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Bancarotta fraudolenta documentale: l'occultamento delle scritture contabili

Bancarotta fraudolenta documentale

Giugno 2024 - Cassazione penale sez. V, 20/06/2024, n.29670

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai citati organi.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Va.Lu., tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia del 18 settembre 2023, che - con il riconoscimento dell'equivalenza delle già concesse attenuanti generiche rispetto all'aggravante di cui all'art. 219 comma 1 L.F. e all'aggravante, contestata in fatto, di cui al capov. n. 1 dell'art. 219 L.F. medesima, rideterminazione della pena e revoca delle statuizioni civili - ne ha confermato l'affermazione di responsabilità, deliberata in primo grado in sede di rito abbreviato, in relazione ai delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, ascrittigli in qualità di amministratore di fatto, in concorso con taluni amministratori di diritto la cui posizione è stata originariamente separata, della IMMOBILIARE IL PONTE Srl, dichiarata fallita con sentenza del 15 luglio 2011. 2. L'atto d'impugnazione è affidato a cinque motivi, di seguito richiamati nei limiti strettamente necessari di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Il primo motivo ha dedotto vizi di inosservanza della legge penale e della motivazione, anche per travisamento della prova, in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 2467 cod. civ. - e non 2647 cod. civ., come ripetutamente scritto nel ricorso nell'ambito dell'operazione di vendita d'immobili contestata come distrattiva; una parte del pagamento del prezzo non era stata materialmente versata perché era stata imputata a rimborso finanziamento soci, non soggetto al vincolo della postergazione perché nella nota integrativa al bilancio del 2007, prodotta dalla difesa, tali finanziamenti erano stati tutti indicati come esigibili (in restituzione) entro l'esercizio successivo. L'imputazione al pagamento del prezzo della compravendita degli importi anticipati a titolo di finanziamento soci avrebbe, al più, potuto integrare il delitto di bancarotta preferenziale, estinto per prescrizione, rilevabile di ufficio ai sensi dell'art. 609 cod. proc. pen. Quanto alla somma di Euro 345.800, sarebbe stata operata, anche contabilmente, corretta compensazione tra il debito, gravante sulla di poi fallita nei confronti della CIVILIA Srl, ed il credito vantato dalla IMMOBILIARE IL PONTE nei confronti della EQUITY, perché quest'ultima si è accollata il debito della sua dante causa nei riguardi della CIVILIA. La versione difensiva sarebbe stata confermata dalle sommarie informazioni rese dai legali rappresentanti della EQUITY e della CIVILJA, Corvelli e Sp.; la sentenza del giudizio civile, che ha condannato EQUITY a corrispondere al fallimento la somma di Euro 438.800 sarebbe stata sopravalutata, vuoi perché la società convenuta e gli amministratori di diritto sono rimasti contumaci, vuoi perché Va.Lu. non è stato parte del contenzioso, i cui esiti anche probatori (in quanto sarebbe stata considerata soltanto la contabilità della Immobiliare Il Ponte) dovrebbero considerarsi non concludenti nel processo penale; le dichiarazioni di Tr. non sarebbero autoaccusatorie ma volte ad addossare responsabilità all'imputato, il mancato incasso dell'assegno di Euro 345.800 sarebbe addebitabile a lui che, peraltro, per sua stessa ammissione avrebbe dovuto occuparsi della rendicontazione contabile dei lavori eseguiti dalla CIVILIA per conto della fallita. Tali elementi, in definitiva, sarebbero stati travisati e al più la condotta addebitata come distrazione avrebbe potuto essere qualificata come esposizione di passività inesistenti, riferita all'annotazione contabile del debito per fatture di ricevere della CIVILIA, che si è assunto non veritiero. 2.2. Il secondo motivo ha dedotto carenza di motivazione in relazione alla prova del dolo generico necessario alla bancarotta per distrazione, tenuto conto della distanza temporale tra la compravendita immobiliare e il fallimento, della circostanza che, al tempo della stessa, la IMMOBILIARE IL PONTE non fosse in istato d'insolvenza e che il ricorrente fosse convinto della liceità dell'operazione e delle modalità di pagamento attraverso compensazione e rimborso dei finanziamenti dei soci. 2.3. Il terzo motivo si è appuntato sulla violazione di legge e sull'assenza di motivazione in ordine alla ritenuta circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità; la Corte d'Appello avrebbe valutato la gravità del danno arrecato alla massa in modo arbitrario ed apparente, senza addentrarsi nel rapporto tra l'attivo e il fabbisogno dei creditori. 