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Violenza sessuale: procedibilità d’ufficio anche per connessione probatoria

Violenza sessuale

Cassazione penale sez. II, 09/05/2024, n.24547

Ai fini della procedibilità d'ufficio del delitto di violenza sessuale, la connessione di cui all'art. 609-septies, comma 4, n. 4, c.p., non è limitata alle ipotesi contemplate dall'art. 12 c.p.p., ma comprende anche la connessione meramente investigativa prevista dall'art. 371, comma 2, c.p.p.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 3.6.2021 il GIP del Tribunale di Bologna aveva riconosciuto Ol.Al., Sp.An. e Ci.Ca. responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti ai capi 1), 3), 4), 5), 6), 9), 10), 11), 12), 13) e 14) e, riconosciute a tutti le circostanze attenuati generiche stimate equivalenti alla recidiva contestata all'Ol., applicata la diminuente per la scelta del rito, aveva condannato Ol.Al. alla pena complessiva e finale di anni 4 e mesi 8 di reclusione, Sp.An. alla pena complessiva e finale di anni 5 e mesi 4 di reclusione e Ci.Ca. alla pena complessiva e finale di anni 2 e mesi 8 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di custodia cautelare; aveva applicato loro le pene accessorie conseguenti alla entità ed alla natura delle pene principali e dei reati per i quali era stata pronunciata la condanna ed aveva inoltre condannato gli imputati al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili; aveva invece assolto Sp.An. dai reati a lui ascritti ai capi 2) e 7), Ol.Al. dai reati a lui ascritti ai capi 2) e 7) e Ci.Ca. dal reato lui ascritto al capo 2), con la medesima formula terminativa della insussistenza del fatto; 2. la sentenza del GIP era stata impugnata dal PM con riguardo ai capi 2), 7) e 8), dalle parti civili Si.To. e Ba.Pa. oltre che dalle difese di Ci.Ca. e di Sp.An.; la Corte d'appello, in accoglimento della impugnazioni del PM e delle parti civili, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità di Sp.An.. Ol.Al. e Ci.Ca. anche in ordine al reato loro ascritto al capo 2), commesso nel settembre del 2015 e quella di Sp.An. quanto al capo 7); di conseguenza, ha rideterminato la pena per Sp.An. in relazione ai reati di cui ai capi 2), 3), 4), 5), 6), 7), 12) e 13), fermo il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in anni 7 e mesi 4 di reclusione; ha rideterminato la pena per Ol.Al., in relazione ai capi 1), 2), 9), 10), 11) e 14), fermo il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata recidiva qualificata, in anni 6 e mesi 6 di reclusione; ha rideterminato la pena per Ci.Ca., in relazione ai capi 2) e 5), fermo il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in anni 4 e mesi 4 di reclusione; ha rideterminato le pene accessorie e disposto in ordine alle statuizioni civili conseguenti; 3. ricorrono per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, Ol.Al., Ci.Ca. e Sp.An. deducendo: 3.1. l'Avv. Stella Pancari, nell'interesse di Ol.Al.: 3.1.1. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al criterio della ed credibilità frazionata delle dichiarazioni della persona offesa: richiama la motivazione con cui la Corte d'appello ha ritenuto impraticabile detto criterio con riguardo agli episodi di cui ai capi 2) e 5) della rubrica, evidenziandone un primo profilo di contraddittorietà laddove la Corte ha sostenuto trattarsi di fatti commessi in un unico contesto di tempo e di spazio laddove, invece, si era articolati in un arco temporale di oltre tre anni, in diversi episodi ad opera di imputati di volta in volta diversi; illogica risulterebbe, perciò, la motivazione secondo cui l'episodio del gennaio del 2016 avrebbe avuto il suo antecedente in quello del settembre del 2015 laddove si tratta, invero, di episodi che non erano stati contestati in continuazione e tra di loro del tutto slegati; rileva che l'interferenza logica e causale, presupposto per la impraticabilità della valutazione frazionata, è ravvisabile qualora sussista un rapporto di causalità necessaria tra i vari fatti, insussistente nel caso di specie poiché l'affermazione secondo cui la violenza del gennaio 2016 sarebbe avvenuta per lo stato di soggezione della vittima conseguente a quello del 2015 è il frutto di una mera deduzione soggettiva ma che, stando alle varie dichiarazioni rese dalla persona offesa, è riconducibile ad una pluralità di circostanze e non necessariamente alla violenza di gruppo del settembre del 2015; 3.1.2. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla persona offesa e violazione dell'obbligo della motivazione rafforzata: rileva che la Corte d'appello, pur avendo premesso di doversi conformare al principio della motivazione rafforzata, lo ha in concreto disatteso limitandosi, in definitiva, a sposare una difforme interpretazione degli elementi acquisiti nel giudizio di primo grado sulla scorta di considerazioni illogiche e contraddittorie; segnala come un primo elemento di contraddittorietà riguarda la retrodatazione dell'episodio che soltanto in data 6.8.2019 la persona offesa, dopo essere stata sentita cinque volte, aveva collocato nel settembre del 2015 e non più nel maggio del 2016 e che la rettifica era intervenuta su sollecitazione della PG e giustificata dalla Corte d'appello in maniera illogica facendo riferimento alla mancata richiesta di precisazioni da parte di chi la stava sentendo; segnala che la Corte ha incongruamente richiamato, a riscontro, le dichiarazioni della teste Pa. che, risentita in appello ai sensi dell'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen., ha nell'occasione fornito una ricostruzione della genesi delle denunce difforme rispetto a quella offerta dalla To. sentita dal PM e, poi, nel corso dell'udienza del 14.12.2022 di fronte alla Corte d'appello; segnala che, a fronte di tre versioni tra loro differenti, i giudici di secondo grado, contrariamente al GIP, hanno giudicato credibile la Pa. in riscontro alle dichiarazioni della persona offesa; evidenzia perciò la illogicità del giudizio di attendibilità delle due persone offese a fronte di versioni tra loro nettamente discordanti che la Corte ha ritenuto di poter corroborare richiamando una serie di circostanze dalla valenza del tutto neutra laddove nessun ulteriore riscontro poteva essere rappresentato dalle dichiarazioni, a loro volta difformi, della Ta. e del Ba.; segnala, a tal proposito, il travisamento della prova in cui è incorsa la Corte d'appello nell'affermare che il Ba. avrebbe avuto notizia della violenza a significativa distanza di tempo dalla denunzia laddove il teste aveva riferito di averla appresa nel luglio del 2019 e le discrasie ravvisabili tra le dichiarazioni della To. e quelle del di lei marito, che la Corte d'appello ha escluso con argomentazioni contraddittorie e che, in ogni caso, si risolvono in un diverso apprezzamento del dato testimoniale inidoneo ad integrare una motivazione rafforzata; aggiunge che considerazioni analoghe vanno fatte per quanto concerne le dichiarazioni di Em.Ag. e di Va.Ci., in entrambi i casi ritenute dal GUP inidonee a supportare la versione della persona offesa rilevando che la confidenza riferita dall'Ag. non conteneva alcun riferimento temporale per collegarla ad uno o ad un altro episodio; quanto alle dichiarazioni della Ci. segnala la Corte d'appello ha considerato particolarmente rilevante il fatto che costei avrebbe ricevuto le confidenze della To. in epoca antecedente all'incontro con la Ta. che, tuttavia, aveva incontrato la persona offesa ben prima del giugno del 2019 e richiama, ancora, quelli che la Corte d'appello ha definito come "ulteriori elementi di riscontro" e di cui segnala la sostanziale inconsistenza; 3.1.3. violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 89 cod. pen.: rileva che la Corte d'appello si è adeguata alle valutazioni operate dal perito nominato in primo grado senza approfondirle criticamente e senza considerare quelle dei consulenti tecnici di parte e, comunque, la costante giurisprudenza di legittimità in ordine alla rilevanza dei disturbi della personalità come in grado di fondare un giudizio di incapacità, quantomeno parziale, di intendere e di volere; aggiunge che, in ogni caso, le argomentazioni del perito d'ufficio in ordine alla personalità del ricorrente, avrebbero dovuto avere rilievi se non altro in sede di commisurazione della pena; 3.1.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'art. 99 cod. pen.: segnala la inadeguatezza della motivazione con cui la Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado in punto di applicazione della contestata recidiva riferita a precedenti penali risalenti nel tempo ed eterogenei rispetto ai fatti per cui si procede e per i quali avrebbero dovuto ricevere considerazione le osservazioni del dr. Ar. sulla personalità dell'imputato; 3.2. l'Avv. Roberto Bruzzi, nell'interesse di Ci.Ca.: 3.2.1. inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norma giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo ai capi 2) e 5): riassume le premesse metodologiche che la Corte d'appello ha ritenuto di dover affermare ai fini del proprio giudizio segnalando l'illegittimità della considerazione secondo cui la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa dovrebbe essere diversamente modulata in relazione alle diverse modalità della loro documentazione oltre che alla diversa rilevanza attribuita ad un o ad altro segmento della narrazione ai fini del giudizio di attendibilità, nonostante la premessa ed affermata necessità di un operare giudizio complessivo del dichiarato della donna, con la conseguente valutazione di irrilevanza delle inverosimiglianze, contraddizioni, eccessi sintomatici di intento calunniatorio o calunnie patenti; osserva che, contrariamente a quanto proclamato, la Corte d'appello ha proceduto ad una valutazione delle dichiarazioni "a compartimenti stagni" ammettendo, peraltro, che esse non erano state il frutto di una "progressione narrativa" fisiologicamente legata alla rielaborazione dei fatti traumatici; ribadisce, dunque, l'erroneità della prospettiva valutativa seguita dalla Corte che è partita dalla verifica della attendibilità della vittima quanto al capo 2), apoditticamente considerata la "pietra angolare sul quale poggia l'intero processo", per dedurne un giudizio complessivo di attendibilità; 3.2.2. inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo ai capi 2) e 5) con riguardo alla valutazione della prova