RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'appello di Bari ha confermato la sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Bari con la quale L.C.P., all'esito del giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni sette di reclusione in relazione ai reati di cui all'art. 81 c.p., comma 2, art. 600 ter c.p., art. 81 c.p., comma 2, art. 61 c.p., n. 2, art. 609-bis c.p., comma 1, art. 609-ter c.p., comma 2 commessi ai danni della minore infradecenne B.S.. In (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all'erronea applicazione della legge penale di cui all'art. 609-bis c.p., comma 1.
La Corte d'appello avrebbe erroneamente configurato il reato di violenza sessuale per costrizione, di cui all'art. 609 bis c.p., comma 1, ritenendo integrata la condotta costrittiva nell'avere compiuto l'azione in modo insidioso, ovvero mentre la minore dormiva, costringendo la stessa a subire atti sessuali meglio descritti nel capo di imputazione.
La Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere integrata la fattispecie contestata di violenza per costrizione, di cui all'art. 609 bis c.p., comma 1, nell'ipotesi di condotta insidiosa, condotta questa sussumibile nella ipotesi di cui all'art. 609 bis c.p., comma 2 che punisce la condotta per induzione. A comprova della erronea interpretazione della legge operata dai giudici del merito, rileverebbe il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, all'orientamento di legittimità secondo cui integra il reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica la condotta di chi si congiunge carnalmente con una donna addormentata a seguito di ingestione di sostanze alcoliche. Sotto questo profilo la motivazione sarebbe anche illogica e produttiva dell'ulteriore violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione di cui all'art. 521 c.p.p. per avere la Corte d'appello confermato la sentenza di condanna per un fatto diverso, ovvero per il reato di violenza sessuale per induzione di cui all'art. 609-bis c.p., comma 2 in presenza di contestazione di violenza sessuale mediante condotta costrittiva.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione al diniego di applicazione del fatto di minore gravità di cui all'art. 609-bis c.p., comma 3 in assenza di un danno all'integrità psicofisica della minore, che non si era neppure svegliata durante il compimento degli atti sessuali. Nella fattispecie concreta non si sarebbe verificato quella lesione all'integrità psico-fisica della minore nella prospettiva di un suo corretto sviluppo della propria sessualità.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non mostra ragioni di fondatezza e va pertanto rigettato.
5. Va, anzitutto, premesso che l'impugnazione ha ad oggetto unicamente il capo della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 81 c.p., comma 2, art. 61 c.p., n. 2, art. 609-bis c.p., comma 1, art. 609 ter c.p., comma 2 (capo B), per avere, al fine di commettere il reato di cui all'art. 600-ter c.p., con violenza consistita nell'avere compiuto l'azione in modo insidioso, ovverosia mentre la minore, infradecenne, dormiva, costretto la medesima a subire atti sessuali consistiti nell'inserimento del dito nella vagina e nel toccamento nelle parti intime e nel farsi toccare il pene. Fatti commessi il (OMISSIS).
Non è oggetto di impugnazione la condanna per il reato di cui all'art. 600-ter c.p. (capo A), per la produzione di materiale pedopornografico realizzato mediante l'utilizzo della minore B.S..
Ciò premesso, non è fondato il primo motivo di ricorso.
La corte territoriale ha correttamente ritenuto sussistente il reato di violenza sessuale, di cui all'art. 609-bis c.p., comma 1, ritenendo integrata la condotta di violenza mediante atto insidioso consistito nel compimento degli atti mentre la minore dormiva.
Come è noto, l'art. 609-bis c.p. punisce al comma 1 "chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali", mentre al comma 2 prevede che "alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando della condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto...".
La giurisprudenza di legittimità ha affermato, con indirizzo ermeneutico pacifico, all'indomani della riforma dei delitti contro la libertà sessuale di cui alla L. 15 febbraio 1996, n. 66, che il reato può essere commesso con distinte condotte - quelle di costrizione mediante violenza, minaccia e abuso di autorità, e quelle mediante induzione -, e che le diverse condotte con cui può estrinsecarsi il reato di cui all'art. 609-bis c.p. non sono equivalenti o sovrapponibili, ma configurano diverse modalità del fatto (Sez. 3, n. 42977 del 08/07/2015, G., Rv. 265061; Sez. 3, n. 40919 del 13/10/2010, M., Rv. 248704).
Quanto alla condotta mediante violenza, è indirizzo giurisprudenziale altrettanto consolidato di Questa Corte di legittimità, quello secondo cui l'elemento oggettivo, oltre a consistere nella violenza fisica in senso stretto o nella intimidazione psicologica in grado di provocare la coazione della vittima, si configura anche nel compimento di atti sessuali insidiosi, repentini, compiuti improvvisamente all'insaputa della persona destinataria, in modo da poterne prevenire anche la manifestazione di dissenso (Sez. 3, n. 27273 del 15/06/2010, M., Rv. 247932 - 01; Sez. 3, n. 6643 del 12/01/2010, C., Rv. 246186 - 01), manifestazione del dissenso che, in presenza di atto sessuale compiuto ai danni di un minore infradecenne non rileva, non potendo esprimere valido consenso al compimento di atti sessuali.