2.4. Il quarto motivo ha lamentato nullità della sentenza per mancanza di correlazione tra l'accusa e la sentenza e per assoluta assenza di motivazione sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale, riferito alla finalità di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari. La sentenza impugnata avrebbe affermato la sussistenza della prova del dolo generico, attraverso la ulteriore valutazione della tenuta parziale del registro dei beni ammortizzabili, quando all'imputato sarebbe stata contestata la sola bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione; egli, dunque, sarebbe stato condannato per un fatto diverso; inoltre, sarebbe mancante ogni motivazione sulla riconducibilità all'imputato della conservazione della contabilità e sulla esistenza dell'elemento soggettivo del reato. 2.5. Il quinto motivo ha denunciato vizi di violazione di legge penale e di motivazione, anche per travisamento, in ordine all'attribuzione all'imputato della qualità di amministratore di fatto; sarebbero state valorizzate condotte occasionali ed insufficienti a tali fini, in considerazione della professione di avvocato svolta dal ricorrente, che in sostanza avrebbe eseguito singole prestazioni a favore della società e degli amministratori, come la trasmissione alla commercialista Ca. dei dati contabili dell'impresa. 3. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Ferdinando Lignola, ha anticipato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. Diritto CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso coglie nel segno a riguardo della lamentata carenza di motivazione sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo b) dell'imputazione, mentre nel resto deve essere respinto. 1. Il primo motivo di ricorso, concentrato sull'affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è infondato. Da un lato, si versa in una ipotesi di c.d. doppia conforme sulla responsabilità, nella quale le sentenze di primo e secondo grado concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova a fondamento delle rispettive decisioni; e che, pertanto, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (sez. 2, n.37925 del 12/6/19, E.; sez. 5, n.40005 del 7/3/14 Lubrano Di Giunno; sez. 3, n. 44418 del 16/7 /13, Argentieri; sez.2, n. 5606 del 8/2/07, Conversa e altro). Mette conto rammentare, ancora, che il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne né la ricostruzione dei fatti né l'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Con l'ulteriore precisazione, quanto alla illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, che deve essere evidente ("manifesta illogicità"), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). Ed allora, la valutazione che la Corte di cassazione è chiamata a fare non concerne la maggiore o minore capacità persuasiva delle fonti di prova citate dal ricorrente rispetto a quelle valorizzate dal giudice del merito, e nemmeno la corretta lettura che a tali ultime fonti di prova il giudice del merito abbia dato, salvo il caso del travisamento della prova. Tale ultimo vizio, tuttavia, vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Sotto quest'ultimo punto di vista il motivo di ricorso insiste ripetutamente e non può essere accolto. Le dichiarazioni delle persone informate - in particolare di Sp. e Ca. - e del chiamante in correità Tr. non sono state "travisate", nel senso che il contenuto del rispettivo contributo conoscitivo non è stato mal riportato, ovvero misconosciuto dal Tribunale e dalla Corte di appello e ciò che il ricorrente invoca è certamente una diversa, e come tale non consentita, loro interpretazione. A riguardo dell'avvenuta distrazione del patrimonio immobiliare fino all'ammontare di Euro 483.800, corrispondente al prezzo della compravendita non riscosso - la sentenza impugnata, in accordo con quella del primo giudice, con enunciati esenti da critiche di palese illogicità, ha ritenuto indimostrato il versamento di Euro 264.000, in tesi difensiva compensato con pagamenti che si è assunto eseguiti da Equity in favore di Civilia, perché non documentati da idoneo tracciamento; ha dunque privilegiato il "vuoto" probatorio rappresentato dall'inesistenza dei passaggi di risorse in luogo delle deposizioni rese sul punto dai legali rappresentanti delle due società, comunque riconducibili a Va.Lu.; ha congruamente valutato come non conducenti la singola fattura n. 16/07 del 28 dicembre 2007, emessa da Civilia, di contenuto estremamente generico e l'inconsistenza probativa elle! contratto di appalto, pure tardivamente esibito in modalità informatica, privo di sottoscrizioni. Del pari, la Corte territoriale ha sottolineato - e il dato è incontestato - che l'assegno di Euro 345.800, consegnato da Equity alla di poi società fallita, inopinatamente, non è mai stato incassato; e, infine, ha giudicato non convincente la neutralizzazione dell'importo di Euro 