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Violenza sessuale

Violenza sessuale: elementi applicazione attenuante minore gravità riduzione pena

Cassazione penale sez. III, 18/09/2020, n.35695

In tema di violenza sessuale, gli elementi di valutazione rilevanti ai fini dell'applicazione della circostanza attenuante della minore gravità del fatto ex art. 609-bis, ultimo comma, c.p. – costituiti dai mezzi, dalle modalità esecutive, dal grado di compressione della libertà sessuale subito dalla vittima, dalle condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età, dall'occasionalità o dalla reiterazione delle condotte, nonché dalla consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici – devono essere, altresì, utilizzati per la determinazione della misura della riduzione della pena nell'ambito dell'ampia forbice edittale prevista dalla norma.

Note

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 maggio 2019, la Corte d'appello di Firenze, giudicando sull'appello proposto dall'odierno ricorrente, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Pistoia lo aveva ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1, ritenuta la circostanza attenuante di cui all'art. 609 bis c.p., comma 3, in regime di prevalenza - condannandolo alla pena di anni tre di reclusione oltre alle pene accessorie di legge - per aver costretto una minore infraquattordicennne a subire atti sessuali, consistiti nella repentina palpazione del sedere.

2. Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore fiduciario, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con un primo motivo, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la violazione degli artt. 191,213,431 c.p.p. e art. 111 Cost. per essere stato illegittimamente utilizzato, nella informale ricognizione dibattimentale effettuata dai testimoni, il fascicolo fotografico predisposto in sede di indagini preliminari. Per evitare che l'atto d'indagine trovi ingresso in dibattimento - si osserva - la ricognizione andrebbe senz'altro effettuata nelle forme previste dagli artt. 213 c.p.p. e ss..

4. Con un secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 132,133 e 609 bis c.p., per aver la Corte d'appello confermato la pena determinata con la sentenza di primo grado. Ci si duole, in particolare, della misura della riduzione praticata per la circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 609 bis c.p., comma 3, che, alla luce di un miglior governo dei principi di cui all'art. 133 c.p., avrebbe dovuto essere applicata nella sua massima estensione, senza considerare soltanto l'intensità del dolo e l'insidiosità della condotta, ma tenendo anche conto del tipo di atto sessuale, della specie e quantità della violenza fisica impiegata, del grado di coartazione esercitato sulla vittima, dell'entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato.

5. Con un terzo motivo si deduce il vizio di motivazione, per aver la sentenza illogicamente ritenuto che l'intensità del dolo e l'insidiosità della condotta, valutati ai fini della determinazione della pena, fossero desumibili dalla repentinità del gesto compiuto in un momento in cui la persona offesa si trovava lontana dai familiari, ciò che invece deponeva, in assenza della prova di un "piano" organizzato dall'imputato, per la meno grave forma del dolo d'impeto.

6. Con quarto e ultimo motivo ci si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche, essendo stato ritenuto che non ci fossero elementi positivi in tal senso valorizzabili ed essendo stata data prevalenza ai risalenti precedenti penali, peraltro relativi a reati di diversa indole.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile poichè manifestamente infondato.

Nel lamentare l'omessa applicazione della disciplina della ricognizione, prevista dagli artt. 213 c.p.p. e ss., il ricorrente trascura la ontologica differenza esistente tra quest'ultimo accertamento, che costituisce mezzo di prova tipico, e l'identificazione attraverso i rilievi fotografici effettuata da parte dei testimoni in sede dibattimentale, che costituisce mezzo di prova atipico collocato nell'ambito della testimonianza.

La ricognizione, quale mezzo di prova tipizzato, permette la raccolta di un insieme di elementi descrittivi, relativi a cose o persone, che trovano unica fonte nella memoria del dichiarante, funzionali all'accertamento delle caratteristiche dell'oggetto della ricognizione. La peculiare funzione dello strumento che, nell'attingere dai ricordi del soggetto che vi è sottoposto, richiede la garanzia di una situazione di tranquillità, anche psicologica, giustifica una disciplina specifica che, tra l'altro, presenta la caratteristica di sottrarre il momento ricognitivo allo scontro dialettico delle parti.

