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Furto aggravato di beni destinati a pubblico servizio: natura valutativa dell’aggravante

Furto

Cassazione penale sez. V, 04/06/2024, n.34239

La circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., configurata dall'essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, ha natura valutativa e non "autoevidente", poiché impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della "res", sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 7 luglio 2023, la Corte d'Appello di Bologna, in riforma della sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Rimini, all'esito di giudizio ordinario, ha ritenuto Bu.Lo. responsabile dei delitti di furto aggravato di energia elettrica e di resistenza a pubblico ufficiale, condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 400,00 di multa. 2. Avverso tale sentenza il Bu.Lo. ha proposto ricorso per cassazione. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. La Corte d'Appello, nel riformare la sentenza assolutoria emessa dal giudice di primo grado, avrebbe proceduto ad una rinnovazione soltanto parziale dell'istruttoria, esaminando solo uno dei testi, Fr.Al., dipendente dell'Enel, il quale peraltro aveva reso dichiarazioni contrastanti rispetto a quelle rilasciate in primo grado, mentre non aveva sentito anche l'agente di polizia giudiziaria Ma.Ri.. Neppure avrebbe proceduto all'esame dell'imputato, nonostante che egli avesse reso dichiarazioni spontanee ritenute dal Tribunale concordanti e decisive, disattendendo i principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza "Maestri e altri v. Italia". Il ricorrente ha inoltre dedotto la carenza e contraddittorietà della motivazione, avendo la sentenza impugnata fondato il giudizio di responsabilità unicamente sulla testimonianza dell'Fr.Al. senza tuttavia motivarne in alcun modo l'attendibilità, nonostante che egli nel giudizio di appello avesse dato una versione dei fatti diversa rispetto a quelle, tra loro contraddittorie, rese in primo grado. 2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 603-bis cod. proc. pen., nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La sentenza impugnata avrebbe disatteso l'obbligo di motivazione rafforzata che si impone al giudice in caso di ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, non essendosi confrontata con i risultati cui era pervenuta quella pronuncia. In particolare, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che i tecnici dell'Enel, Fr.Al. e Ma.Do., avevano documentato gli accadimenti con un video e che, nel riferirne il contenuto, il teste Ma.Ri. non aveva detto nulla in merito all'aggressione raccontata dal teste Fr.Al.. In tal modo i giudici d'appello sarebbero incorsi nel vizio di travisamento della prova, non avendo considerato tale testimonianza, che era stata decisiva per l'assoluzione in primo grado dell'imputato. Contraddittoria e manifestamente illogica sarebbe la motivazione della sentenza impugnata laddove ha ritenuto non rilevanti le dichiarazioni rese da Andrea Falcone, teste della difesa, in quanto non sarebbe stato un testimone neutro perché era un dipendente dell'imputato, mentre, al momento delle sue dichiarazioni, egli non lavorava più da due anni alle dipendenze di costui. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta il vizio di violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla contestata aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen. per avere l'imputato rotto il sigillo del contatore elettrico. Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe del tutto priva di motivazione in ordine alla sussistenza di tale aggravante, mancando un compendio probatorio di supporto. Dalle testimonianze assunte, sarebbe emerso solo che era stato collocato un magnete sul contatore Enel, e non invece che vi fosse stata la rottura del sigillo. Tale magnete opera dall'esterno incidendo sulla funzionalità del misuratore, senza tuttavia alterarne la struttura e senza danneggiarlo, sicché al più si configurerebbe come un mezzo fraudolento. 2.4. Con il quarto motivo si deduce il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata avrebbe ritenuto sussistente la contestata aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen. Secondo il ricorrente il contatore dell'Enel su cui era stato apposto il magnete non potrebbe considerarsi cosa destinata al pubblico servizio o di pubblica utilità, non essendo volto a soddisfare un'esigenza della collettività, ma solo l'interesse della compagnia erogatrice di elettricità e dell'utente. 