RITENUTO IN FATTO
Al.Gi., a ministero di difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia che, in parziale riforma della sentenza del g.u.p. presso il Tribunale di Padova, nel giudizio abbreviato, lo ha assolto dal reato di bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione ed esclusa l'aggravante contestata e con le già concesse attenuanti generiche, ha rideterminato la pena in relazione alla residua fattispecie di
cui agli artt. 216 comma 1 n. 2 e 223 L.F., a lui ascritta in qualità di amministratore della DANIEL'S Srl, dichiarata fallita il 12 dicembre 2012.
1. L'impugnazione si è affidata a due motivi, richiamati nei limiti strettamente indispensabili di cui all'art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen.
1.1. Il primo motivo ha dedotto il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. con riferimento all'affermazione di reità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, non essendo rilevante - contrariamente a quanto avrebbe affermato la sentenza impugnata - la mancata cancellazione dal registro delle imprese della società, non richiesta dalla fattispecie incriminatrice; mentre il mancato aggiornamento della contabilità a partire dal 2009 integrerebbe, al più, il reato di bancarotta semplice, sorretto nel caso concreto dall'elemento soggettivo della colpa. L'imputato, resosi conto dell'impossibilità di proseguire l'attività negli ultimi anni, tanto da interromperla, avrebbe trascurato, con negligenza, la cura delle scritture contabili, senza alcuna volontà decettiva.
1.2. Il secondo motivo ha denunciato i vizi di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., poiché la Corte d'appello - nel confermare la condanna dell'imputato per uno solo dei reati originariamente contestati - avrebbe fatto malgoverno del potere discrezionale di rideterminazione del trattamento sanzionatorio, omettendo di fornire idonea motivazione della scelta effettuata e, in definitiva, irrogando una pena eccessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, che assorbe il secondo, è fondato.
1. L'istanza di rinvio del processo non può essere accolta.
Nel giudizio per cassazione, nell'ipotesi di revoca del difensore e di nomina di uno nuovo, verificatesi nell'immediatezza della celebrazione del processo - situazione analoga a quella descritta dal nuovo patrocinatore del ricorrente - non è consentita la concessione di un termine a difesa poiché, in tale giudizio, l'intervento del difensore è meramente eventuale per i procedimenti che si celebrano in pubblica udienza ed è escluso per quelli in camera di consiglio in cui il contraddittorio, salvo che sia diversamente disposto, è meramente cartolare (sez.5, n. 2655 del 05/10/2021, Chelucci, Rv.282647; sez. 1, n. 19784 del 10/04/2015, Belforte, Rv. 263459; sez. 5, n. 9365 del 19/11/2013, Snopech, Rv.258266). Nel caso in esame, la richiesta di discussione orale avrebbe dovuto essere depositata telematicamente, a pena di decadenza, almeno 25 giorni liberi prima dell'udienza dinanzi a questa Corte ai sensi dell'art. 23 comma 8 del D. L. n. 137 del 2020 e l'avv. Tollardo, sospesa dall'Ordine degli avvocati dal 24 giugno 2024, non l'ha presentata.
2. Passando allo scrutinio del ricorso, deve essere premesso che l'accusa di bancarotta fraudolenta documentale di cui discetta il primo motivo è stata formulata in modo alternativo, perché contesta la sottrazione delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento ai creditori - esplicitamente citato nella prima parte dell'imputazione - "o comunque" la loro tenuta in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, condotta assistita dal dolo generico (per la distinzione in punto di elemento soggettivo, tra le altre: Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838). E' già stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, con argomentazioni che il collegio condivide, che tale modalità di confezionamento dell'editto accusatorio è ammissibile, essa non determinando vizi di indeterminatezza dell'imputazione, peraltro nella specie non denunciati dalla difesa del ricorrente (sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, Tecchiati, Rv. 280572; cfr. anche sez. 5 n. 24358 del 23/02/2024, Castagnella, n.m.; sez. 5, n. 14356 del 01/02/2024, Paolucci, n.m.).
2.1. E tuttavia, le sentenze di primo e secondo grado, che concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova a fondamento delle rispettive decisioni e possono essere lette in un unicum espositivo (sez. 2, n.37925 del 12/6/19, E.; sez. 5, n.40005 del 7/3/14 Lubrano Di Giunno; sez. 3, n. 44418 del 16/7/13, Argentieri; sez. 2, n. 5606 del 8/2/07, Conversa e altro), hanno concentrato l'attenzione sul mancato aggiornamento dell'impianto contabile nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento della società e, in particolare, la pronuncia del primo giudice ha sottolineato che tali omissioni compilative si siano rivelate funzionali all'occultamento delle operazioni commerciali compiute tra il 2010 e il 2012 - annualità nel corso delle quali, pertanto, la società ha proseguito la propria attività - relative alla ristrutturazione e sopraelevazione dell'Hotel Del Rio; che Al. abbia volutamente omesso di provvedervi, quando la contabilità era stata regolarmente tenuta fino a tutto il 2009.
