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Infermità della persona offesa e procedibilità d'ufficio nel reato di furto: non solo infermità come stato patologico

Furto

Cassazione penale sez. V, 03/07/2024, n.33203

In tema di furto, l'infermità, fisica o psichica, della persona offesa, che costituisce presupposto normativo per la procedibilità d'ufficio del delitto di cui all'art. 624, c.p., come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. i), d.lg. 10 ottobre 2022, n. 150, non deve essere circoscritta ai soli casi di infermità psichica intesa come stato patologico, ma può essere estesa anche ai casi di carenza o anomalia mentale o cognitiva o di particolare vulnerabilità della persona offesa, tale da influire, anche in modo transeunte od occasionale, sulla pienezza delle facoltà intellettive e tale da inficiare la capacità di autodeterminazione o di opposizione dinanzi all'altrui condotta illecita. (Fattispecie in tema di furto commesso ai danni di persona quasi ottuagenaria nei cui confronti era stata utilizzata anche una sostanza chimica i cui effetti destabilizzanti erano stati percepiti dall'anziana).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO La sentenza impugnata à della Corte d'Appello di Firenze, che ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale monocratico di Pisa nei confronti di Ce.Da. e Ce.Er. in relazione al delitto di cui agli artt. 110,624 bis, 625 n. 2 e 61 n. 5 cod. pen., commesso in C, il (Omissis), in danno di Co.Ga. 1. È stato dedotto, tramite difensori abilitati, un unico, composito, motivo di ricorso, che ha denunciato i vizi di erronea applicazione della legge penale e di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'affermazione di reità degli imputati, non riconosciuti dalla parte lesa con l'esibizione di un book fotografico, la cui versione dei fatti non sarebbe stata correttamente affrontata dalla sentenza della Corte territoriale, tanto a riguardo delle cause della rispettiva presenza nell'autovettura sequestrata il (Omissis), quanto a riguardo dell'alibi fornito da Ce.Er., che ha prodotto una ricevuta di pagamento della partecipazione ad un corso di equitazione svoltosi in Provincia di Cuneo nella stessa giornata del furto di interesse per il processo. Infine, la decisione impugnata avrebbe illegittimamente negato il riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno, perfezionato prima dell'apertura del dibattimento di primo grado. 2.Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr. Pasquale Serrao D'Aquino, ha anticipato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono nel complesso infondati. 1. Occorre in premessa rilevare come ci si trovi in presenza di una c.d. "doppia conforme" sulla responsabilità penale, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente dalla Corte di Cassazione, costituendo un unico corpo decisionale, nel cui ambito la sentenza d'appello si richiama alla decisione del Tribunale ed entrambe le sentenze di merito adottano gli stessi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 2013, Argentieri, Rv. 257595). 2. Deve essere prioritariamente affrontata, per il suo carattere potenzialmente assorbente, la questione della procedibilità del delitto di furto pluriaggravato oggetto di contestazione, dal momento che la persona offesa ha rimesso la querela il 22 aprile 2022, data persino antecedente alla sentenza di primo grado. Come noto, il terzo comma dell'art. 624 cod. pen., come sostituito dall'art. 2 comma 1 lett. i) del D.Lgs. n. 150 del 2022 stabilisce che il delitto di furto è perseguibile a querela della persona offesa, e si procede tuttavia di ufficio, per quanto di interesse in questa sede, nel caso in cui la persona offesa risulti incapace per età (giovane o avanzata) o per infermità (fisica o psichica), mutuando quanto già previsto, per altri reati contro il patrimonio, dall'art. 649-bis del codice penale. A riguardo, in particolare, dell'"età" avanzata, è indirizzo di questa Corte, formatosi in tema di scrutinio sulla ricorrenza della circostanza aggravante della minorata difesa di cui all'art. 61 n. 5 cod. pen., come modificato dalla L. n. 94 del 2009, che l'età senile della vittima è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, l'aggravante in parola, purché