Giugno 2024 - Cassazione penale sez. V, 06/06/2024, n.33680
"Lo scopo fraudolento che deve caratterizzare il fatto può essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che la caratterizzano, evidenziando gli elementi dai quali dedurre la finalizzazione del comportamento omissivo all'occultamento delle vicende gestionali".
Con la recente sentenza n. 35888/2023, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sul reato di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma 1, n. 2 del R.D. n. 267/1942), chiarendo i requisiti necessari per la configurazione del dolo specifico.
Secondo la Suprema Corte, il reato si consuma quando la tenuta irregolare delle scritture contabili è finalizzata a impedire la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari dell’impresa fallita, con un fine evidentemente fraudolento.
La fattispecie: il dolo specifico nella bancarotta documentale
La questione centrale analizzata dalla Cassazione riguarda l'individuazione del dolo specifico nella condotta di alterazione, sottrazione o distruzione delle scritture contabili.
In particolare, la Corte ha ribadito che la semplice irregolarità nella tenuta della contabilità non è sufficiente a configurare il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Affinché tale condotta sia penalmente rilevante, è necessario dimostrare che essa sia preordinata a realizzare un disegno fraudolento.
Il dolo specifico consiste, infatti, nella volontà del soggetto agente di creare un ostacolo alla ricostruzione della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, a svantaggio dei creditori. Questo intento fraudolento può essere dedotto da una serie di indizi, come la sistematicità delle omissioni, delle alterazioni o delle distruzioni delle scritture contabili.
Il ruolo delle scritture contabili nella bancarotta fraudolenta
La Cassazione ha ulteriormente precisato che le scritture contabili, in quanto strumento fondamentale per il controllo dell'andamento patrimoniale e finanziario dell’impresa, sono oggetto di una particolare tutela penalistica.
Il fallimento di un’impresa genera infatti una situazione di crisi che impone una maggiore attenzione alla trasparenza dei bilanci, proprio per garantire ai creditori di poter comprendere la reale consistenza del patrimonio aziendale.
Nel caso di specie, l'imputato era accusato di aver tenuto le scritture contabili in modo lacunoso e di aver omesso la registrazione di numerose operazioni rilevanti, al fine di occultare l’effettiva situazione economica dell'impresa.
La Corte ha sottolineato che la condotta posta in essere dall’imputato era finalizzata a ingannare i creditori, nascondendo la situazione di insolvenza e impedendo loro di tutelare adeguatamente i propri interessi.
L’accertamento del dolo: criteri e onere della prova
Un punto fondamentale affrontato nella sentenza è la questione dell’onere della prova relativo al dolo specifico. La Corte ha ribadito che spetta all’accusa dimostrare che l’irregolarità nella tenuta delle scritture contabili non sia frutto di negligenza o disorganizzazione, ma che essa sia volutamente orientata a ostacolare la ricostruzione del patrimonio aziendale.
In particolare, la Cassazione ha stabilito che il giudice di merito deve valutare attentamente gli elementi indiziari che permettono di dedurre l’intento fraudolento dell’agente.
Tra questi elementi vi sono:
la mancanza di sistematicità nella tenuta delle scritture contabili;
la presenza di operazioni non registrate o irregolarmente annotate;
la distruzione o sottrazione di documenti rilevanti;
l’occultamento di attività o passività aziendali significative.
In tale contesto, la sistematica mancanza di trasparenza nella gestione della contabilità, associata alla difficoltà o impossibilità di ricostruire la situazione economico-finanziaria della società, costituisce un indicatore chiaro dell’esistenza del dolo fraudolento.
In conclusione, con la sentenza n. 35888/2023, la Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento in materia di bancarotta fraudolenta documentale, ribadendo che per la configurazione del reato è necessario che l’irregolare gestione delle scritture contabili sia finalizzata a realizzare un inganno ai danni dei creditori.