concernente la calunnia commessa dalla To. in data 2.11.2019: rileva, in primo luogo come dalla stessa sentenza impugnata sia ricavabile la prova della calunnia commessa dalla To. riferendo delle sue trasferte a Torino: osserva che per la prima volta la donna fu sentita sul punto il 24 ottobre subito dopo che gli indagati erano stati interrogati e non potendo immaginare che lo Sp. avesse riferito su tali fatti; nell'occasione aveva dunque sostenuto che l'imputato non era al corrente di quelle trasferte mentre il 2.11.2019, nuovamente sentita, aveva avuto modo non soltanto di approntare una versione dettagliata sulle ragioni delle sue trasferte ma, anche, una spiegazione di come lo Sp. potesse esserne venuto a conoscenza riferendo fatti integranti una ulteriore denuncia di violenza sessuale a carico dell'indagato; rileva, ancora, che in data 23.11.2019, sentita dopo che gli investigatori avevano acquisito elementi idonei a smentire la versione precedente, la donna era stata costretta ad ammettere le vere ragioni delle sue trasferte a Torino risultando, perciò, che aveva mentito in precedenza sullo Sp. e sulla violenza sessuale di cui costui si sarebbe reso responsabile; richiama, quindi, la motivazione con cui la Corte d'appello ha escluso il carattere calunnioso di quelle dichiarazioni facendo riferimento ad altre, analoghe, che, tuttavia, non avevano portato ad alcuna incriminazione; denunzia, pertanto, l'illogicità della motivazione non potendo un'affermazione generica e mai vagliata indurre ad una valutazione di pretesa . credibilità del relativo narrato; sottolinea l'opposto criterio di valutazione utilizzato dalla Corte d'appello con riguardo alla valutazione delle medesime dichiarazioni della donna riferite alla violenza di cui al capo 5) ed a quella, insussistente, riferita nel contesto del verbale del 2.11.2019; conclude, pertanto, sottolineando che la Corte d'appello avrebbe dovuto valutare l'incidenza di quelle dichiarazioni sull'intera narrazione fornita dalla donna con la conseguente necessità di ammettere l'esistenza di un ragionevole dubbio sui fatti di cui ai capi 2) e 5); 3.2.3. inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al capo 2) quanto all'obbligo del giudice di appello di redigere una motivazione rafforzata: richiama, a tal proposito, le considerazioni svolte dal GUP rilevando il carattere per un verso illogico e, per l'altro verso, apparente di quelle sviluppate dalla Corte d'appello, a partire dall'argomentazione concernente l'errore della donna nel collocare l'episodio nel tempo in relazione alla data del decesso del padre osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte, sin dalla denunzia la To. aveva indicato il maggio del 2016 come la data in cui lo Sp. le aveva fatto presente di aver finalmente potuto risolvere le sue pendenze con il fantomatico To. e, per questo, le aveva proposto di andare a cena insieme a tale "Gi.": segnala che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di secondo grado, alla data della denunzia la donna aveva già avuto modo di confrontarsi con la Ta. e che già in data 6 agosto del 2019 aveva dichiarato di essersi "sbloccata" e di essere in grado di meglio dettagliare il proprio racconto; osserva che mentre la Corte d'appello ha ricondotto la "retrodatazione" ad un problema mnemonico, il GUP aveva invece operato una valutazione più complessa ed articolata su un contesto di rapporti con lo Sp. che, nella versione successivamente fornita dalla donna, venivano totalmente stravolti senza, tuttavia, essere stati oggetto di alcuna precisazione da parte della teste; riporta quindi la "sequenza" dei fatti narrati dalla To. in ordine ai propri rapporti con lo Sp. e l'Ol. e segnala che, con riguardo a quest'ultimo, la seconda versione portava a collocare le ultime richieste dell'imputato a circa due mesi dall'episodio restringendo il lasso di tempo nel corso del quale sarebbero intervenute tutte le altre vicende a partire dalla richiesta dello Sp. che le aveva mostrato un occhio pesto; osserva che, alla stregua della nuova versione fornita dalla persona offesa, anche le condotte estorsive ascritte all'Ol. e per le quali è intervenuta condanna avrebbero dovuto essere collocate diversamente nel tempo con una durata decisamente diversa ma logicamente incompatibile con la stessa ricostruzione delle vicende quale era stata successivamente fornita; aggiunge, ancora, che in data 21.12.2019 la persona offesa aveva riferito di nuove richieste dell'Ol. in un periodo, gennaio 2016, nel quale aveva dichiarato non avere avuto più alcun contatto con lui e segnala che, seguendo la seconda versione, sarebbe venuto meno ogni spazio temporale per ipotizzare l'episodio dell'inseguimento dell'Ol. ad opera dello Sp. e la "liberazione" della donna dal primo; aggiunge che anche la conoscenza dello Sp. e le vicissitudini di quest'ultimo, con la seconda versione dei fatti, avrebbero finito per trovare una collocazione temporale del tutto irragionevole ed illogica sicché la sentenza di primo grado aveva in realtà valorizzato il contesto complessivo in cui era stato inserito il racconto della persona offesa mentre la sentenza di appello non ha in alcun modo affrontato le criticità derivanti dalla sua diversa indicazione temporale; richiama, ancora, le argomentazioni spese dal GUP con riguardo alla acquisizione di elementi di prova (le dichiarazioni di An.Ba.) circa la pratica di rapporti sessuali consenzienti, anche a tre, tali da corroborare le dichiarazioni dello Sp. su cui la Corte ha fornito una spiegazione incongrua; 3.2.4. inosservanza di legge penale sostanziale e processuale con riferimento all'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen. per mancata rinnovazione di prove dichiarative poste a base della decisione assolutoria in primo grado: censura, da questo punto di vista, la decisione della Corte d'appello di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria limitatamente alla escussione della persona offesa laddove il GUP aveva fondato il suo convincimento anche su altri elementi di prova dichiarativa quali le dichiarazioni rese da An.Ba. che erano state giudicate attendibili e idonee a riscontrare quelle rese dallo Sp. in sede di interrogatorio di garanzia; rileva che la Corte, erroneamente (avendo le stesse fondato il giudizio del GUP) ha giudicato quelle dichiarazioni non rilevanti perché attinenti a fatti relativi alla sfera della libertà sessuale della donna e, per altro verso, non veritiere perché carenti e contraddittorie; aggiunge che la Corte avrebbe dovuto procedere nello stesso senso anche con riguardo alle dichiarazioni degli imputati Sp. e Ci., certamente da ricomprendersi nel novero di quelle evocate dalla norma processuale e sulla cui finale attendibilità erano state fondate le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice; 3.2.5. vizio di motivazione per travisamento delle dichiarazioni rese da @15.Ba.An.: denuncia il travisamento della prova laddove la Corte ha affermato che il @15.Ba.@ non aveva indicato lo Sp. partecipe dei rapporti a tre consumati, in maniera consenziente, con la persona offesa; segnala, infatti, che, diversamente da quanto opinato dalla Corte d'appello, il @15.Ba.@, dì cui riporta testualmente le dichiarazioni, aveva indicato proprio lo Sp. come colui che gli aveva proposto di partecipare all'incontro a tre, consenziente, con la To.; aggiunge che, ancora una volta diversamente da quanto opinato dalla Corte, il @15.Ba.@ aveva indicato sia il luogo dell'incontro che le modalità con cui si era recato sul posto; 3.2.6. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al giudizio di attendibilità della persona offesa sui capi 2) e 5): segnala che la Corte d'appello, vagliando la attendibilità della To. quanto ai suoi rapporti con l'Ol., ha omesso di riferire il dato, puntualmente richiamato con l'atto di appello, secondo cui la donna avrebbe elargito al predetto circa 10.000 Euro nell'arco di un anno, somma del tutto incompatibile, attese le condizioni economiche della persona offesa, con la tesi di elargizioni effettuate per mero spirito di liberalità, in tal modo, peraltro, contraddicendosi laddove aveva ritenuto di poter escludere che analoga liberalità aveva potuto avere ad oggetto lo smartphone "regalato" al Ci.; segnala ancora la incongruità della motivazione con cui la Corte ha ritenuto non attendibili le parole del La. liquidando infine l'aspetto della attendibilità della persona offesa sostenendo non essere questa la sede per tentare di fornire risposte psicologiche al modus operandi della donna; sottolinea come la Corte d'appello non abbia potuto spiegare perché la persona offesa avrebbe affidato al figlia di pochi anni alla convivente di colui che la avrebbe violentata in due occasioni e che era presente in casa, limitandosi a dar credito alla spiegazione da costei fornita e successivamente "aggiustata" in sede processuale con riferimento al timore di reazioni violente dello Sp.; osserva che la spiegazione era stata tardivamente fornita rispetto alla ulteriore circostanza secondo cui, in occasione del funerale del padre, e mentre lo Sp. stava anche in quel frangente estorcendogli del denaro, avrebbe affidato al figlia alla madre dell'imputato; evidenzia l'illogicità della spiegazione resa dalla Corte d'appello; sottolinea come la stessa circostanza del regalo dello smartphone al Ci., dettagliatamente riferita dal ricorrente, non poteva essere considerato un mero argomento difensivo essendo assolutamente illogico che l'imputato fornisse dettagli specifici laddove si fosse trattato realmente dell'oggetto di una condotta estorsiva mentre la Corte ha ancora una volta validato la giustificazione della donna, secondo cui l'acquisto del telefono era il frutto di coartazione nonostante il Ci. fosse e sia assolutamente incensurato; rileva la illogicità della spiegazione fornita dalla Corte rispetto al tatuaggio che la To. e lo Sp. si sarebbero fatti fare dopo le presunte violenze ed il commento della persona offesa all'augurio su Facebook dello Sp. in occasione della festa della donna, quest'ultimo spiegato esclusivamente con le parole della stessa persona offesa secondo cui il suo profilo sarebbe stato clonato; rileva, ancora, come la Corte d'appello non si sia confrontata con una ulteriore aporia nelle dichiarazioni della donna emersa in ordine alle conclamate ragioni della interruzione del percorso psicologico dovuta, a suo dire, dal pensionamento della