RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28 febbraio 2022, la Corte d'appello di Roma ha rigettato l'appello proposto dall'imputato P.M., confermando la sentenza di condanna del Tribunale di Roma, alla pena di anni otto di reclusione, per i reati contestati in imputazione, di cui ai capi A) art. 61 c.p., n. 5, art. 609 bis c.p., art. 609 octies c.p., commi 1 e 2, B) art. 61 c.p., n. 5, art. 609 bis c.p., art. 609 octies c.p., commi 1 e 2, C) art. 61 c.p., n. 5, art. 609 bis c.p., art. 609 octies c.p., commi 1 e 2, F) artt. 81 cpv e 110 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 5, art. 337 c.p. e I) artt. 81 cpv e 110 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 5, art. 336 c.p., pena cui il giudice di primo grado addiveniva, previo riconoscimento del vincolo della continuazione e concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante di cui all'art. 61, n. 5, muovendo da una pena base di anni 6 di reclusione, in relazione al reato ritenuto più grave di cui al capo B), aumentati ex art. 81 cpv c.p. di un anno di reclusione per il reato di cui al capo A), di mesi 8 di reclusione per il reato di cui al capo C) e di due mesi di reclusione per ciascuno dei reati di cui ai capi F) ed I). L'imputato veniva condannato, altresì, alle pene accessorie di cui agli artt. 29,32 e 609 nonies c.p. nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, liquidato in via equitativa in Euro 20.000,00.
1.1. Più in particolare, il giudice di secondo grado ha confermato l'affermazione della responsabilità dell'imputato, quale compartecipe unitamente a D.L.L., giudicato separatamente, in relazione ai contestati reati di violenza sessuale di gruppo di cui ai capi A), B) e C), ai danni di tre prostitute, rispettivamente, S.E.D. (capo A), B.C.M. (capo B) e N.M.V. (capo C), quest'ultima costituitasi parte civile. Segnatamente, secondo la ricostruzione fattuale operata dai giudici del merito, non qui rivisitabile, in base alle dichiarazioni rese dalle parti offese, confortate da riscontri esterni, il D.L. e il P. giungevano su viale (Omissis) a bordo della medesima autovettura, guidata dal D.L., ed avvicinavano la S. e la B. che si trovavano a bordo della strada. Dall'interno della macchina il P. palpeggiava la B. che si allontanava infastidita, dopodiché egli scendeva dall'auto ed afferrava la S., la spingeva con forza all'interno dell'auto, chiudendola dentro e parandosi di fronte alla portiera, e le intimava di avere un rapporto sessuale con il suo amico. Subito dopo il P. afferrava la B. e la trascinava con forza dietro i cespugli, costringendola a consumare un rapporto sessuale, mentre il D.L. e la S., usciti dall'auto, si dirigevano dietro i medesimi cespugli dove la S. veniva costretta ad avere un rapporto sessuale con il D.L. per paura per la propria incolumità e per quella della sua amica, Successivamente le due prostitute scappavano via insieme dai cespugli, chiamando la polizia che giungeva sul luogo appena in tempo per trarre in salvo una terza prostituta, la N., la quale, raggiunta dal D.L., veniva sbattuta contro una macchina parcheggiata e costretta ad aprire le gambe, mentre il D.L. le toccava le parti intime, si abbassava i pantaloni e le alzava la gonna e le mutande, tentando una penetrazione, ed il P. guardava la scena appoggiato all'auto, ridendo ed incitando l'amico.
In diritto, il giudice d'appello ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica di tali condotte ex art. 609 octies c.p. e non quale mero concorso nel reato di cui all'art. 609 bis c.p., in ragione del ruolo attivo rivestito dall'imputato "non già solo con riferimento ai fatti di cui al capo B), di cui egli fu autore materiale, commettendoli alla presenza del D.L., ma altresì con riferimento ai fatti contestati ai capi A) e C) dell'imputazione, avendo offerto un tutt'altro che marginale contributo causale alla riuscita delle azioni delittuose, poste in essere dall'esecutore materiale delle violenze sessuali D.L." (pag. 12). Argomentano i giudici del merito come il ricorrente risultasse "presente alla violenza sessuale dal D.L. perpetrata ai danni della S. tra i cespugli, ove egli stesso perpetrava, a sua volta, violenza sessuale ai danni della B. - risultando la contestuale presenza dei suddetti percepita distintamente da ciascuna delle parti lese, derivandone una maggiore forza intimidatrice in ragione della quale le stesse, pur non consenzienti, decidevano di subire i rapporti sessuali loro imposti per timore di mali peggiori" (pag. 12). In relazione al reato di cui al capo C), la Corte d'appello evidenzia come il P., "lungi dall'essere mero spettatore dell'azione delittuosa, appoggiato sulla macchina, si godeva lo spettacolo, ridendo, divertito, incitando il suo amico D.L. e deridendo la donna, condotta, la predetta, certamente integrante contributo causale di carattere morale, perché volto a rafforzare il proposito criminoso del complice" (pagg. 11-12).
