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Furto in supermercato: il monitoraggio e l'intervento immediato configurano solo tentativo di reato

Furto

Cassazione penale sez. V, 20/03/2024, n.18818

In caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo "in continenti", impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della decisione del Tribunale di quella stessa città - che aveva dichiarato Mo.Gi.. colpevole di furto di un monopattino elettrico, aggravato dall'avere commesso il fatto su cose esposte per necessità alla pubblica fede esclusa la ulteriore circostanza aggravante della violenza sulla cosa) - ha rideterminato la pena. 2. Ricorre l'imputato, per il tramite del difensore di fiducia e procuratore speciale, avvocato Pe.Lu., il quale svolge due motivi. 2.1. Con il primo, censura l'omessa riqualificazione del reato in furto tentato, denuncia erronea applicazione degli artt. 56 - 624 cod. pen., sostenendo che il furto di un veicolo sul quale era installato un sistema di tracciamento satellitare, integrando una vigilanza continua sulla res, non consenta la consumazione del delitto, anche alla luce del principio di diritto affermato da Sez. Un. Prevete, non essendo stato violato dall'agente il presidio satellitare. 2.2. Con il secondo motivo, è denunciato vizio della motivazione in merito al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello - pur avendo emendato l'errore in cui era incorso il Tribunale (che, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante di cui all'art. 625 n. 7 cod. pen., aveva, tuttavia, considerato, quale pena base, quella prevista per la fattispecie aggravata dall'art. 625 cit.) - ha rideterminato la pena individuando una pena base superiore al minimo edittale, così discostandosi dalla valutazione del primo giudice, senza alcuna motivazione sul punto. 3. Con successiva memoria il difensore del ricorrente ha insistito nei motivi e per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. E' fondato il secondo motivo di ricorso, riguardante il trattamento sanzionatorio, in relazione al quale sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio previa rideterminazione della pena. Nel resto il ricorso è infondato. 2. Il primo motivo, con il quale il ricorrente censura l'omessa riqualificazione del reato in furto tentato, non è fondato. 2.1. L'imputato è stato condannato per furto di un monopattino elettrico destinato alla fruizione collettiva, aggravato dalla violenza sulla cosa (art. 625 n. 2), ed esposto alla pubblica fede (art. 625 n. 7). Il controllo dei monopattini attraverso un sistema GPS, come per qualunque altro mezzo dotato di analogo dispositivo non esclude la definitività dell'impossessamento e non rende il bene soggetto a sorveglianza continuativa. In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza successiva alla sentenza delle Sezioni Unite 'Prevete', che hanno enunciato il principio di diritto secondo cui, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo "in continenti", impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo. (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186). Coerentemente con tale approdo, si è affermato ripetutamente che, nell'ipotesi in cui oggetto della sottrazione è un'autovettura munita di sistema di antifurto satellitare, il reato può dirsi consumato in quanto tale strumento non impedisce la sottrazione ed il contestuale illecito impossessamento del veicolo, ma ha la diversa funzione di agevolarne il recupero. (Sez. 5, ri. 42774 del 21/09/2016, Rv. 268471). In particolare, come è già stato rilevato, il dispositivo in questione non escluda che il soggetto passivo perda, almeno fino al momento di attivazione del sistema di rilevazione satellitare, il controllo materiale e giuridico sulla cosa sottrattagli. Infatti, il sistema satellitare non assicura una costante vigilanza durante l'intera fase dell'azione illecita, ma la possibilità di rilevare e seguire gli spostamenti dell'autovettura è collegata ad una richiesta dell'interessato al centro operativo, cosicché, il successivo rilevamento ha soltanto una funzione recuperatoria di un bene ormai uscito definitivamente dalla sfera di controllo del possessore. (Sez. 2, n. 39711 del 12/06/2018, Rv. 273817). 3. E' fondato, invece, il secondo motivo. 3.1. Come premesso, la doglianza è incentrata sul rilievo che la Corte di appello - pur avendo emendato l'errore in cui era incorso il Tribunale (che, una volta riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante di cui all'art. 625 n. 7 cod. pen., aveva, nondimeno, considerato, quale pena base, quella minima prevista per la fattispecie aggravata dall'art. 625 cod. pen. , ovvero anni due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa) - ha rideterminato la pena individuando una pena base superiore al minimo edittale, così discostandosi dalla valutazione del primo giudice, senza alcuna motivazione sul punto. 3.2. Il principio di diritto che viene in rilievo è quello per cui, il Giudice, ove riduca le pena inflitta in termini assoluti, è libero di individuare il trattamento sanzionatorio, non essendo vincolato, nell'applicare una disciplina sanzionatoria più favorevole, dalla necessità di rispettare lo stesso punto della forbice edittale da cui aveva preso le mosse la sentenza di primo grado, non ricorrendo la violazione del divieto di "reformatio in peius", previsto dall'art. 597, comma 3, cod. proc. pen., laddove non venga sovvertito il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice (Sez. 6 - , n. 51130 del 15/11/2019, Rv. 278184). In caso di appello del solo imputato, il potere discrezionale del giudice di rimodulare la pena inflitta in precedenza è, cioè, subordinato alla condizione che esso sia esercitato nel rispetto del limite costituito dal divieto di sovvertire il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice: nel senso che, se questi ha reputato di applicare il minimo della pena, spiegando in modo logico e adeguato come la condotta dell'imputato non avesse rivestito alcun carattere di gravità per ragioni specificamente indicate in sentenza, non potrebbe poi il giudice di appello discostarsi significativamente dai limiti edittali minimi, in quanto condizionato al precedente accertamento valutativo del giudice di merito (in questo senso, tra le molte, Sez. 6, n.6850 del 09/02/2016, L'Astorina, Rv. 266105; Sez. 4, n. 46973 del 06/10/2015, Mentonis, Rv. 265209). 3.3. Nel caso di specie, dalla sentenza di primo grado, emerge che il Tribunale ha valorizzato le modalità di svolgimento del fatto, privo connotazioni violente, nonché l'atteggiamento collaborativo assunto dall'imputato, sia ai fini del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, che nella valutazione dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen., per la determinazione del trattamento sanzionatorio assestato nel minimo editale della fattispecie aggravata. In sede di emenda dell'errore in cui era incorso il primo giudice, nel prendere le mosse dal minimo edittale per la fattispecie aggravata, la Corte di appello avrebbe dovuto attenersi a tale valutazione dì favore e, dunque, considerare quale minimo edittale quello di mesi sei di reclusione ed euro 154.00 di multa previsto dall'art. 624 cod. pen., su cui doveva poi essere operata la diminuzione per le circostanze attenuanti generiche, secondo lo schema di cui all'art. 69 cod. pen. . 3.4. A tale approdo può pervenirsi in questa Sede, ai sensi dell'art. 620 lett. L cod. proc. pen., essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio conformemente alle valutazioni risultanti dalle sentenze di merito. 4. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata previa rideterminazione della pena inflitta a Mo.Gi. in quella di mesi quattro ed euro 2.100,00 di multa. Nel resto, il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in mesi quattro di reclusione ed euro 100,00 di multa. Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, addì 20 marzo 2024. Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2024.
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