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Falsità in atti informatici: applicazione dell'art. 491-bis c.p. a sistemi con o senza supporto cartaceo

Falso ideologico

Cassazione penale sez. V, 14/07/2023, n.33285

In materia di falsità in atti, la previsione di cui all'art. 491-bis c.p. riguarda tanto l'ipotesi in cui il sistema informatico sia supportato da riscontro cartaceo, quanto quella in cui sia del tutto sostitutivo dello stesso, ricomprendendo, in entrambi i casi, le due distinte articolazioni della fattispecie penale, ovvero che l'ipotesi di falsità riguardi direttamente i dati e le informazioni dotati, già in sé, di rilevanza probatoria e l'ipotesi che riguardi, invece, contesti programmatici specificamente destinati a elaborare dati e informazioni, come prescritto dall'ultima parte della norma.

Falso ideologico del pubblico ufficiale: attestazioni o omissioni non veritiere in atto pubblico

Concorso nel reato proprio non esclusivo: responsabilità del non qualificato con il contributo dell'intraneus

Falsa attestazione sulla legittimità di opere edilizie: reato ex art. 20, comma 13, d.P.R. 380/2001

Il registro cimiteriale come atto pubblico fidefacente con presunzione di verità assoluta

Il verbale d'udienza penale: atto pubblico con piena prova ex art. 2700 c.c.

La falsa dichiarazione di trasferimento di dimora abituale configura il reato di falso ideologico ex art. 483 c.p.

Falsa dichiarazione al medico sui sintomi: reato di falso ideologico in atto pubblico

La relata di notifica: atto pubblico fidefacente impugnabile solo con querela di falso

Il verbale d'udienza penale è atto pubblico con piena prova fino a querela di falso

Concorso materiale tra falsità materiale in atto pubblico e false dichiarazioni all'autorità giudiziaria

Inammissibilità parziale del ricorso per cassazione: effetti sui reati unificati dal vincolo della continuazione

Falso ideologico e curatela ereditaria: esclusione del reato per dichiarazioni mendaci dopo l'accettazione dell'eredità