Il giudice di appello ha rigettato, inoltre, la richiesta di applicazione della speciale attenuante ex art. 609 octies c.p., comma 4, in quanto ha escluso che il contributo del ricorrente potesse essere considerato di minima importanza, atteso che l'attenuante de qua può essere riconosciuta solo allorquando il contributo sia stato di "minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa, sicché non è sufficiente, per la sua configurabilità, la minore efficienza causale del correo rispetto a quella degli altri, ma è necessaria la "minima" efficienza causale dell'attività compiuta" (pag. 12).
Parimenti, la Corte territoriale ha respinto le doglianze relative ai reati di cui ai capi F) ed I) dell'imputazione, statuendo, innanzitutto, l'irrilevanza dell'idoneità o meno delle condotte violente e minacciose a frustrare l'attività della polizia giudiziaria ai fini dell'integrazione dei suddetti reati, e specificando, da un lato, che il mero atto di divincolarsi risultava sufficiente ad integrare il requisito della violenza di cui all'art. 337 c.p., quando tale atto non costituisca "una reazione spontanea ed istintiva al compimento dell'atto del pubblico ufficiale, ma un vero e proprio impiego di forza, diretto a neutralizzarne l'azione" (pag. 13), dall'altro lato, con riferimento al reato di cui all'art. 336 c.p., che le frasi minacciose furono rivolte da entrambi i correi nei confronti degli operanti, come emerge dalle risultanze probatorie in atti.
Quanto al trattamento sanzionatorio, il giudice di appello ripercorre il ragionamento del giudice di primo grado e ritiene la pena irrogata equa e proporzionata alla gravità dei fatti, oltre che correttamente determinata, nel rispetto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., e non suscettibile di ulteriori riduzioni.
2. Avverso tale sentenza l'imputato, per il tramite degli Avv. C. B., ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la difesa deduce la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione alla ritenuta sussistenza degli elementi necessari ai fini della "partecipazione" punibile ex art. 609 octies c.p. con riguardo ai capi A) e B) dell'imputazione.
Secondo la difesa, con specifico riferimento al dato fattuale della "compresenza", quale elemento essenziale ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 609 octies c.p., tanto il giudice di primo grado quanto il giudice di appello sarebbero incorsi nel vizio di travisamento della prova. Più in particolare, secondo la difesa, dalla ricostruzione fattuale operata da entrambi i giudici di merito si evincerebbe che le due violenze sessuali di cui ai capi A) e B) dell'imputazione, perpetrate dal D.L. e dal P. ai danni, rispettivamente, della S. e della B., si siano consumate in due luoghi diversi, ancorché vicini, che non consentivano la percezione visiva diretta della condotta del correo: di talché, non trattandosi di una compresenza "percepibile" ed in questi termini effettiva, conclude la difesa, questa non potrebbe ritenersi sussistente.
In buona sostanza, la reciproca consapevolezza delle vittime in ordine al fatto che nel medesimo luogo stava avvenendo un'altra violenza sessuale, non potrebbe assurgere ad elemento caratterizzante la "partecipazione" ai fini della violenza sessuale di gruppo, in quanto - in assenza di una percezione visiva diretta - non si sarebbe manifestato quel particolare riverbero nello stato psicologico della vittima che costituisce elemento di coazione di maggiore significatività offensiva, tale da giustificare l'irrogazione di una sanzione maggiormente afflittiva. In definitiva, ad avviso del ricorrente, ai fini dell'integrazione del reato di violenza sessuale di gruppo, non sarebbe sufficiente la mera contiguità fisica delle condotte violente poste in essere dai compartecipi, essendo invece necessaria una compresenza "effettiva" e percepibile che risulterebbe esclusa ogniqualvolta vi sia carenza di percezione visiva e sensoriale da parte e dei soggetti agenti e delle vittime.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa deduce il vizio di travisamento della prova e conseguente erronea applicazione dell'art. 609 octies c.p., ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con riguardo all'accertamento della partecipazione necessaria ad integrare il reato di cui al capo C) dell'imputazione.