psicologa, circostanza negata da costei; 3.2.7. inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla conferma della condanna relativamente al capo 5): rileva che il GUP, in merito all'episodio, aveva ritenuto di poter sorvolare sulla presenza o meno di incongruenze nel racconto della vittima, facendo leva sulla rilevanza significativa del prelievo bancomat e dalla contestuale assenza di traffico telefonico per gli imputati, ritenuta compatibile con la sequenza temporale descritta dalla persona offesa; rileva che la Corte d'appello, diversamente dal GUP, ha dato atto che la donna aveva in più occasioni riferito che, dopo la prima violenza, non aveva più avuto contatti con il Ci. avendo tuttavia sostenuto che il ricordo del secondo episodio sarebbe riaffiorato all'esito di una conversazione con l'amico Ro.Ba. in data 14.11.2019; sottolinea come tale affermazione sia in palese contrasto con quella, pure contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la donna avrebbe parlato della seconda violenza con la Pa. sin dal giugno del 2019; aggiunge che la stessa conversazione telefonica con il Ba. aveva avuto ad oggetto circostanze pacificamente smentite, ovvero il lavoro di manicure che la To. avrebbe svolto nelle sue trasferte a Torino e che proprio i rilievi difensivi circa i riscontri valorizzati dal GUP avevano indotto il PM a delegare ulteriori accertamenti bancari e telefonici ed a formulare motivi nuovi (che la stessa Corte d'appello ha stigmatizzato come inammissibili per difetto di correlazione con l'oggetto dell'appello principale) modificando la data di commissione della seconda violenza rispetto a quella contenuta nella originaria imputazione ciò non di meno recepita dalla Corte territoriale e contrastante con il dato obiettivo delle date in cui risultavano i prelievi allo sportello ATM; segnala che, nonostante la Corte abbia valorizzato il dato del traffico telefonico sull'apparato della To.. non era possibile evincerne la presenza in area di Bologna dove, come riconosciuto nella sentenza impugnata, i due imputati si erano recati a prostitute dal lato opposto della città ; osserva che la Corte avrebbe dovuto spiegare come i dati obiettivi emersi avrebbero corroborato il racconto della persona offesa e non già la alternativa versione offerta dagli imputati; segnala, inoltre, il travisamento in cui è incorsa la Corte nell'affermare che il Ci. avrebbe riferito allo Sp. che l'Ol. era ancora in contatto con costei; 3.2.8. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità con riferimento all'art. 521 cod., proc. pen. quanto alla modifica della data di consumazione dell'episodio di cui al capo 5): rileva che l'imputazione originaria aveva collocato l'episodio, genericamente, nel mese di gennaio del 2016 mentre il GUP, lo aveva puntualizzato al giorno 13.1.2016 sicché era su questa data che si erano concentrati gli sforzi difensivi che facevano leva sull'assenza di riscontri e sulla presenza di elementi invece distonici sicché la modifica intervenuta in appello ha reso impossibile agli imputati esporre ed argomentare su elementi idonei a contrastare la ipotesi ricostruttiva così operata; 3.3. l'Avv. Savino Lupo, nell'interesse di Sp.An.: 3.3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in punto di valutazione frazionata della attendibilità della persona offesa: segnala che, a fronte della valutazione operata dal primo giudice, la Corte d'appello ha escluso di poter far riferimento al principio della valutazione frazionata in quanto i fatti si sarebbero sviluppati in un unico contesto spazio temporale laddove, invece, il lasso temporale che riguarda le condotte ascritte agli imputati va dal 2014 al settembre del 2017 articolandosi in una pluralità di situazioni anche soggettive, come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale in più parti della sentenza impugnata; aggiunge che i giudici bolognesi hanno inopinatamente ritenuto di poter graduare il peso delle dichiarazioni della persona offesa anche in relazione alle loro modalità di raccolta e verbalizzazione; 3.3.2. violazione di legge penale sostanziale e processuale per omessa rinnovazione delle prove dichiarative: richiama i principi affermati dalla giurisprudenza in punto di rinnovazione della prova dichiarativa in caso di riforma della sentenza assolutoria sottolineando come essa debba riguardare non soltanto quelle che hanno determinato ma anche quelle che hanno contribuito a determinare l'esito liberatorio in primo grado; segnala, pertanto, come nel caso di specie tale rilievo avevano avuto le dichiarazioni rese da @15.Ba.An. ma, anche, quelle di Se.Ma. e, infine, quelle dello stesso imputato e del coimputato Ci.; 3.3.3. vizio di motivazione per travisamento della prova dichiarativa concernente le dichiarazioni di An.Ba.: riporta il contenuto delle dichiarazioni rese dal @15.Ba.@ segnalando il travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello negando che costui avesse mai indicato lo Sp. quale partecipe di un rapporto sessuale, consenziente, a tre con la To.; 3.3.4. omessa motivazione rafforzata in punto di responsabilità dello Sp. già assolto dal capo 2) della rubrica: segnala come la ricostruzione della To. circa i suoi rapporti con il ricorrente avesse subito una drastica rettifica tra quanto dalla donna riferito nella querela del 29.7.2019 (in cui aveva spiegato delle reiterate richieste di aiuto economico a partire dalla fine del 2014 sino alla metà di maggio del 2016 in cui aveva collocato l'episodio di cui al capo 2 della rubrica) rispetto alle versioni successivamente rese in cui aveva riferito di aver conosciuto lo Sp. soltanto nell'agosto del 2015 collocando inoltre la data della violenza nel settembre di quello stesso anno; lamenta che la sentenza di secondo grado non ha operato una puntuale confutazione delle valutazioni del primo giudice il quale non si era limitato ad evidenziare la discrasia delle due ricostruzioni sotto il mero profilo temporale ma aveva valorizzato il contesto e la coerenza della prima rispetto alla seconda sottolineandone la incoerenza sotto plurimi ed articolati profili: 3.3.5. vizio di motivazione e travisamento della prova quanto alla collocazione temporale del fatto di cui al capo 2) in epoca successiva all'acquisto del telefono cellulare Galaxy S6: riporta la parte della motivazione della sentenza della Corte d'appello in cui i giudici bolognesi hanno argomentato circa la risalenza dell'acquisto del telefono cellulare ad un momento antecedente quello della subita violenza; richiama, tuttavia, le dichiarazioni rese dalla To. in data 6.8.2019 e riprese dalla sentenza impugnata così come quelle del 6.11.2019 e, inoltre, quelle rese dalla To. all'udienza del 14.12.2022; 3.3.6. illogicità della motivazione e travisamento della prova quanto alla rilevanza dei riscontri forniti da Em.Ag. e Va.Ci.; violazione dell'art. 603 comma 3 - bis cod. proc. pen.: segnala che la Corte d'appello ha collocato le confidenze riferite dalla Ci. al maggio del 2019, ovvero prima dell'incontro con la Ta. laddove, invece, le parole della teste non erano affatto precise su tale collocazione temporale che, in ogni caso, portavano a risalire alla fine del maggio del 2019; quanto alle dichiarazioni dell'Ag., segnala la impossibilità di collocare nel tempo le confidenze che costui aveva riferito di aver ricevuto dalla donna; 3.3.7. illogicità della motivazione quanto alla conferma della condanna per il capo 5) in relazione alle dichiarazioni della persona offesa: con riguardo, in primo luogo, ai rapporti con il Ci.: rileva che nella deposizione del 29.7.2019, la To. aveva riferito in merito alla violenza subita dall'Ol. e dal Ci. aggiungendo di non aver presentato denunzia ma che successivamente i due non si erano più fatti sentire mentre soltanto il 23.11.2019 la donna aveva ricordato di essere stata vittima di una seconda violenza nel gennaio del 2019; segnala che la Corte d'appello ha giustificato la discrasia sostenendo che il ricordo della seconda violenza poteva essere affiorato soltanto in occasione della telefonata con il Ba. del 14.11.2019 in cui era emersa la figura del Ci. mentre, in altra parte della sentenza, ha spiegato che la seconda violenza era stata riferita alla Pa. già nel giugno del 2019; richiama, inoltre, l'acquisto del telefono cellulare per il Ci. avvenuto quando, secondo la prima versione, la persona offesa non avrebbe più dovuto avere a che fare con costui; segnala, ancora, la attestata falsità della versione fornita dalla To. circa le ragioni della interruzione del percorso di aiuto psicologico dovuto, secondo la persona offesa, al pensionamento della psicologa, circostanza decisamente smentita proprio da costei; riporta il racconto fornito dalla To. in data 2.11.2019 circa le ragioni delle sue trasferte a Torino e l'episodio occorso con lo Sp., comprendente un ulteriore episodio di violenza sessuale, tuttavia radicalmente smentito dalla successiva deposizione del 23.11.2019 all'esito delle verifiche operate dagli investigatori, sottolineando quindi la illogicità della spiegazione fornita dalla Corte d'appello per negare rilevanza a tale evidente discrasia; 3.3.8. illogicità ed omessa motivazione con riguardo alla coincidenza temporale tra l'episodio di cui al capo 5) ed il prelievo al Bancomat che sarebbe avvenuto lo stesso giorno: richiama la sentenza di primo grado che, proprio alla luce della coincidenza dell'episodio di violenza di cui al capo 5) con il correlativo prelievo al bancomat, lo aveva collocato nel giorno 13 gennaio 2016 laddove la sentenza di secondo grado lo aveva invece riportato al giorno 4 gennaio senza tuttavia accertare se a quella data corrispondesse un correlativo prelievo al medesimo bancomat, elemento valorizzato dal primo giudice come riscontro alla attendibilità della ricostruzione fornita dalla donna: 3.3.9. violazione di legge con riguardo all'art. 521 cod. proc. pen. con riguardo alla data dell'episodio di cui al capo 5): segnala la violazione del diritto di difesa con riguardo alla intervenuta "retrodatazione" dell'episodio collocato, dalla sentenza di primo grado, al 13 gennaio ed invece, in assenza di ogni iniziativa da parte del PM, ricondotto dalla Corte d'appello al giorno 4; 3.3.10. violazione di legge ed illogicità e carenza della motivazione con riguardo alla valutazione di una prova decisiva quanto alla aggravante dell'uso dell'arma nell'episodio di cui al capo 6): segnala che la Corte d'appello