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Bancarotta fraudolenta documentale: sull'inosservanza dell'obbligo del fallito di comparire davanti agli organi della procedura

Bancarotta fraudolenta documentale

Cassazione penale sez. V, 16/10/2018, n.54516

In tema di reati fallimentari, l'art. 220, comma 1, ultima parte, legge fall., sanzionando la violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, n. 3 e 49 legge fall., prevede due autonomi reati, dei quali solo il primo, integrato dall'omesso deposito delle scritture contabili, è assorbito dal reato di bancarotta fraudolenta documentale, mentre l'ulteriore reato di inosservanza dell'obbligo di comparizione personale del fallito davanti agli organi della procedura concorre con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotte distinte e lesive di interessi diversi, in quanto l'art. 49 legge fall. tutela l'interesse all'acquisizione di conoscenze di carattere generale e non meramente documentale.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. C.E.C. ricorre avverso la sentenza del 17 novembre 2016 con la quale la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 16 luglio 2013, confermava l'affermazione di responsabilità del C. per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e omessa presentazione agli organi della procedura fallimentare, commessi quale liquidatore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il 28 marzo 2011, riconoscendo la continuazione fra i reati e rideterminando la pena. 2. Il ricorrente propone due motivi con il ricorso principale, integrati da motivi nuovi. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale sul ritenuto concorso fra i reati contestati, osservando che, nel momento in cui il reato di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 220 era ritenuto assorbito in quello di bancarotta fraudolenta documentale nella condotta di omesso deposito delle scritture contabili, ad analoga conclusione doveva pervenirsi anche per l'ulteriore condotta contestata nell'omessa presentazione dell'imputato al curatore e al giudice delegato, essendo tale adempimento finalizzato alla consegna e all'illustrazione del contenuto della contabilità. 2.2. Con il secondo motivo e con i motivi nuovi deduce violazione di legge e vizio motivazionale sul diniego della continuazione con i fatti di cui ad altre sentenza pronunciate nei confronti dell'imputato, commessi nello stesso ambito territoriale e nello svolgimento dell'attività lavorativa dell'imputato, lamentando l'illegittimità e comunque l'illogicità dell'affermazione della sentenza impugnata per la quale la relativa richiesta doveva essere proposta in sede esecutiva, in mancanza di alcuna preclusione all'esame della stessa nel giudizio di appello. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il motivo dedotto sul ritenuto concorso fra i reati contestati è infondato. Come rammentato nel ricorso, il contestato reato di cui all'art. 220 L. Fall. era ritenuto in primo grado assorbito in quello di bancarotta fraudolenta documentale limitatamente alla mancata consegna delle scritture contabili alla curatela, ma non anche per l'ulteriore condotta contestata nell'omessa presentazione del fallito al curatore ed al giudice delegato. Queste difformi decisioni non danno luogo, tuttavia, alla contraddittorietà lamentata dal ricorrente. E' opportuno premettere che il citato art. 220 individua le condotte incriminate mediante il richiamo alla violazione degli obblighi previsti da due distinte norme della stessa legge: l'art. 16, per il quale nel dichiarare il fallimento il tribunale ordina al fallito, fra l'altro, il deposito dei bilanci e delle scritture contabili obbligatorie; e l'art. 49, che impone al fallito, "se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura", di presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori. Da tanto emerge la diversità strutturale delle due condotte e la loro riferibilità alla lesione di differenti interessi relativi al corretto svolgimento della procedura fallimentare e, attraverso lo stesso, alla tutela delle ragioni dei creditori. La violazione dell'obbligo di deposito delle scritture contabili costituisce fatto lesivo della disponibilità, in capo al fallimento, degli strumenti documentali necessari per la ricostruzione delle vicende della fallita; e in tal senso, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, presenta indubbia omogeneità strutturale e funzionale con la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale commessa mediante sottrazione della contabilità, nella quale è pertanto assorbita (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, dep. 2015, Ronchese, Rv. 262589). Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l'obbligo di presentazione del fallito agli organi della procedura non è invece previsto quale mero veicolo per la consegna della contabilità o per l'illustrazione del contenuto della stessa. Come correttamente osservato nella sentenza impugnata, e come del resto chiaramente evidenziato dal riportato contenuto testuale dell'art. 49 legge fall., la comparizione del fallito è finalizzata all'acquisizione di informazioni e delucidazioni di contenuto più ampio sull'intera gestione dell'impresa. La condotta di violazione di tale obbligo, per quanto detto ben distinta da quella di omesso deposito delle scritture contabili anche nel rinvio ad una diversa norma della legge fallimentare, oltre ad essere strutturalmente diversa da quest'ultima, ne differisce altresì funzionalmente in quanto lesiva dell'interesse all'acquisizione di conoscenze di carattere generale, e non solo meramente documentale, sull'andamento della fallita. Il reato di cui all'art. 220 L. Fall., nella condotta di omessa presentazione, non è pertanto assorbito in quello di bancarotta fraudolenta documentale, concorrendo con lo stesso. 2. Il motivo dedotto sul diniego della continuazione con i fatti di cui ad altre sentenze pronunciate nei confronti dell'imputato è inammissibile. La censura di illegittimità o illogicità della ritenuta proponibilità della questione in sede esecutiva è generica, nel momento in cui tale affermazione costituisce solo un passaggio marginale dell'argomentazione della sentenza impugnata. Nella stessa si osservava infatti che l'ambito spaziale unitario dei reati non era significativo, coincidendo con quello di vita e di lavoro dell'imputato, e si sottolineavano di contro la diversa tipologia dei fatti accertati nelle altre sentenze, costituenti reati di appropriazione indebita, ricettazione, falso in certificazioni amministrative, falso in scrittura privata, millantato credito e truffa, e la distanza temporale fra gli anni 1998, 2003, 2005 e 2007 nei quali gli stessi erano stati realizzati; considerazioni, queste, alle quali il ricorrente non oppone alcun rilievo specifico. Va peraltro precisato che il riferimento testuale della Corte territoriale al riconoscimento della continuazione fra i reati di bancarotta fraudolenta documentale e omessa presentazione agli organi fallimentari deve essere inteso come riferito alla speciale aggravante di cui all'art. 219, comma 2, n. 1 L. Fall., rispetto alla quale è compatibile l'aumento di pena di due mesi di reclusione determinato sulla pena-base con la sentenza impugnata. 3. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2018. Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018
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