RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trieste con la sentenza emessa il 14 giugno 2022, confermava la sentenza del Tribunale di Gorizia, che aveva accertato la responsabilità penale di B.A. e E.R., in relazione al delitto di furto di acqua, nella qualità di condomini, con violenza sulle cose, gravati entrambi da recidiva reiterata specifica e infraquinquennale.
2. I ricorsi per cassazione proposti con unico atto nell'interesse di B.A. e E.R. constano di un unico motivo, al quale seguiva un motivo aggiunto, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p..
3. Il motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta, ritenuta dalla Corte territoriale come furto, mentre invece si tratterebbe di appropriazione indebita, come da plurime sentenze della Corte di cassazione richiamate dai ricorrenti, in quanto l'acqua veniva sottratta nel tratto che andava dal contatore unico condominiale ai contatori destinati a gruppi di condomini, cosicché i ricorrenti potevano ritenersi avere la disponibilità dell'acqua condominiale destinata alle cose comuni.
Da qui, rilevano i ricorrenti, la illogicità della sentenza impugnata che pur prendendo atto di ciò proseguiva nel configurare il furto.
Lamentavano inoltre i ricorrenti che la querela sporta dall'amministratore del condominio non risultava corredata dalla delibera assembleare, cosicché difettava la condizione di procedibilità.
4. Con il motivo aggiunto i ricorrenti chiedevano rimettersi la questione oggetto di contrasto giurisprudenziale alle Sezioni Unite, quanto alla qualificazione giuridica della condotta in danno del condominio da parte dei condomini, ravvisando per altro il difetto di querela a seguito del D.Lgs. n. 150 del 2022 anche per il delitto di furto come contestato.
5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del D.L. 127 del 2020, art. 23, comma 8, - ha chiesto rigettarsi il ricorso, richiamando giurisprudenza che ritiene configurarsi il furto e non l'appropriazione indebita da parte dei condomini anche in danno del condominio per l'energia destinata alle parti comuni.
6. Il difensore depositava le conclusioni con le quali insisteva per l'accoglimento dei motivi dei ricorsi e formulava il motivo aggiunto, del quale si è dato atto.
7. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del D.L. n. 105 del 2021, art. 7, comma 1, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 94, come modificato dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, art. 5-duodecies, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. A ben vedere dirimente e logicamente pregiudiziale è la verifica della sussistenza e della validità della querela, richiesta ora anche per il delitto di furto contestato, a seguito delle modifiche apportate alla relativa disciplina dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. i).
2.1 Con riferimento al primo motivo di censura il Collegio osserva preliminarmente che quando è dedotto, mediante ricorso per Cassazione, un error in procedendo ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la Corte di Cassazione è "giudice anche del fatto" e per risolvere la relativa questione può - e talora deve necessariamente - accedere all'esame dei relativi atti processuali, esame che e', invece, precluso soltanto se risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (Cass., Sez. Un. 31 ottobre 2001, Policastro, rv. 220092).
2.2 Dagli atti emerge che in data 25 marzo 2015 B.D., quale amministratore del condominio "(Omissis)" in (Omissis), sporgeva querela orale denunciando il furto di acqua da parte degli attuali ricorrenti, locatari di un appartamento che veniva rifornito con acqua a carico del condominio, quindi con allaccio abusivo all'impianto condominiale.
2.3 L'art. 1130 c.c., come sostituito dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, art. 10, in vigore dal 17 giugno 2013, quindi ratione temporis applicabile al caso di specie, delinea le attribuzioni dell'amministratore del condominio, in ragione delle quali deve: "(...) 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio; (...) 10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni (...)".
Nel caso di specie emergeva come l'amministratore agisse al fine di tutelare l'interesse del condominio a non vedersi addebitato il consumo di acqua avvenuto abusivamente, in quanto, il consumo condominiale si accresceva in quanto abusivamente prelevato in danno del condominio in assenza di contratto, da parte degli imputati, in relazione al proprio appartamento.
Non vi è dubbio che l'erogazione dell'acqua per il condominio costituisca servizio comune e che spetti all'amministratore provvedere al pagamento delle spese necessarie a tale servizio, come anche che l'amministratore di tali spese debba poi rendere conto ai fini della approvazione del relativo documento da parte dell'assemblea condominiale. In sostanza è di tutta evidenza che spetti all'amministratore verificare le maggiori spese sostenute per i servizi comuni, anche per evitare di dover rendere conto di spese sostenute indebitamente.
