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Reati contro la persona

Violenza sessuale: sul tentativo in caso di assenza di contatto fisico con la vittima

Violenza sessuale: sul tentativo in caso di assenza di contatto fisico con la vittima

Cassazione penale sez. V, 29/05/2019, n.39044

In tema di tentativo di violenza sessuale, in assenza del contatto fisico dell'imputato con la persona offesa, la prova della finalità di soddisfacimento dell'impulso sessuale può essere desunta da elementi esterni alla condotta tipica. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna che aveva attribuito rilievo al rinvenimento, nel "personal computer" dell'imputato, di alcuni video riproducenti pratiche sessuali compatibili con la scena che lo stesso aveva cominciato a ricreare con le vittime minorenni, prima dell'involontaria interruzione dell'"iter criminis").

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 06.02.2018 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Roma che, all'esito del giudizio abbreviato condizionato all'esame dell'imputato, aveva affermato la responsabilità penale di M.G. per i reati di tentata violenza sessuale ai danni della minore D.P.M. (capo A) e di sequestro di persona delle minori D.P.M. e F. (capo B), assolvendolo dal reato di tentata violenza sessuale ai danni di D.P.F.. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di M.G., Avv. M., deducendo tre motivi di ricorso. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli elementi costitutivi del reato di violenza sessuale: sostiene il ricorrente che manchi la finalità di soddisfacimento dell'impulso sessuale dell'agente e la stessa compromissione della sfera sessuale della persona offesa; quanto al primo elemento, esso sarebbe stato affermato sulla base di un salto logico, fondato sulle dichiarazioni del M. in merito ai cd e dvd contenenti materiale di natura sessuale con donne adulte consenzienti; sulla base di tali dichiarazioni la Corte avrebbe collegato il gioco cui avevano preso parte le minori (nel quale veniva posto un fazzoletto davanti alla bocca della piccola M.) con alcune fotografie ritraenti donne che venivano narcotizzate; ma non esiste alcun legame tra il racconto delle minori e le foto sequestrate; del resto, il gesto di narcotizzare non possiede di per sè alcuna valenza sessuale. Con riferimento alla compromissione della sfera sessuale, lamenta che l'imputato non avrebbe posto in essere comportamenti con valenza sessuale, essendosi limitato a far sedere F. in una stanza, e M. sul letto, avvicinandole sulla bocca un fazzoletto, e sollecitandola a far finta di svenire; le stessi minori non hanno percepito alcun tipo di pressione a sfondo libidinoso. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al tentativo di violenza sessuale: lamenta che mancherebbero i requisiti della idoneità ed univocità degli atti, in quanto l'imputato si sarebbe limitato ad introdurre due minori nella propria abitazione, senza alludere ad alcuna intenzione sessuale, e senza porre in essere neppure atti preparatori; la direzione teleologica degli atti non è stata accertata, e comunque il materiale erotico rinvenuto nell'abitazione riguardava donne adulte e consenzienti. In ogni caso, lamenta il mancato riconoscimento della desistenza, in quanto la mera telefonata ricevuta da una delle due minori non può essere considerata causa esterna tale da escludere la volontarietà della condotta di far andare via le minori. 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di sequestro di persona, in quanto non vi è stato alcun ostacolo alla libertà di movimento delle minori, che erano munite di telefono cellulare rimasto nella loro disponibilità, ed il tempo trascorso, di circa un minuto, non è stato apprezzabile, ma decisamente irrisorio. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è nel suo complesso infondato. 2. Secondo l'accertamento dei giudici di merito, le due sorelle D.P.M. e F. (di 11 e 9 anni all'epoca dei fatti), mentre stavano tornando a casa dopo aver giocato nel cortile, incontravano un uomo che, dopo averle rivolto dei complimenti, ed averle invitate a vedere un acquario che aveva acquistato (ricevendone un diniego), una volta in ascensore aveva premuto un piano diverso (il 7) da quello dove abitavano (il 6), le aveva costrette ad uscire dall'ascensore, spingendole con la forza, e le aveva fatte entrare nella propria abitazione, dicendo che le avrebbe fatte uscire solo se avessero giocato con lui a "Diabolik"; una volta in casa, aveva fatto sedere la più piccola, F., in una stanza, dicendole di non muoversi, ed aveva condotto M. sul letto, le aveva premuto un fazzoletto sul naso e sulla bocca, e le aveva intimato di far finta di svenire, nonostante le resistenze della minore, che riusciva a liberarsi ed a svincolarsi; in quel frangente era squillato il cellulare della bambina, che aveva detto che la madre le cercava, ed aveva convinto l'uomo, che le aveva accompagnate velocemente all'uscita raccomando di non dire niente, a farle uscire. All'esito della perquisizione, peraltro, venivano rinvenuti supporti e video all'interno del computer dell'odierno ricorrente a contenuto erotico, che ritraevano pratiche in cui l'uomo narcotizzava la vittima mettendole un fazzoletto sulla bocca per approfittarne sessualmente. 