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La relata di notifica: atto pubblico fidefacente impugnabile solo con querela di falso

Falso ideologico

Cassazione penale sez. II, 22/12/2022, n.16006

La relata di notifica redatta dall'ufficiale giudiziario, avendo natura di atto pubblico con carattere fidefacente, fa piena prova fino a querela di falso dei fatti che l'ufficiale notificatore attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. La falsità delle modalità e del contenuto della relata può essere dimostrata esclusivamente attraverso la querela di falso, volta a provare che il pubblico ufficiale ha commesso un falso ideologico. In assenza di tale procedura, il giudice non ha potere di valutare autonomamente la veridicità delle attestazioni contenute nella relata.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. M.R., a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 17 giugno 2022 con la quale la Corte di appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto-, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 13 dicembre 2021, dal Tribunale di Taranto, lo ha condannato alla pena di mesi 3 di reclusione ed Euro 200,00 di multa, previo riconoscimento dell'assorbimento del reato di cui all'art. 517 c.p. nel reato di cui all'art. 474 c.p.. 2. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo di impugnazione, erronea applicazione ed inosservanza dell'art. 161 c.p.p., comma 4, art. 157 c.p.p., comma 8-bis e art. 601 c.p.p., comma 3. Il decreto di fissazione del giudizio di appello è stato effettuato presso il difensore di fiducia ai sensi dell'art. 157 c.p.p., comma 8-bis a seguito del mancato reperimento dall'imputato presso il domicilio dichiarato. La Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato l'eccezione di nullità avanzata dalla difesa senza tenere conto che la notifica presso il domicilio dichiarato non si perfezionava a causa della dicitura "indirizzo inesatto" e non come erroneamente affermato dai giudici di appello per il "mancato rinvenimento" dell'imputato. La difesa ha segnalato, in proposito, che il M., aveva in precedenza ricevuto presso il domicilio dichiarato (Contrada Marrucaro n. 53) e che, di conseguenza, la mancata notifica in tale sito sarebbe frutto della "superficialità della condotta del notificatore che delibava l'inesattezza di un domicilio dove erano stati consegnati altri atti del procedimento" (vedi pag. 4 del ricorso), di conseguenza la Corte territoriale avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di nullità tempestivamente sollevata dal ricorrente, anche in considerazione del fatto che il difensore di fiducia avrebbe dichiarato di non accettare le notifiche ai sensi dell'art. 157 c.p.p., comma 8-bis. 3. Il ricorrente lamenta, con il secondo motivo di impugnazione, violazione degli artt. 131-bis e 133 c.p.. La Corte di appello avrebbe rigettato la richiesta di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto con motivazione illogica e fondata su formule di mero stile, senza tenere in considerazione che il M., aveva in precedenza riportato una sola sentenza di condanna a pena pecuniaria e che la giurisprudenza di legittimità ha affermato la riconoscibilità dell'esimente di cui all'art. 131-bis c.p., anche in caso di reato continuato. 4. Il ricorrente lamenta, con il terzo motivo di impugnazione, violazione dell'art. 648 c.p., e carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione. La Corte territoriale avrebbe fondato l'affermazione di responsabilità sull'erroneo presupposto che il M., non avrebbe offerto prova valida della legittima provenienza dei beni rinvenuti nella sua disponibilità, senza tenere conto della documentazione contabile prodotta dalla difesa in relazione alla quasi totalità della merce in sequestro. La motivazione sarebbe carente anche in relazione alla prova dell'elemento soggettivo del reato e, in particolare, che il ricorrente "fosse consapevole con dolo specifico, che la precedente contraffazione costituisse un'ipotesi di reato". 5. In data 8 dicembre 2022 il difensore del ricorrente ha depositato memoria conclusiva con la quale ha insistito nei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono. 2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. L'accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che il notificatore recatosi in Contrada Marrucaro n. 53 ha accertato e dato atto che l'indirizzo indicato dall'imputato al momento della dichiarazione di domicilio risultava "inesatto" (vedi cartolina attestante il tentativo di notifica effettuato in data 12 maggio 2022) con conseguente impossibilità di procedere alla notifica. E' evidente, pertanto, che non sussiste la violazione denunciata dal ricorrente, attesa la conformità della notifica allo schema processuale di riferimento. 2.1. Questa Corte, peraltro, ha evidenziato che la falsità delle modalità e del contenuto della relata eseguita dall'ufficiale giudiziario può essere provata solo dimostrando che il pubblico ufficiale ha commesso il reato di cui all'art. 479 c.p., in considerazione della natura di atto pubblico con carattere fidefacente della relata di notifica; di conseguenza sono sottratte alla libera valutazione del giudice le attestazioni concernenti i fatti compiuti dall'ufficiale notificatore (Sez. 6, n. 3714 del 09/01/2013, Schioppa, Rv. 254470; Sez. 5, n. 37518 del 12/03/2015, Dell'Elce, Rv. 265869; circa la necessità che l'interessato proceda con querela di falso: Sez. 2, n. 13748 del 10/03/2009, Scintu, Rv. 244056; Sez. 2, n. 13764 del 30/01/2019, D'Alessio, non massimata). 