In tal senso, va dunque ritenuto legittimato l'amministratore di condominio a presentare la querela, anche in assenza di delibera condominiale, in ragione della previsione dell'art. 1131 c.c., comma 1, che recita: "Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi".
2.4 D'altro canto, che le attribuzioni proprie dell'amministratore consentano allo stesso di agire in giudizio senza necessità della delibera assembleare, è stato più volte affermato da questa Corte in sede civile, affermando che l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, nonché impugnare la decisione del giudice di primo grado, per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di un'obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l'esercizio dei servizi condominiali (Sez. 2 civ., n. 16260 del 03/08/2016 - Rv. 641005 - 01; Sez. 2 civ., n. 10865 del 25/05/2016 - Rv. 639968 - 01).
2.5 In sede penale la legittimazione a sporgere querela è stata anche riconosciuta al detentore qualificato del bene sottratto.
Infatti, Sez. U, Sciuscio (Sez. U, Sentenza n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255975 - 01) hanno chiarito che con l'incriminazione del reato di furto si tutela il possesso di cose mobili, e che il possesso, a tali fini, non va inteso negli stretti termini di cui all'art. 1140 c.c., ma in senso più ampio, comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo, quale mera relazione di fatto qualunque sia la sua origine. Si è pertanto rilevato che il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dal diritto di proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche del possesso, come sopra delineato, inteso nel senso di detenzione qualificata con la cosa, con il conseguente potere di utilizzarla e di disporne. Di conseguenza si è affermato che non è necessario che il detentore debba avere anche poteri di rappresentanza del proprietario della cosa, quasi che il diritto di querela debba in ogni caso spettare solo al proprietario o a soggetto che di questo abbia poteri di rappresentanza, discendendone ulteriormente che persona offesa del reato è il detentore e non il proprietario non detentore, danneggiato dallo stesso. In questa prospettiva, è stata espressamente attribuita dalle Sezioni Unite al direttore dell'esercizio commerciale, che ha l'obbligo di custodia delle cose ivi contenute e la conseguente detenzione delle stesse, la qualifica di persona offesa, a causa del pregiudizio socialmente protetto che questi subisce per effetto della sottrazione del bene che gli è affidato. Analogamente si è affermato anche per il responsabile della sicurezza di un supermercato, ritenendolo legittimato a proporre querela (Sez. 5, n. 3736 del 04/12/2018, dep. 2019, Lafleur, Rv. 275342 - 01; massime conformi: N. 8094 del 2014 Rv. 259289 - 01, N. 11968 del 2018 Rv. 272696 - 01, N. 41592 del 2010 Rv. 249416 - 01, N. 55025 del 2016 Rv. 268906 - 01).
2.6 Proprio le attribuzioni dell'amministrazione e la relazione di detenzione qualificata con i beni che garantiscono i servizi comuni, come l'acqua, oltre che la gestione economica ordinaria del condominio, dunque delle risorse delle quali l'amministratore deve rendicontare, lo pongono in relazione di detentore qualificato rispetto all'acqua e al denaro speso per le esigenze condominiali, cosicché deve intendersi anche sotto tale profilo persona offesa legittimata alla proposizione della querela.
2.7. Peraltro, come osserva Sez. 2, n. 36119 del 26/06/2019, Squillante, Rv. 277077 - 01, in tema di querela presentata in nome e per conto di una società di capitali, l'onere di indicare la fonte specifica dei poteri di rappresentanza è adempiuto con la mera indicazione della qualifica di amministratore, senza necessità di ulteriori allegazioni, poiché tale indicazione comporta l'implicito riferimento all'art. 2384 c.c. che costituisce la fonte della legittimazione.
Analogamente, nel caso di amministratore di condominio, basta qualificarsi come tale e esercitare le proprie attribuzioni, perché la fonte del potere richiesta dall'art. 337 c.p.p., comma 3, è nell'art. 1131 c.c., per quanto già evidenziato.
2.8. Ne consegue che l'amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall'art. 1130 c.c., vanta il potere di agire in giudizio e, quindi, di sporgere querela quale persona offesa, anche in ragione della relazione di detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni. Ai sensi dell'art. 337 c.p.p., comma 3, è sufficiente che l'amministratore di condominio si qualifichi come tale, in quanto ciò implica il riferimento ai poteri conferitigli dalla legge ai sensi dell'art. 1131 c.c., quando correlati alle specifiche attribuzioni.