138.000, dovuto da Equity, con il preteso rimborso di pregressi finanziamenti effettuati da tale impresa, socia al 32% della Immobiliare Il Ponte, per corrispondente ammontare. A quest'ultimo proposito, si deve osservare che il ricorrente non si confronta con l'insieme dei profili messi congruamente in rilievo dalla decisione impugnata, con particolare riferimento (pag. 12) alla riconducibilità dei finanziamenti al perimetro applicativo dell'art. 2467 cod. civ., dal momento che entrambi i decidenti di merito hanno puntualizzato che i medesimi, sulla base delle informazioni, anche di pregio tecnico, fornite dalla curatela del fallimento, sono stati concessi in una fase in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risultava "un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto", ovvero una "situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento". La ratio dell'art. 2467 cod. civ. è quella di sottoporre ad una peculiare disciplina di rigore finanziamenti eseguiti in un periodo di delicata tensione finanziaria dell'impresa, concretamente finalizzati a rivitalizzarne le risorse economiche e, dunque, a fronteggiare le criticità di tenuta del capitale, ma suscettibili di essere artificiosa mente sottratti dal socio erogatore (anche attraverso le appostazioni di bilancio) ai vincoli propri del capitale di rischio, così da renderli restituibili in ogni momento, in pregiudizio degli altri creditori. In altre parole, tali forme di finanziamento, comunque denominate, sono ex lege equiparate agli apporti destinati a capitale e soggiacciono alla regola della postergazione, nel senso che non possono essere retrocesse se non dopo l'integrale soddisfazione degli altri creditori. La restituzione di finanziamenti originariamente collegati alle specifiche esigenze della società, descritte dal comma 2 dell'art. 2467 cod. civ., in violazione del vincolo della postergazione, integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non di bancarotta preferenziale. Non viene pertanto in risalto l'indiscussa distinzione tra versamenti in conto capitale, in conto futuro aumento di capitale e finanziamenti del socio a titolo di mutuo, come illustrata dalla recente giurisprudenza di questa Corte ai fini della qualificazione dell'illecito rimborso come bancarotta patrimoniale o bancarotta preferenziale (sez.5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031; in motivazione, sez. 5, n. 39139 del 23/06/2023, Simeone, Rv. 285200; in motivazione, sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872), quanto piuttosto rilevano la collocazione temporale e situazionale dell'afflusso di risorse finanziarie assicurato del socio, perché il disposto del secondo comma dell'art. 2467 cod. civ. cura di precisare che per finanziamenti dei soci si intendono quelli "in qualsiasi forma effettuati", locuzione che permette di attribuire alle immissioni di denaro effettuate in un periodo di significativo squilibrio finanziario o di liquidità languente la veste di finanziamenti "sostitutivi del capitale", assoggettati alla medesima disciplina dei conferimenti o dei versa menti a salvaguardia del capitale di rischio. La prospettiva della norma è il contrasto agli abusi del socio che, utilizzando la propria posizione privilegiata in seno alla società, dissimuli un'iniezione di denaro, finalizzata a ricapitalizzare la società in periodo di crisi, con le forme del finanziamento rimborsabile secondo le regole del mutuo, così da poterne ottenere la restituzione alla scadenza o persino in ogni tempo e da pretermettere il soddisfacimento dei creditori "esterni" alla compagine societaria. Il credito postergato del socio, inesigibile, non può essere pagato dall'organo gestorio se non una volta soddisfatti tutti gli altri crediti e, per tale ragione, deve ritenersi sottratto alla concorsualità, principio necessariamente sotteso alla qualificazione di preferenzialità del pagamento. La disciplina della postergazione non individua un diverso grado del credito restitutorio ma rende inesigibile la pretesa alla restituzione, proprio perché il legislatore, espressamente, ha previsto che le somme erogate debbano essere vincolate al perseguimento dell'oggetto sociale e non possano essere restituite se non quando, ormai soddisfatti tutti i creditori, venga meno la stessa esigenza di garanzia delle loro ragioni. Ne viene che il suo anticipato rimborso - in caso di irreversibile crisi aziendale, accertata nel caso che ne occupa - consuma in caso di fallimento un depauperamento delle risorse a garanzia della massa dei creditori, dunque una condotta integrativa di bancarotta patrimoniale per distrazione (nello stesso senso sez. 5, n. 25773 del 20/02/2019, Scarpaci, Rv. 277577; sez. 5, n. 50188 del 10/05/2017, Mascellani, Rv. 271775; sez. 5, n. 26041 del 25/02/2019, Nicoletti, non