2.2. Vale la pena allora di ribadire nuovamente che oggetto della condotta illecita illustrata dalla decisione del primo giudice, confermata in secondo grado, è nel complesso la mancata ostensione dell'impianto contabile agli organi fallimentari - tanto sotto il profilo del nascondimento di alcune, significative scritture contabili, neppure esibite al curatore, quanto a riguardo dell'interruzione del loro aggiornamento a partire dalla fine del 2009 e che costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte quello secondo il quale "in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai citati organi" (sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv.279838; sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Inverardi, Rv. 276650; sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Morace, Rv.279179; sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611). L'indirizzo in esame ha superato l'interpretazione che tendeva ad equiparare - a riguardo delle condotte riconducibili alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica - l'omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare od incompleta; l'"omissione" connota T'inesistenza" degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione o all'occultamento di scritture esistenti e non consegnate al curatore, purché accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia; invece, la cura irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all'integrazione del più grave delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella forma di cui all'art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all'art. 217 comma 2 del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata - quanto all'elemento soggettivo - dal dolo generico di "fraudolenza", inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell'andamento degli affari (cfr. sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, cit.) ovvero, in altre parole, come consapevolezza che la tenuta della contabilità sarà potenzialmente idonea ad influire sulla rituale ricostrubilità ed intellegibilità degli accadimenti aziendali da parte degli organi fallimentari (es. sez. 5, n. 32733 del 25/05/2021, ric. Bertacca Berrettari, n.m.; sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, Pisano, Rv. 274630). Pertanto, l'ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può rientrare - in questi termini - nell'alveo della bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216 comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, ma solo qualora si accerti (e si dia conto) che scopo dell'omissione sia stato quello di assicurarsi un profitto ingiusto o di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, prevista dall'art. 217 comma 2 L. Fall. (per quanto riferita alla sola contabilità obbligatoria: sez. 5, n. 44886 del 23/09/2015, Rv. 265508), punita sotto il titolo della bancarotta semplice documentale (sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri e altri, Rv. 252992).
2.3. Sugli elementi della prova del dolo specifico si sono soffermati i diversi arresti giurisprudenziali che hanno sottolineato la necessità di privilegiare una chiave di lettura che esalti la specularità di talune emergenze probatorie - come, a titolo esemplificativo, la dimostrazione dell'esistenza di risorse finanziarie o di un patrimonio positivo resi inaccessibili agli organi fallimentari, anche attraverso la realizzazione di atti depauperativi o la sproporzione tra l'entità del passivo e l'inesistenza di attivo - che orientino sull'intenzionalità di ostacolarne il tracciamento attraverso la mancata consegna delle scritturazioni (cfr. sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304, che si è soffermata per esempio sull'ingentissima esposizione debitoria per crediti privilegiati e chirografari).
Ebbene, le pronunce del doppio grado si rivelano pertanto inappaganti nella compiuta esposizione delle ragioni giustificative dell'affermazione di responsabilità con riferimento all'elemento soggettivo del dolo specifico, poiché la sentenza di primo grado si è soffermata impropriamente sulla esaustività del dolo generico ed ha citato sul punto un precedente di questa Corte risalente e superato dagli approdi successivi, mentre quella d'appello, investita da mirato motivo di ricorso, si è limitata a sottolineare la perduranza dell'obbligo dell'imprenditore di tenuta e compilazione delle registrazioni contabili fino alla cancellazione della società dal registro delle imprese, che pertiene all'elemento oggettivo del reato e che trova conforto in un radicato indirizzo interpretativo in tema di bancarotta semplice (ex multis, oltre alla sentenza citata dalla Corte territoriale, cfr. Sez. 5, n. 4727 del 15/3/2000, Albini, Rv. 215985; Sez. 5, n. 35168 del 11/7/2005, Scyni, Rv. 232572; Sez. 5, n. 15516 del 11/2/2011, Di Mambro, Rv. 250086).
3. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corre d'appello di Venezia, perché sottoponga a nuovo esame la regiudicanda nei termini illustrati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 23 agosto 2024.