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 14 marzo 2022 la Corte d'appello di Palermo ha esaminato, per quanto ancora rileva, le impugnazioni proposte da C.P., G.C., F.N., G.G., G.I., G.W., N.A.R. e T.A.. 2. Nell'interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. c.p.p. Per ragioni di economia espositiva e tenuto conto della var età degli episodi, si darà conto del contenuto delle decisioni della Corte territoriale in relazione alla posizione di ciascun imputato, esaminando i motivi di ricorso. 3. Ricorso C.. Nei confronti del C., la Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione, in relazione al reato di cui al capo 27 C, confermando le statuizioni civili in favore dell'Università degli studi di Palermo. Si tratta del reato di cui agli artt. artt. 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476, primo e comma 2, art. 491-bis c.p., perché, istigava Rosalba 10Volpicelli, dipendente dell'Università degli Studi di Palermo e, pertanto, pubblico ufficiale, di attestare falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte del C., dell'esame "Economia Politica II" della Facoltà di Economia. 3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge. Dopo avere sottolineato che, in distinto procedimento, definito all'esito di giudizio abbreviato e fondato su identico materiale probatorio, la stessa Corte d'appello, con decisione ormai irrevocabile, aveva assolto altra dipendente dell'Università ( C.P.A.) dalle medesime condotte contestate con riguardo ad altro esame, rileva il ricorrente che la Corte territoriale, appiattendosi sulla motivazione del giudice di primo grado, aveva sbrigativamente affrontato le censure sviluppate nell'atto di impugnazione: da esse emergeva, alla stregua delle risultanze istruttorie (il verbale n. 7 del 30 marzo 2011 redatto dalla commissione di indagine interna; le deposizioni dei tecnici in servizio presso il sistema speciale informatico di ateneo; le indagini, sia quelle interne che quelle effettuate dalla polizia giudiziaria, comprovanti che non erano stati caricati alcuni esami sostenuti e superati in favore di alcuni studenti non coinvolti nella vicenda penale; lo stato di totale disordine organizzativo dell'Università palermitana che aveva condotto, per cause non imputabili al medesimo C., allo smarrimento del suo fascicolo personale, all'interno del quale erano custoditi tutti gli statini d'esame). Aggiunge il ricorrente: a) che la Corte territoriale, al fine di giungere alle proprie conclusioni, aveva valorizzato illogicamente la scelta del C. di ripetere l'esame - l'unico che gli sarebbe mancato per concludere il percorso di studi -, laddove si era trattato di una decisione finalizzata a non ritardare l'ingresso nel mondo del lavoro, in attesa della definizione del contenzioso amministrativo e del procedimento penale; b) che le intercettazioni di tre conversazioni tra il C. e il coimputato T.A. non erano decisive, considerato che i due, non al corrente delle indagini, non parlavano né di questioni attinenti alla loro carriera universitaria né dell'irregolarità nello svolgimento degli esami; c) che, in definitiva, non era emersa la prova dell'elemento soggettivo del reato in capo a I l'extraneus. 3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere la sentenza confermato le statuizioni civili, senza confrontarsi con le critiche indirizzate, attraverso l'atto di appello, alla quantificazione dell'importo liquidato anche alla luce del fatto che al C. era stato contestato l'irregolare caricamento di un solo esame, a differenza di altri imputati, che, ritenuti autori di più episodi o di episodi più gravi, per l'alterazione del voto d'esame, erano stati condannati al pagamento di una somma identica. 4. Ricorso G.. Nei confronti del G., per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10 C). Si tratta del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, per avere istigato la menzionata V.R. ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università, il superamento, da parte del primo, degli esami Geotecnica, Scienza delle Costruzioni ed Idraulica Ambientale della Facoltà di Ingegneria. 4.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato, criticando l'attribuzione del falso inserimento dei dati nel registro elettronico sulla base dell'insufficiente criterio del cui prodest, non accompagnato da altri elementi indiziari e, anzi, smentito dalla dichiarazione, inviata in data 24 27Gennaio 2011 dal G. alla segreteria degli studenti dell'università, prima dell'avvio del procedimento amministrativo (24 novembre 2011), con la quale l'imputato aveva dichiarato lui stesso di non avere mai sostenuto gli esami indicati nel capo di imputazione. D'altra parte, si aggiunge, i testi ascoltati ( D.R. e F.V.) avevano confermato i notevoli ritardi nell'inserimento nel registro dei dati risultanti dagli statini d'esame. 4.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione all'attribuzione all'archivio informatico dell'università o all'esito dell'attività di caricamento dei dati nell'archivio della natura di atto pubblico ai sensi dell'art. 491-bis c.p., peraltro con fede privilegiata, laddove le annotazioni avevano una mera funzione dimostrativa, interna all'ufficio di segreteria. 5. Ricorso F.. Nei confronti del F. la sentenza impugnata ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo 28 A) e ha confermato la condanna per il reato di cui al capo 28 C). Nel primo caso, si tratta del delitto di cui all'art. 61 c.p., n. 2, art. 81 cpv., 110 e 117 c.p., art. 615-ter c.p., comma 2, n. 1, e comma 3, per avere istigato la menzionata 10Volpicelli ad introdursi abusivamente nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, dell'amministrazione di appartenenza. Nel secondo caso si tratta del delitto di cui agli artt. 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476, commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., per avere istigato la menzionata 10Volpicelli ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università, il superamento, da parte del medesimo F., dell'esame di Ragioneria Generale ed Applicata 1 e Scienza delle Finanze, nonché il superamento con voti più alti degli esami di Storia Economica, Tecnologia dei cicli produttivi, Merceologia, Analisi di Mercato, Diritto del Lavoro, Demografia, Economia Aziendale, Statistica Economica, Diritto della Navigazione, Controllo Statistico, Economia dei Trasporti, Politica Economica, della Facoltà di Economia. 5.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale, attraverso il ricorso alla motivazione per relationem, eluso i rilievi difensivi che avevano sottolineato, sulla scorta delle deposizioni dei testi L.R.B., F.V. e L.R., il disastro organizzativo che aveva caratterizzato il caricamento nell'archivio (Omissis), di nuova istituzione, delle risultanze di verbali disordinatamente accumulati in scatole di cartone. In tale contesto, la conclusione della Corte territoriale, quanto al carattere suggestivo e fuorviante della tesi difensiva, era del tutto apodittica, al pari delle non dimostrate affermazioni quanto al fatto che il ricorrente non avesse sostenuto gli esami di Ragioneria Generale e Applicata 1 e di Scienza delle finanze. Infatti: a) non erano state eseguite sul punto indagini di polizia giudiziaria, anche con riguardo alla corrispondenza tra i dati caricati e quelli annotati su una copia del piano di studi del F. sequestrata presso l'abitazione della V.; b) non erano emersi contatti tra il primo e la seconda; c) non era stato chiarito come si sarebbe sviluppata la condotta istigatrice del primo. 5.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 476 c.p., comma 2, dal momento che, in assenza di una normativa specifica e per quanto risultava dalle dichiarazioni dei testi ascoltati, l'archivio (Omissis) non aveva alcuna efficacia certificativa, dal momento che: a) le sue registrazioni avevano carattere derivato rispetto a quelle di cui ai verbali di esame; b) non poteva essere equiparato ad un registro elettronico. 5.3. Con il terzo motivo si lamenta assenza di motivazione in ordine alla richiesta di contenimento della pena e di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 6. Ricorso G.. Per quanto ancora rileva, tenuto conto della portata dei motivi di ricorso, nei confronti del G., la Corte territoriale ha confermato il giudizio di penale responsabilità per il reato di cui al capo 2 C) e assolto l'imputato dal reato di cui al capo 2 D) perché il fatto non sussiste. Nel primo caso si tratta del delitto di cui agli artt. 110, 117, 479 in relazione all'art. 476, primo e comma 2, 491-bis c.p., per avere istigato la menzionata V. ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università, il superamento, da parte del medesimo F. degli esami di Economia Politica I ed Economia Politica II della Facoltà di Economia. Nel secondo si tratta del delitto di cui agli artt. 