Diversamente, nella testimonianza, in cui del pari si assiste ad un momento rievocativo del ricordo, questo emerge nell'ambito di una dinamica espositiva meno circoscritta e si inserisce in un racconto di fatti su cui le parti ed il giudice esercitano un controllo di attendibilità per il tramite del contraddittorio, che governa la fase dibattimentale. In tale contesto, dunque, l'individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicchè la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, Signorelli, Rv. 279437; Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, dep. 2019, Aouchini, Rv. 275548; Sez. 6, n. 6582 del 05/12/2007, dep. 2008, Major e aa., Rv. 239416). In particolare, l'individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell'esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale e reiterato il riconoscimento positivo, seppure in assenza delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, costituisce, in base al principio di non tassatività dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilità dipende dall'attendibilità del teste e della deposizione da questi resa (Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Prina e aa., Rv. 271041; Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Di Stefano, Rv. 262908). La pacifica utilizzabilità del riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è riconosciuta altresì nelle ipotesi in cui, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, il testimone confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, ma di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l'individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (Sez. 2, n. 20489 del 07/05/2019, EI Sirri, Rv. 275585; Sez. F, n. 43285 del 08/08/2019, Diana Espedito, Rv. 277471).

Sotto altro profilo, poi, non v'è violazione dell'art. 431 c.p.p. poichè non risulta - nè il ricorrente lo allega - che il verbale dell'individuazione fotografica sia stato acquisito, senza il consenso della difesa, al fascicolo per il dibattimento. Dalla sentenza e dal ricorso si evince soltanto che il fascicolo fotografico predisposto nella fase delle indagini preliminari è stato sottoposto ai testimoni e, probabilmente, poi acquisito agli atti del processo. Quand'anche ciò fosse avvenuto, tuttavia, si sarebbe trattato dell'acquisizione di documenti sempre consentita - e non già dell'acquisizione di un atto di indagine, essendo, anzi, la stessa funzionale a consentire al giudicante di apprezzare compiutamente l'affidabilità del risultato probatorio, verificando in particolare il numero e la qualità delle fotografie sottoposte al dichiarante e le caratteristiche fisionomiche sia della persona riconosciuta che delle altre (Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Cena e a., Rv. 270181; Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Barone e aa., Rv. 261247).

2. Il secondo ed il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

2.1. E' ben vero che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e a., Rv. 271243). La misura della diminuzione della pena per ciascuna delle circostanze attenuanti applicate, infatti, costituisce l'oggetto di una tipica facoltà discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere al relativo obbligo di motivazione, non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).

2.2. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte territoriale, a fronte di uno specifico motivo di gravame con cui si richiedeva che la gravità del reato - quale criterio che, in via generale, per gli artt. 132 e 133 c.p., vale a guidare la discrezionalità del giudice nella graduazione della pena - fosse parametrata in base ai criteri individuati dalla giurisprudenza per riconoscere l'attenuante speciale del fatto di minore gravità, ha confermato la misura della riduzione in termini di poco superiori alla metà della forbice consentita, facendo leva sulla insidiosità della condotta e sulla intensità del dolo, vale a dire su parametri rispettivamente riconducibili all'art. 133 c.p., comma 1, nn. 1) e 3), nella specie ritenuti idonei a connotare negativamente pure il giudizio sulla capacità a delinquere.

Anche a voler prescindere dal riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., comma 2, - che, secondo il maggioritario orientamento di questa Corte, ai fini del particolare giudizio discrezionale che il giudice di merito deve effettuare con riguardo all'applicazione della circostanza attenuante speciale in parola, poco o nulla rilevano (cfr. Sez. 3, n. 14560 del 17/10/2017, dep. 2018, B, Rv. 272584; Sez. 3, n. 42439 del 05/05/2016, F., Rv. 267903; Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014, C., Rv. 260289) - la valutazione contenuta nella sentenza impugnata ha trascurato i principali criteri, elaborati da una consolidata giurisprudenza, che debbono guidare la discrezionalità del giudice nel fare applicazione dell'art. 609 bis c.p., comma 3. Reputa il Collegio che tali criteri, i quali concretizzano, con particolare riguardo alla circostanza attenuante speciale in esame, il potere discrezionale riconosciuto dall'art. 132 c.p., debbano essere utilizzati non solo per valutare se il fatto sia di minore gravità, ma anche per fissare la misura della riduzione della pena nell'ambito dell'ampia forbice edittale che la disposizione prevede.

