile della sicurezza sia intervenuto soltanto in tale ultimo momento poiché allertato da un cliente. Ne deriva che, con motivazione congrua e conforme al diritto, la Corte territoriale ha ritenuto che la P. abbia sia pure per un breve lasso di tempo - conseguito l'autonoma disponibilità delle res, che in effetti erano uscite "dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo" (Sez. U, n. 52117/2014, cit.) e, dunque, ha qualificato il fatto come furto consumato. 2. Il secondo motivo è infondato. Invero, questa Corte ha già rilevato che le circostanze aggravanti del mezzo fraudolento e della destrezza previste per il delitto di furto, che presentano "significative assonanze" (Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088 - 01) - "sono pienamente compatibili" in quanto descrivono "modelli di agente prossimi ma non pienamente sovrapponibili" (Sez. 4, n. 21299 del 12/04/2013, Haldares, Rv. 255294 - 01). Come chiarito dalle Sezioni Unite: - "nel reato di furto, l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974 - 01, che in motivazione ne hanno individuato il quid nella "speciale funzionalità aggressiva della condotta, attuata con artata predisposizione di mezzi" - "astuta, ingegnosa e magari sofisticata" - "o con ingannevole messa in scena"); - "la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo" (Sez. U, n. 34090/2017, cit.; cfr. pure Sez. 4, n. 2340 del 29/11/2017 - dep. 2018, D. S., Rv. 271757 - 01: "l'approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata dall'agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore e neutralizzarne gli effetti integra la circostanza aggravante della destrezza in caso di rapidità dell'azione nell'impossessamento, non potuto percepire dalla persona offesa appositamente distratta, e quella dell'uso del mezzo fraudolento in caso di particolare scaltrezza nell'attività preparatoria, concertata ed attuata mediante qualche comportamento richiedente la presenza del possessore, idonea ad eluderne la vigilanza ed i mezzi approntati a difesa dei suoi beni"). Nel caso in esame, dalla sentenza impugnata si trae che l'impossessamento dei beni ha avuto luogo in virtù di un agire posto in essere contestualmente dai correi, ivi compresa la ricorrente, secondo un modulo operativo articolato, tale per cui - mentre alcuni di essi hanno posto in essere una manovra diversiva volta a distrarre il personale addetto alla cassa (simulando un acquisto con carta di credito, fingendo di averne dimenticato il codice e chiedendo pure l'aiuto di una hostess cui si sono posti "molto vicini"), ossia realizzando un'"ingannevole messa in scena" (Sez. U, n. 40354/2013, cit.), la P. (e un'altra correa) hanno velocemente attraversato l'area delle casse senza pagare, così a loro volta sorprendendo ed eludendo la sorveglianza sulle res degli addetti in maniera abile, astuta e avveduta (Sez. U, n. 34090/2017, cit.). Correttamente, allora, sono stati ravvisati i presupposti di entrambe le aggravanti nel fatto perpetrato in concorso, di cui tutti sono responsabili. 3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.). P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 14 settembre 2022. Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2022
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