Va dunque ribadito il principio, già affermato da ultimo da Sez. 3, n. 46170 del 18/07/2014, 3, Rv. 260985, secondo il quale, in tema di violenza sessuale, l'elemento oggettivo, oltre a consistere nella violenza fisica in senso stretto o nella intimidazione psicologica in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, si configura anche nel compimento di atti sessuali repentini, compiuti improvvisamente all'insaputa della persona destinataria, in modo da poterne prevenire anche la manifestazione di dissenso e, comunque, prescindendo, nel caso di minori infradecenni/infraquattordicenni, da un consenso, ancorchè viziato, o dal dissenso comunque manifestabile.
A tali principi si è uniformata la sentenza impugnata laddove ha disatteso la prospettazione difensiva.
In tale ambito non è pertenente il richiamo al precedente di Questa Terza Sezione penale n. 1183/2011, non di meno l'erroneo riferimento giurisprudenziale non inficia la decisione ovverossia la conferma della condanna per il reato di cui all'art. 609 bis c.p., comma 1, correttamente individuata dal compimento di atti insidiosi con cui ha costretto la minore infradecenne, che giammai avrebbe potuto dare valido consenso al compimento degli stessi, quantunque addormentata.
Consequenzialmente risulta infondata la violazione di cui all'art. 521 c.p.p. e la correlata nullità della sentenza, devoluta nel secondo motivo di ricorso. L'imputato è stato condannato per il reato di cui all'art. 609 bis c.p., comma 1, come contestato, e vi è correlazione tra accusa e sentenza.
6. Non è fondato il terzo motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento della circostanza di cui all'art. 609-bis c.p.p., comma 3.
Secondo l'indirizzo interpretativo consolidato della giurisprudenza di legittimità, l'attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato.
In tale ambito, assumono particolare rilevanza la qualità dell'atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni (fisiche e mentali) di quest'ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all'età), l'entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sez. 3, n. 27272 del 15/06/2010, P., Rv. 247931 - 01). Rilevano, in particolare, i soli elementi indicati dall'art. 133 c.p., comma 1, e non anche quelli di cui al comma 2, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena (Sez. 3, n. 14560 del 17/10/2017, Rv. 272584 - 01; Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014, C., Rv. 260289 - 01).
In tempi più recenti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609 bis c.p., comma 3, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, quali mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psico- logiche valutate in relazione all'età, tali da potere ritenere che la libertà sessuale sia stata compressa in maniera non grave, così come al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici e le conseguenze sul suo sviluppo psico-fisico (Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196 - 01; Sez. 3, n. 34236 del 12/07/2012. A., Rv. 253172 - 01), mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015 P.G. in proc. D., Rv. 266272; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, K., Rv. 263821; Sez. 4, n. 16122 del 12/10/2016, L., Rv. 269600 - 01).
Nella specie la sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado, ha escluso il fatto di minore gravità dando rilievo alle modalità della condotta posta in essere poichè l'imputato aveva approfittato dell'occasione propizia (la minore era a lui affidata nelle prime ore del mattino quando la madre si recava al lavoro nei campi) per compiere gli atti sessuali, alla reiterazione degli atti sessuali, e all'elevato pericolo alla sua psiche in chiave prognostica, derivante dal comportamento dell'uomo, se si fosse svegliata; dimensione del danno, valutata in chiave prognostica, che il ricorrente non contesta esplicitamente.
La corte di merito ha valutato la gravità del fatto in ragione delle circostanze dell'azione, la reiterazione degli atti e la potenzialità del danno psichico alla minore, ancorchè dormiente, e ha ritenuto irrilevante che ex post non fossero stati provati danni psichici alla minore che neppure si era accorta del fatto.
Il diniego è sorretto da congrua e adeguata motivazione ed è corretta in diritto. Oltre tutto va rammentato che in tema di atti sessuali con minore infraquattordicenne, l'attenuante speciale della minore gravità, di cui all'art. 609 bis c.p., comma 3, non può essere concessa quando gli abusi in danno della vittima sono stati reiterati nel tempo (Sez. 3, n. 42738 del 07/07/2016, M., Rv. 268063 - 01).
Tirando le fila del discorso, ritiene, il Collegio, che la decisione della corte territoriale di diniego di riconoscimento del fatto di minore gravità sia stata compiutamente argomentata, con motivazione che non è illogica ed è conforme a diritto. All'esito di una valutazione di gravità del fatto che ha tenuto conto della peculiarità della vicenda e della condotta posta in essere dall'imputato connotata dal compimento di atti sessuali su minore affidatQalle sue cure, della reiterazione delle condotte, ripetute in più giornate nel mese di luglio, ha rilevato, la corte distrettuale, che solo casualmente la minore, dormiente, non si era accorta del fatto, ma che sussisteva l'elevato pericolo per il suo sviluppo psico-fisico e il potenziale danno psichico sulla minore.
La corte territoriale, all'esito di una globale valutazione delle circostanze dell'azione e delle reiterazioni delle condotte ha escluso il fatto di minore gravità in considerazione del potenziale danno psichico. L'intangibilità della minore, il cui corretto sviluppo psico-fisico consegue anche dalla semplice conoscenza dell'essere stata oggetto di abusi sessuali, è stata ritenuta, dalla corte territoriale, rilevante, in uno con le circostanze dell'azione e la reiterazione, per escludere la circostanza attenuante. Motivazione immune da rilievi di illogicità sindacabili in questa sede.
7. il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019