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Furto aggravato: nascondere beni self-service in borsa configura reato con aggravante della pubblica fede

Furto

Tribunale Campobasso, 25/01/2024, n.750


La condotta dell'imputato che preleva beni esposti in vendita con sistema self-service da un'attività commerciale e li nasconde in una borsa al fine di trarne profitto costituisce un furto aggravato dall'esposizione dei beni alla pubblica fede.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE A seguito di decreto di citazione diretta, Ma.Da. è stato tratto a giudizio in ordine al rubricato reato di furto ex artt. 110,624 c.p., aggravato ex art. 625 comma n. 7 perché, in concorso e previo accordo con Ca.Ro., la cui posizione è stata stralciata da questo processo al fine di trarne profitto, all'interno del punto vendita (…), ubicato in Campobasso, alla via (…), in quanto riconosciuti dal denunciante, direttore pro tempore dell'esercizio, si impossessavano di una serie di capi di abbigliamento sportivo e di ima busta di integratori alimentari, per un valore complessivo della merce pari a euro 234,95, esposti in Vendita con sistema self service, prelevandoli e occultandoli all'interno di una borsa. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per consuetudine alla pubblica fede. All' udienza dell'11 Dicembre 2023, raccolte le prove orali e documentali in atti, il P.M. e la difesa concludevano come da verbale. Il complesso delle prove raccolte al dibattimento porta ad una valutazione di colpevolezza del prevenuto in ordine all' ipotesi di reato, come contestata. Nell'udienza del 10/07/2023, il teste Ve.Fr. dichiara di essere stato il direttore del punto vendita Decathlon di Campobasso e: "In merito al furto, comunque, se non mi sbaglio erano due persone che hanno rubato diversi articoli. L'ammontare non lo ricordo a menadito, ma sicuramente noi ci siamo presentati poi presso la Caserma dei Carabinieri di Campobasso con degli scontrini che attestavano quello che era il valore della merce rubata e, se non erro, questa merce poi è stata ritrovata a casa di uno dei due imputati le ho viste ferme alla porta, un uomo e una donna. I due imputati, alla richiesta innanzitutto sapevamo che stavano approvvigionandosi in maniera non legale di articoli all'interno del negozio perché noi ce ne accorgiamo, non è un negozio particolarmente frequentato, stavano occultando gli articoli. Alla richiesta della guardia all'ingresso di fermarsi e quindi di restituire o di presentare regolare ricevuta degli articoli che avevano addosso, sono scappati. Hanno preso un'automobile e sono scappati dal parcheggio. Non voglio ricordarmi male, ma penso una (…) qualche giorno dopo, o addirittura forse il pomeriggio stesso o il giorno successivo, siamo stati avvisati dai Carabinieri, dal maresciallo dei Carabinieri di Campobasso, che la refurtiva era stata trovata, presso casa di uno dei due, parte della refurtiva era stata trovata presso casa di uno dei due imputati e un'altra parte, se non erro, era stata gettata da qualche parte in un'area pubblica" e conferma di aver riconosciuto i due imputati presso la Stazione dei Carabinieri nell'immediatezza dei fatti, quando si è recato a sporgere la querela. Nell'udienza del 26/10/2023, il teste Fl.An. dichiara, in particolare, di aver prestato la sua auto all'odierno imputato nel giorno di cui al capo d'imputazione, in quanto Ma.Da. gli aveva detto che doveva accompagnare una sua amica in ospedale e che la macchina gli è stata riportata dopo una mezz'oretta quando da lui erano presenti i Carabinieri i quali avrebbero, dunque, accertato, che non era Fl.An. il responsabile dei fatti criminosi di cui al capo d'imputazione, bensì l'odierno imputato. Nell'udienza del 27/02/2023, il teste qualificato Sa.An., brigadiere capo dei Carabinieri, in servizio presso la radiomobile di Campobasso, riferisce che i fatti criminosi di cui al capo d'imputazione sono avvenuti, non il 9 maggio 2018, come erroneamente indicato nel capo d'imputazione, bensì il 9 marzo 2018. Il P.M., verificata la veridicità di tale affermazione: "Ci dovrebbe essere un errore nel capo di imputazione o nell'annotazione perché nell'annotazione risulta 9 marzo 2018. Il Pubblico Ministero provvede alla modifica del capo d'imputazione per quanto riguarda la data che è invece quella del 9 marzo 2019". A questo, punto, il teste Sa. riferisce che, in pattuglia con l'assistente Wi.Fa., si è recato presso il centro commerciale (…) per un avvenuto furto: "quando intervengo sento quello che dice il richiedente che ha subito un furto. Comunque ci ha segnalato la targa. Ci ha segnalato la targa e il tipo di autovettura che si allontanava con queste due persone che, a suo dire, avevano portato via della merce non pagata una (…), vecchio tipo (…)", auto che poi hanno accertato essere di proprietà di Fl. che ha dichiarato aver prestato: a Ma.Da. proprio il giorno in cui è avvenuto il furto di cui al capo d'imputazione. La qualificazione giuridica dei fatti di cui al capo d'imputazione è corretta, comprese tutte le aggravanti. Ritiene, pertanto, il Giudice che la prova raccolta in giudizio sia idonea a dimostrare la colpevolezza di Ma.Da. in ordine al reato ascrittogli e di cui al capo d'imputazione; le prove testimoniali e documentali permettono di ricostruire i fatti di causa nel modo in cui esattamente descritti e valutati nel capo d'imputazione. La condotta tenuta dall'imputato risulta indubbiamente quella del rubricato reato di furto ex artt. 110,624 c.p., aggravato ex art. 625, n. 7 perchè, in concorso e previo accordo con Ca.Ro., la cui posizione è stata stralciata da questo processo, al fine di trarne profitto, all'interno del punto vendita (…), alla via (…), in quanto riconosciuti dal denunciante, direttore pro tempore dell'esercizio, si impossessavano di una serie di capi di abbigliamento sportivo e di una busta di integratori alimentari, per un valore complessivo della merce pari a euro 234,95, esposti in vendita con sistema self service, prelevandoli e occultandoli all'interno di una borsa. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per consuetudine alla pubblica fede. Né ricorrono dubbi sulla individuazione dell'autore del fatto nell'odierno imputato in quanto è risultato pienamente provato in questo procedimento penale. Il concorso di persone nel reato è disciplinato dall'art. 110 c.p. che testualmente recita: "quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita" e qui è stata, con assoluta certezza, provata la piena colpevolezza del Ma.Da., il suo concorso, nel reato di furto commesso materialmente dalla donna che ha asportato la merce e l'odierno imputato che l'ha accompagnata e seguita in ogni suo criminoso gesto rafforzandone perfino l'elemento psicologico della determinazione nel commettere il furto stesso, incoraggiandola, supportandola, non abbandonandola mai. Valutato il turbamento che il reato ha cagionato nella persona offesa e all'ordinamento, valutati i criteri di cui nell'art. 133 c.p. e segnatamente la gravità dei fatti, appare equo determinare la pena in anni 2 (due) e giorni 10 (dieci) di reclusione e Euro 1.000,00 (mille/00) di multa. Consegue a tanto il pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara l'imputato colpevole del reato ascrittogli e, per l'effetto, lo condanna alla pena di anni 2 (due) e giorni 10 (dieci) di reclusione e a Euro 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali: Motivazione entro 70 giorni. Così deciso in Campobasso l'11 dicembre 2023. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2024.
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