3. Tanto premesso quanto alla ricostruzione dei fatti, i primi due motivi, che meritano una valutazione congiunta, per la sovrapponibilità delle questioni, oltre ad essere inammissibili nella parte in cui sollecitano una non consentita rivalutazione del merito, mediante una lettura alternativa del compendio probatorio, sono infondati. 3.1. Invero, la finalità di soddisfacimento sessuale connotante gli atti posti in essere dall'imputato è stata tratta, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità, e dunque insindacabile in sede di legittimità, dal rinvenimento dei video a contenuto erotico nel PC del M., che ritraevano proprio la stessa scena che l'uomo aveva imposto alla minore M., costituendo veri e propri tentativi di stupro, nonchè dalle dichiarazioni rese dall'imputato, che aveva ammesso di avere in passato intrattenuto simili pratiche con donne adulte e consenzienti. Da tali elementi, invero, è stata desunta l'inclinazione dell'imputato ad associare sesso e pratiche di violenza e sopraffazione sulla donna, che conferma la valenza strettamente erotica della condotta imposta alla minore. 3.2. La deduzione con cui si sostiene che non vi sarebbe stata alcuna compromissione della sfera sessuale della minore è manifestamente infondata, in quanto il delitto è stato contestato ed accertato nella forma del tentativo; chè se vi fosse stata compromissione della sfera sessuale, evidentemente, sarebbe stata integrata la fattispecie consumata del delitto di violenza sessuale. 3.3. Quanto alle doglianze concernenti la pretesa inidoneità degli atti ad integrare il tentativo, va rammentato, al riguardo, che è configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell'idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale (Sez. 3, n. 45698 del 26/10/2011, T., Rv. 251612); in tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del reato, previsto dall'art. 609 bis c.p., in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poichè l'agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest'ultima con le proprie parti intime (Sez. 3, n. 17414 del 18/02/2016, F, Rv. 266900); ancora, il tentativo è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell'agente (Sez. 3, n. 4674 del 22/10/2014, dep. 2015, S, Rv. 262472). Nel caso in esame, pur non avendo la condotta violenta determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, non avendo l'agente raggiunto il contatto con le zone intime proprie e/o della minore, è indubbio che l'imputato abbia posto in essere una frazione dell'azione criminosa (gli "atti idonei") finalizzata a costringere la bambina a subire atti sessuali, come quelli ritratti nei video erotici rinvenuti al M., e rivendicati quali pratiche in passato intrattenute con donne adulte. 3.4. La doglianza con cui si sostiene la sussistenza di un'ipotesi di desistenza, oltre ad essere inammissibile, in quanto motivo nuovo, non dedotto con l'atto di appello, è manifestamente infondata, in quanto l'imputato risulta aver lasciato andare via le minori soltanto quando la madre le ha cercate telefonando sul cellulare di M.; sicchè la condotta non può ritenersi volontaria, bensì dipendente da una circostanza esterna che ha reso irrealizzabile o troppo rischioso il proseguimento dell'azione criminosa (Sez. 4, n. 12240 del 13/02/2018, Ferdico, Rv. 272535: "In tema di desistenza dal delitto, la mancata consumazione del delitto deve dipendere dalla volontarietà che non deve essere intesa come spontaneità, per cui la scelta di non proseguire nell'azione criminosa deve essere non necessitata, ma operata in una situazione di libertà interiore, indipendente da circostanze esterne che rendono irrealizzabile o troppo rischioso il proseguimento dell'azione criminosa"; Sez. 2, n. 7036 del 29/01/2014, Canadè, Rv. 258791: "In tema di desistenza dal delitto, la volontarietà non deve essere intesa come spontaneità, per cui la scelta di non proseguire nell'azione criminosa deve essere non necessitata, ma operata in una situazione di libertà interiore, indipendente da fattori esterni idonei a menomare la libera determinazione dell'agente"). 4. Il terzo motivo, concernente il sequestro di persone, è inammissibile, in quanto sollecita una non consentita rivalutazione del merito, mediante una lettura alternativa del compendio probatorio, alla cui stregua non vi sarebbe stato alcun ostacolo alla libertà di movimento delle minori, ed il tempo trascorso all'interno dell'abitazione sarebbe stato irrisorio. Al contrario, secondo la ricostruzione delle sentenze di merito, l'imputato ha costretto le bambine a seguirle dentro la propria abitazione con violenza, spingendole fuori dall'ascensore, dentro casa, ed afferrandole per i polsi e le braccia; ha fatto sedere la più piccola su una sedia, intimandole di non muoversi, ed ha portato la più grande nella stanza da letto, costringendola ad eseguire quanto da lui preteso, in tal modo privandole della libertà di movimento e di autodeterminazione per un tempo apprezzabile, necessario per farle entrare nella propria abitazione, trattenendole per il tentativo di violenza sessuale accertato (Sez. 5, n. 28509 del 13/04/2010, D.S., Rv. 247884: "Ai fini dell'integrazione del delitto di sequestro di persona (art. 605 c.p.) è sufficiente l'impossibilità della vittima di recuperare la propria libertà di movimento anche relativa, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può anche essere breve, a condizione che sia giuridicamente apprezzabile"). 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019
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