ha ritenuto di poter confermare l'aggravante in forza dei riscontri rappresentati dalle confidenze che, in merito all'episodio, sarebbero state ricevute dal Ba. e da Ma.Se. in epoca precedente alla denuncia; osserva che, invece, nel verbale dell'udienza del 14.5.2021 il Se. aveva collocato tale conoscenza al dicembre del 2019, riflettendosi tale evenienza anche sulle telefonate tra la To. ed il Ba. del novembre del 2019; sottolinea la illogicità della ricostruzione della persona offesa anche con riferimento alla iniziativa di lasciare la propria figlia alla custodia della fidanzata dello Sp.; 3.3.11. violazione di legge ed illogicità e carenza della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza della aggravante contestata sul capo 4): rileva che nessuna delle argomentazioni sviluppate con l'atto di appello a sostegno della inattendibilità della versione fornita dalla To. ha ricevuto una congrua valutazione da parte della Corte d'appello; 3.3.12. violazione di legge con riguardo all'art. 609 - septies, comma secondo, n. 4, cod. pen., all'art. 129 cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte d'appello non ha valutato la tardività della querela sporta da Ba.Pa. con riguardo al fatto di cui al capo 7): rileva che il primo giudice, pur assolvendo l'imputato per l'insussistenza del fatto, aveva fondato la procedibilità d'ufficio dell'episodio di cui al capo 7) sulla sua connessione o collegamento probatorio con l'estorsione di cui al capo 8); segnala che la Corte d'appello ha invece riformato la sentenza di primo grado quanto capo 7) confermando invece la assoluzione per il capo 8), omettendo tuttavia di affrontare il problema della procedibilità del reato di cui al capo 7); 3.3.13. violazione dell'art. 603 comma 3 - bis cod. proc. pen. quanto alla inutilizzabilità dell'integrazione istruttoria di natura dichiarativa costituita dalla testimonianza di Ba.Pa.: rileva che la prova suindicata non sarebbe stata oggi suscettibile di essere acquisita in appello alla stregua della attuale formulazione dell'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen. dovendo perciò essere considerata inutilizzabile; 3.3.14. violazione di legge, illogicità e carenza della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità del ricorrente quanto al capo 7) sulla scorta di un viziato giudizio di attendibilità della persona offesa Ba.Pa.: rileva che la Corte d'appello non ha tenuto conto dei rilievi operati dalla difesa con la memoria depositata in quella sede con riguardo, in particolare, alla proclamata assenza dei genitori della Pa., all'avere confidato l'episodio a terzi e, in particolare, all'Ol. da cui lo avrebbe appreso la stessa Ta. oltre che all'avere o meno avuto occasione di vedere, successivamente, lo Sp.; 4. la difesa della costituita parte civile Ba.Pa. ha trasmesso le proprie conclusioni deducendo, in via preliminare, la infondatezza del rilievo formulato con l'undicesimo motivo del ricorso proposto nell'interesse dello Sp. relativo alla ritenuta improcedibilità del reato di cui al capo 7) a séguito della assoluzione per quello di cui al capo 8) della rubrica; segnala, a tal proposito, che la connessione rilevante ai sensi dell'art. 609-septies, comma quarto, n. 4, cod. pen., è non soltanto quella processuale di cui all'art. 12 cod. proc. pen. ma anche quella "investigativa" di cui all'art. 371 cod. proc. pen.; quanto al dodicesimo motivo del ricorso dello stesso Sp., osserva che la Corte d'Appello di Bologna ha analizzato in maniera precisa e puntuale tutti gli elementi grazie ai quali è stato possibile confutare le affermazioni del primo Giudice, il quale non aveva compiutamente analizzato il materiale probatorio a sua disposizione o comunque non aveva tenuto nel debito conto tutte le implicazioni derivanti dalla violenza sessuale subita, quali ad esempio il fatto che la sig.ra Pa., in quel momento, non fosse stata in grado di reagire, cosa non insolita, ma che il Giudice di primo grado aveva ritenuto "singolare", senza considerare lo stato di shock della vittima che, paralizzata e sopraffatta, non era riuscita a reagire; ribadisce che la parte civile aveva descritto la violenza sessuale subita sia nella denuncia-querela presentata il 29.07.2019 che nell'integrazione di denuncia del 30.07.2019 e, poi, all'udienza dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna del 22.11.2022, in termini che la Corte ha giudicato omogenei, particolareggiati e privi di contraddizioni; aggiunge che le dichiarazioni della parte civile hanno trovato riscontro in quelle della Ta. e della Bilancini, risultando invece contraddittorie quelle fornite dagli imputati Ol. e Sp., mirate ad accreditare la versione di un rapporto consenziente. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Sull'ammissibilità dei ricorsi. In sede di discussione, il rappresentante della Procura Generale ha eccepito l'inammissibilità dei ricorsi proposti nell'interesse di Ol.Al. e di Sp.An. perché non corredati dallo specifico mandato ad impugnare, previsto dall'art. 581 comma 1 - ter cod. proc. pen. e, per altro verso, dalla rinnovata elezione o dichiarazione di domicilio, di cui all'art. 581 comma 1 - quater cod. proc. pen.. L'eccezione è infondata. Non è qui necessario soffermarsi sulla natura, finalità ed ambito applicativo delle disposizioni sopra richiamate, introdotte con il D. Lg.vo 150 del 2022 e di cui, invero, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di occuparsi anche sotto il profilo della loro coerenza e compatibilità con il diritto di difesa sancito sul piano costituzionale e sovranazionale (cfr., per tutte, Sez. 4 , n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 285324 - 01, che ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 581, commi 1 - ter e 1 - quater, cod. proc. pen., introdotti dagli artt. 33 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell'art. 89, comma 3, del medesimo D.Lgs., per contrasto con gli artt. 3,24,27,111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell'appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, unitamente all'atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l'elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell'atto di citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un'opzione ponderata e personale della parte ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell'ampliamento del termine per impugnare e dell'estensione della restituzione nel termine; conf., tra le non massimate., Sez. 4., n. 674 del 2024, ud. 19.12.2023, Curt Florin; Sez. 6, n. 223 del 2024, ud. 7.11.2023, Sechovcov; Sez. 4, n. 37 del 2024, ud. 14.12.2023, Mallia). Tornando al caso di specie, è sufficiente tuttavia rilevare che tutti e tre gli odierni ricorrenti erano "presenti" sia nel giudizio di primo che in quello di secondo grado non trovando perciò applicazione il comma 1-fer dell'art. 581 cod. proc. pen. che, come accennato, riguarda gli imputati "assenti" ed è funzionale ad assicurare che l'atto di impugnazione - ivi compreso il ricorso in cassazione - sia il frutto di una scelta consapevole riconducibile all'imputato (cfr., Sez. 6, n. 2323 del 07/12/2023, dep. 18/01/2024, Marini, Rv. 285891 - 01, in cui la Corte ha chiarito che è applicabile al ricorso per cassazione l'onere formale del deposito di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, come previsto dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. - introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – stante l'esigenza che anche il giudizio di legittimità si svolga nei confronti di un assente "consapevole", così da limitare lo spazio di applicazione della rescissione del giudicato e dei rimedi restitutori). Si è invece condivisibilmente esclusa l'applicabilità al ricorso per cassazione del disposto di cui all'art. 581, comma 1 - ter e di cui all'art. 581, comma 1 - quater, cod. proc. pen., come novellato dall'art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui è stabilito che il prescritto specifico mandato a impugnare deve contenere "la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio", posto che nel giudizio di legittimità non è prevista la notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 2, n. 40824 del 13/09/2023, Karaj, Rv. 285256 - 01; Sez. 2 , n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525 - 01). 2. Sul capo 7). Con l'undicesimo motivo del ricorso, la difesa di Sp.An. deduce violazione di legge con riguardo all'art. 609-septies, comma secondo, n. 4, cod. pen., ed all'art. 129 cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte d'appello non ha considerato la tardività della querela sporta da Ba.Pa. con riguardo al fatto di cui al capo 7) non superabile con l'esistenza di una connessione o di un collegamento probatorio con il delitto di cui al capo 8) per il quale lo stesso imputato era stato assolto già in primo grado. Il motivo è fondato. Sp.An. era stato chiamato a rispondere, in relazione al capo 7), di un fatto di violenza sessuale in danno di Ba.Pa. occorso tra l'agosto ed il settembre del 2016. Il giudice di primo grado, vagliando l'eccezione di improcedibilità dell'azione penale sollevata dalla difesa dell'imputato (cfr., pagg. 34 - 35 della sentenza del GUP), aveva in effetti preso atto della assenza di una querela tempestiva, ma aveva ritenuto il reato comunque procedibile d'ufficio in quanto probatoriamente connesso con quello di cui al capo 8), ascritto all'Ol.. E, tuttavia, aveva assolto entrambi gli imputati da entrambe le imputazioni "perché il fatto non sussiste". La Corte d'appello, dal canto suo, ha confermato l'assoluzione dell'Ol. ma, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato lo Sp. per l'episodio di cui al capo 7). In tal modo, tuttavia, i giudici bolognesi non hanno considerato che l'assoluzione dell'Ol. dal reato "connesso" aveva comportato lo "scioglimento" del rapporto di "connessione" che aveva consentito di ritenere la procedibilità d'ufficio dell'azione penale per il delitto di violenza sessuale ascritto e per il quale ha condannato Sp.An.. E' vero che, ai fini della perseguibilità d'ufficio dei reati di violenza sessuale la connessione di cui all'art. 609 - septies, comma quarto n. 4, cod. pen. non è limitata alle ipotesi contemplate dall'art. 12 cod. proc. pen., ma va estesa alla connessione meramente investigativa di cui all'art. 371, comma secondo, cod. proc. pen. (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 32971 del 