RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia ha disposto la consegna all'autorità giudiziaria tedesca di N.M., in esecuzione del mandato di arresto Europeo processuale emesso in data 18 luglio 2023 dalla Corte di Amtsgericht Landshut per il reato di truffa commesso il (Omissis) ai danni di una società di autonoleggio.
2. L'avvocato M., difensore del N., ha presentato ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), l'inosservanza dell'art. 13 c.p., comma 2 in quanto la Corte di appello non avrebbe accertato se il delitto di truffa per il quale si chiede l'estradizione fosse procedibile per effetto della presentazione della querela da parte della persona offesa.
Mancherebbe, infatti, tra gli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria tedesca la querela proposta dalla società di noleggio dell'autovettura.
2.2. Con il secondo motivo il difensore deduce che, essendo per il N. pendenti diversi procedimenti penali (per resistenza a pubblico ufficiale) e civili, la sua consegna all'estero pregiudicherebbe l'esercizio del diritto di difesa.
La Corte di appello avrebbe, dunque, dovuto rifiutare la consegna o, comunque, bilanciare il diritto di difesa dell'imputato con la sua consegna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto tardivo.
2. La sentenza impugnata è stata depositata, con motivazione contestuale, in data lunedì 11 settembre.
Il ricorso è stato presentato telematicamente dall'avvocato M. in data 18 settembre 2023 presso la cancelleria della Corte di appello di Brescia e, dunque, oltre il termine perentorio di cinque giorni previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 2.
Questa disposizione espressamente sancisce che "contro la sentenza di cui all'art. 17, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza".
3. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ", deve, altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2023