2.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge e difetto di motivazione, difettando la querela. Invero, non sussistendo l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., il reato sarebbe procedibile a querela, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022, le quali dovrebbero trovare applicazione, ai sensi dell'art. 2 cod. pen. 2.6. Con il sesto motivo si deduce il vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte territoriale avrebbe affermato la responsabilità del ricorrente per il furto di energia nonostante non fosse provato che il calo dei consumi registrato sull'utenza del Bu.Lo. fosse avvenuta dopo che egli aveva assunto la gestione dell'albergo. Mancherebbe inoltre la motivazione in merito alla ritenuta conoscenza e volontà dell'imputato di applicare il magnete al contatore Enel, non essendo state valutate le spontanee dichiarazioni in cui egli aveva affermato di aver posizionato il magnete per scongiurare cali di tensione dovuti ai frequenti temporali e alle scariche elettriche. 3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. Il ricorrente ha depositato una memoria con cui ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, svolgendo ulteriori argomentazioni a sostegno del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso merita accoglimento nei termini di seguito specificati. 2. I primi due motivi di censura attengono al reato di resistenza a pubblico ufficiale contestato al capo B) dell'imputazione. Essi non risultano manifestamente infondati, né sotto altro aspetto inammissibili, se non altro sotto il profilo della dedotta mancanza di motivazione rafforzata della sentenza impugnata, il cui onere, secondo l'insegnamento di questa Corte, grava sul giudice d'appello in caso di riforma della sentenza assolutoria pronunciata dal giudice di primo grado. Per l'effetto, va dichiarata - a norma dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen. -l'intervenuta prescrizione del reato medesimo, per decorso del termine massimo previsto dagli artt. 157 e 160, ultimo comma, cod. pen., non risultando dagli atti cause che ne possano aver determinato la sospensione. 3. A tanto consegue l'annullamento senza rinvio sul punto della sentenza impugnata. 4. Le restanti censure si appuntano sul reato di furto aggravato, contestato al capo A) dell'imputazione. 5. Risulta pregiudiziale esaminare il quinto motivo di ricorso. Esso è fondato. Per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto aggravato o pluriaggravato ai sensi dell'art. 625 cod. pen. è divenuto procedibile a querela della persona offesa tranne che nei seguenti casi: - se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; - se ricorre taluna delle circostanze di cui all'art. 625 n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede; - se ricorre una delle circostanze di cui all'art. 625 n. 7-bis cod. pen. Pertanto, il reato è procedibile d'ufficio quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o pignoramento o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza. Per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della riforma, l'art. 85 D.Lgs. n. 150 del 2022 ha stabilito che il termine per la presentazione della querela decorre da tale data (30 dicembre 2022) se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Questa Corte ha chiarito che il nuovo regime di procedibilità introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022 trova applicazione anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 - 01), come già affermato in continuità con il principio sancito anche in occasione di precedenti interventi legislativi di analogo segno (Sez. 2, n. 21700 del 17/04/2019, Sibio, Rv. 276651 - 01; Sez. 5, n. 22143 del 17/04/2019, D., Rv. 275924 - 01). 6. Nel caso in esame, il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale per un fatto così descritto nel capo di imputazione: "delitto previsto e punito dagli artt. 624,625, n. 2 e 7 c.p., perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, si impossessava di energia elettrica di ENEL Spa. Con le aggravanti di aver commesso il fatto con violenza sulle cose, rompendo il sigillo del contatore e con il mezzo fraudolento, applicando un magnete al contatore che provocava il rallentamento del conteggio del reale consumo di energia". Si tratta allora di individuare il regime di procedibilità del reato così contestato, tenuto conto che non vi è univocità di vedute nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla possibilità di una contestazione "in fatto" dell'aggravante in parola. Secondo talune