RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna, pronunciata in primo grado anche agli effetti civili, di Fo.Ni. e Va.Lu. in ordine ai reati di cui agli artt. 483 e 494 cod. pen. per aver falsificato le firme di alcuni soggetti apposte su un contratto di comodato relativo a un terreno agricolo e sulla appendice al contratto stesso, atti depositati presso l'agenzia delle Entrate e quella per le erogazioni in agricoltura, cosi che si sostituivano indebitamente agli apparenti firmatari e attestavano falsamente all'Agea la disponibilità del terreno.
2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati, con lo stesso atto a firma del medesimo difensore, proponendo un unico motivo.
Contestano la sussistenza degli elementi costitutivi dei delitti oggetto di addebito, rilevando:
- che il contratto di comodato è una scrittura privata e che il delitto di cui all'art. 485 cod. pen. è stato depenalizzato;
- che la Corte di appello prende espressamente atto che i contratti in questione non sono stati utilizzati per le domande;
- che non è configurabile il delitto di sostituzione di persona.
3. I ricorsi sono state trattati, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all'art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
4. I ricorsi sono fondati.
5. Nella ricostruzione della Corte di appello (ma nello stesso modo è configurata l'imputazione), la condotta materiale di sostituzione di persona viene fatta coincidere con l'apposizione della falsa sottoscrizione sul contratto di comodato e sulla appendice.
È evidente che ciò non integra una sostituzione di persona né una attribuzione a sé di falso nome, poiché gli imputati non si sono mai spacciati per coloro le cui firme hanno contraffatto.
Peraltro rispetto a una eventuale dichiarazione falsa ex art. 483 cod. pen. opererebbe la clausola di sussidiarietà di cui all'art. 494 cod. pen. e, quindi, sarebbe punibile soltanto la condotta di falso (cfr. Sez. 5, n. 45527 del 15/06/2016, Moglianesi, Rv. 268468 - 01).
6. L'art. 483 cod. pen. punisce chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.
È pacifico che un contratto di comodato tra privati è una scrittura privata e che l'atto non immuta la sua natura solo perché viene depositato in un procedimento amministrativo.
Il reato di falso in scrittura privata originariamente punito dall'art. 485 cod. pen. è stato depenalizzato a seguito del D.Lgs. n. 7 del 2016.
Piuttosto sarebbe stata punibile ex art. 483 cod. pen. la dichiarazione resa dagli istanti al pubblico ufficiale di avere la disponibilità anche dei terreni agricoli oggetto di quel contratto.
Tuttavia tale condotta, diversa e distinta da quella indicata nell'editto accusatoria, non risulta contestata.
7. Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in quanto:
- riqualificato il fatto di cui all'art. 483 cod. pen. ai sensi dell'art. 485 cod. pen., il fatto non è previsto dalla legge come reato;
- il fatto di cui all'art. 494 cod. pen. non sussiste.
P.Q.M.
Riqualificato il fatto di cui all'art. 483 cod. pen. ai sensi dell'art. 485 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed annulla senza rinvio la medesima sentenza perché il fatto di cui all'art. 494 cod. pen. non sussiste.
Così deciso il 17 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2024.