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., comma 2, per avere istigato C.A., responsabile della Segreteria della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Palermo e, dunque, di pubblico ufficiale, ad attestare falsamente nell'allegato A (documento pubblico atto a spiegare efficacia probatoria della regolarità della carriera universitaria dello studente) la regolarità della carriera universitaria, laddove il G. non aveva mai sostenuto gli esami di Istituzioni di Diritto Privato, Lingua Inglese, Economia Politica 1, Economia Politica 2 della Facoltà di Economia e la corrispondenza tra gli stessi esami, inseriti nel sistema informatico universitario Ge.Da.S. della Facoltà di Economia, e la relativa documentazione cartacea. 6.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e, in particolare, manifesta contraddittorietà tra l'intervenuta assoluzione in relazione al reato di cui al capo 2 D), concernente (anche) i due esami di cui al reato indicato nel capo 2 C), e la condanna per quest'ultimo delitto, posto che si tratterebbe di falsi commessi, sia pure ad opera materiale di diverse dipendenti pubblici, lo stesso giorno e in relazione agli stessi esami. Si aggiunge: a) che, con l'atto di appello, era stata dedotta la mancata dimostrazione di contatti tra l'imputato e le due dipendenti sopra menzionate, mentre la Corte territoriale aveva apoditticamente ipotizzato un accordo illecito e un'azione concordata di caricamento dei dati lo stesso giorno della laurea, per ridurre al minimo i rischi connessi al falso; b) che non poteva essere attribuito rilievo dirimente alla mancanza di documentazione cartacea dell'avvenuto superamento degli esami, una volta che lo stesso giudice di primo grado aveva ritenuto possibile provare aliunde l'esito positivo degli stessi; c) che, illegittimamente operando un'inversione dell'onere della prova, si era posta a carico dell'imputato la scelta di non impugnare dinanzi al giudice amministrativo la decisione del senato accademico di annullare gli esami contestati, peraltro facendo ricorso ad un dato inesatto, dal momento che l'impugnativa era stata proposta; d) che il tema del regolare svolgimento degli esami era stato sollevato con l'atto di appello, rilevando che il prof. A., docente di Politica Economica, aveva riferito che non avrebbe consentito al G. di sostenere l'esame in tale materia se non avesse accertato il superamento degli esami nelle materie propedeutiche di Economia politica 1 e 2; e) che la Corte territoriale, pur muovendo dalla premessa dell'attendibilità del teste, aveva contraddittoriamente concluso nel senso che egli si fosse, con riguardo al caso concreto, limitato a formulare delle ipotesi; f) che la Corte d'appello neppure aveva considerato il verbale n. 7 della Commissione di indagine amministrativa nel quale si prendeva atto che, per effetto dell'incompletezza della documentazione esistente, non si poteva "procedere alla verifica degli esami accertati come irregolarmente sostenuti" e che confermava, alla stregua di quanto emerso dalle dichiarazioni dei testi G., L.R., F., T. e L., le difficoltà, errori e imprecisioni registrate nel caricamento dei dati, anch'esse trascurate dalla sentenza impugnata. 6.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 476 c.p., comma 2, svolgendo considerazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle contenute nel secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse del F.. 7. Ricorso G.. Per quanto rileva, nei confronti del G. la Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in relazione ai delitti di cui ai capi 11A), 13A) e 21A-ter) per intervenuta prescrizione e confermato l'affermazione di responsabilità dello stesso in relazione ai reati di cui ai capi 11C), 13C), 21C-ter). In particolare, si tratta dei seguenti delitti che si indicano seguendo l'ordine della citazione che precede: capo 11A): delitto di cui all'art. 61 c.p., n. 2, artt. 81 cpv., 110 e 117 c.p., art. 615-ter c.p., commi 2, n. 1, e comma 3, per essersi, su istigazione dello studente universitario C.G., con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella qualità di funzionario preposto alla Segreteria Studenti presso la Segreteria Generale della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Palermo, al fine di commettere i delitti di cui al capo 11B), introdotto abusivamente nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, dell'amministrazione di appartenenza; capo 13A) delitto di cui agli artt. 61 c.p., n. 2, artt. 81 cpv., 110, 117 c.p., e art. 615-ter c.p., commi 2, n. 1, e comma 3, per essersi, su istigazione di G.F., intermediario della studentessa T.M., con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella qualità citata, al fine di commettere i delitti di cui al capo 13B), introdotto abusivamente nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, dell'amministrazione di appartenenza; capo 21A-ter): delitto di cui all'art. 61 c.p. n. 2, artt. 81 cpv., 110 e 117 c.p., art. 615-ter c.p., commi 2, n. 1 e comma 3, per essersi, su istigazione di D.S.D., con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella qualità citata, al fine di commettere i delitti di cui al capo 21B-ter), introdotto abusivamente nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, dell'amministrazione di appartenenza. I reati per i quali residua condanna sono i seguenti: capo 11C): delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 117 e 479 c.p. in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., avere, nella menzionata qualità e su istigazione del citato C., attestato falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte del predetto studente, degli esami di Analisi Matematica I e Analisi Matematica II della Facoltà di Ingegneria. capo 13C): delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., avere, nella menzionata qualità e su istigazione del G. e della T., attestato falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte di quest'ultima, degli esami di Scienza delle finanze e Diritto Finanziano", Diritto Commerciale ed Economia Politica della Facoltà di Giurisprudenza. capo 21C-ter): delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476, commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., avere, nella menzionata qualità e su istigazione del D.S., attestato falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte di quest'ultimo, dell'esame di Statistica, Società, Ambiente e Territorio della Facoltà di Economia Corso Biennale Specialistico. 7.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando che la Corte territoriale, valorizzando le dichiarazioni del teste C., il quale aveva riferito di avere trovato ordine e non caos nella segreteria e nell'archivio, non aveva considerato che l'accesso dell'ispettore era successivo all'attività di riorganizzazione imposta dal rettore L., laddove i testi che avevano avuto modo di constatare la situazione in epoca precedente ( L., D., G., L.R., F.) avevano tutti confermato una situazione di caos nella quale la possibilità di errori era del tutto giustificabile. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avevano trascurato che, mentre era emerso il coinvolgimento di terze persone nel sistema di illeciti, l'assenza di intercettazioni che riguardassero il ricorrente o di rapporti con gli studenti interessanti, il numero limitato di inserimenti operato con le sue credenziali, le stesse modalità di inserimento in un arco temporale ristrettissimo deponevano per l'esistenza di un ragionevole dubbio che, nella caotica situazione dell'ufficio, altri avesse approfittato della sua buona fede per agevolare alcuni studenti. Tale, del resto, era stata proprio la motivazione che aveva indotto a non coinvolgere nel processo V.F., che si trovava in situazione identica al G.. 7.2. Con il secondo motivo si lamentano violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 476 c.p., comma 2, con argomentazioni sostanzialmente equivalenti a quelle contenute nel secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse del F.. 8. Ricorso G.. Per quanto ancora rileva, nei confronti del G., la Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilità in relazione al reato di cui al capo 22-bis. Si tratta del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., avere istigato la V. ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte del primo, degli esami di Organizzazione Aziendale, di Economia e gestione delle imprese e Statistica della Facoltà di Economia. 8.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge in relazione alla definizione giuridica del reato, sottolineando come, al pari del libretto universitario per quanto attiene all'avvenuto superamento degli esami, alle registrazioni delle quali si tratta andrebbe riconosciuta una mera funzione certificativa, atteso il loro carattere derivativo rispetto alle attestazioni contenute nei verbali di esame. Da tali premesse discende la conseguente non configurabilità, nel caso di specie, di un atto pubblico, posto che, ai sensi dell'art. 491-bis c.p., del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 1, lett. p), degli artt. 2699 e 2700 c.c., non ogni documento informatico pubblico è un atto pubblico e non ogni documento informatico pubblico avente efficacia probatoria è un atto pubblico fidefaciente, quest'ultima rilevando, ai sensi del citato D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 20, comma 1-bis, e art. 21, solo quando il documento sia sottoscritto con firma digitale avanzata o qualificata. Il registro telematico dell'università, pertanto, aveva una mera funzione certificativa interna, al fine di consultare agevolmente la carriera dello studente, in vista del rilascio, previa verifica di un atto successivo -il cd. allegato A -, attestante la regolarità della stessa carriera. 