FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Grosseto dichiarava non doversi procedere per esito positivo della messa alla prova nei confronti degli imputati Sc.Ga. e Ca.Se. per il reato di cui all'art. 491 cod. pen. ascritto ai medesimi.
2. Avverso la richiamata pronuncia del Tribunale di Grosseto ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale lamentando, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nella applicazione della legge penale.
In particolare, il Pubblico Ministero ricorrente ha dedotto - premesso che la parte civile si era ritualmente costituita in giudizio, a differenza di quanto assunto nella decisione impugnata - che, nel disporre la sospensione del processo ai sensi dell'art. 464-quater cod. proc. pen., il Tribunale di Grosseto, pur non avendo previsto a carico degli imputati particolari prescrizioni afferenti condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato in favore della persona offesa si era riservato di verificare "eventuali accordi transattivi intercorsi fra la parte civile e gli imputati". Nondimeno, nel vagliare l'esito della messa alla prova, il giudice di primo grado aveva ritenuto irrilevante l'omesso risarcimento dei danni potenzialmente subiti dalla vittima, stante la pendenza tra le parti di una causa civile correlata.
Secondo il Pubblico Ministero ricorrente il Tribunale di Grosseto avrebbe violato il combinato disposto degli artt. 168-bis cod. pen. e 464-bis cod. proc. pen. poiché tra le parti non è in corso un giudizio di risarcimento dei danni derivanti dal fatto di reato bensì solo di impugnazione per nullità del testamento e gli imputati ben avrebbero potuto risarcire la persona offesa avendo gli stessi ereditato, grazie al predetto testamento, un patrimonio di rilevante entità economica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso deve essere rigettato.
Occorre considerare che, nel delineare i rapporti tra procedimento di messa alla prova e posizione della persona offesa, Sez. 5, n. 33277 del 28/03/2017, Zlatkov, Rv. 270533 -01, ha affermato che la discordanza tra le pretese risarcitorie o restitutorie della parte civile e le prescrizioni imposte dal giudice con l'ordinanza ammissione alla prova non determinano la revoca di tale pronuncia né -per quel che rileva più specificamente in questa sede -impediscono la pronuncia della sentenza di cui all'art.464septies cod. proc. pen.
Ciò, del resto, come ha puntualizzato la medesima decisione ora richiamata, nel solco della quale il collegio intende collocarsi, non pregiudica in alcun modo la vittima nel giudizio civile di danno, atteso che la pronuncia ex art. 464-septies cod. proc. pen. non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilità (ex multis, Sez. 5, n. 49478 del 13/11/2019, Annunziata F., Rv. 277519 -01; Sez. 3, n. 53640 del 18/07/2018, PMT c. Dellagaren C., Rv. 275183 -01).
Sotto altro profilo, occorre anche considerare che il perimetro della cognizione dei due giudizi di impugnazione attivabili dal pubblico ministero, ossia quello avverso l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen. e quello contro la sentenza di cui all'art. 464-septies cod. proc. pen., è differente. In particolare, con il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato non possono essere proposti motivi attinenti all'ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, essendo i medesimi preclusi dall'avvenuta decorrenza del termine entro il quale deve essere proposta l'impugnazione avverso l'ordinanza di cui all'art. 464-quater, commi 3 e 7, cod. proc. pen. che dispone la sospensione del giudizio per messa alla prova (impugnabile autonomamente, a differenza di quella di rigetto: v., tra le altre, Sez. 5, n. 5656 del 14/11/2014, dep. 2015, Asciane, Rv. 264270 01). Possono invece essere dedotte, secondo le regole ed i limiti del giudizio di legittimità, le sole censure attinenti alla fase del procedimento successiva all'ordinanza di sospensione, di natura processuale ovvero gli errores in iudicando, anche sotto il profilo dell'illogicità della motivazione (cfr., ex ceteris, Sez. 6, n. 21046 del 10/06/2020, PG c. Betti V., Rv. 279744 -02; Sez. 5, n. 5093 del 14/01/2020, PG c. Cicalini M., Rv. 278144 -01).
Orbene, nella fattispecie in esame, il Tribunale di Grosseto, mediante l'ordinanza con la quale aveva disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova non aveva posto a carico degli imputati alcuna specifica prescrizione sul risarcimento del danno in favore della parte civile, riservandosi solo di verificare accordi transattivi intercorsi tra la stessa e gli imputati, accordi che si chiariva essere espressamente "eventuali".
Vi è dunque che il Pubblico Ministero avrebbe dovuto, in ipotesi, ricorrere contro tale ordinanza, entro i termini previsti dall'art. 464-quater, commi 3 e 7, cod. proc. pen., allo scopo di dedurre l'assenza di prescrizioni in favore della parte civile di carattere impositivo e condizionante il buon esito della messa alla prova, con conseguente preclusione del successivo ricorso per cassazione contro la sentenza di estinzione del processo.
Deve pertanto essere affermato il seguente principio di diritto: "In tema di messa alla prova, il Pubblico Ministero ha l'onere di impugnare con ricorso immediato per cassazione l'ordinanza di sospensione del procedimento di cui all'art. 464-quater cod. proc. pen. ove intenda contestare la legittimità di tale provvedimento anche in ordine al contenuto delle prescrizioni poste a carico dell'imputato, restando preclusa, in mancanza, la possibilità di far valere le relative questioni in sede di impugnazione della sentenza dichiarativa dell'estinzione della prova per esito positivo della stessa".
Solo per completezza, va osservato che nella fattispecie in esame la sentenza, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, ha vagliato la posizione della parte civile, ritenendo che, tuttavia, l'omesso risarcimento in favore della medesima per i danni potenzialmente subiti (risarcimento che va ribadito - non era stato indicato tra le prescrizioni da rispettare per l'esito euristico della messa alla prova) non la pregiudicasse, stante la pendenza di un giudizio di natura civile afferente anche le relative questioni.
Invero, a differenza di quanto prospettato dal Pubblico Ministero, il giudizio civile di impugnazione del testamento olografo per nullità derivante da falsità, ove si concludesse con esito favorevole per la parte civile, andrebbe a soddisfarne pienamente le ragioni, ponendo la stessa nella medesima posizione che avrebbe rivestito, rispetto all'eredità del de cuius, in assenza delle disposizioni testamentarie delle quali lamenta la falsità.
2. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso in Roma il 27 settembre 2023
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.