08/07/2005, Marino, Rv. 232185 - 01). E, tuttavia, è pacifico che l'estensione del regime della perseguibilità di ufficio ai delitti di violenza sessuale - mentre permane per tutte le altre formule di proscioglimento (come l'estinzione del reato per prescrizione o, anche, l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato), viene meno invece a séguito dell'assoluzione dal reato "connesso" - come avvenuto nel caso di specie - per insussistenza del fatto (cfr., cosi, Sez. 3, n. 56666 del 21/09/2018, P., Rv. 274677 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 17846 del 19/03/2009, C., Rv. 243760 -01). Nessun dubbio che la questione potesse essere sollevata in questa sede: per un verso, infatti, è escluso che la difesa fosse tenuta a proporre, sul punto, appello incidentale dopo che, sull'assoluzione dal capo 7), erano intervenuti gli appelli del PM come della parte civile: si è infatti opportunamente chiarito che è inammissibile, per carenza d'interesse, l'appello incidentale proposto dall'imputato che, sia pure evocato nel giudizio di appello a seguito di impugnazione del PG, fosse stato assolto in primo grado con la formula "il fatto non sussiste" (cfr., in tal senso, specificamente, Sez. 6, n. 23253 del 15/05/2012, Radice, Rv. 253007 - 01). Per altro verso è inoltre assolutamente consolidato l'orientamento secondo cui la questione attinente alla procedibilità dell'azione penale è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, quindi, può essere dedotta anche per la prima volta davanti alla Corte di cassazione, purché, nel caso in cui si deduca la tardività della querela, l'accertamento del "dies a quo" non debba conseguire ad un giudizio di fatto che è evidentemente precluso al giudice di legittimità (cfr., tra le tante, sul punto specifico, Sez. 5, n. 23689 del 06/05/2021, Cavallini, Rv. 281318 - 01; Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022, dep. 28/02/2023, Papais, Rv. 284438 - 02). Nel caso di specie, tuttavia, la valutazione operata in questa sede non implica alcun accertamento in fatto perché era stato già il giudice di primo grado ad "attestare" la tardività della querela della Pa., salvo - per un verso - ritenere che il reato fosse procedibile d'ufficio perché connesso con quello di cui al capo 8) e - in secondo luogo - assolvere per insussistenza del fatto in relazione ad entrambi. La sentenza impugnata va dunque annullata, senza rinvio, per improcedibilità dell'azione penale relativamente al capo 7), con conseguente eliminazione della pena di mesi 8 di reclusione e revoca delle statuizioni civili in favore della parte civile Ba.Pa.. L'accoglimento della censura preclude, evidentemente, l'esame del tredicesimo motivo del ricorso dello Sp.. 3. I motivi sulla rinnovazione del dibattimento. Con il quarto motivo del ricorso proposto nell'interesse del Ci. come con il secondo ed il dodicesimo motivo del ricorso proposto nell'interesse dello Sp., le difese hanno sollevato varie questioni in punto di rinnovazione dell'istruttoria orale in appello a séguito della condanna intervenuta in secondo grado per l'episodio di cui al capo 2) per il quale, invece, il GUP era pervenuto alla assoluzione degli imputati: in particolare, la difesa del Ci. lamenta la mancata rinnovazione dell'istruttoria orale con riguardo alle dichiarazioni di @15.Ba.An. giudicate dal GUP in grado di riscontrare la versione difensiva fornita dallo Sp. in sede di interrogatorio di garanzia; la difesa dello Sp. rileva che, oltre al @15.Ba.@, la Corte d'appello avrebbe dovuto (ri)sentire anche Se.Ma. e gli stessi imputati; per altro verso, poi, eccepisce l'inutilizzabilità dell'integrazione istruttoria espletata in secondo grado con l'escussione di Ba.Pa. che non sarebbe stata consentita alla luce dell'attuale formulazione dell'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen.. I rilievi sono manifestamente infondati e, invero, prima ancora preclusi. II giudizio era stato celebrato con rito abbreviato condizionato, per Ol., all'espletamento di una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto; per lo Sp., alla produzione documentale ed all'esame di due testi (Ra. e Se.Ma.); per Ci., all'acquisizione della documentazione sul traffico telefonico sulle utenze degli imputati: la Corte d'appello, con provvedimento 23.9.2022 (cfr., pag. 51 della sentenza impugnata ove esso è stato integralmente riprodotto) ha provveduto sulle richieste del PG e della parte civile in punto di rinnovazione dell'istruttoria in secondo grado "ammettendo la testimonianza di To.Si. e di Pa.Ba...." (cfr., ivi) e rigettando, invece, la richiesta - sempre del PG - di ammissione della testimonianza del Luog.te De. e di acquisizione delle annotazioni dei CC del 2.5.2022 e del 23.5.2022. Con il provvedimento del 23.9.2022, la Corte ha deciso motivando sulle ragioni della disposta rinnovazione dell'istruttoria orale con la escussione delle persone offese discutendosi della attendibilità delle rispettive dichiarazioni da verificare ai sensi dell'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen. L'ordinanza era stata peraltro adottata prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 150 del 2022 che, come è noto, ha modificato l'art. 603, comma 3 - bis cod. proc. pen. limitando la necessità di rinnovazione dell'istruttoria orale nel giudizio abbreviato a quelle prove dichiarative cui fosse stata originariamente condizionata la richiesta di ammissione al rito ovvero a quelle che erano state assunte dal giudice ai sensi dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen.. Si è chiarito, a tal proposito, che la regola processuale sulla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale di cui all'art. 603, comma 3 - bis , cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, trova immediata applicazione nel giudizio di appello, in assenza di disposizioni transitorie e in base al principio "tempus regit actum" (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 10691 del 10/01/2024, S., Rv. 286089 - 01). Resta il fatto che, nel caso di specie, non soltanto il provvedimento della Corte d'appello ma, anche, la assunzione, in secondo grado, delle prove dichiarative ammesse, erano intervenuti prima dell'entrata in vigore della novella (cfr., per la scansione temporale delle udienze in appello, pag. 50 della sentenza impugnata). In ogni caso, va ribadito che non soltanto le uniche richieste di rinnovazione erano state formulate dal PG e dalle parti civili ma, per altro verso, che il provvedimento della Corte d'appello era intervenuto alla presenza delle parti e di tutte le rispettive difese che, all'esito della adozione dell'ordinanza, nulla avevano eccepito. Tanto premesso, questa Corte ha avuto modo di spiegare che le eventuali violazioni della disciplina dettata dal codice di rito in ordine alla rinnovazione della prova dichiarativa da parte del giudice di appello che proceda, sulla base di un diverso apprezzamento della stessa, alla riforma della sentenza di assoluzione, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio (cfr., in tal senso, infatti, Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112 - 03 in cui si è affermato che in tali casi è la legge che stabilisce l'obbligo, per il giudice di appello, di rinnovare l'istruttoria dibattimentale, obbligo che, se non rispettato, determina una violazione sostanziale del diritto al contraddittorio e, quindi, del diritto di difesa, sanzionata dalla nullità di ordine generale ma non assoluta, prevista dal combinato disposto degli artt. 178 lett. c) e 180 cod. proc. pen.). E' allora appena il caso di ribadire che, ai sensi dell'art. 182, comma primo, cod. proc. pen., "le nullità previste dagli articoli 180 e 181 non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all'osservanza della disposizione violata" mentre, ai sensi del comma secondo, "quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo": il che, come accennato, è proprio quanto avvenuto nel caso di specie in cui l'ordinanza del 23.9.2022 era stata assunta in presenza di tutte le difese che nulla avevano eccepito sul tenore del provvedimento. 4. Sull'obbligo di motivazione rafforzata. Come è noto, la giurisprudenza stratificatasi nel corso degli anni aveva chiarito che, in caso di riforma, in termini di condanna, della sentenza assolutoria di primo grado, il giudice di appello era tenuto a rinnovare l'istruttoria dibattimentale laddove la sua decisione fosse il frutto di una nuova valutazione delle prove dichiarative; si tratta di un obbligo che, per l'appunto, era stato affermato per via giurisprudenziale (cfr., Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486 - 01; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785 - 01) e, successivamente, "sancito" normativamente con l'inserimento del comma 3 - bis nell'art. 603 cod. proc. pen. ad opera della legge 103 del 2017 la cui portata era stata anche successivamente chiarita in altre occasioni dal massimo consesso (cfr., Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112 - 03 quanto alla prova peritale acquisita in forma dichiarativa; Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228 - 02, per il caso di riforma ai soli fini civili della sentenza assolutoria di primo grado; Sez. U, n. 11586 del 30/09/2021, dep. 30/03/2022, D.,Rv. 282808 - 01 per il caso di impossibilità di rinnovazione della istruttoria per decesso del dichiarante). Nel caso opposto, qualora il giudice di appello riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado, egli non ha, invece, un analogo obbligo di rinnovazione della istruttoria dibattimentale quanto alle prove dichiarative decisive dovendo tuttavia offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (cfr., Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 272430 - 01). In ogni caso, la necessità di superare il "ragionevole dubbio" (ravvisato dalle decisioni sopra richiamate nella stessa adozione di una sentenza di assoluzione in primo grado) impone al giudice di secondo grado che intenda accogliere l'appello del PM e/o delle parti civili, di predisporre una motivazione "rafforzata" che si sostanzia nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore. In effetti, pur essendo stato anche normativamente puntualizzato in caso di riforma della sentenza di assoluzione con la introduzione del comma 3 - bis all'art. 603 cod. proc. pen., il principio da molti anni affermato è quello secondo cui la decisione del giudice di appello, che comporti la totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell'incompletezza o della non correttezza ovvero dell'incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi "in toto" a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati; con la conseguenza per cui il giudice di appello, allorché prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non può limitarsi a formulare una mera possibilità, come esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realtà processuale, ma deve puntualmente riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un "iter" logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito. Si è perciò correttamente chiarito che l'obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell'imputato, postula l'adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603, comma 3 - bis , cod. proc. pen. (cfr., Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 17/04/2023, B., Rv. 284493 - 03). Tanto premesso, va detto la violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata è stata dedotta dalle difese di Ol.Al., con il secondo motivo del ricorso, e di Ci.Ca.. con il terzo motivo del suo ricorso; in realtà, il secondo motivo del ricorso dell'Ol. finisce, di fatto, per soffermarsi, piuttosto, sulla ritenuta illogicità della motivazione con cui la Corte d'appello ha ritenuto di poter corroborare la ricostruzione fornita dalla To. attraverso le dichiarazioni della Ta., della Pa., del Ba. e del Se. sottolineando, in particolare, la difformità tra le versioni di costoro tra di esse e con quella fornita dalla stessa persona offesa e, infine, denunziando un profilo di travisamento della prova (in particolare sulla tempistica delle rivelazioni della donna al Ba.) su cui occorrerà soffermarsi successivamente. Il terzo motivo del ricorso del Ci. ed il quarto motivo del ricorso dello Sp. si sono invece soffermati sulla ritenuta intrinseca inadeguatezza della motivazione con cui la Corte d'appello avrebbe semplicisticamente ascritto la "retrodatazione" della dell'episodio ad un errore mnemonico omettendo di considerare lo sviluppo dei rapporti tra la To. da un lato, l'Ol. prima e lo Sp. successivamente, che si sarebbero in tal modo "concentrati" in un arco temporale incompatibile con la dinamica della vicenda come riferita dalla persona offesa. Con specifico riferimento all'episodio descritto al capo 2) della rubrica, il GUP aveva ripercorso le dichiarazioni della persona offesa a partire da quelle del 29.7.2019 (cfr., pagg. 14 e ssgg. della sentenza di primo grado) in cui la donna aveva ricostruito l'esordio dei suoi rapporti con l'Ol. e, successivamente, con lo Sp. (e poi, ancora, con il Ci.) sostenendo che, ad un certo punto, dopo l'episodio del novembre del 2015 (con l'inseguimento dell'Ol. da parte dello Sp. e del Ci., vero o falso che fosse), fu proprio lo Sp. ad iniziare a chiederle denaro che lei gli aveva dato per mesi, sino al marzo - aprile del 2016 (cfr., ivi, pag. 15). Secondo la versione inizialmente prospettata dalla persona offesa, era stato proprio nel maggio del 2016 che lo Sp. le aveva fatto presente di aver trovato un lavoro che gli avrebbe permesso di saldare i suoi debiti con "i siciliani" tanto da proporle di festeggiare andando a mangiare una pizza insieme a "Gi." (ovvero a Ci.). Fu proprio in quella stessa sera, aveva inizialmente riferito la To.. che fu consumato il primo episodio di violenza di gruppo. Come già accennato, il GUP aveva giudicato inattendibile la persona offesa quanto alla "retrodatazione" dell'episodio che, soltanto il 19.8.2019, e soltanto dopo che gli investigatori le avevano rappresentato la inconciliabilità del racconto rispetto alla situazione dei luoghi alla data del maggio del 2016, aveva collocato nel settembre del 2015; oltre a segnalare il carattere non "spontaneo" della correzione intervenuta nella narrazione della persona offesa, il GUP aveva inoltre sottolineato (cfr., pag. 31 della sentenza di primo grado) che la donna aveva fornito un racconto dettagliato dell'episodio che, in particolare, aveva collocato "... al termine della sequenza di richieste estorsive da parte dello Sp. determinate dalle minacce da questi ricevute dall'inesistente To. e dal gruppo dei siciliani proprio per festeggiare l'affrancamento" (cfr., ivi). La Corte d'appello ha riesaminato la vicenda pervenendo, come detto, a conclusioni opposte spiegando le ragioni per le quali la "retrodatazione" dell'episodio non intaccherebbe la genuinità della narrazione (cfr., pagg. 56 e ss. gg. della sentenza impugnata) e gli elementi di riscontro alla individuazione del settembre del 2015 in cui collocare l'episodio (cfr., ivi, pagg. 58 - 61 e, ancora, ivi, pagg. 62 - 63). I giudici bolognesi non hanno nemmeno trascurato il profilo, su cui hanno insistito le difese, della ricollocazione nel tempo delle varie richieste di denaro, provenienti prima dall'Ol. e poi dallo Sp. vagliandone, con valutazione tipicamente di merito, la reale rilevanza ai fini della complessiva considerazione della attendibilità della persona offesa: hanno giudicato non significative le incertezze sulle "donazioni" all'Ol. (cfr., pagg. 91 - 92 della sentenza); hanno richiamato i riscontri documentali sul prestito allo Sp. risalente all'estate del 2015 (giudicando non rilevante l'errore di averli collocati alla fine del 2014); hanno, inoltre, evocato le dichiarazioni rese dalla donna in aula il 14.12.2022 sulla successione delle richieste prima e dopo la prima violenza (cfr., ivi, pagg. 94 - 95), le nuove richieste dell'Ol. cui si era successivamente "sostituito" lo Sp. che aveva cercato di screditare l'Ol. dicendo che sperperava tutto al gioco (cfr., ancora, ivi, pag. 94); hanno, inoltre giudicato certamente erronea la data del novembre 2015 riportata anche nell'imputazione di tentata estorsione a carico dell'Ol. (cfr., ivi, pag. 96) sostenendo che lo "spostamento" in avanti delle dichiarazioni rese sul punto dalla To. era conseguente all'erronea collocazione della prima violenza. Rileva il collegio che, nel caso di specie, la Corte d'appello abbia assolto all'obbligo di motivazione "rafforzata" che non implica necessariamente l'esame di ciascuno e di tutti gli elementi vagliati dal primo giudice e ritenuti convergenti verso una soluzione non condivisa dal giudice di appello; quel che rileva, oltre alla puntuale confutazione di quegli elementi che, nell'economia della motivazione, possano ritenersi di maggiore rilievo, è la adozione di un impianto argomentativo dotato di una capacità persuasiva che possa ritenersi prevalente rispetto alla decisione riformata e che si soffermi su quegli aspetti che possano esser considerati davvero decisivi anche alla luce della capacità della difesa di offrirne una spiegazione alternativa. 5. Il giudizio di attendibilità. L'aspetto su cui le difese hanno tuttavia particolarmente insistito è quello relativo alla valutazione di attendibilità della persona offesa Si.To. con riguardo sia all'episodio di cui al capo 2), per il quale la Corte d'appello, sovvertendo la decisione di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità di tutti gli imputati; sia, comunque, con riguardo all'episodio di cui al capo 5), per il quale la Corte d'appello ha confermato la responsabilità dello Sp. e del Ci. seguendo, tuttavia, un percorso motivazionale e, soprattutto, operando una ricostruzione del fatto non del tutto coincidente con quella cui era invece approdato il primo giudice. In tal senso ha insistito la difesa dell'Ol. con il primo e, come accennato, anche con la prima parte del secondo motivo del ricorso; la difesa del Ci. con il primo ed il secondo, il terzo, il sesto ed il settimo motivo del ricorso; la difesa dello Sp. con il primo, il sesto ed il settimo motivo del ricorso. Il GUP, come accennato, aveva assolto tutti gli odierni ricorrenti dal delitto loro ascritto al capo 2) sulla scorta di una valutazione negativa della attendibilità della persona offesa giudicata invece pienamente attendibile quanto all'episodio di cui al capo 5). Il primo giudice aveva, infatti riassunto i principi in materia di valutazione della prova testimoniale con riguardo, in particolare, alla valutazione "frazionata" delle dichiarazioni della teste (cfr., pagg. 29 - 30 della sentenza di primo grado) osservando che la To. era stata sentita in ben dodici occasioni sull'episodio di cui al capo 2) dell'imputazione su cui aveva riferito anche nel corso del processo quando, chiamata a rendere la sua deposizione ai sensi dell'art. 441, comma quinto, cod. proc. pen., aveva spiegato la "retrodatazione" non già come una spontanea presa di coscienza dell'errore ma occasionata dal rilievo degli investigatori che le avevano fatto presente che il bosco, da lei indicato come il luogo in cui si sarebbe consumata la violenza inizialmente collocata nel maggio del 2016, era stato tagliato nel precedente mese di aprile (cfr., pagg. 31 - 32 della sentenza di primo grado). Il GUP aveva quindi sostenuto che, a fianco della ricostruzione oggetto del racconto fornito dalla persona offesa, vi era quello degli imputati che ne rappresentava un'alternativa non del tutto sfornita di elementi di conforto e riscontro e che gli elementi acquisiti, ovvero le dichiarazioni della To.. non consentivano di superare; gli imputati, infatti, avevano sostenuto di avere avuto con la persona offesa un rapporto consenziente di cui, anzi, era trapelata la notizia negli ambienti e tra le conoscenze della donna tanto che anche il Ba. ne avrebbe sentito parlare sin dal 2017 avendo e, inoltre, richiamato, sempre sul punto, le dichiarazioni di @15.Ba.An.. Il primo giudice aveva invece giudicato pienamente affidabile la To. con riguardo all'episodio di cui al capo 5) (cfr., pagg. 33 - 34 della sentenza di primo grado) sostenendo che le dichiarazioni della persona offesa dovevano ritenersi circostanziate e riscontrate dal prelievo bancomat delle ore 19,14 e dalle risultanze dei tabulati relativi ai telefoni degli imputati che avevano infatti consentito di collocare il fatto il giorno 13 gennaio 2016 (cfr., pag. 33 della sentenza di primo grado). Sia il PM che le difese degli odierni ricorrenti, nei rispettivi atti di appello, avevano però contestato l'impostazione seguita dal GUP (cfr., pagg. 9 - 13 dell'atto di appello del PM intitolato "erronea valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa ... in relazione al capo 2"; pagg. 4 - 6 dell'atto di appello nell'interesse del Ci. ma, anche, il primo motivo