8.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale: a) superato l'obiezione difensiva relativa all'assenza di contatti tra il G. e la V., valorizzando l'accordo con l'intermediario G. del quale non è traccia nel capo di imputazione; b) eluso il tema della sussistenza dei requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per la sussistenza della responsabilità ai sensi dell'art. 117 c.p.; c) trascurato di considerare che la possibilità di intromissioni abusive in sistemi informatici rende del tutto superata la regola per la quale l'impiego della chiave di accesso e della password garantiscano la paternità delle operazioni. 8.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge per avere la Corte territoriale omesso di confrontarsi con le censure difensive che avevano valorizzato, anche alla luce delle conclusioni della sentenza irrevocabile resa dalla medesima Corte d'appello, all'esito di giudizio abbreviato, in relazione alla posizione di altri coimputati, l'assoluto disordine organizzativo nel quale versava la segreteria universitaria. Con distinta articolazione, si censura l'assenza di motivazione per la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 117 c.p. e delle circostanze attenuanti generiche. Si conclude rilevando come, a fronte dell'epilogo decisorio relativo agli addebiti penali, l'importo del risarcimento è stato incongruamente diminuito soltanto nella misura di un terzo. 9. Ricorso N.. Nei confronti della ricorrente la Corte d'appello ha confermato l'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 9C). Si tratta del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., per avere istigato, in concorso con il G., la V. ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte della ricorrente, degli esami di Scienza delle Costruzioni, Tecnica del Controllo Ambientale, Impianti Tecnici, Infrastrutture per la Mobilità ed i Trasporti, Laboratorio di Costruzioni dell'Architettura, Statica e Istituzioni di Matematiche I della Facoltà di Architettura. 9.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale omesso di confrontarsi con le doglianze espresse nell'atto di appello. 9.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all'art. 117 c.p.. 10. Ricorso T.. Nei confronti del T. la Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere in relazione ai reati di cui ai capi 6) (recte: 6C e 6D). Si tratta: 1) del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p., per avere istigato la V. ad attestare falsamente nel registro informatico dell'Università il superamento, da parte del ricorrente degli esami di Sociologia, Statistica 1, Microeconomia, Statistica 2, Macroeconomia e Politica economica, Statistica economica e metodi statistici di valutazione e Scienza delle Finanze della Facoltà di Economia (capo 6C) e, nell'allegato A), la regolarità della carriera universitaria del T., che mai aveva superato gli esami sopra indicati, e la corrispondenza tra gli stessi esami, caricati nel sistema informatico universitario Ge.Da.S e la relativa documentazione cartacea (verbali e statini di esame) (capo 6D). 10.1 Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale erroneamente fatto riferimento, a seguito del maturare del termine di prescrizione, al principio della non evidenza della sussistenza di cause di proscioglimento di cui all'art. 129 c.p.p., comma 2, pur in presenza di condanna risarcitoria in favore della parte civile. 10.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale eluso le questioni sollevate con l'atto di appello, attraverso la valorizzazione, in relazione ai vari esami di cui al capo di imputazione, di documenti e deposizioni (testi G.G., G.G., P.C.), la dichiarazione scritta di G.G., l'assenza di accertamenti amministrativi con riferimento all'esame di Scienza delle Finanze. Si aggiunge che la Corte territoriale: a) aveva trascurato di considerare la rilevanza del contenuto del piano di studi riportante la data della Delib. 23 gennaio 2007, la deposizione del teste A. e la dimostrazione documentale che il libretto universitario era stato consegnato all'amministrazione e che per questo non era stato prodotto dal ricorrente; b) aveva omesso di trarre le conseguenze dell'accertamento operato dalla sentenza resa dalla medesima Corte d'appello, con riguardo alla posizione di altri imputati giudicati a seguito di rito abbreviato, quanto al caos organizzativo nel quale versava l'Ateneo palermitano; c) aveva ritenuto che il T. non avesse impugnato la delibera del senato accademico di annullamento degli esami, quando, al contrario, era divenuta irrevocabile la decisione del giudice amministrativo che aveva annullato il provvedimento. 11. All'udienza del 14 luglio 2023 si è svolta la trattazione orale del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. L'esigenza di una trattazione unitaria di alcune questioni comuni ai vari ricorsi rende opportuna una premessa articolata in due sottopunti dedicati rispettivamente ai profili del calcolo della prescrizione e della qualificazione del sistema sul quale sono state eseguite le annotazioni ritenute false. 1.1. Sotto il primo profilo, occorre considerare che il termine di prescrizione dei reati per i quali ancora permane condanna penale (tutti riconducibili al delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 117 e 479 in relazione all'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 491-bis c.p.) va individuato, una volta confermata, per quanto si vedrà subito infra, la qualificazione giuridica del fatto recepita dai giudici di merito, in dodici anni e mezzo, ai sensi degli artt. 157 c.p., comma 1 e art. 161 c.p., comma 2. Si registra, inoltre, la sospensione della prescrizione per due richieste consecutive di rinvio per adesione dei difensori all'astensione proclamata dagli organismi di categoria: dal 14 marzo 2018 al 27 giugno 2018 e dal 27 giugno 2018 al 24 ottobre 2018, per un totale di 224 giorni. Ritiene, invece, il Collegio, di non considerare i sessantaquattro giorni di cui al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, alla luce delle condivise conclusioni cui è giunta Sez. 5, n. 2647 del 29/09/2021, dep. 2022, Fava, Rv. 282431 - 0. Si e', infatti, ritenuto che siffatta sospensione si applica ai soli procedimenti, in corso nel periodo di riferimento, in cui siano stati effettivamente operanti termini procedurali per il compimento di specifici atti e non operi nella fase intercorrente tra il deposito dell'impugnazione avverso la sentenza di primo grado e l'emissione del decreto di citazione per il giudizio di appello: ciò che, nel caso di pluralità di imputati, ha evidentemente riguardo, rispetto all'esigenza di unitaria trattazione dell'impugnazione, all'ultimo degli atti di appello. Ora, anche a limitare la considerazione, per semplicità argomentativa, agli atti di appello degli odierni ricorrenti, si osserva che l'atto di impugnazione del G. è stato depositato in data 20 maggio 2020, in epoca successiva, quindi, all'11 maggio 2020. 1.2. Sulla seconda questione si osserva quanto segue. L'art. 491-bis c.p. dispone che, se alcuna delle falsità previste dal capo III del titolo VII del libro II del codice riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in materia di falsità ideologica o materiale la previsione di cui all'art. 491-bis c.p. riguarda tanto l'ipotesi in cui il sistema informatico sia supportato da riscontro cartacee quanto quella in cui sia del tutto sostitutivo di quest'ultimo (Sez. 5, n. 12576 del 29/01/2013, Magri, Rv. 255379 - 01). Siffatta decisione ha chiarito (v. Sez. 5, n. 14486 del 21/02/2011, Marini, Rv. 249858 - 0; in tema di falso ideologico, si veda Sez. 5, n. 43512 del 16/11/2010, Catrambone, Rv. 249145 - 01: il reato di falso ideologico in atto pubblico è configurabile anche in relazione agli atti "interni", a condizione che gli stessi siano tipici o si inseriscano in un iter procedimentale prodromico all'adozione di un atto finale destinato ad assumere valenza probatoria di quanto in esso esplicitamente od implicitamente attestato) che la nozione di atto pubblico comprende, non solo gli atti destinati ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e P.A., ma anche gli atti c.d. interni. Tali devono intendersi sia quelli destinati a inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, che quelli che si collocano (come nella specie) nel contesto di una complessa sequela procedimentale, conforme o meno allo schema tipico e ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. Questa Suprema Corte ha già avuto modo, poi, di precisare che l'archivio informatico di una Pubblica Amministrazione debba essere considerato alla stregua di un registro (costituito da materiale non cartaceo) tenuto da un soggetto pubblico, con la conseguenza che la condotta del pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni e facendo uso dei supporti tecnici di pertinenza della P.A., confezioni un falso atto informatico destinato a rimanere nella memoria dell'elaboratore, integri una falsità in atto pubblico, a seconda dei casi, materiale o ideologica (artt. 476 e 479 c.p.), ininfluente peraltro restando la circostanza che non sia stato stampato alcun documento cartaceo (v. Sez. 5, n. 32812 del 18/06/2001, Balbo, Rv. 219945 - 0; Sez. 5, n. 11930 del 27/01/2005, Occhetta, Rv. 231706 - 0; Sez. 5, n. 45313 del 21/09/2005, De Marco, Rv. 232735 - 0). Alla stregua di quanto precede, può allora affermarsi il principio di diritto secondo cui la previsione dell'art. 491-bis c.p. riguardi tanto l'ipotesi in cui il sistema informatico sia supportato da riscontro cartaceo quanto quella in cui sia del tutto sostitutivo dello stesso, ricomprendendo, in entrambi i casi, le due distinte articolazioni della fattispecie penale: l'ipotesi che la falsità riguardi direttamente i dati o le informazioni dotati, già in sé, di rilevanza probatoria e l'ipotesi che riguardi, invece, contesti programmatici specificamente destinati ad elaborare dati ed informazioni, come prescritto dall'ultima parte della stessa norma sostanziale. La soluzione è in linea con le conclusioni di Sez. 5,n. 15535 del 06/03/2008, Abrami, Rv. 239485 - 01, secondo cui integra il reato di falso ideologico commesso dal privato su documento informatico pubblico (artt. 483 e 491-bis c.p.), la condotta di colui che inserisca dati relativi al superamento di esami mai sostenuti su un supporto informatico, concernente il proprio curriculum universitario, che abbia funzione vicaria dell'archivio dell'Università e, pertanto, destinazione potenzialmente probatoria, quanto meno provvisoria, considerato che, ai fini della configurazione del reato in questione, l'art. 491-bis c.p. equipara espressamente il supporto informatico a quello cartaceo. Ciò posto, la nozione dettata dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 1, comma 1, lett. p), recante il Codice dell'amministrazione digitale, si limita a ribadire che per documento informatico s'intende il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Ne discende che la natura del documento, ai fini dell'accertamento della sussistenza o non degli elementi costitutivi delle fattispecie incriminatrici, va apprezzata alla luce delle regole generali e tenendo conto delle peculiarità dei registri dei quali si tratta. A quest'ultimo proposito, la sentenza di primo grado ha chiarito, alla luce delle risultanze istruttorie, che il MIUR, Ministero dell'Istruzion. e dell'Università e Ricerca Scientifica, aveva disposto dover essere introdotto in tutte le Università italiane nel 2006 il sistema telematico (Omissis), Sistema di Segreteria Studenti, predisposto per la gestione di tutti i dati delle carriere degli studenti delle università, dall'immatricolazione fino alla laurea. In sintesi, l'operatore della segreteria, prima di procedere al caricamento dell'esame nell'applicazione (Omissis), doveva verificare la corrispondenza dei dati dello statino con quelli del verbale dello stesso esame e doveva quindi siglare lo statino. Quest'ultimo veniva poi riposto nel fascicolo personale dello studente; i verbali venivano conservati dapprima presso la Segreteria competente e, poi, rilegati per sezione e per anno accademico, e quindi sistemati definitivamente. Lo studente che intendeva sostenere l'esame di laurea doveva accedere al sito dell'Università, aprire il modulo per la domanda di ammissione all'esame di laurea, compilarlo inserendovi l'elenco dettagliato degli esami sostenuti con i voti conseguiti, autocertificando tutto ciò, dopo aver verificato l'anno di corso, il codice, il credito formativo e la denominazione dell'insegnamento, la data e il voto di ciascun esame. L'operatore della Segreteria della facoltà, a sua volta, doveva controllare il contenuto di tale domanda e il responsabile della medesima Segreteria doveva verificare il titolo scolastico pregresso, l'avvenuto pagamento delle tasse universitarie, che nel fascicolo personale fossero presenti tutti gli statini degli esami indicati nell'autocertificazione dello studente, l'esistenza dei verbali di esame e solo a quel punto sottoscrivere il c.d. Allegato A, attestante la regolarità della carriera dello studente. L'Allegato A veniva poi inviato, a cura della stessa Segreteria, alla Commissione di laurea. Ora, un dato di fondo, sottolineato dalla sentenza di primo grado in altro luogo della motivazione, è che l'Allegato A era il documento cartaceo prodotto attraverso il computer, in tal modo confermando la rilevanza integralmente sostitutiva delle registrazioni rispetto agli originari documenti cartacei. Ne discende che, indipendentemente dalla sempre possibile verifica della corrispondenza tra situazione cartolare e quella informatica, il registro era destinato a riprodurre esattamente i dati emergenti dallo statino e dal verbale, con conseguente assunzione della medesima natura di tali atti. E, del resto, proprio la maggiore rapidità di consultazione e lo stato di possibile disordine nella gestione della documentazione cartacea non fanno che rafforzare il convincimento sulla natura sostanzialmente (oltre che formalmente) riproduttiva delle registrazioni nel sistema telematico rispetto ai dati riportati negli statini e nei verbali. Questa Corte ha puntualizzato che al libretto universitario deve riconoscersi natura di atto pubblico fidefacente limitatamente alle attestazioni relative alla frequenza dello studente alle lezioni e, invece, natura meramente certificativa con riguardo alle attestazioni concernenti l'avvenuto superamento degli esami, atteso il carattere derivativo di queste ultime dai verbali di esame, che costituiscono gli atti pubblici originali: Sez. 5, n. 44022 del 28/05/2014, Ingenito, Rv. 260770 - 01. Tuttavia, la ragione per la quale la riproduzione nel registro informatico dei dati emergenti dallo statino e dal verbale di esame non può essere equiparata alle indicazioni del libretto universitario scaturisce dal rilievo che, in tema di atti pubblici, tra i documenti originali e quelli derivativi si interpone una categoria di documenti, che sono formalmente derivativi, ma sostanzialmente originali: formalmente derivativi, in quanto riproducono fatti giuridici emergenti da altri documenti, sostanzialmente originali in quanto, sia pure a mezzo dei fatti riprodotti, comprovano e rappresentano un fatto giuridico nuovo, avente una propria individualità, una propria autonomia, nonché propri effetti giuridici (Sez. 5, n. 4977 del 02/03/1982, Guelfi, Rv. 153700 - 01, con riguardo ai registri della carriera scolastica universitaria). Ora, la funzione del registro informatico del quale si tratta era proprio quella di riprodurre il contenuto dei verbali d'esame, all'esito di una verifica di corrispondenza effettuata dall'operatore rispetto alla documentazione cartacea: tutto ciò non in vista della realizzazione di una funzione certificativa del contenuto degli stessi verbali, ma proprio come riproduzione informatica del loro contenuto e della loro efficacia e in vista della realizzazione dell'effetto di rappresentare la base più spedita di accertamento dei dati rilevanti della carriera studentesca e, al fine, nel regime che ha preceduto l'informatizzazione delle verbalizzazione delle risultanze dell'esame, di rendere omogenea la riproduzione informatica dei dati precedentemente emergenti dalla base cartacea. Tutto ciò ferma restando l'idoneità delle registrazioni a produrre l'Allegato A. Ne discende che il rilievo assegnato nelle prospettazioni difensive all'essere il registro del quale si tratta un data base non coglie nel segno, nel senso che esalta il profilo - certamente esatto - dell'essere il registro un insieme di dati organizzati e archiviati elettronicamente in un sistema informatico, ma trascura di soffermarsi sulle modalità di raccolta dei dati e sulla loro funzione, come se si assumesse che un atto notarile non consiste in altro che in fogli di carta sui quali sono riprodotti dei dati. Ora, il significato dell'introduzione dell'art. 491-bis c.p. nel nostro ordinamento è stato quello di estendere l'applicazione delle fattispecie sulle falsità relative ai documenti pubblici ai documenti informatici pubblici, in tal modo individuando il bene giuridico protetto nel valore probatorio dei dati informatici. Siffatta conclusione si correla alla puntualizzazione per quale l'estensione riguarda il "documento informatico pubblico avente efficacia probatoria": un'efficacia che, nel caso di specie, scaturisce proprio dalla generazione - per effetto dei dati inseriti nel sistema - dell'atto destinato a documentare la carriera scolastica dello studente. Incidentalmente si osserva che una conferma di tale ricostruzione si trae da quelle vicende nelle quali la falsa registrazione è avvenuta proprio il giorno della seduta di laurea (un esempio è la vicenda del G.): ciò che sarebbe stato del tutto inutile se la carriera scolastica fosse stata documentata dagli atti cartacei in precedenza redatti. In tal modo dimostrata la certa natura pubblica del documento informatico e la