Più in particolare, secondo il ricorrente, con riferimento alla violenza sessuale perpetrata dal D.L. ai danni della N., il ruolo dell'odierno imputato non potrebbe che configurarsi in termini di mero spettatore, seppure compiacente, come tale, dunque, inidoneo ad integrare la partecipazione di cui all'art. 609 octies c.p..
Invero, non vi sarebbe stato alcun incitamento da parte del P., come invece hanno sostenuto i giudici del merito, incorrendo dunque nel vizio di travisamento della prova. Il compendio probatorio, epurato di tale travisamento, non consentirebbe dunque di affermare che il P. fosse qualcosa di più di un mero spettatore, seppure divertito e compiacente, come tale, pertanto, non punibile quale compartecipe ex art. 609 octies c.p.. Ciò risulterebbe confermato anche dalle dichiarazioni della persona offesa del reato la quale avrebbe escluso qualsiasi contributo del P. ed avrebbe riferito la condotta al solo D.L..
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con riguardo alle residue imputazioni di cui ai capi F) ed I).
Ad avviso del ricorrente, entrambi i giudici di merito sarebbero incorsi in un travisamento delle risultanze probatorie, laddove - sulla base delle deposizioni rese in dibattimento - risulterebbe che soltanto il D.L. avesse rivolto frasi ingiuriose e minacciose agli operanti e non anche l'odierno imputato, il quale si sarebbe limitato a darsi alla fuga, spintonando uno degli operanti che peraltro non si era ancora palesato quale appartenente alle forze di polizia ed era stato quindi identificato dal P. quale protettore delle prostitute.
Sul punto, il ricorrente evidenzia come lo stesso D.L. avrebbe lealmente ammesso di aver realizzato in assoluta autonomia le condotte di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.
2.4. Infine, con il quarto motivo, la difesa deduce, in punto di trattamento sanzionatorio, l'erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'art. 606 c.p., comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 81, 114 e 133 c.p.p. e art. 609 octies c.p.p., comma 4.
In primo luogo, la difesa evidenzia la contraddizione della motivazione in relazione alla valutazione dei precedenti del P. in quanto, da un lato, il giudice del primo grado avrebbe valutato positivamente lo stato di incensuratezza dell'imputato ai fini del riconoscimento delle generiche, dall'altro lato, il giudice d'appello avrebbe invece riferito di una recidiva infraquinquennale che il Tribunale avrebbe escluso ritenendola insussistente.
Inoltre, il ricorrente lamenta la mancata valorizzazione del contributo minimo imputabile al P. con riferimento ai reati di cui ai capi A) e C), nonché ai successivi capi F) ed I), che avrebbe legittimato l'applicazione delle diminuenti, rispettivamente, di cui all'art. 609 octies c.p., comma 4, e art. 114 c.p. Secondo la difesa, tali valutazioni avrebbero potuto incidere favorevolmente anche sulla disciplina della continuazione.
3. Il Procuratore Generale in udienza ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso appare, in parte, inammissibile in quanto attraverso la deduzione del vizio di travisamento della prova di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), si è inteso in realtà chiedere una diversa valutazione del fatto, preclusa in questa sede. Sul punto, tra l'altro, già in sede di appello si constatava come l'appellante, a ben vedere, non contestasse la ricostruzione dei fatti, ma deducesse soltanto l'impossibilità di sussumere la condotta dell'imputato sotto la fattispecie di cui all'art. 609 octies c.p. (cfr. sentenza d'appello, pag. 11).
4.1. Sotto altro profilo, il motivo di ricorso risulta infondato.
La tesi difensiva secondo cui la carenza di percezione visiva e sensoriale farebbe venir meno l'elemento della "compresenza", non risultando così integrato il reato di violenza sessuale di gruppo, non è corretta alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità.