dell'atto di appello nell'interesse dello Sp.). La Corte d'appello ha condiviso le considerazioni svolte dalle difese e dal PM convenendo sulla impossibilità, nel caso di specie, di ricorrere al criterio della attendibilità "frazionata" e motivando sulle ragioni poste a fondamento della necessità, al contrario, di operare una valutazione complessiva ed "unitaria" del narrato della persona offesa "... in quanto la violenza sessuale di gruppo sub 2) commessa nel settembre 2015 (...) rappresenta, nella vicenda generale, un accadimento strettamente collegato sia sul piano logico, che sul piano temporale, agli altri reati commessi ai danni della stessa vittima ..." (cfr., pagg. 52 - 53 della sentenza impugnata). D'altra parte, va pur detto che la giurisprudenza è in generale orientata nel senso di ritenere necessaria una motivazione specifica non tanto nel caso valutazione "unitaria" ma proprio in quello di valutazione "frazionata" della attendibilità del teste/persona offesa/parte civile (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 40170 del 26/09/2006, Gentile, Rv. 235575 - 01, secondo cui, in tema di reati sessuali, è legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa e l'eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate; cfr., anche. Sez. 6, n. 3015 del 20/12/2010, dep. 27/01/2011, Farrugio, Rv. 249200 - 01, in cui la Corte ha spiegato che è legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa e l'eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate e sempre che l'inattendibilità di alcune delle parti della dichiarazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilità del dichiarante). Se non ché, come puntualmente rilevato dalla difesa del Ci. con il secondo motivo del ricorso, avendo optato per una valutazione "unitaria" delle dichiarazioni della To., la Corte d'appello non è riuscita a "risolvere" in essa, con motivazione logicamente lineare, la circostanza della sostanzialmente incontestata falsità dell'episodio di violenza sessuale che la donna aveva attribuito allo Sp. nelle sit del 2.11.2019 (cfr., pagg. 99 - 101 della sentenza qui impugnata). In quell'occasione, infatti, la To. aveva riferito in merito alle sue "trasferte" a Torino di cui aveva in un primo tempo nascosto la natura sostenendo di essersi recata nel capoluogo piemontese per svolgere attività di manicure a domicilio, in modo da guadagnare del denaro e poter far fronte alle esigenze familiari come alle richieste dello Sp.; in quel contesto, peraltro, la To. stava ancora tentando di nascondere la propria attività di meretricio (cfr., ivi, pagg. 84 - 85) ed aveva fatto presente che lo Sp., venuto causalmente a conoscenza della sua attività lavorativa a Torino, l'aveva aspramente ripresa arrabbiandosi ("... perché pensava che a Torino avessi guadagnato parecchio denaro ed lui non avevo detto e dato nulla ...") finendo prima per colpirla ("... mi ha colpito allo sterno con una manata") e poi a costringerla ad un rapporto orale ("... mi tenne stretto il polso e la mano destra dicendomi di non provarci mai più e mi costrinse ad un rapporto orale") (cfr., pag. 100, in nota). Soltanto dopo che gli investigatori avevano potuto acquisire ed esaminare i tabulati telefonici dai quali risultava la frequenza delle sue trasferte torinesi, la donna - nel verbale del 23.11.2019 - aveva finito per ammettere la finalità delle sue frequentazioni riferendone agli inquirenti ed ammettendo la sua presenza nel capoluogo piemontese in tutte le occasioni risultanti dai tabulati e, soprattutto, precisando che si trattava di una attività di cui lo Sp. era perfettamente consapevole e che, anzi, aveva intrapreso indotta da lui e svolta sotto il suo controllo e la sua regia (cfr., pagg. 86 - 87 e pag. 100 della sentenza qui impugnata). La Corte d'appello non ha potuto ignorare la falsità della accusa contenuta nel verbale del 2.11.2019 che ha tentato di "depotenziare" con motivazione francamente illogica. Richiamando il tenore del verbale di sit del 6.8.2019, i giudici bolognesi hanno infatti segnalato che la donna aveva già riferito di condotte simili tenute nei suoi confronti dallo Sp. ma che non erano state oggetto di approfondimento investigativo ancorché confidate al Ba.; hanno perciò sostenuto che "non è vero che la To. abbia riferito solo in quella occasione di ulteriori violenze sessuali subite da Sp. (oltre a quelle contestati a capi 2 e 5), sicché non é menzognera la violenza sessuale riportata nel verbale del 2.11.2019" (cfr., pag. 100 della sentenza impugnata). In tal modo, la Corte d'appello ha ritenuto - illogicamente ed incongruamente - di poter "neutralizzare" la pacifica falsità della narrazione riportata nel verbale del 2.11.2019 e la descrizione di una condotta delittuosa rivelatasi in realtà inveritiera, con la considerazione secondo cui in altre occasioni la donna aveva riferito condotte simili che non erano state tuttavia oggetto di approfondimento e non erano state contestate. Quasi che il ricorrere di episodi analoghi, pur non comprovati, avrebbe consentito di escludere la falsità di quello invece riferito nell'occasione sopra richiamata e certamente inveritiero. Le difese del Ci. e dello Sp. (cfr., in particolare, il settimo motivo del ricorso nell'interesse del primo e, sempre, il settimo motivo del ricorso nell'interesse del secondo) hanno inoltre sottolineato come proprio nel verbale del 23.11.2019 la To.. dopo essere stata sentita in diverse occasioni ed aver riferito, nel verbale del 29.7.2018, di non aver più avuto a che fare con i due, avesse inopinatamente rivelato agli investigatori, che la stavano sentendo sin dal luglio, della violenza subita dagli imputati nel mese di gennaio del 2016 e di cui non aveva in precedenza mai fatto cenno. Le difese avevano puntualmente evidenziato questo dato che avevano interpretato (cfr., pagg. 12 - 15 dell'atto di appello nell'interesse del Ci.) come il tentativo della donna di sottrarsi all'imbarazzo derivato dall'essere stata messa alle strette dagli investigatori che le avevano rivelato gli esiti degli accertamenti relativi alle sue trasferte torinesi. Ebbene, la Corte d'appello ha replicato alla considerazione difensiva sostenendo che la rivelazione della donna non poteva affatto ritenersi frutto di una opzione opportunistica ed hanno richiamato, al fine di corroborare la genuinità della propalazione della persona offesa, le dichiarazioni rese da Ba.Pa. all'udienza del 22.11.2022 quando la teste aveva riferito "... che nel corso dell'incontro del giugno 2019 in cui aveva partecipato la To. questa aveva riferito anche del secondo episodio di violenza, ricordando anche che la To. aveva riferito l'abbigliamento che indossava in occasione sia della prima che della seconda violenza sessuale" (cfr., pagg. 87 - 88 della sentenza impugnata e nota n. 30). In tal modo, però, non soltanto la Corte non ha potuto fornire alcuna spiegazione del perché la donna avrebbe atteso sino alla fine di novembre per parlare della seconda violenza agli inquirenti ma, in qualche misura, ha reso ancor più evidente la poca linearità della emersione della vicenda laddove ha fatto presente come "... i fatti sopra esposti da To. e, in particolare, l'episodio della seconda violenza ... siano frutto di ricordi riaffiorati nella memoria della p.o. perché, in una conversazione telefonica con il suo amico Ba.Ro. di pochi giorni prima (...) To.. lamentandosi per quello che lo Sp. l'aveva costretta a fare (...) afferma anche che Ci. e Sp. si chiamarono ..." (cfr., pag. 88). In altri termini, la Corte d'appello, in modo intrinsecamente e testualmente contraddittorio, ha affermato, per un verso, che il ricordo della seconda violenza sarebbe riaffiorato nella memoria della persona offesa soltanto in occasione della telefonata intercorsa il 14.11.2019 con il suo amico Ro.Ba. (cfr., ivi, pag. 88) e, contemporaneamente, poche righe prima, che la tesi difensiva della natura "opportunistica" della rivelazione sarebbe smentita dal fatto che la donna aveva raccontato dell'episodio già nel mese di giugno quando, perciò, come riferito dalla Pa.. ne aveva una memoria perfetta tanto da ricordare l'abbigliamento indossato (cfr., pag. 87). Le suesposte criticità motivazionali impongono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con riguardo ai capi 2) e 5), con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Bologna che dovrà procedere ad un nuovo giudizio sulla attendibilità della persona offesa "risolvendo" le contraddizioni ed i profili di illogicità manifesta che sono stati evidenziati. In quella sede, peraltro, i giudici della fase rescissoria dovranno affrontare anche i profili di "travisamento" della prova denunziati dalle difese, con particolare riguardo, in primo luogo, a quello evidenziato nel quinto motivo del ricorso del Ci. e nel terzo motivo del ricorso dello Sp. in relazione alla valutazione, operata dalla Corte, delle dichiarazioni rese da An.Ba. il quale (cfr., pagg. 68 - 69 della sentenza) aveva riferito di avere in passato partecipato ad un episodio di "sesso a tre" con la To., in tal modo, secondo le difese (e, come si è accennato, il primo giudice), corroborando la tesi alternativa della natura consenziente del rapporto sessuale con la persona offesa che gli stessi imputati avevano collocato nel settembre del 2015. La Corte d'appello ha infatti segnalato che si tratterebbe di dichiarazioni irrilevanti perché attinenti la sfera sessuale della vittima e, comunque, non veritiere perché non riferite nemmeno dallo stesso Sp. aggiungendo inoltre che "... che l'asserito rapporto a tre non riguardava in ogni modo Sp., da che ciò non è stato riferito né da @15.Ba.@ né da Sp." (cfr., pag. 69 della sentenza qui impugnata). Al contrario, risulta dagli atti prodotti dalla difesa del Ci. ai fini dell'autosufficienza del ricorso, che il @15.Ba.