Quante piante di cannabis posso coltivare in casa?
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Quante piante di cannabis posso coltivare in casa? Fino a cinque.

Aggiornamento: 13 set

Quante piante di cannabis posso coltivare in casa? Fino a cinque.

1. Quando la coltivazione di cannabis è legale?

Il punto di partenza è la storica sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 30475 del 10 luglio 2019, che ha segnato una svolta nell’interpretazione del reato di coltivazione.

La Suprema Corte ha affermato che non costituisce reato la coltivazione domestica di minime dimensioni, destinata esclusivamente all’uso personale, purché:

  • venga effettuata con tecniche rudimentali;

  • riguardi un numero esiguo di piante;

  • produca un quantitativo minimo di sostanza;

  • sia priva di elementi che possano ricondurre a un’attività commerciale o imprenditoriale.

In altre parole, il discrimine non è solo quantitativo (quante piante), ma anche qualitativo: conta il contesto, la strumentazione, la destinazione della sostanza.

Va però chiarito un aspetto cruciale: la sentenza non ha “legalizzato” la coltivazione domestica, né ha abrogato l’art. 73 del DPR 309/1990. Ciò significa che le forze dell’ordine possono comunque procedere al sequestro delle piante e all’apertura di un procedimento penale. Sarà poi il giudice a valutare la non punibilità, applicando i principi fissati dalle Sezioni Unite.


2. Quante piante di cannabis posso coltivare in casa?

È la domanda più frequente, ma anche la più insidiosa.

La giurisprudenza non fornisce un numero preciso e univoco. In alcune sentenze si parla di tre piante, in altre di dodici, in altre ancora si condanna anche per due piante se coltivate con modalità “professionali”.

La prassi difensiva e l’orientamento più prudente portano a considerare fino a cinque piante come una soglia “di sicurezza” oltre la quale aumenta il rischio di contestazioni. Non si tratta di un numero ufficiale stabilito dalla legge, ma di un criterio ricavato dal confronto delle decisioni più recenti.

👉 Attenzione: anche una sola pianta può essere considerata penalmente rilevante, se coltivata con tecniche sofisticate, in ambiente indoor con lampade, irrigatori e fertilizzanti specifici, lasciando trasparire un’attività organizzata.

👉 Viceversa, più piante possono rientrare nella non punibilità se coltivate in modo rudimentale e in assenza di indici di commercializzazione.

La Corte costituzionale e la Cassazione hanno chiarito che ciò che conta non è il “conteggio” matematico, ma l’offensività concreta della condotta: se non c’è rischio per la salute pubblica e non vi è possibilità di diffusione della sostanza sul mercato, non vi è reato.


3. L’iter giurisprudenziale in materia di coltivazione

Per anni la giurisprudenza è stata divisa tra due indirizzi:

  • Orientamento rigorista: qualsiasi coltivazione è reato, indipendentemente dall’uso personale. La sola idoneità della pianta a produrre THC era sufficiente per integrare il reato (Cass. pen., sez. VI, n. 35654/2017).

  • Orientamento “costituzionalmente orientato”: la coltivazione domestica è punibile solo se concretamente offensiva, cioè se idonea a produrre e diffondere sostanza stupefacente sul mercato (Cass. pen., sez. III, n. 36037/2017).

Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite n. 12348 del 19 dicembre 2019 (dep. 16 aprile 2020), che hanno stabilito un principio di diritto oggi vincolante:

“Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficiente la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente. Tuttavia, devono ritenersi escluse le attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica, che appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.”

La Corte ha quindi introdotto una vera e propria graduazione della risposta penale:

  • lecita → la coltivazione domestica di minima entità e la coltivazione industriale di canapa priva di THC;

  • illecita ma non grave → coltivazione punibile con attenuanti (art. 131-bis c.p. o art. 73, co. 5 T.U. Stupefacenti);

  • illecita grave → coltivazione organizzata, finalizzata allo spaccio o con indici di inserimento nel mercato.


4. Modifiche al Testo Unico sugli Stupefacenti e prospettive legislative

Il tema non si esaurisce nella giurisprudenza. In Parlamento sono state discusse più volte proposte di riforma del D.P.R. 309/1990.

Un recente disegno di legge, approvato in Commissione Giustizia, prevede:

  • coltivazione libera fino a 4 piante femmina di cannabis per uso personale, senza conseguenze penali né amministrative;

  • superamento di tale soglia → sanzione amministrativa, purché si tratti di coltivazione rudimentale e non imprenditoriale;

  • revisione del sistema sanzionatorio, con pene differenziate tra droghe leggere e droghe pesanti;

  • pene ridotte per i fatti di lieve entità connessi alle droghe leggere;

  • inasprimento delle sanzioni per l’abbandono di siringhe, a tutela della salute pubblica.

Se approvata, questa riforma rappresenterebbe una svolta: per la prima volta verrebbe fissato un limite numerico chiaro e si riconoscerebbe espressamente la coltivazione domestica per uso personale come condotta lecita.


Conclusione

Ad oggi, la regola resta quella dettata dalle Sezioni Unite del 2019–2020:

  • la coltivazione domestica di poche piante, senza strumenti professionali, destinata solo all’uso personale, non integra reato;

  • resta però la possibilità di un procedimento penale e la valutazione caso per caso da parte del giudice.

Per questo motivo, chi intenda coltivare cannabis in casa si trova in un terreno scivoloso: la giurisprudenza offre margini di tutela, ma non esiste ancora una norma chiara e definitiva.

 
 
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