Com'è noto, gli elementi che, nell'ambito di una valutazione globale del fatto, questa Corte ha ritenuto particolarmente significativi per discriminare la gravità dell'offesa nel reato di violenza sessuale sono - anche al di là della tipologia di atto sessuale compiuto (cfr. Sez. 3, n. 39445 del 01/07/2014, S., Rv. 260501), che, tuttavia, certamente costituisce un oggettivo parametro idoneo a lumeggiare molti degli altri (cfr. Sez. 3, n. 965 del 26/11/2014, dep. 2015, N. e a., Rv. 261635) i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età (cfr. Sez. 4, n. 16122 del 12/10/2016, L., Rv. 269600; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, K., Rv. 263821; Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015, G., Rv. 263516), l'occasionalità o la reiterazione delle condotte nei riguardi del medesimo soggetto passivo (Sez. 3, n. 13729 del 22/11/2018, dep. 2019, C., Rv. 275188; Sez. 3, n. 4960 del 11/10/2018, dep. 2019, S. Rv. 275693). Tutti questi elementi vanno in particolare analizzati nell'ottica del principale giudizio che dev'essere al proposito compiuto, quello volto ad accertare il grado di compressione della libertà sessuale così come il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sez. 3, n. 6502 del 24/05/2019, dep. 2020, C., Rv. 278543; Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, L., Rv. 277615; Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015, G., Rv. 263516; Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, C., Rv. 259196).

Nel caso di specie, nello scrutinare il motivo d'appello con cui si chiedeva una maggiore riduzione della pena in forza della riconosciuta circostanza attenuante speciale, è mancato proprio tale ultimo, qualificante, giudizio, non essendo stata in alcun modo considerata la gravità del danno cagionato alla persona offesa, con conseguente violazione dell'art. 132 c.p. e art. 133 c.p., comma 1, n. 2). Per contro, è stato illogicamente dato rilievo negativo ad un elemento, la repentinità del gesto di palpazione del gluteo, che, se indubbiamente vale ad integrare la natura violenta dell'occasionale atto sessuale, certo non lo qualifica in termini di marcata gravità alla luce dei criteri più sopra riportati.

La sentenza va pertanto sul punto annullata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, che si atterrà ai principi più sopra formulati.

3. L'ultimo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Ed invero, i giudici d'appello, nel negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, considerando anche l'esistenza di plurimi precedenti penali, hanno ritenuto dirimente la dichiarazione che l'imputato ebbe a fare alla teste M. negli istanti immediatamente successivi ai fatti quando, come spiegazione dell'accaduto, disse che "voleva sapere se i meloni erano maturi", ciò che è stato logicamente ritenuto indice di insensibilità del disvalore della condotta e di assenza di minima resipiscenza.

Si tratta di una valutazione discrezionale che in questa sede non può essere censurata, giusta il consolidato principio secondo cui, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purchè sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).

Del resto, gli elementi di favorevole valutazione addotti dall'appellante - e nuovamente indicati in ricorso - rilevano ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante speciale della minor gravità del fatto, mentre per la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche occorre guardare a tutti i parametri indicati nell'art. 133 c.p., compresi quelli indicati nel comma 2 predetto articolo (Sez. 3, n. 42439 del 05/05/2016, F., Rv. 267903), ciò che nella specie è stato fatto con valutazione qui non sindacabile.

PQM
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio16daTtra sezione della Corte di appello di Firenze relativamente alla misura di riduzione della pena conseguente alla circostanza attenuante di cui all'art. 609 bis c.p., u.c..

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

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