venga accertato che la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano altre circostanze, di diversa natura, di segno contrario (sez. 5 n. 4273 del 10/12/2021, Leva, Rv. 282741, nel caso di commissione del reato in danno di persona ottuagenaria); in tale prospettiva interpretativa - che sembra propendere per il dovere del giudice di accertare in concreto l'incidenza dell'età avanzata sul grado di rimproverabilità della condotta illecita (cfr. anche Sez. 2, n. 45327 del 10/11/2011, P.G. in proc. Scapolo e altri, Rv. 251219-01; Sez. 2, n. 8443 del 02/12/2017, dep. 2018, Patuano, non mass.; v. Sez. 2, n. 47186 del 22/10/2019, P.M. c. Bona, Rv. 277780-01, secondo cui l'età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l'agente trae consapevolmente vantaggio; conf. Sez. 2, n. 8998 del 18/11/2014, dep. 2015, Genovese, Rv. 262564-01; Sez. 5, n. 38347 del 13/07/2011, Cacò, Rv. 250948-01; Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, P.M. in proc. Licciardello e altri, Rv. 248163) - è possibile e ragionevole una chiave di lettura della locuzione introdotta dalla recente novella legislativa che valuti la complementarietà dell'"età" rispetto all'"infermità", ove il significato di tale elemento normativo non venga circoscritto ai casi in cui la persona offesa sia sofferente di "infermità psichica" vera e propria, intesa come stato patologico (come nel caso classico della disabilità intellettiva e relazionale), o di qualsiasi "infermità fisica", potenzialmente significativa nell'influire sulla sua capacità di autodeterminazione e reazione; ma possa essere esteso ai casi in cui il soggetto passivo del reato possa ritenersi affetto, più latamente, da "deficienza psichica", intesa allora non come condizione patologica, ma come una carenza o un'anomala mentale o cognitiva, ontologicamente meno grave dell'infermità vera e propria, che sia tale tuttavia da influire, anche in modo transeunte, sulla pienezza delle facoltà intellettive e tale da inficiare la capacità di autodeterminazione o di opposizione dinanzi all'altrui condotta illecita; ovvero ancora come condizione, anche occasionale, di peculiare "vulnerabilità" ed assoggettabilità, che mostri in concreto, caso per caso, una fragilità tale da ostacolare la capacità di ribellione all'agire criminoso. 2.1. E proprio quest'ultima accezione di "incapacità", in relazione all'"età", risalta nell'esame della fattispecie condotta all'attenzione del collegio, vuoi perché l'imputazione riporta, testualmente - dopo la descrizione dell'evidente modalità artificiosa adottata dai "finti carabinieri" per raggirare la vittima, donna anziana "di quasi ottanta anni", che viveva in solitudine - il profittamento di circostanze, con riferimento all'età della persona offesa, tali da ostacolare la privata difesa, enunciato complessivamente evocante il requisito dell' incapacità, "per età o per infermità", della persona offesa dal reato; vuoi perché l'analisi dei fatti descritti nella sentenza impugnata, non contestati nella loro nuda oggettività, consente di ricondurre la vicenda de quo nell'ambito di uno spregiudicato abuso della credulità e della debolezza di reazione della vittima dell'azione predatoria, tenuto anche conto delle vili modalità utilizzate per prostrarne le resistenze, costituite dall'utilizzo di una sostanza chimica i cui effetti sono stati percepiti dall'anziana donna (pag. 2 sentenza di primo grado, pag. 6 sentenza di appello). Il reato risulta pertanto perseguibile di ufficio. 3. Le ragioni del ricorso che investono i profili dell'erronea applicazione della legge penale e della carenza di motivazione in relazione all'affermazione della responsabilità penale, al netto dell'impropria citazione della norma processuale dell'art. 606 lett. c) cod. proc. pen. che non riguarda il vizio motivazionale, sono generiche - perché puramente riproduttive di censure alle quali la Corte d'Appello ha fornito, in un contesto di c.d. doppia conforme, ampia ed esauriente risposta - e manifestamente infondate. Con esposizione piana, razionale, convincente ed immune da censure in sede di legittimità gli articolati del doppio grado di giudizio - e in proposito, vaghi ed assertivi si rivelano i rilievi formulati nel corpo dell'atto di ricorso - hanno illustrato che la