pronunce di legittimità, avendo la condotta ad oggetto l'energia elettrica, questa deve considerarsi per la sua natura intrinseca come destinata a pubblico servizio, sicché la semplice citazione del bene comporta di per sé un significato univoco (Sez. 4, n. 48529 del 07/11/2023, Marcì, Rv. 285422 - 02; Sez. 5, n. 2505 del 29/11/2023, dep. 2024, Russo, Rv. 285844 - 01). Diversamente, in altre decisioni si è affermato che la mancanza, nell'imputazione, di alcun riferimento esplicito, diretto o mediante l'impiego di formule equivalenti, al fatto che la sottrazione sia stata commessa su cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, impedisce di ritenere legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 4, n. 46859 del 26/10/2023, Licata, Rv. 285465 - 01; Sez. 4, n. 44157 del 03/10/2023, Rampone, Rv. 285647 - 01; Sez. 5, n. 26511 del 13/04/2021, Sciortino, Rv. 281556 - 01). 7. Ritiene il Collegio di aderire alla giurisprudenza secondo cui la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., configurata dall'essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, ha natura valutativa e non "autoevidente", poiché impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della "res", sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Mascali, Rv. 285878 - 01; Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, Bevacqua, Rv. 286291 - 01; Sez. 5, n. 28108 del 07/06/2024, Di Stefano, non massimata). A tale conclusione si è pervenuti sulla scorta dei principi enunciati dalle Sezioni unite Sorge (Sez. U., n. 24906 del 18/04/2019, Rv. 275436 - 01), che hanno affermato l'ammissibilità della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti, a condizione che, nel rispetto del diritto di difesa, l'imputazione riporti in modo sufficientemente chiaro e preciso gli elementi di fatto che integrano la fattispecie, tenuto conto delle caratteristiche delle singole ipotesi circostanziali e, in particolare, della natura degli elementi costitutivi delle stesse. Laddove le circostanze aggravanti, secondo la previsione normativa, si esauriscono "in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche", l'indicazione del fatto materiale è idonea a riportare nell'imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile un adeguato esercizio del diritto di difesa. Si è precisato in proposito che il carattere "autoevidente" dell'elemento aggravatore non può farsi discendere dal carattere più o meno incontroverso del suo inquadramento da parte della giurisprudenza. Se così fosse, - a parte la considerazione degli sviluppi a cui è sempre aperta la interpretazione giurisprudenziale- nella sentenza Sorge non si sarebbe pervenuti a riconoscere la necessità di contestazione ad hoc in relazione ad una serie di casi riportabili alla aggravante dell'art. 476, comma 2, cod. pen., come quello del verbale redatto dalla Polizia giudiziaria, o della autentica del notaio, atti pacificamente inquadrati dalla giurisprudenza nel novero di quelli fidefacenti. Piuttosto, il parametro per riconoscere "la immediata percepibilità della portata giuridica aggravatrice insita nella evocazione di un fatto o di un atto è, dunque, la sfera delle conoscenze dell'uomo medio e cioè la possibilità per tale "agente" di percepire con un ragionamento semplice e diretto, la natura dell'atto o comportamento contestati come capaci di rendere il fatto in esame, esposto ad una valutazione più severa" (così in motivazione Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, Bevacqua, cit.). Con riguardo, invece, alle circostanze aggravanti nelle quali la previsione normativa include componenti valutative, rispetto alle quali le modalità della condotta integrano l'ipotesi aggravata, ove alle stesse siano attribuibili particolari connotazioni qualitative o quantitative, nel caso in cui il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, la contestazione sarà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. Le Sezioni unite Sorge hanno chiarito che in tal caso, il connotato giuridico in questione può ritenersi adeguatamente contestato anche mediante l'impiego di formule equivalenti che perciò siano in grado di sostituire con la medesima efficacia la contestazione formale. 