mass.; sez. 5, n. 50495 del 14/06/2018, Sestili, Rv. 274602; sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Marchesi, Rv. 264277; sez. 5, n. 41143 del 20/05/2014, Zavaroni, Rv. 261250). L'operatività del disposto dell'art. 2467 cod. civ. veicola dunque il destino dei versamenti eseguiti dalla socia Equity Srl nell'alveo della postergazione e consente di attribuire valenza distrattiva, non meramente preferenziale, al dirottamento anticipato delle relative risorse, al pari della restituzione degli apporti eseguiti dal socio a sostegno del capitale, presente o futuro. Né il ricorrente ha prestato la necessaria attenzione ai contenuti della sentenza del Tribunale civile di Venezia, confermata dalla Corte d'Appello e divenuta definitiva, che ha condannato Equity al pagamento della somma di Euro 483.800, dovuta per la compravendita degli immobili, oggetto dell'addebito di bancarotta distrattiva perché integralmente non erogata. Senza addentrarsi nella questione della estensibilità del disposto dell'art. 238-bis cod. proc. pen. alle pronunce emesse nell'ambito di un procedimento diverso da quello penale, è fuor di dubbio che le sentenze definitive, rese nel giudizio civile, siano quantomeno liberamente apprezzabili nel processo penale (sez. 5, n. 41796 del 17/06/2016, Crisafulli, Rv. 268041; sez. 4, 26/06/2008, n. 28529, Rv. 240316; sez. 5, 04/03/2013, n. 14042, Rv. 254981; sez. 6, 24/02/2011, n. 10210, Rv 249592), a prescindere dalla loro apponibilità a soggetti diversi dalle parti processuali, stante il disposto degli artt. 2 comma 1, 3 comma 4 e 193 cod. proc. pen., in base al quale nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza. In definitiva, anche indipendentemente dalla qualificazione del finanziamento del socio come apporto in conto capitale o a titolo di mutuo e delle relative ricadute sull'inquadramento giuridico dell'estromissione di risorse nella figura della bancarotta per distrazione o della bancarotta preferenziale, la sentenza impugnata ha dato contezza, con ragionamento appropriato ed immune da veti di competenza del giudice di legittimità, della solida influenza del giudicato civilistico sulla prova del credito rimasto insoddisfatto e dell'impatto depauperativo, per la fallita, dell'operazione traslativa degli immobili, che costituisce distrazione e non certo esposizione di passività inesistenti, fattispecie che ricorre quando il fallito ostacoli il soddisfacimento dei creditori reali con l'artificiosa indicazione, in sede concorsuale, di creditori inesistenti. 2. Il secondo motivo, che "attacca" la prova del dolio della bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, è generico - perché non si misura con puntualità con l'ordito della motivazione delle pronunce del doppio grado - e manifestamente infondato. Per consolidato orientamento interpretativo, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo ed è pertanto irrilevante che al momento della consumazione l'agente non avesse consapevolezza dello stato d'insolvenza dell'impresa, per non essersi, in ipotesi, lo stesso ancora manifestato (Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011 Rv. 251214), sicché i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilevanza penale in qualunque tempo essi siano stati commessi, e quindi anche se la condotta si sia realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804; Sez. 5, Sentenza n. 38396 del 23/06/2017 Ud. (dep. 01/08/2017), Sgaramella, Rv. 270763; Sez.5, n. 9769 del 02/02/2018, Amadei, Rv. 272800). Tutte le ipotesi alternative previste dalla norma si realizzano mediante condotte che determinano una diminuzione del patrimonio, diminuzione pregiudizievole per i creditori: per nessuna di queste ipotesi la legge richiede un nesso causale o psichico tra la condotta dell'autore e il dissesto dell'impresa, sicché né la previsione dell'insolvenza come effetto necessario, possibile o probabile, dell'atto dispositivo, né la percezione della sua preesistenza nel momento del compimento dell'atto, possono essere condizioni essenziali ai fini dell'antigiuridicità penale della condotta. D'altro canto, si è precisato che la c.d. "zona di rischio penale", ossia il parametro spazio-temporale entro il quale l'apprezzamento di uno stato di crisi dell'impresa, conosciuto dall'agente, è destinato ad orientare l'interpretazione di ogni iniziativa di distrazione dei beni da parte di quest'ultimo, può valere ad escludere la rilevanza penale della condotta solo quando l'azione addebitata, per le sue caratteristiche intrinseche, non sia idonea ad esporre a pericolo il patrimonio dell'impresa e non sia collocabile in un contesto di condotte che abbiano determinato il dissesto (Sez. 5, n. 18517 del E#65533;'2/02/2018 Rv. 273073). Nel caso in esame, invece, per un verso, l'operazione spoliativa della vendita degli immobili si è pacificamente collocata in fase di dissesto (pagg. 2 e 11 sentenza di primo grado); mentre, per altro verso, essa è stata ricondotta, con proposizioni piane ed appropriate, ad una scelta lucida e volontaria dell'imputato (pagg. 10-14 sentenza di appello). 