valenza neutra e comunque marginale del mancato riconoscimento fisionomico degli autori dell'illecito è stata ampiamente superata dal coacervo unitario e conducente degli ulteriori dati probanti, costituiti, a titolo esemplificativo, dal sequestro del veicolo, munito di targhe contraffatte, utilizzato dai malviventi per recarsi nel pisano circa tre settimane prima, dall'altrimenti anomalo tentativo di sottrarsi all'identificazione da parte dei Carabinieri, all'inverosimiglianza della versione difensiva resa in occasione dell'arresto - avvenuto in relazione ad un episodio criminoso di analogo modus operandi - dal rinvenimento e sequestro, nell'abitacolo, di oggetti univocamente riconducibili alle modalità del furto consumato ai danni della Co.Ga., dalla repertazione e dall'esame della memoria del telefono cellulare in possesso di Ce.Er., collocato, nella stessa data e nella stessa fascia oraria, nella zona della realizzazione del furto per cui è processo, dall'inconsistenza degli elementi difensivi offerti nel corso del dibattimento di primo grado. 3.1. È da ultimo infondata la porzione del motivo di ricorso che ha lamentato il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. sul presupposto secondo il quale la corresponsione dell'importo di 10.000 euro, a titolo di ristoro, sarebbe avvenuta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado e non nel corso del giudizio. 3.2. Va invero rammentato che ai fini del riconoscimento dell'attenuante della riparazione del danno, il risarcimento dev'essere integrale ed effettivo, sicché, in caso di riparazione parziale o inadeguata, non può giovare all'imputato la dichiarazione liberatoria resa dalla persona offesa (Fattispecie in tema di furto nella quale, nonostante la dichiarazione liberatoria della parte lesa a seguito della restituzione della refurtiva, è stato escluso il riconoscimento dell'attenuante a cagione del mancato ristoro del danno conseguente allo spossessa mento del bene; sez. 5, n. 7826 del 30/11/2022,Bojic, Rv. 284224). La valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva della parte lesa (Sez. 5, n. 13282 del 17/01/2013, Sanchez Jimenez, Rv. 255187; Sez. 2, n. 19663 del 08/04/2010, Albero e altro, Rv. 247118). Orbene, deve essere rilevato che il primo giudice (pag.10) ha correttamente dato conto della parzialità del ristoro patrimoniale rilevato dall'entità dei bonifici eseguiti a favore della persona offesa, che hanno neutralizzato il valore economico dei preziosi asportati dall'abitazione di lei e nella sostanza corrispondente all'equivalente della stima dei beni, giacché, per l'applicazione della circostanza attenuante in discorso, è necessario che il colpevole prima del giudizio abbia provveduto alla riparazione del danno mediante il risarcimento totale ed omnicomprensivo, inclusivo dell'eliminazione del danno non patrimoniale (sez.5, n. 21517 del 08/02/2018, Del Pizzo, Rv. 273021; sez. 6, n. 6405 del 12/11/2015, Minzolini, Rv. 265831; Sez. 2, n. 9143 del 24/01/2013, Corsini, Rv. 254880; Sez. 3, n. 26710 del 05/03/2015, Rv. 264023), non potendo ad esso supplire un ristoro soltanto parziale, avvenuto attraverso la sola retrocessione del maltolto (Sez. 2, n. 9535 del 11/02/2022, Cortiglia, Rv. 282793; Sez. 5, n. 44562 del 28/05/2015, Talji, Rv. 2650902). La sentenza di secondo grado (pag. 6) ha respinto il motivo di gravame sulla base del rilievo, oggettivamente non pertinente, dell'elargizione tardiva della somma di denaro, ma non ha disatteso il percorso motivazionale della decisione di primo grado (pag. 10) a riguardo dell'impossibilità di attribuire piena valenza satisfattiva alla dazione economica derivante dai bonifici ed alla gratificazione scritta, provenuta dalla persona offesa. Vale allora rammentare che il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza (Sez. 2, n. 19696 del 20 maggio 2010, Maugeri e altri, Rv. 247123; Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, in motivazione). 4. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. 5. La natura del reato e le particolari condizioni di vulnerabilità della vittima impongono, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 3 luglio 2024. Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2024.
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