Sul punto il costante indirizzo interpretativo di Questa corte afferma che, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 609 octies c.p. non occorre che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche nel senso del rafforzamento della volontà criminosa dell'autore dei comportamenti tipici di cui all'art. 609-bis c.p. (Sez. 3, n. 16037 del 20/02/2018, Rv. 272699 - 01) e, più in particolare, che la commissione di atti di violenza sessuale di gruppo si distingue dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale, perché non è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, l'accordo della volontà dei compartecipi, ma è necessaria la contemporanea ed effettiva presenza dei correi nel luogo e nel momento della consumazione del reato, in un rapporto causale inequivocabile (Sez. 3, n. 44835 del 06/02/2018, Rv. 274325 - 01). Quanto al requisito della compresenza sul luogo si è affermato che ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo previsto dall'art. 609-octies c.p., non è necessario che l'atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, atteso che esso può essere commesso a turno ovvero da uno solo dei responsabili, purché alla presenza di tutte le persone, elemento quest'ultimo idoneo a eliminare o a ridurre la forza di reazione della vittima (Sez. 3, n. 40121 del 23/05/2012, Rv. 253674 - 01). Sul punto, si è ulteriormente precisato che il reato di violenza sessuale di gruppo "può essere commesso a turno ovvero da uno solo dei responsabili, purché alla presenza di tutte le persone, elemento quest'ultimo idoneo a eliminare o a ridurre la forza di reazione della vittima" (Sez. 3, n. 40121 del 23 maggio 2012, dep. 11 ottobre 2012, Rv. 253674 - 01). La maggiore severità del trattamento sanzionatorio che distingue tale fattispecie dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale, risiede nel maggiore disvalore rispetto al reato di cui all'art. 609 bis c.p. derivante dalla presenza di più persone riunite che partecipano a vario titolo agli atti sessuali di cui al 609 bis c.p., esercitando una coazione maggiore sulla vittima, derivante dalla compresenza, volta ad eliminarne o a ridurne la forza di reazione.
4.2. Ebbene, nel caso di specie, tale maggiore forza intimidatrice che contraddistingue il reato contestato, è ravvisabile nei fatti descritti dalle persone offese, e segnatamente, con riguardo alla fattispecie di cui al capo B), ovvero la violenza sessuale di gruppo perpetrata dall'imputato P., ai danni della B., alla presenza del D.L. (non si pone la questione con riguardo alla violenza sessuale di gruppo di cui al capo A) poiché il P. ha posto in essere anche un segmento di condotta materiale). Tale conclusione non è contraddetta, secondo la tesi difensiva, solo perché vi e', nell'arco dell'intera condotta delittuosa, un unico segmento temporale in cui risulta carente la percezione visiva diretta del correo D.L. impegnato a sua volta nel commettere altra violenza sessuale nei confronti di un'altra persona offesa. Tale carenza di percezione visiva, relativa ad un frangente temporale circoscritto, non è idonea ad incidere sull'effettività della compresenza, atteso che, nel caso in esame, secondo la ricostruzione fattuale non qui rivisitabile (vedi supra par. 1.1.), i due aggressori giungevano insieme sul luogo del fatto all'interno della stessa macchina ed insieme avvicinavano le prostitute, le quali dunque percepivano gli stessi sin dall'inizio come un "duo". Invero, la B. veniva palpeggiata dal P. mentre quest'ultimo si trovava ancora all'interno dell'autovettura, il quale subito dopo scendeva ed afferrava la S., spingendola con forza all'interno dell'auto ed intimandole di "scopare" con il suo amico; dopodiché, si dirigeva nuovamente verso la B., trascinandola con forza dietro ai cespugli e costringendola a compiere atti sessuali, mentre il D.L. perpetrava la violenza sessuale ai danni della S. dietro ai medesimi cespugli.
Come si può evincere dalla dinamica dei fatti, non vi è soluzione di continuità tra le condotte di violenza poste in essere; pertanto, il fatto che la parte conclusiva della violenza sessuale perpetrata ai danni delle due vittime sia avvenuta in un contesto tale per cui risultava preclusa la percezione visiva diretta della condotta del correo, non fa venir meno la "compresenza" sul luogo del fatto dei due correi, risultando dunque corretta la qualificazione giuridica operata dai giudici del merito ai sensi dell'art. 609 octies c.p..
5. Quanto ai residui motivi, il ricorso appare inammissibile.
Le censure proposte dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso, in relazione al reato di cui al capo C), risultano precluse in sede di legittimità in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto.
Il motivo risulta, altresì, viziato da genericità estrinseca in quanto il ricorrente manca di confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata laddove il giudice d'appello qualifica la condotta tenuta dall'imputato in termini di "contributo causale di carattere morale, perché volto a rafforzare il proposito criminoso del complice", evidenziando come il P. si collocasse "in una posizione di osservazione utile ad intimidire la vittima, (...) allo scopo di prostrare la contraria volontà della parte lesa ed ogni efficace tentativo di fuga" (pag. 12).
