top of page

Bancarotta fraudolenta documentale: il danno di speciale tenuità

Bancarotta fraudolenta documentale

Cassazione penale sez. V, 03/12/2018, n.7888

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (In motivazione, la Corte ha osservato che l'occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell'impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all'imputato, salvo che le contenute dimensioni dell'impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).

L’omessa tenuta della contabilità integra bancarotta fraudolenta (non semplice) se diretta a pregiudicare i creditori

Bancarotta fraudolenta documentale: omessa contabilità e intento di danneggiare i creditori

Bancarotta fraudolenta: amministratore di fatto e requisiti di gestione continuativa e significativa

Bancarotta fraudolenta documentale: l'affidamento della contabilità a terzi non esclude la responsabilità

Indulto: rileva la data della sentenza dichiarativa di fallimento

Bancarotta fraudolenta documentale: sull'inosservanza dell'obbligo del fallito di comparire davanti agli organi della procedura

Bancarotta fraudolenta documentale: responsabilità dell'amministratore formale per omessa contabilità

Bancarotta fraudolenta documentale: differenze tra occultamento e fraudolenta tenuta delle scritture contabili

Bancarotta fraudolenta documentale: configurabilità del dolo generico per contabilità confusionaria

Bancarotta fraudolenta documentale: assorbe quello di bancarotta documentale semplice

Bancarotta fraudolenta documentale: sulla utilizzabilità di documenti esterni ed appunti del fallito

Bancarotta semplice documentale: punibile anche a titolo di colpa

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Milano ha confermato, sia in punto di responsabilità che di pena, la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare, che aveva condannato B.A. per bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della (OMISSIS) srl in liquidazione, dichiarato il 13/9/2009. A giudizio della Corte d'appello l'imputato, amministratore unico e, poi, liquidatore della fallita, occultò le scritture contabili al fine di procurare a sè un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori. 2. Contro la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, avvalendosi di tre motivi. 2.1. Col primo lamenta la violazione della L. Fall., artt. 216 e 223 nonchè dell'art. 43 c.p.. Deduce che tutte le comunicazioni del curatore - rivolte ad ottenere la consegna delle scritture contabili - non gli sono state recapitate, a parte l'ultima, perchè spedite ad indirizzo sbagliato, e che una volta venuto a conoscenza della richiesta della curatela consegnò a questa le scritture in suo possesso, indicando l'indirizzo del professionista (il rag. Ba.) che deteneva la parte restante. 2.2. Col secondo motivo lamenta la violazione della L. Fall., art. 217 e art. 43 c.p., perchè la condotta dell'imputato aveva concretizzato, al massimo, una bancarotta semplice, dal momento che attraverso le scritture contabili, seppur irregolarmente tenute, è stato possibile al curatore ricostruire le vicende sociali e patrimoniali della fallita ed è stata accertata la mancanza di danno per i creditori. 2.3. Col terzo si duole del mancato riconoscimento dell'attenuante di cui alla L. Fall., art. 219, nonostante la condotta del B. non avesse arrecato alcun danno alla società. CONSIDERATO IN DIRITTO Nessuno dei motivi proposti merita accoglimento. 1. Il primo motivo è inammissibile perchè generico e manifestamente infondato. Il ricorrente deduce circostanze smentite dal giudice della sentenza impugnata, con cui non si confronta minimamente. Sia il fatto che le intimazioni a lui rivolte (di consegnare la contabilità) furono regolarmente recapitate, sia il fatto che le scritture non sono mai state consegnate sono circostanze ampiamente argomentate dal giudice dell'impugnazione, a cui la difesa oppone una narrazione soggettiva, del tutto disancorata dalle risultanze processuali (per come apprezzate dal giudicante), e quindi irricevibile. 2. Anche il secondo motivo è inammissibile per mancanza di specificità e per manifesta infondatezza. E' solo assertiva la deduzione che l'occultamento delle scritture non ha ostacolato la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Al contrario, la sentenza impugnata ha rimarcato, sulla scorta di quanto appreso dal curatore, che la mancanza delle scritture ha reso impossibile la compiuta ricostruzione dell'andamento societario, impedendo al curatore di comprendere quale destinazione abbiano avuto le risorse societarie e di individuare la totalità dei creditori (solo con estrema fatica è stato possibile approntare uno stato passivo parziale). Peraltro, la sentenza impugnata ha pure rimarcato - correttamente - che l'occultamento delle scritture contabili rileva ex sè, indipendentemente dalle conseguenze che ne possano derivare, atteso che la tenuta e la conservazione delle scritture costituisce uno degli obblighi primari dell'imprenditore, sicchè il loro occultamento non conduce mai verso la bancarotta documentale semplice, ma sempre verso quella fraudolenta. 3. Non ha fondamento nemmeno il motivo relativo alla negazione dell'attenuante. E' incontroverso che la particolare tenuità del fatto, di cui alla L. Fall., art. 219, comma 3, deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (ex multis, cass., n. 19304 del 2013). Ciò che non è condivisibile è, invece, l'affermazione del ricorrente, seppur suffragata da una risalente giurisprudenza (cass., n. 12221 del 3/6/1976, rv 134884), secondo cui "qualora il danno non sia dimostrato, l'attenuante va applicata". Tale impostazione non può essere seguita per la semplice ragione che è proprio l'occultamento delle scritture contabili a rendere impossibile la dimostrazione del danno, dal momento che, in mancanza delle scritture, non è possibile ricostruire i fatti di gestione e comprendere se vi siano state distrazioni, ovvero se siano esperibili, con qualche fondamento, azioni a tutela della massa. Pertanto, se la mancanza delle scritture non autorizza a presumere distrazioni o altri fatti negativi per l'imputato, nemmeno può essere utilizzata per presumere circostanze a lui favorevoli, atteso che anche queste ultime soggiacciono alla regola della dimostrazione in giudizio, a meno che le dimensioni dell'impresa, particolarmente ridotte, non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto. Tanto è da escludere nel caso concreto, giacchè la realizzazione di una costruzione con la vendita degli alloggi costituisce attività che, per comune esperienza, è idonea a procurare danni seri al personale impiegato nella costruzione, ai fornitori e agli acquirenti, sicchè non può essere presunta una circostanza favorevole relativa all'entità del danno, specie laddove, come nella specie, nessuna attività sia pervenuta al curatore e l'occultamento delle scritture sia stato operato con pervicacia da parte di un soggetto pluripregiudicato. 4. Consegue a tanto che il ricorso, proposto per motivi in parte infondati e in parte inammissibili, va rigettato per le ragioni sin qui esposte; ai sensi dell'art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2018. Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2019
bottom of page