2.2. Deve, in proposito, essere ribadito che, in caso di impossibilità ad eseguire la notificazione al domicilio dichiarato, l'ufficiale giudiziario non ha alcun potere o dovere di procedere ad accertamenti volti a rintracciare il nuovo domicilio del destinatario, potendo, per contro, effettuare direttamente la notifica a mani del difensore senza che sia necessario procedere ad una verifica di vera e propria irreperibilità (vedi Sez. 4, n. 36479 del 04/07/2014, Ebbole, Rv. 260126 - 01; Sez. 6, n. 52174 del 06/10/2017, Martinuzzi, Rv. 271560 01). 2.3. La notificazione, successivamente eseguita mediante consegna di copia dell'atto al difensore, ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, appare perfettamente rituale, alla stregua del condivisibile principio di diritto, affermato dalle Sezioni Unite secondo cui "l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall'art. 161 c.p.p., comma 4, è integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti l'irreperibilità dell'imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall'art. 157 c.p.p. " (Sez. U., n. 58120 del 22/06/2017, Tuppi, Rv. 271772-01; da ultimo Sez. 5, n. 42332 del 20/10/2022, D'Alessandro, non massimata). 3. Anche l'ulteriore doglianza, con la quale viene affermata la nullità della notifica effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p. nonostante il legale del ricorrente avesse in precedenza dichiarato di non accettare le notifiche destinate al suo assistito, è manifestamente infondata. La tesi del ricorrente - secondo cui il rifiuto espresso dal difensore di fiducia, a norma dell'art. 157, comma 8-bis, a ricevere notifiche destinate all'imputato, paralizzerebbe anche l'operatività dell'art. 161 c.p.p., comma 4, sovrappone e confonde due procedure notificatorie, che invece sono diverse e distinte e si pongono in rapporto di alternatività. Deve essere ribadito, in proposito, quanto affermato da questa Corte di Cassazione secondo cui: "Le notificazioni all'imputato non detenuto, eseguite mediante consegna al difensore di fiducia ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, sono valide anche ove il difensore, nell'atto di nomina, abbia dichiarato di non accettare le notificazioni ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, c.p.p., in quanto le discipline di notifica rispettivamente previste dalle norme citate sono alternative tra loro e non si sovrappongono, presupponendo, la prima, l'elezione di domicilio, in presenza della quale è inapplicabile la disciplina di cui all'art. 157 c.p.p., comma 8-bis, " (Sez. 5, n. 36011 del 09/10/2020, D'Ambrosio, Rv. 280006 - 01). 4. Il secondo e terzo motivo di ricorso sono reiterativi di medesime doglianze già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale nonché aspecifici in quanto il ricorrente, senza confrontarsi con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, si è limitato alla mera reiterazione di affermazioni apodittiche prive di un nesso critico con il percorso argomentativo seguito dai giudici di appello. 5. La doglianza con la quale il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento dell'invocata esimente è stata confutata dalla Corte territoriale con motivazione coerente con le risultanze processuali ed ineccepibile in punto di logica; in particolare i giudici dell'appello non hanno ravvisato nella condotta del ricorrente gli estremi della tenuità del fatto, in considerazione della pluralità di reati posti in essere, del numero e valore significativo dei beni di provenienza illecita rinvenuti nella disponibilità del M. e della negativa personalità del ricorrente desumibile dai precedenti penali, anche specifici (vedi pag. 8 della sentenza impugnata), argomentazioni con le quali il ricorrente non si confronta adeguatamente con conseguente aspecificità del motivo di ricorso. I giudici di merito hanno fatto, pertanto, buon uso del consolidato e condiviso orientamento della Suprema Corte secondo cui "ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo" (cfr. Sez. U., 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). 6. La doglianza inerente alla sussistenza del reato di ricettazione è generica ed aspecifica. 6.1. Il Tribunale, condividendo il percorso argomentativo seguito dal primo giudice, ha affermato, con motivazione coerente con le risultanze processuali e priva di illogicità, che la documentazione prodotta dalla difesa è inidonea a fornire prova della lecita provenienza della merce sottoposta a sequestro stante la sua genericità e risalenza nel tempo (vedi pagg. 3 ed 8 della sentenza di appello), segnalando, inoltre, che la provenienza delittuosa dei beni è incontestabile in considerazione dell'accertata contraffazione della merce. 6.2. La Corte territoriale si e', inoltre, correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la prova dell'elemento soggettivo del reato di ricettazione può essere raggiunta anche in considerazione della natura dei beni ricettati (nel caso di specie merce contraffatta) e sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza dei beni ricevuti, elemento sicuramente rivelatore di una volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. Un., n. 35535 del 12/07/2007, Rv. 236914; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, Alotta, Rv. 268713 - 01; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120-01) motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, in assenza di contraddizioni o illogicità manifeste e non essendosi il ricorrente confrontato con il percorso argomentativo con il quale la Corte di merito ha confutato i motivi di appello. 7. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza con motivazione semplificata. Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2022. Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023
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