8. Applicando tali principi alla circostanza aggravante di cui all'art. 625 n. 7 cod. pen., ritiene il Collegio che la destinazione a pubblico servizio del bene-energia, oggetto di furto, non costituisce un connotato intrinseco ed autoevidente del bene stesso, dal momento che richiede una verifica di ordine giuridico sulla natura della res, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di "servizio pubblico" che si fonda su considerazioni di diritto, le quali non sono rese evidenti dal mero riferimento all'oggetto sottratto (così in motivazione Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Mascali, cit.). La destinazione a "pubblico servizio" del bene, la quale giustifica la più severa punizione della condotta di ablazione e rende ragione del diverso regime di procedibilità previsto dal legislatore del 2022, non è data dalla fruizione pubblica del bene, bensì dalla dimensione pubblica e collettiva dell'interesse attinto nel caso concreto, trattandosi di un bene che, per volontà del proprietario o del detentore, ovvero per intrinseca qualità, serve ad un uso di pubblico vantaggio, ovvero a un servizio fruibile dal pubblico (Sez. 6, n. 698 del 03/12/2013 , dep. 2014, Giordano, Rv. 257773 - 01). Occorre, inoltre, considerare che la qualificazione della energia elettrica come servizio pubblico, riferito tanto alla fase della produzione che a quella della distribuzione, rappresenta il frutto di una serie di interventi normativi primari e secondari volti a disciplinare tali fasi con regolamentazione pubblica derogatoria, ad assoggettare il gestore al dovere di imparzialità e ad affermare la destinazione istituzionale dell'attività al pubblico, in modo da comprendere solo le attività che soddisfano direttamente i bisogni collettivi e non quelle che perseguono tale scopo solo in via strumentale. Lo stesso art. 625, n. 7-bis cod. pen., il quale conforma l'effetto aggravatore ivi previsto al fatto che il bene sottratto afferisca ad un servizio pubblico - tale qualificando espressamente quello di erogazione della energia - attribuisce, dal canto suo, rilevanza decisiva alla condizione che debba trattarsi di servizio gestito da soggetto pubblico o privato in regime di concessione pubblica. Alla luce di tali considerazioni, si deve in conclusione affermare che l'aggravante in questione è connotata da componenti di natura valutativa, anche in ragione della variabilità della nozione di pubblico servizio, condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Mascali, cit.). Tuttavia, accanto alla contestazione formale dell'aggravante, è consentita anche una modalità di contestazione non formale, che però deve essere tale da rendere manifesto all'imputato che dovrà difendersi dall'accusa di avere sottratto un bene posto al servizio di un interesse dell'intera collettività e diretto a vantaggio della stessa. Si è perciò ritenuto che tale scopo risulta raggiunto quando nel capo di imputazione si faccia menzione di una condotta di furto di energia posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione dell'ente gestore; rete capace di dare luogo ad un "servizio" e destinata a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza "pubblica" (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Mascali, cit.; Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, Bevacqua, cit.). 9. Nel caso in esame il capo di imputazione originariamente ascritto non consente di ritenere contestata l'aggravante in questione, dal momento che, nella descrizione del fatto, vi è il mero riferimento alla condotta di "impossessamento di energia elettrica di Enel Spa", senza alcuna ulteriore precisazione in ordine all'allaccio diretto alla rete di distribuzione. Neppure risulta sufficiente il solo richiamo alla disposizione di cui al n. 7 dell'art. 625 cod. pen., atteso che questa contempla una pluralità di ipotesi aggravatrici, soggette ad un diversificato regime di procedibilità e, dunque, non è di per sé idoneo ad individuare la condotta contestata in concreto. Esclusa, pertanto, la possibilità di individuare nel capo di imputazione del presente processo una contestazione della circostanza aggravante de qua, si rileva che il reato risulta procedibile a querela di parte, la quale non è stata presentata neppure nel termine di tre mesi dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022, ai sensi dell'art. 85 del decreto citato. Pertanto, al difetto della condizione di procedibilità consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato di furto aggravato di cui al capo A) dell'imputazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al reato di cui al capo A) perché l'azione penale non può essere proseguita per difetto della condizione di procedibilità e in relazione al reato di cui al capo B) perché estinto per prescrizione. Così deciso nella camera di consiglio del 4 giugno 2024. Depositato in Cancelleria lì 11 settembre 2024
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