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Furto in abitazione: necessità di consenso non viziato per l'esclusione del reato

Furto

Cassazione penale sez. V, 01/02/2024, n.13203

Ai fini della sussistenza del delitto di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis cod. pen. è, inoltre, necessario che l'introduzione nell'abitazione avvenga senza o contro il consenso dell'avente diritto o quanto meno che il consenso prestato dalla persona offesa sia viziato in quanto carpito con l'inganno, ipotesi, quest'ultima, che richiede una falsa prospettazione ad opera dell'agente in grado di far cadere in errore la vittima, che in tal modo viene indotta a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe mai manifestato, come quando l'agente simula il possesso di determinate qualità (ad esempio, affermando di essere un incaricato di pubblico servizio o pubblico ufficiale e di dover effettuare un controllo all'interno dell'abitazione).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di L'Aquila ha confermato la sentenza del 18 ottobre 2021 del Tribunale di Pescara nella parte in cui aveva affermato la penale responsabilità di Mi.Di. e Fe.Pa. per due reati di furto in abitazione aggravati dal mezzo fraudolento e, ritenuta la continuazione tra i reati, li aveva condannati alla pena di giustizia. In particolare, ai due imputati è stato contestato di essersi introdotti nell'abitazione di El.Di., loro conoscente, con il pretesto di chiederle un caffè e, mentre la Fe.Pa. aveva intrattenuto la persona offesa, il Mi.Di., con la scusa di allontanarsi per recarsi in bagno, era entrato nella camera da letto dove si era impossessato, a scopo di profitto, di due anelli d'oro (capo A), nonché di essersi introdotti all'interno dell'abitazione di As.Ma., loro conoscente, con la scusa di farle conoscere il loro bambino, e di essersi impossessati, a scopo di profitto, di un paio di orecchini d'oro che la stessa aveva lasciato su un mobiletto nel bagno (capo B). 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso Mi.Di., a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione dell'art. 157 cod. pen. per avere la Corte di appello omesso di rilevare l'estinzione del reato. Il Tribunale, sostiene il ricorrente, non ha applicato l'aggravante del mezzo fraudolento, non avendo proceduto al relativo aumento di pena pur escludendo le circostanze attenuanti generiche, cosicché il termine minimo di prescrizione per il furto in abitazione non aggravato risulta pari ad anni sei ed il termine massimo ad anni sette e mesi sei. Essendo entrambi i reati stati commessi in data 5 gennaio 2013, il termine massimo di prescrizione deve ritenersi ormai integralmente decorso. La Corte di appello, ritenendo sussistente l'aggravante suddetta, avrebbe operato una reformatio in peius, non consentita dall'art. 597, comma 3, cod. proc. pen. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 624-bis e 625, primo comma, n. 2 cod. pen., nonché il travisamento del fatto e la illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione dei due reati quali furti in abitazione. Evidenzia il ricorrente di essersi introdotto nell'abitazione delle due persone offese con il consenso delle stesse, che lo conoscevano da tempo, mentre ai fini della sussistenza del furto in abitazione è necessario che l'accesso nel luogo adibito a privata dimora sia avvenuto invito domino; sostiene che l'affermazione contenuta nella motivazione della sentenza qui impugnata secondo la quale egli si sarebbe introdotto nell'abitazione della El.Di. con una scusa sarebbe erronea. In ogni caso, il reato di furto in abitazione e l'aggravante del mezzo fraudolento, riferita alle modalità di ingresso nell'abitazione, non possono concorrere, potendo semmai sussistere il furto in abitazione non aggravato dal mezzo fraudolento o il furto di cui all'art. 624 cod. pen. aggravato dal mezzo fraudolento. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente sostiene la violazione dell'art. 625 n. 2 cod. pen. poiché non sarebbe applicabile al caso di specie l'aggravante del mezzo fraudolento. Sostiene che l'avere approfittato della conoscenza da lungo tempo della El.Di. e della scusa di farle conoscere il bambino non integra l'aggravante contestata; anche la rappresentazione da patte del Mi.Di. dell'esigenza di andare in bagno non valeva a far ritenere sussistente la circostanza contestata, poiché la El.Di. aveva visto il Mi.Di. andare in bagno e non aveva distolto la sua attenzione. In entrambi i reati i beni non erano stati appositamente cercati dall'imputato che li aveva asportati dal luogo ove casualmente si trovavano nel momento del suo accesso nelle due abitazioni. Neppure vi era la prova di una qualche condotta attuata per eludere la sorveglianza delle due persone offese. Poiché si tratterebbe di furto semplice non aggravato, il reato contestato al capo A) non sarebbe procedibile, difettando la querela. In ogni caso, per entrambi i reati, la loro riqualificazione quali furti ex art. 624 cod. pen. comporterebbe la loro estinzione per prescrizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato. 1.1. Ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione è necessario che sussista il nesso finalistico - e non un mero collegamento occasionale - fra l'ingresso nell'abitazione e l'impossessamento della cosa mobile, in quanto il nuovo testo dell'art. 624-bis cod. pen., novellato dall'art. 2, comma secondo, della legge n. 128 del 2001, pur ampliando l'area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, non ha, invece, innovato in ordine alla strumentalità dell'introduzione nell'edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, già preteso dalla previgente normativa (art. 625, comma primo, n. 1, cod. pen.) (Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014, Licordari, Rv. 260225). Ed invero, la dizione "mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora", propria del testo attuale, chiaramente esprime una strumentalità dell'introduzione nell'edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, non diversa da quella precedentemente espressa con le parole "per commettere il fatto, si introduce o si intrattiene in un edificio" (Sez. 5, n. 19982 del 01/04/2019, Filippelli, Rv. 275637). Ai fini della sussistenza del delitto di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis cod. pen. è, inoltre, necessario che l'introduzione nell'abitazione avvenga senza o contro il consenso dell'avente diritto o quanto meno che il consenso prestato dalla persona offesa sia viziato in quanto carpito con l'inganno (vedi Sez. 5, n. 41149 del 10/06/2014, Crescimone, Rv. 261030; Sez. 5, n. 13582 del 02/03/2010, Torre, Rv. 246902), ipotesi, quest'ultima, che richiede una falsa prospettazione ad opera dell'agente in grado di far cadere in errore la vittima, che in tal modo viene indotta a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe mai manifestato, come quando l'agente simula il possesso di determinate qualità (ad esempio, affermando di essere un incaricato di pubblico servizio o pubblico ufficiale e di dover effettuare un controllo all'interno dell'abitazione). 1.2. Nelle due sentenze di merito e anche nei residui capi di imputazione di cui alle lettere A) e B) si afferma che il Mi.Di. e le due persone offese già si conoscevano tra loro e in virtù di tale pregressa conoscenza egli e la sua compagna, Fe.Pa., si sono introdotti nelle loro abitazioni con il loro consenso, in un caso - il furto ai danni della El.Di. - con la scusa di farsi offrire un caffè e nell'altro - il furto ai danni della As.Ma. - con il pretesto di farle conoscere il bambino. Dalla ricostruzione fattuale che emerge dalle due sentenze di merito non risulta, tuttavia, chiaro se il consenso al loro ingresso nelle abitazioni delle due vittime sia stato anche carpito con l'inganno, considerato che il Mi.Di. e le due donne si conoscevano da tempo. Laddove, il consenso non fosse viziato dall'inganno, sarebbe invece configurabile il delitto di furto aggravato dall'abuso di relazioni di ospitalità. Difatti, proprio il rapporto di ospitalità avrebbe agevolato la commissione del reato ad opera dei due imputati. La circostanza aggravante prevista dall'art 61 n. 11, cod. pen., nella previsione dell'abuso di relazioni di ospitalità, sussiste anche se il rapporto di ospitalità sia saltuario ed occasionale e quindi anche nel caso in cui l'agente sia stato accolto in una casa di abitazione e ciò abbia reso possibile od agevolato la consumazione del reato (Sez. 2, n. 996 del 22/04/1970, dep. 1971, Santostasi, Rv. 117204). Peraltro, gli elementi costitutivi della circostanza aggravante dell'abuso di ospitalità vengono menzionati in entrambi i capi di imputazione, ove si esplicita al capo A) che i due imputati conoscevano la vittima e si sono introdotti nella sua abitazione con la scusa (e non con l'inganno) di prendere un caffè ed al capo B) che i due imputati conoscevano da tempo la vittima e con la scusa di farle vedere il loro bambino erano entrati nella sua abitazione. Né l'aggravante presenta particolari aspetti di tipo valutativo e neppure sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando gli elementi di fatto dell'aggravante diversamente configurata siano stati ritualmente contestati, così da consentire all'imputato di difendersi sull'oggetto dell'addebito, come nel caso di specie (Sez. 5, n. 37434 del 19/05/2023, Durollari, Rv. 285336). 