3. Il terzo motivo di ricorso - che ripropone la genericità ed inconsistenza della corrispondente ragione di gravame - difetta di specificità e si rivela manifestamente infondato. I giudici di merito (pag. 15 e 16 decisione di appello, pag. 13 sentenza di primo grado) hanno razionalmente ancorato la sussistenza della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità all'entità ragguardevole del detrimento economico della società, incapace di adempiere con regolarità alle proprie obbligazioni sin dal 2007 (pag. 11 sentenza di primo grado), allineandosi al costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di reati fallimentari, la rilevanza del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo, ed indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo (tra le molte, cfr. Sez. 5, Sentenza n. 49642 del 02/10/2009, Rv. 245822-01; cfr. altresì Sez. 5, n. 48203 del 10/07/2017 - dep. 19/10/2017, Meluzio e altri, Rv. 27127401, che ha ribadito il principio affermando che la circostanza aggravante del "danno patrimoniale di rilevante gravità" di cui all'art. 219, comma 1, legge fall. si configura solo se ad un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all'esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave). 4. Il quarto motivo di ricorso è fondato. 4.1. Va in premessa ricordato che oggetto dell'imputazione è nel complesso la mancata ostensione dell'impianto contabile agli organi fallimentari e che costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte quello secondo il quale "in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai citati orqani" (sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838; sez.5, n. 26379 del 05/03/2019, Inverardi, Rv. 276650; sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Morace, Rv. 279179; sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611). L'indirizzo in esame ha superato l'interpretazione che tendeva ad equiparare - a riguardo delle condotte riconducibili alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica - l'omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare od incompleta; l'"omissione" connota l'"inesistenza" degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione o all'occultamento di scritture esistenti e non consegnate al curatore, purché accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia; invece, la cura irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all'integrazione del più grave delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella forma di cui all'art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all'art. 217 comma 2'. del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata - quanto all'elemento soggettivo - dal dolo generico di "fraudolenza", inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell'andamento degli affari (cfr. sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, cit.). Pertanto, l'ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può rientrare -in questi termini nell'alveo della bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216 comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, ma solo qualora si accerti (e si dia conto) che scopo dell'omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analogc1 sotto il profilo materiale, prevista dall'art. 217 L.Fall. (per quanto riferita alla sola contabilità obbligatoria: sez. 5, n. 44886 del 23/09/2015, Rv. 265508), punita sotto il titolo della bancarotta semplice documentale (sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri e altri, Rv. 252992). Sugli elementi della prova del dolo specifico si sono soffermati i diversi arresti giurisprudenziali che hanno sottolineato la necessità di privilegiare una chiave di lettura che esalti la specularità di talune emergenze probatorie - come la dimostrazione dell'esistenza di risorse finanziarie o di un patrimonio positivo resi inaccessibili agli organi fallimentari, anche attraverso la realizzazione di atti depauperativi o la sproporzione tra l'entità del passivo e l'inesistenza di attivo - che orientino sull'intenzionalità di ostacolarne il tracciamento attraverso la mancata consegna delle scritturazioni (cfr. sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv.284304, che si è soffermata per esempio sull'ingentissima esposizione debitoria per crediti privilegiati e chirografari). 