sua rilevanza probatoria equivalente a quella degli atti pubblici il cui contenuto è stato riprodotto, va aggiunto che le regole di predisposizione dei documenti pubblici informatici e di riconducibilità ad un autore sono state varie nel tempo a misura dell'evoluzione tecnologica e ruotano tutte attorno ad un criterio funzionale: l'idoneità delle specifiche tecniche ad assicurare l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento se non con procedure obiettivamente verificabili. Ne discende che risulta fuori fuoco il richiamo alle conseguenze oggi previste dal legislatore per il caso di comunicazione via p.e.c. in caso di mancanza di firma digitale valida, così come il profilo della mancata sottoscrizione, soprattutto alla luce del fatto che, all'epoca in cui la vicenda si è sviluppata, il D.Lgs. n. 82 del 2005 regolava in modo variegato il tema della firma elettronica, oggi disciplinata unitariamente dalla lett. s) del comma 1 dell'art. 1), prevedendo alle lett. q), r) e s), la firma elettronica, la firma elettronica qualificata e la firma digitale. La mancata sottoscrizione digitale del registro è pertanto un tema che viene dedotto in termini generici, una volta che le modalità procedimentali consentivano l'accesso solo ad operatori univocamente identificati (che, infatti, sono stati puntualmente individuati, come si vedrà) e l'inserimento di dati secondo processi destinati a garantire l'esatta riproduzione del contenuto rilevante del documento originale, ai fini dell'elaborazione dell'Allegato A. Dalle superiori considerazioni discende che le doglianze che verranno di seguito esaminate, in relazione a tale questione, devono ritenersi infondate, con le conseguenze che si diranno. 2. Ricorso C.. 2.1. Il primo motivo e', nel suo complesso, infondato. Occorre premettere che, nonostante il decorso del termine di prescrizione, la Corte d'appello avrebbe dovuto vagliare in termini pieni le censure che investivano l'attribuzione al C. dei fatti generatori della responsabilità civile. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273 - 01 hanno infatti chiarito che, all'esito del giudizio, il proscioglimento nel rnerito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l'impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2. Erroneamente, pertanto, la Corte territoriale evoca il principio dell'evidenza della sussistenza di cause di proscioglimento di cui all'art. 129 c.p.p., comma 2. L'errore giuridico non è oggetto di uno specifico motivo di impugnazione, che, invece, investe, nella sostanza, l'apparato giustificativo della decisione. In ogni caso, non si tratta di vizio decisivo, ai sensi dell'art. 619, comma 1, c.p.p., dal momento che la sentenza impugnata comunque richiama esplicitamente gli elementi posti dal primo giudice a fondamento della affermazione di responsabilità (testualmente: "gli specifici contenuti delle conversazioni intercettate con il T., le risultanze oggettive degli accertamenti della P.G. sul caricamento dalla postazione della V. ed il rilievo che, nei confronti del C., la commissione di indagine ha disposto l'annullamento sia dell'esame di "Economia Politica II" che del "titolo di laurea", e che lo stesso C., con un contegno che assume evidentemente un significato confessorio, ha dichiarato di avere nuovamente sostenuto i suddetti esami, dopo i loro annullamenti da parte della Commissione"). Si osserva, al riguardo, che le allarmate conversazioni tra il T. e il C. indicate in primo grado in coincidenza con il diffondersi delle notizie sulle indagini, il ruolo del primo e del G. nel complessivo sistema finalizzato ad agevolare gli studenti attraverso il falso inserimento di dati nel sistema informatico dell'università, il mancato rinvenimento dello statino d'esame (laddove, in altro caso, quello concernente l'esame di Economia Politica I, lo statino, pur con modalità singolari, è emerso), il fatto che il ricorso deduce genericamente (genericamente, nel senso che indica le fonti ma non il loro contenuto) una situazione di disordine organizzativo che la sentenza di primo grado ha smentito non tanto nella sua esistenza quanto nella sua idoneità a giustificare la specifica tipologia di falsi emersi (pag. 52: Si è anticipato che i difensori hanno insistito sul disordine e la disorganizzazione che vigeva all'interno delle segreterie delle facoltà dell'università degli Studi di Palermo, relativamente alle registrazione al sistema informatico dei dati registrati sugli statini e i verbali degli esami e sulla tenuta degli archivi, dove si custodivano i fascicoli personali degli studenti. Ripete il Tribunale, che tale prospettazione, esaminando con attenzione le risultanze a carico dei singoli imputati e raffrontandole tra di loro si rivela del tutto suggestiva. I dati che emergono non hanno alcun coerenza con l'ipotesi del caos organizzativo e della fallacia del sistema informatico. Oltretutto l'ispettore C. ha dichiarato di avere trovato presso la Segreteria e l'archivio ordine (v. esame del teste di Pg C.G.). I dati che si passa ad esaminare dimostrano che, nella fattispecie, i mancati rinvenimenti di alcuni fascicoli personali o di statini e o di verbali d'esame ( T.M., T., N., G., C. e altri), sono agevolmente riconducibili a manipolazioni compiute ad hoc, per cercare di eliminare le tracce delle falsificazioni più eclatanti o tangibili), e alla quale la sentenza dedica il par. 3.2. In particolare e, in sintesi, la sentenza impugnata ha razionalmente rilevato, su un piano generale (destinato poi a colorarsi in termini diversi per ciascun imputato in relazione alle peculiarità del caso di specie) che, partendosi da un dato oggettivo come premessa logica possibile (il "caos organizzativo"), si raggiunge un risultato finale logicamente insostenibile ed impossibile (un perfetto ordine materiale nella falsificazione degli esami a beneficio sempre degli stessi studenti che, a conferma dell'utilità tratta dalle stesse falsificazioni, in realtà, o non avevano mai sostenuto quegli esami o li avevano superati con un voto inferiore). All'interno della dedotta situazione di disorganizzazione, peraltro, la sentenza impugnata ha puntualmente sottolineato come non sia stata la possibilità di riscontrare caricamenti erroneamente omessi, in relazione ad esami universitari effettivamente sostenuti dagli stessi studenti oggi imputati o da altri magari laureati da anni; oppure caricamenti erroneamente ripetuti, a fronte di esami anch'essi effettivamente sostenuti e risultanti dai verbali della commissione d'esami (ed è del tutto generica la contraria asserzione contenuta in ricorso senza alcun esempio specifico); o caricamenti di esami per errore a vantaggio di uno studente anziché di un altro: circostanze queste che avrebbero potuto far pensare ad inadempienze o disfunzioni della segreteria dovute ad errori nel caricamento dei dati come conseguenza del caos organizzativo. Gli ulteriori elementi sui quali si concentra il ricorso, quali, ad esempio; il rilievo assegnato al fatto che il ricorrente abbia ripetuto l'esame o le criticità organizzative sulle quali hanno deposto alcuni testi, sono del tutto privi di decisività, rispetto alla logica stringente che sostiene le conclusioni dei giudici di merito Tutto ciò, con riferimento alla posizione del C. vale non a individuare un elemento di riscontro all'ipotesi accusatoria (posto che gli è stato attribuito un unico episodio), ma soltanto a smentire l'efficacia demolitiva dei restanti indizi che si pretende di trarre dal denunciato caos. Ne' elementi in senso contrario possono trarsi dalla vicenda dell'assoluzione in altro processo, dal momento che del tutto genericamente si prospetta una identità della base probatoria, insussistente in senso tecnico, data la diversità dei fatti. In tal modo superati i rilievi difensivi, la questione della sussistenza dell'elemento soggettivo resta saldamente ancorata all'univoco interesse del ricorrente alla falsificazione. 2.2. Il secondo motivo è infondato, dal momento che, secondo quanto emerge in modo non equivoco dalla sentenza di primo grado (v., in particolare, pag. 90), viene in rilievo una liquidazione equitativa di danni non patrimoniali per il pregiudizio all'immagine, all'interesse al corretto governo della didattica e alla funzione istituzionale dell'università di promozione dell'avanzamento culturale e morale della comunità. Ora, in questa prospettiva, la conferma delle statuizioni civili da parte della sentenza impugnata va correlata, sul piano argomentativo, proprio al tipo di valutazione del pregiudizio quale emerge dal complesso della motivazione. E, in questa prospettiva, va ribadito che, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (Sez. 5, n. 7993 del 09/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280495 02). D'altra parte, proprio il tipo di pregiudizio sopra ricordato rende privi di conducenza i rilievi del ricorso, peraltro del tutto generici, quanto al fatto che altri imputati sarebbero stati condannati per il medesimo importo, nonostante l'attribuzione di fatti più gravi, per quantità o qualità. 