A fronte di tale argomentazione il ricorrente non si confronta appieno, limitandosi ad allegare la "mera" presenza sul luogo là dove, invece, la sentenza impugnata ha messo in evidenza altri aspetti della condotta tenuta dal P. (derideva la vittima e incitava l'autore materiale del fatto) non qui contestati.
Tale valutazione della Corte territoriale risulta confortata dalla giurisprudenza di questa Corte in merito al "contributo causale" rilevante ex art. 609 octies, ai sensi della quale, ai fini dell'integrazione del suddetto reato, "non occorre che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche nel senso del rafforzamento della volontà criminosa dell'autore dei comportamenti tipici di cui all'art. 609 bis" (Sez. 3, n. 16037 del 20/02/2018, Rv. 272699-01).
6. Parimenti, anche in relazione ai reati di cui ai capi F) ed I), le censure mosse dal ricorrente, nel terzo motivo di ricorso, riguardando valutazioni in fatto, sono precluse in questa sede. Inoltre, il giudice di appello motiva ampiamente sul punto, senza esporsi ad eventuali censure di ordine logico.
Quanto al reato di cui al capo F), la condotta del P. che, a seguito di un primo tentativo di fuga, impedito dal Sovr. B. che gli sbarrava la strada, torna indietro per dare manforte al correo e spintona violentemente l'Operante per sottrarsi alla sua presa, per poi darsi nuovamente alla fuga rimanendo investito da una vettura in transito, non risulta "espressione di un mero istinto, quanto, piuttosto, di un ragionato e reiterato impiego di forza da parte dell'imputato" (pag. 13), come tale idoneo ad integrare il reato di cui all'art. 337 c.p..
Per quanto riguarda invece il reato di cui all'art. 336 c.p., la Corte territoriale evidenzia come dal verbale di arresto emerga chiaramente che "le frasi minacciose furono rivolte da entrambi i correi all'indirizzo degli Operanti, (...) al fine di fare desistere gli Agenti della P.S. dai propri doveri istituzionali, conseguendone la piena compartecipazione da parte del P. nel reato contestatogli in concorso sub I)" (pag. 13).
7. Infine, il ricorso è inammissibile anche in relazione al quarto motivo di ricorso in quanto viziato da genericità intrinseca.
Le censure mosse dal ricorrente in punto di trattamento sanzionatorio non risultano sufficientemente argomentate in quanto il ricorrente non adduce alcun elemento in base al quale il giudice d'appello avrebbe dovuto riconoscere le attenuanti di cui all'art. 609 octies c.p., comma 4, e art. 114 c.p..
Quanto alla speciale attenuante di cui all'art. 609 octies c.p., comma 4, il motivo di ricorso risulta viziato, altresì, da genericità estrinseca laddove il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata. Il giudice d'appello, conformemente alla giurisprudenza di legittimità che ritiene necessaria la sussistenza della minima efficienza causale dell'attività compiuta e non già solo della minore efficienza causale del correo rispetto a quella degli altri (Sez. 3, n. 38616, del 10/04/2017, Rv. 270993 - 01), ha escluso la configurabilità di detta attenuante in relazione ai reati di cui ai capi A), B) e C), ritenendo che l'imputato abbia rivestito "un significativo ruolo attivo nei tre episodi delittuosi (...) determinando una maggiore intimidazione delle parti lese, così neutralizzando ogni possibile forma di reazione" (pag. 12).
Quanto all'attenuante di cui all'art. 114 c.p., dal non contestato riepilogo dei motivi di appello non risulta che il ricorrente l'avesse effettivamente devoluta.
Deve rammentarsi che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se l'atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l'atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch'esso già denunciato le medesime violazioni di legge (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Ciccarelli, Rv. 270627 - 01; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, Carrieri, Rv. 259066 - 01).
Infine, il riferimento alla "recidiva" e', all'evidenza, un refuso del giudice dell'impugnazione che ha confermato la sentenza di primo grado, anche in punto di pena, che aveva riconosciuto al P. le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla circostanza aggravante del reato di violenza sessuale di gruppo.
8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
L'imputato deve anche essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile N.M.V., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendone il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendone il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2023