2. Il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione di legge in ordine all'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 625, n. 2, cod. pen., è inammissibile, non essendo stata correttamente colta la ratio dell'applicazione della stessa. Invero, l'aggravante del mezzo fraudolento si riferisce non alle modalità di ingresso nell'abitazione, ma alla condotta attuata dalla Fe.Pa. per attirare su di sé l'attenzione delle vittime e consentire al Mi.Di. di agire indisturbato. Si consideri, infatti, che entrambi i giudici di merito hanno correttamente ritenuto configurata l'aggravante in considerazione dei particolari accorgimenti adottati dagli imputati al fine di sfuggire al controllo delle persone offese, una volta introdottisi nelle abitazioni, e che hanno consentito di sottrarre gli orecchini d'oro bianco della As.Ma. e le fedi d'oro della El.Di. Invero, nel reato di furto l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974). Laddove, poi, il ricorrente sostiene che non vi è prova dei predetti "accorgimenti", egli solleva una censura di merito invocando una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede. 3. Il primo motivo di ricorso è infondato. Sia che i fatti vengano qualificati come furti in abitazione aggravati dal mezzo fraudolento, sia che gli stessi vengano riqualificati come furti aggravati dal mezzo fraudolento e dall'abuso di relazioni di ospitalità, il termine minimo di prescrizione ai sensi dell'art. 157 cod. pen. è pari ad anni dieci ed il termine massimo di prescrizione ex art. 161 cod. pen. ad anni dodici e mesi sei. Essendo i fatti stati commessi il 5 gennaio 2013, appare evidente che il termine non è ancora interamente decorso in ogni caso. Quanto all'aggravante del mezzo fraudolento, essa è stata ritenuta dal Tribunale in relazione ad entrambi i reati e di essa il Tribunale ha tenuto conto nel computo della pena per il reato di cui al capo A), facendo espresso riferimento alle modalità della condotta, sebbene non abbia esplicitato lo specifico aumento di pena per effetto della sua applicazione. La mera contestazione dell'aggravante ad effetto speciale non vale a prolungare il termine di prescrizione del reato solo laddove questa non sia stata affatto ritenuta in sentenza (vedi Sez. 5, n. 27632 del 30/05/2019, Calò, Rv. 276519, relativa a fattispecie in tema di falso in atto pubblico nella quale il giudice di merito, pur non escludendo espressamente l'aggravante di cui all'art. 476, secondo comma, cod. pen., non l'aveva menzionata nella motivazione e nel dispositivo, né l'aveva considerata nella determinazione del trattamento sanzionatorio). L'errore commesso dal Tribunale - e non denunciato da alcuna delle parti a mezzo di specifico motivo di appello - ha ad oggetto l'omessa esplicitazione della misura dell'aumento di pena per il reato di cui al capo A) conseguente all'applicazione dell'aggravante, ma questa è stata espressamente ritenuta ed è stata comunque valutata ai fini della determinazione della pena, cosicché di essa deve tenersi conto ai fini della determinazione del termine di prescrizione. Quanto, poi, al reato di cui al capo B), l'aggravante del mezzo fraudolento è stata ritenuta e considerata ai fini del calcolo dell'aumento di pena per la continuazione. Le aggravanti relative ai reati satelliti rilevano esclusivamente ai fini della determinazione dell'aumento di pena ex art. 81 cod. pen. (Sez. 1, n. 13369 del 13/02/2018, D'Agostino, Rv. 272567), ma non occorre che il giudice specifichi in che misura tale aumento risulti maggiore per effetto della applicazione delle aggravanti. Quanto alla denunciata violazione del divieto di reformatio in peius, essa ricorre solo qualora il giudice d'appello, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, computi l'aumento di pena per un'aggravante ritenuta dal primo giudice, ma erroneamente non computata nella determinazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 23708 del 15/07/2020, Bixi, Rv. 279523), ipotesi che non ricorre nel caso di specie. 4. La sentenza impugnata, deve, quindi, essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia, che valuterà, sulla base del materiale istruttorio ed applicando i principi sopra esposti, se i due reati integrino due furti in abitazione aggravati dal mezzo fraudolento o se essi debbano essere riqualificati quali due furti aggravati dal mezzo fraudolento e dall'abuso di relazioni di ospitalità; in questa seconda ipotesi, atteso che i due furti non sarebbero procedibili di ufficio, il Giudice del rinvio accerterà se sia stata sporta querela dalle rispettive persone offese. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia. Così deciso il 1 febbraio 2024. Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2024.
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