3. Ricorso G.. 3.1. Il primo motivo è inammissibile. Il criterio dell'interesse - che peraltro è non solo univocamente riferibile al solo imputato, ma anche sorretto dal contesto del sistema di favori descritto nelle due sentenze, incompatibile con errori casuali a favore di qualcuno e, addirittura, ha riguardato tre esami, in assenza di qualunque documentazione che rendesse plausibile l'ipotesi del mero errore materiale - si accompagna non ad un ordinario e tollerabile scarto temporale, ma ad un divario di svariati anni tra l'asserito svolgimento dell'esame e la sua registrazione, del tutto incompatibile con le ordinarie necessità burocratiche. Infatti, tra le date in cui i falsi esami mai sostenuti dal G. - ciò che non è controverso - sono stati inseriti con le credenziali della V. nel registro informatico (15 aprile 2010 e 23 giugno 2010) e le date in cui sarebbero stati sostenuti gli esami (4 luglio 2002, 28 aprile 2004 e 28 giugno 2006) emerge uno scarto temporale eccessivamente ampio che avrebbe dovuto a maggior ragione giustificare la verifica di corrispondenza con i contenuti dei verbali della Commissione d'esami (in realtà, come emerso dalle indagini, inesistenti). Si tratta invero di uno scarto temporale contrario ad ogni logica e persino alla tesi del "caos organizzativo" (anch'essa contrastata nella sentenza impugnata con considerazioni che sono rimaste prive di specifica contestazione), anche alla luce delle dichiarazioni testimoniali del responsabile della segreteria che, in sede di esame dibattimentale, ha dichiarato che gli statini, accumulati in sacchi, venivano spesso caricati con molto ritardo, ma non oltre l'anno. 3.2. Il secondo motivo è infondato, alla luce delle considerazioni svolte supra sub 1.2. Ciò posto, si osserva che le date in cui sono avvenuti i caricamenti contestati date non oggetto di alcuna doglianza - sono rappresentate dal 15 aprile 2010 e dal 23 giugno 2010. Alla luce di quanto rilevato supra sub 1.1., il delitto consumato nella data più risalente si è estinto per prescrizione in data 30 luglio 2023, mentre quello più recente si sarebbe estinto il 4 agosto 2023. Tuttavia, fermo il necessario annullamento senza rinvio in relazione al primo, per il secondo non è possibile procedere alla rideterminazione della pena, ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. I), c.p.p., dal momento che, nonostante si tratti di fatti distinti (come confermato dal richiamo all'art. 81, comma 2, c.p., nel capo di imputazione), la Corte territoriale ha determinato una pena in modo indistinto. Ne segue la necessità del rinvio al giudice del merito perché provveda ad individuare la pena per il reato residuo. ò In ogni caso, va ribadito che l'annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione ai soli fini della rideterminazione della pena comporta la definitività dell'accertamento del reato e della responsabilità dell'imputato, sicché la formazione del giudicato progressivo impedisce in sede di giudizio di rinvio, di dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 2, n. 4109 del 12/01/2016, Serafino, Rv. 265792 - 01). 4. Ricorso F.. 4.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, poiché non è esatto che la Corte d'appello abbia affrontato in termini apodittici la questione del caos organizzativo, come confermato dai puntuali rilievi ricordati supra sub 2.1. cui si rinvia per economia di trattazione. A ciò deve aggiungersi il dato - privo di qualunque plausibile spiegazione - di un piano di studi del F. rinvenuto presso l'abitazione di una delle protagoniste del sistema avente ad oggetto l'inserimento di dati falsi. Il punto non è costituito, all'evidenza, dall'esatta corrispondenza dei numeri annotati a penna sul piano di studi con quelli risultanti nell'archivio (Omissis), posto che non esisteva alcun vincolo logico a riprodurre i primi nei secondi, ma il fatto che quel piano si trovasse in un luogo nella disponibilità della V. e che i dati inseriti fossero sistematicamente non corrispondenti (e in melius) rispetto a quelli registrati negli statini d'esame. 4.2. Il secondo motivo del ricorso è infondato, alla luce delle considerazioni sopra svolte sub 1.2. In tale contesto, ricostruito alla stregua della normativa generale e delle caratteristiche della procedura di trasmigrazione, quali argomentatamente ricostruite dalle sentenze di merito, le singole frammentarie menzioni di alcune dichiarazioni testimoniali sono prive di specificità e non incidono sulla logicità del tessuto motivazionale. 4.3. L'infondatezza del secondo motivo comporta l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione e il conseguente assorbimento delle doglianze, sviluppate nel terzo motivo, con riguardo alla dosimetria della pena. Infatti, alla luce di quanto detto supra sub 1.1. e tenuto conto del tempus commissi delicti (31 marzo 2010), il reato si è estinto per prescizione in data 12 maggio 2023. Il rigetto complessivo dei motivi sull'affermazione dei presupposti della responsabilità civile comporta il rigetto del ricorso agli effetti civili e la conseguente soccombenza rispetto alla parte civile. 5. Ricorso G.. 5.1. Il primo motivo è inammissibile per assenza di specificità, poiché, in un contesto di denunciati disordini organizzativi il cui significato sistematico è stato razionalmente apprezzato dalla Corte territoriale con i rilievi svolti supra sub 2.1, come l'humus nel quale, un sistema collaudato tra alcuni dipendenti infedeli ha consentito di realizzare falsificazioni a vantaggio degli studenti, il ricorso omette di confrontarsi con un dato, valorizzato nella sentenza di appello, secondo cui lo stesso imputato aveva riconosciuto che i due esami indicati nel residuo capo di imputazione 2C) non erano stati, per ragioni incomprensibili, riportati sul libretto. Ne discende che, impregiudicata l'astratta metodica di verifica del prof. A., non è dato comprendere in che modo sarebbe stata, nel caso specifico del ricorrente, operata la verifica dell'avvenuto superamento dei due esami. Questa logica considerazione della sentenza impugnata è rimasta priva di replica. Peraltro, le risultanze del verbale della commissione amministrativa, quali che ne siano le conclusioni, comunque non possono, in difetto di altre specificazioni, essere lette isolatamente, senza considerare l'avvenuto annullamento dell'esito degli esami. Che poi vi sia stata o non impugnativa è un dato, ancora una volta, irrilevante (e, infatti, la sentenza menziona l'assenza di ricorso come un argomento ad abundantiam). Il cuore della questione è che, nel sistema del quale s'e' detto e, a fronte della stranezza della mancata registrazione nel libretto dei due esami inseriti in limine nel registro informatico, emergono prove univoche del fatto che gli esami stessi non siano mai stati sostenuti. Il tema dell'assoluzione dal reato di cui al capo 2D) è poi totalmente inconducente, poiché la ragione del proscioglimento non dipende dall'accertamento di fatti incompatibili con la condanna per il reato di cui al capo 2C), ma con il fatto che l'assoluzione, in separato processo, della persona indicata nel capo di imputazione come l'autrice materiale dei falsi su istigazione del G., ha indotto la Corte territoriale ad escludere, in forza del principio di correlazione con la contestazione, la possibilità di una condanna del ricorrente stesso. 5.2. La doglianza di cui al secondo motivo e', per le ragioni indicate supra sub 2.2, infondata. Ciò posto, alla luce dei rilievi svolti sub 1.1. e del tempus commissi delicti (31 marzo 2010), il reato ascritto si è estinto per prescrizione in data 12 maggio 2023. Ne segue l'annullamento senza rinvio agli effetti penali, mentre la conferma dei presupposti per l'affermazione della responsabilità civile comporta il rigetto del ricorso agli effetti civili e la conseguente soccombenza rispetto alla parte civile. 6. Ricorso G.. 6.1. La doglianza è inammissibile, per assenza di specificità, in quanto reitera considerazioni argomentatamente esaminate dai giudici di merito con motivazione che non esibisce alcuna illogicità. Innanzi tutto, occorre rinviare alle considerazioni di carattere generale riassunte supra sub 2.1. del presente Considerato in diritto a proposito degli inverosimili esiti del caos disorganizzativo sul quale anche il ricorrente insiste. In altri termini, la sentenza impugnata non esclude affatto che il disordine esistesse (si legge, infatti in termini inequivoci che il caos organizzativo sotto certi profili è emerso in dibattimento) ma osserva, per ragioni di ordine logico sopra riassunte, che esso non appare in grado di sconfessare i plurimi e convergenti elementi di fatto dimostrativi della responsabilità degli imputati. Per quanto specificamente riguarda il ricorrente, la Corte territoriale ha valorizzato: a) la personalità e la segretezza della password come pure i ristretti limiti temporali previsti alla fine di ogni sessione di lavoro per dovere inserire nuovamente la password; b) l'assenza di qualunque iniziativa del G. per impedire abusivi utilizzi della propria postazione; c) la pluralità e la coincidenza temporale dei caricamenti fraudolenti per la T. e il ripetersi a distanza di nove giorni della stessa situazione per il C.; d) l'inverosimiglianza di ipotesi alternative