4.2. Alla stregua di quanto esposto dal curatore fallimentare, l'imputato non ha consegnato innanzitutto il libro giornale e il registro degli inventari, ovvero le scritture primarie e fondamentali per ricostruire l'attività d'impresa e, pertanto, alcun vulnus è stato arrecato con la sentenza impugnata all'esercizio del diritto di difesa rispetto alla formulazione del capo d'imputazione, perché proprio quest'ultimo è il rimprovero contestato ed in relazione ad esso si è formata la volontà del decidente con la conferma dell'affermazione di responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale. Le doglianze difensive possono piuttosto meritare accoglimento sotto il denunciato profilo del vizio di manifesta illogicità del tessuto della motivazione a sostegno della conferma della sentenza di primo grado quanto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216 comma 1 n. 2), prima ipotesi, L.F., dal momento che, per un verso, la decisione della Corte territoriale (pagq. 14 e 15) si è soffermata su condotta illecita non inclusa nell'imputazione - come il mancato aggiornamento del registro dei beni ammortizzabili - e, per altro verso, ha dato conto della necessità ed esaustività della prova del coefficiente psicologico del dolo generico (ovvero la consapevolezza che l'irregolare tenuta dell'impianto contabile "renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell'impresa"), quando elemento costitutivo della fattispecie contestata bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta - è, come sopra ricordato, quello del dolo specifico; e al dolo generico ha poi agganciato le considerazioni sulla figura dominante dell'imputato, definito "artefice, sul piano ideativo, delle condotte distrattive", dotato di "un evidente interesse" a rendere difficoltosa l'opera ricostruttiva della curatela del fallimento, senza piuttosto proiettarne il significato sulla prova della specifica finalità di trarre, dalla sottrazione della contabilità, un ingiusto profitto o di provocare un nocumento ai creditori. In sostanza, la sentenza della Corte di merito - anche in considerazione del tenore lapidario ed apodittico delle proposizioni della decisione di primo grado sulla ricorrenza del dolo specifico, che avrebbero imposto un approfondimento argomentativo - ha operato una sorta di "commistione" tra le due diverse figure di reato, incluse nella norma a più fattispecie miste ed alternative, che ha influito sulla tenuta logica dell'apparato espositivo. 5. Il quinto motivo è travolto dall'inammissibili1tà, per assenza di specificità e perché manifestamente infondato. Come è noto, la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive - in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare - il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, Faruolo, Rv. 269101; conf. Sez. 2, n. 36556 del 24/05/2022, Desiata, Rv. 283850; sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 2021, Cimoli, Rv. 280550; sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Fontani, Rv. 279497; Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, Pauselli, Rv. 279040); e la qualifica di amministratore di fatto di una società non richiede l'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, essendo necessaria e sufficiente una siE#65533;Inificativa e continua attività gestoria o cogestoria, svolta in modo non episodico o occasionale, anche solo in specifici settori, pur se non interessati dalle condotte illecite, tale da fornire indici sintomatici dell'organico inserimento del soggetto, quale "intraneus", nell'assetto societario (per tutte, sez. 5, n. 2514 del 04/12/2023, Commodaro, Rv. 285881). La veste di amministratore di fatto dell'imputato è stata illustrata con argomentazioni esaurienti e persuasive dalle pronunce del duplice grado, che hanno rimarcato la pregnanza probatoria delle dichiarazioni del Tr., a riguardo della posizione dominante del ricorrente nella compagine direttiva ed amministrativa e nelle scelte strategiche per la società, ampiamente confortate dalle deposizioni delle persone informate sui fatti - il fornitore Al. e la commercialista Ca. - e dalle medesime dichiarazioni del Va.Lu., vuoi a riguardo dello sviluppo della principale operazione di compravendita d'immobili, vuoi a riguardo dell'immissione nel patrimonio societario di risorse personali, da lui rivendicata. Anche a tale proposito, le deduzioni del ricorso, meramente reiterative delle doglianze già respinte in grado d'appello, tendono ad accreditare una differente elaborazione ricostruttiva delle acquisizioni processuali, improponibile in sede di legittimità. 6. Consegue pertanto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al difetto di motivazione relativo alla ritenuta sussistenza degli elementi essenziali del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio alla Corte d'Appello di Venezia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in Roma, 20 giugno 2024. Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2024.
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