@ era stato assolutamente preciso nel riferire che la proposta di partecipare all'incontro sessuale gli era stata fatta proprio dallo Sp. e che alla guida dell'autovettura della To., con cui si erano recati nei pressi di un cimitero per consumare il rapporto, vi era proprio il coimputato. Altro profilo di "travisamento" che dovrà essere vagliato è quello denunziato dalla difesa dell'Ol. (cfr., pag. 17 del ricorso) in ordine alla affermazione della Corte d'appello, che vi ha attribuito valenza di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, secondo cui la To. avrebbe confidato al Ba. delle violenze subite già in epoca lontana dalla denuncia; ma è proprio il contenuto delle sit rese dal Ba. in data 2.11.2019, riportate testualmente nella sentenza (cfr., la nota n. 24 di pag. 75) a smentire l'affermazione dei giudici bolognesi avendo il teste affermato che "... la stessa mi aveva altresì riferito di aver subito violenza sessuale senza specificare i dettagli di detta violenza, solo in luglio 2019, allorquando è stata convocata in caserma dal comandante dei Carabinieri di Sant'Agata Bolognese ..."). Ed è ancora alla luce della riconsiderazione dei profili di illogicità e contraddittorietà sopra evidenziati che dovranno essere ripercorse le circostanze che le difese hanno evidenziato a supporto della ricostruzione alternativa della vicenda. In particolare, il riferimento è alle dichiarazioni del teste Ak.La. ovvero ai profili di apparente incongruità della condotta della persona offesa quanto ai rapporti con la madre e la fidanzata dello Sp., all'episodio del tatuaggio ovvero, ancora, alla risposta della To. agli auguri inviati dall'imputato per la festa della donna. La Corte d'appello ha sostenuto, quanto al primo aspetto, che "... non è questa la sede per tentare di dare risposte psicologiche al nodus agendi della p.c., certo è però che la sua personalità non può essere motivo idoneo ad inficiare le sue dichiarazioni" (cfr., pag. 102 della sentenza); per il resto che "... tale accondiscendenza della p.c. si incastra perfettamente con il suo quadro personologico di soggetto debole che non è stata in grado di opporsi in alcun modo alle richieste di vario tipo che le venivano presentante/imposte da Sp. ..." (cfr., ivi, pag. 105) e, con riguardo al tatuaggio ma, anche, ai costosi regali elargiti all'imputato, che "... tutto rientra nella dinamica che ha visto la totale soggezione di To. alle voraci pretese di Sp. ..." (cfr., ancora, ivi, pag. 107); quanto all'ultimo aspetto, sostenendo - senza tuttavia dar conto della origine del dato conoscitivo - che il telefonino della persona offesa sarebbe stato "clonato" (cfr., ivi). Si tratta di aspetti su cui la Corte ha motivato in termini che andranno complessivamente riverificati alla luce della rivalutazione della complessiva attendibilità della persona offesa. 6. Gli altri motivi del ricorso dell'Ol. Le altre censure articolate nell'interesse dell'Ol. sono manifestamente infondate. 6.1 Con riguardo, infatti, al rilievo concernente la valutazione operata dalla Corte d'appello in ordine alla diagnosi di (in)capacità di intendere e di volere dell'imputato, rileva il collegio che la Corte d'appello ha congruamente ed esaustivamente richiamato le risultanze della perizia disposta in primo grado e le dichiarazioni rese dal perito confutando, inoltre, le considerazioni svolte dal consulente di parte e condiviso le conclusioni del primo giudice circa l'assenza, nel caso di specie, anche di meri disturbi della personalità (cfr., pag. 124 della sentenza). Ed è appena il caso di ribadire che il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente; conseguentemente, può ravvisarsi vizio di motivazione, denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen., solo qualora risulti che queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante ed inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali recepite dal giudice (cfr., così, ad esempio, Sez. 5, n. 18975 del 13/02/2017, Cadore, Rv. 269909 - 01; cfr., anche, Sez. 3, n. 17368 del 31/01/2019, Rv. 275945 - 01, in cui la Corte ha chiarito che il perito assume una posizione processuale diversa rispetto a quella del consulente di parte, chiamato a prestare la sua opera nel solo interesse di colui che lo ha nominato, senza assumere l'impegno di cui all'art. 226 cod. proc. pen., con la conseguenza che il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito, in difformità da quelle del consulente di parte, non è tenuto a fornire autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità delle seconde, dovendosi considerare sufficiente, al contrario, che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito, senza ignorare le argomentazioni del consulente). 6.2 Incensurabile è anche la motivazione con cui la Corte d'appello ha disatteso la sollecitazione difensiva diretta ad escludere la recidiva contestata e ritenuta dal primo giudice. Premesso e ribadito il principio per cui, in tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (cfr., così, da ultimo, Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, Sabbatini, Rv. 284878 - 01), i giudici di merito hanno congruamente osservato che i reati per i quali erano intervenute le precedenti condanne erano connotati da un tratto comune di violenza e che, peraltro, quelli del 2014 avevano comportato l'allontanamento dell'imputato dall'associazione carnascialesca di cui la To. era all'epoca presidente ed al cui interno i due si erano conosciuti e frequentati (cfr., pag. 127 della sentenza impugnata). 7. Gli altri motivi del ricorso dello Sp.. Anche le altre censure articolate nell'interesse dello Sp. sono manifestamente infondate. 7. Un tal senso deve concludersi per quanto riguarda il nono motivo, con cui la difesa denunzia violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla aggravante dell'uso dell'arma sul capo 6) della rubrica. La Corte d'appello (cfr., pagg. 118 - 119 della sentenza impugnata) ha infatti fondato la propria decisione su una serie convergente di elementi tra cui, in primo luogo, la circostanza, incontroversa, secondo cui era stato lo stesso Sp. ad ammettere di avere con sé la pistola e di averla mostrata alla bambina negando, tuttavia, di aver chiesto soldi alla To. circostanza, tuttavia, smentita dal tenore delle intercettazioni oltre che da quanto riferito sul punto sia dal Se. che dalla Ci. (cfr., ivi). La difesa insiste, nel ricorso, sulla "discrasia" tra le dichiarazioni del Se. (che aveva riferito di avere appreso dell'episodio nel dicembre del 2019) ed il contenuto delle telefonate con il Ba. (che sono del novembre), ma non riesce a superare il dato oggettivamente rilevante, sul piano probatorio, rappresentato dal contenuto di queste ultime conversazioni la parziale ammissione dello stesso Sp.. Nessun dubbio, in diritto, che l'efficacia intimidatoria di una pistola scacciacani - sia per la somiglianza con una vera arma da fuoco, sia per l'effetto sonoro prodotto - è tale da configurare, l'aggravante dell'uso dell'arma (cfr., Sez. 5, n. 31473 del 11/06/2007, D'Annunzio, Rv. 237577 - 01, che ha affermato tale principio in materia di violenza privata; Sez. 5, n. 12757 del 01/02/2023, D. Rv. 284295 - 01, che lo ha ribadito in materia di atti persecutori). 7.2 Manifestamente infondato è anche il decimo motivo del ricorso dello Sp., concernente l'aggravante della violenza contestata e ritenuta, da entrambi i giudici di merito, sul delitto di cui all'art. 4 della legge 75 del 1958, per il quale il ricorrente era stato condannato in primo ed in secondo grado ricorrendo, in questa sede, soltanto su questo specifico profilo. La Corte d'appello, infatti, ha congruamente ed esaustivamente motivato in fatto facendo riferimento alle dichiarazioni rese da Ro.Ba. (cfr., pag. 120 della sentenza impugnata) il quale aveva riferito sia sull'atteggiamento della persona offesa in occasione del loro primo incontro all'Hotel Maxim, sia delle confidenze ricevute dalla To. circa le condotte violente e minatorie dello Sp. che la picchiava dicendole che "... doveva fare la puttana per lui ..." e che "... la prossima volta si sarebbe portato dietro sua figlia ..." (cfr., ivi, ancora, pag. 120). 7.3 Il quinto motivo del ricorso è assorbito dall'accoglimento delle censure in punto di verifica della complessiva attendibilità della ricostruzione operata dalla persona offesa, dovendosi tuttavia rilevare che nel caso di specie la modifica della data del commesso reato (di cui al capo 5) non era intervenuta rispetto alla imputazione ma alla ricostruzione operata dal primo giudice. La censura difensiva, perciò, non attinge un profilo di nullità della sentenza ma, semmai, di complessiva tenuta della ricostruzione dell'episodio, operata dalla Corte d'appello sulla scorta di elementi differenti rispetto a quelli valorizzati dal primo giudice e che la difesa del Ci. era riuscita a contrastare tanto da indurre il PM a disporre un'attività di integrazione delle indagini di cui era stata chiesta l'acquisizione in secondo grado. Fermo restando, in ogni caso, che la modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del commesso reato, non costituisce modifica dell'imputazione, rilevante ex art. 516 cod. proc. pen., allorché non comporti alcuna significativa modifica della contestazione, la quale resti immutata nei suoi tratti essenziali, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell'imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 4175 del 07/10/2014, dep. 28/01/2015, Califano, Rv. 262844 - 01; Sez. 5, n. 48879 del 17/09/2018, L., Rv. 274159 - 02). 8. Le spese delle parti civili. L'annullamento con rinvio sui capi 2) e 5) impone di rimettere al giudice della fase rescissoria anche la decisione sulle spese della parte civile Si.To.. L'annullamento senza rinvio per il capo 7) impone, invece, il rigetto della richiesta di liquidazione delle spese avanzata per conto della parte civile Ba.Pa.. Quanto alla richiesta di liquidazione delle spese proposta nell'interesse di Luciana Ta. il collegio rileva che il capo di imputazione per il quale costei si era costituita parte civile (cfr., in particolare, il capo 10) non è stato oggetto del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Sp.An. in relazione al capo 7) improcedibile per tardività della querela, ed elimina la relativa pena di mesi 8 di reclusione. Revoca le statuizioni civili a favore di Pa.Ba.. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Ol.Al., di Sp.An. e di Ci.Ca. in relazione al capo 2) e nei confronti di Sp.An. e di Ci.Ca. in relazione al capo 5), con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Bologna per nuovo giudizio. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di Ol.Al. e di Sp.An.. Dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità di Sp.An. in relazione ai capi 4) e 6). Spese a favore della parte civile To.Si. al definitivo. Rigetta la richiesta di spese a favore delle parti civili Pa.Ba. e Ta.Lu.. Così deciso in Roma il 9 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2024.
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