dell'utilizzo delle credenziali del G. da parte di terzi e, in particolare, della V., della C. o del G., dal momento che le prime due utilizzavano spregiudicatamente le proprie password per accedere al sistema informatico e compiere i falsi caricamenti degli esami, mentre il terzo, avendo libero accesso ai favori delle prime, non aveva motivo di correre il rischio di essere sorpreso ad utilizzare illegittimamente le credenziali del ricorrente; e) che priva di qualunque sostegno di verosimiglianza è la possibilità che altri studenti potessero accedere alle credenziali del G.; f) il fatto che il (Omissis), allorquando la Polizia giudiziaria si era recata a casa della V. per eseguire nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari, era stato rinvenuto nello studio dell'indagata un quaderno in cui la stessa V. aveva annotato come promemoria sette punti afferenti ai controlli informatici che riguardavano, non a caso, proprio lei, la C. e il G.. Si tratta di un impianto che non esibisce alcuna illogicità e rispetto al quale il ricorso indica brani di deposizioni o di conversazioni che, per la loro frammentarietà, rimangono assolutamente privi di correlazione con l'apparato argomentativo. Al riguardo, va ribadito che (v., di recente, Sez. 5, n. 17568 del 22/03/2021) è estraneo all'ambito applicativo dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per "brani" né fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv. 236540; conf. ex plurimis, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa (Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv. 234605; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, Bruzzese, Rv. 235510). Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugnato, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167). 6.2. Il secondo motivo è infondato per le stesse ragioni sviluppate supra sub 2.2. Ciò comporta l'estinzione dei reati per prescrizione, dal momento che, alla luce di quanto detto supra sub 1.1. e del tempus commissi delitti (rispettivamente, capo 11C): 25 marzo 2010; capo 13C): 16 marzo 2010; capo 21C-ter): 27 gennaio 2010), il termine è maturato, rispettivamente, in data 7 maggio 2023, 28 aprile 2023 e 8 aprile 2023. Ne segue l'annullamento senza rinvio agli effetti penali, mentre la conferma dei presupposti per l'affermazione della responsabilità civile comporta il rigetto del ricorso agli effetti civili e la conseguente soccombenza rispetto alla parte civile. 7. Ricorso G.. 7.1. Il primo motivo del ricorso è infondato per le ragioni indicate supra sub 1.2. 7.2. Il secondo motivo è inammissibile, per manifesta infondatezza e assenza di specificità. Secondo la ferma giurisprudenza di questa Corte, la violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza è ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione (Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, Saracino, Rv. 284713 - 02). Nel caso di specie, la menzione del collegamento tra l'imputato e l'intermediario G. non altera i contorni del fatto nella misura in cui rappresenta un elemento che individua un (peraltro non necessario) segmento fattuale idoneo a corroborare l'esistenza di un accordo che si desume essenzialmente sul piano logico dell'interesse del ricorrente e del sistema di falsificazioni del quale la V. ha dimostrato di essere protagonista. Ciò posto, dopo avere ribadito che i cenni congetturali all'esistenza di forme di hackeraggio sono di assoluta genericità e sostanzialmente elusivi del confronto puntuale con la motivazione delle sentenze dei giudici di merito, si osserva che la critica basata sulla rilevanza che assumerebbe l'art. 117 c.p. non assume rilievo decisivo, ancor meno in quanto, per effetto della ritenuta (mera) infondatezza del primo motivo di ricorso, il reato si è estinto per prescrizione. Infatti, tenuto conto di quanto rilevato supra sub 1.1. del tempus commissi delicti (24 luglio 2009), il delitto si è estinto in data 6 ottobre 2022. Residuando da decidere sui presupposti della responsabilità civile, si osserva che il tema sollevato in relazione all'art. 117 c.p. perde la sua rilevanza, dal momento che, come reso palese dalle sentenze di merito, l'improprio richiamo a tale previsione codicistica è sempre stato inteso come destinato ad esprimere il concorso dell'extraneus nel reato proprio. Tutto ciò, venuta meno la prospettiva penalistica, non ha, come si diceva rilievo, poiché si tratta di verificare se ricorrano o non i presupposti dela responsabilità civile. E, da questo punto di vista, le considerazioni svolte dai giudici di merito non esibiscono alcuna illogicità. Ne segue l'annullamento senza rinvio agli effetti penali, mentre la conferma dei presupposti per l'affermazione della responsabilità civile comporta il rigetto del ricorso agli effetti civili e la conseguente soccombenza rispetto alla parte civile. 8. Ricorso N.. 8.1. Il primo motivo e', nel suo complesso, infondato, dal momento che, ferma l'assoluta genericità delle censure che investono l'affermazione di responsabilità della ricorrente e che non si confrontano in alcun modo con le argomentazioni sviluppate dalla Corte territoriale, resta la mera infondatezza delle questioni relative al tema della natura degli atti dei quali si tratta, secondo quanto puntualizzato sub 1.2. Ciò posto, tenuto conto di quanto indicato supra sub 1.1. e del tempus commissi delicti (dal 4 settembre 2006 al 10 maggio 2010), l'illecito più recente - al quale conviene far riferimento per economia di trattazione - si è estinto per prescrizione in data 22 giugno 2023. Ne segue l'annullamento senza rinvio agli effetti penali, mentre la conferma dei presupposti per l'affermazione della responsabilità civile comporta il rigetto del ricorso agli effetti civili e la conseguente soccombenza rispetto alla parte civile. 8.2. L'annullamento senza rinvio agli effetti penali comporta l'assorbimento delle questioni in tema di dosimetria della pena, sollevate con il secondo motivo. 9. Ricorso T.. I due motivi del ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono, nel loro complesso, infondati. Premesso, in punto di diritto, quanto sopra rilevato a proposito della posizione del C. (v., in particolare, sub 2.1.), si osserva che, anche in questo caso, l'errore della Corte territoriale non è decisivo, dal momento che la sentenza impugnata indugia nel ripercorrere la " congerie di elementi indiziari - connotati da gravità, precisione e concordanza - che nella loro unitaria consistenza probatoria non appaiono minimamente scalfiti dalle pur tenaci e suggestive allegazioni della difesa". E, infatti, il secondo motivo del ricorso è appunto destinato a contrastare siffatte indicazioni. E, tuttavia, al netto dell'irrilevante cenno della sentenza impugnata alla mancata reazione giurisdizionale (elemento che, anche se fosse stato confermato, non avrebbe avuto alcun univoco significato di ammissione di responsabilità, potendo riposare su ragioni di maggiore rapidità nella risoluzione della situazione creatasi), si osserva: a) che il tema del caos organizzativo è stato esaminato dalla Corte territoriale in termini che non palesano alcuna illogicità (v. supra sub 2.1.); che le restanti critiche sono una mera riproposizione di prospettazioni difensive che i giudici di merito hanno puntualmente disatteso, anche in questo caso con motivazioni razionali, con la conseguenza che il ricorso tende piuttosto ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in questa sede, secondo quanto rilevato supra sub 6.1. 10. I ricorrenti, in solido tra loro, vanno condannati alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all'attività svolta, vengono liquidate come da dispositivo. La conclusione vale anche per il G., dal momento che l'annullamento con rinvio riguarda solo la determinazione del trattamento sanzionatorio e non richiede la soluzione di questioni direttamente incidenti sulle statuizioni civilistiche. Al riguardo, va, infatti, ribadito che, nel caso in cui la Corte di cassazione annulli con rinvio la sentenza impugnata, ai soli fini della rideterminazione della pena di un reato, definendo le questioni correlate alla domanda della parte civile, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese di lite in favore della parte civile vittoriosa, poiché quest'ultima non ha alcun interesse alla partecipazione al giudizio di rinvio (v., ad es., i principi affermati da Sez. 4, n. 9208 del 15/01/2020, L., Rv. 278908 - 02). P.Q.M. Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata nei confronti di F.N., G.G., G.I., G.W., N.A.R. perché i reati loro rispettivamente ascritti sono estinti per prescrizione. Annulla, altresì, senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata nei confronti di G.C. limitatamente al fatto commesso in data (Omissis) perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso del G. e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Rigetta i ricorsi degli imputati C.P., F.N., G.G., G.I., G.W., N.A.R. e T.A. agli effetti civili. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 14 luglio 2023. Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2023
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