2.9. Pertanto, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 1, comma 2, lett. i), all'art. 624 c.p., comma 3, per il furto contestato è necessaria la querela, ma la stessa è stata ritualmente proposta dall'amministratore di condominio.
3. Il primo motivo di ricorso, nella parte non ancora esaminata, e il motivo aggiunto, che sollecitano la riqualificazione in appropriazione indebita in luogo del furto, sono infondati.
Questa Corte, pur consapevole di orientamento contrario (Sez. 5 n. 57749 del 15/11/2017, Martorana, Rv. 271989 - 01; Sez. 2, n. 13551 del 21/03/2002, Venturi, Rv. 221836 - 01), richiama e condivide il più recente orientamento di legittimità, per cui integra il delitto di furto, e non quello di appropriazione indebita, la condotta del condomino che, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi di energia elettrica destinata all'alimentazione di apparecchi e impianti di proprietà comune (cfr. Sez. 5, n. 17773 del 21/02/2022, Talarico, Rv. 283078; Sez. 5, n. 115 del 07/10/2021, Insolia, Rv. 282394).
Il principio va esteso per analogia all'ipotesi di fornitura di acqua, in quanto il "bene" sottratto è sempre stato prelevato dopo il passaggio per il contatore condominiale, da addebitarsi al condominio solo nella misura non addebitata ai singoli condomini attraverso il passaggio nei contatori divisionali, uno per appartamento.
Nel caso in esame la sottrazione avveniva abusivamente, con rimozione di sigilli e a mezzo di un tubo, per servire l'appartamento degli imputati, senza contratto con l'ente erogatore dell'acqua.
Particolarmente convincente riguardo alla qualificazione giuridica della fattispecie in esame in furto, e non in appropriazione indebita, risulta l'argomentare di Sez. 5, Insolia, che rilevava "come l'energia della quale i singoli condomini (e, per effetto di eventuali contratti che attribuiscano diritti personali di godimento, anche i conduttori) possono disporre - ossia l'oggetto del potere dispositivo che questi ultimi possono esercitare attivando, con gli interruttori all'uopo predisposti, l'erogazione dell'energia stessa - è l'energia che, transitando attraverso il contatore, serva in concreto le parti comuni o i beni comuni. Al contrario, la condotta, variamente realizzata, attraverso la quale l'autore riesca a deviare il flusso dell'energia, dopo che essa è transitata dal contatore condominiale, verso gli impianti degli spazi ad uso esclusivo come il proprio appartamento, non si colloca all'interno dell'esercizio del potere dispositivo del quale ciascun condomino è titolare, ma al di fuori di quest'ultimo, come reso palese dal fatto che il risultato è conseguibile solo attraverso modalità di deviazione dell'energia - ossia, attraverso una sottrazione - che non raggiunge affatto gli spazi condominiali".
Ciò si verifica nel caso in esame, in quanto l'acqua viene prelevata dopo il contatore condominiale ma, pur non destinata all'uso privato, viene deviata verso lo stesso; dunque, il condomino non ne può disporre materialmente prima dell'abusiva sottrazione.
Prosegue Sez. 5, Insolia, affermando che "la condotta appropriativa si realizza quando l'agente dia alla cosa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni del suo possesso (v. già, Sez. U, n. 1 del 28/02/1989, Cresti, Rv. 181792 - 0, in motivazione): ciò che va inteso nel senso di un abuso rispetto al potere dispositivo del quale il soggetto è titolare. Pertanto, l'energia passata per il contatore condominiale e', proprio per questo, ossia proprio per la destinazione assunta a servizio delle parti comuni, indisponibile ad un uso privato del condomino che non ne acquisisce l'autonomo possesso e che solo attraverso una condotta di sottrazione, la distrae a proprio esclusivo vantaggio".
In questa prospettiva solo la sottrazione consente di recuperare una disponibilità di fatto sulla cosa, che altrimenti resterebbe nella disponibilità materiale di altri.
Pertanto "la condotta dell'autore altera la destinazione condominiale dell'energia elettrica impressa per effetto della sua registrazione ad opera del contatore". La soluzione che ritiene tale condotta riconducibile alla appropriazione indebita sovrappone il dato della sottrazione, che consente un'autonoma disponibilità dell'energia, non esistente, da parte del singolo condomino o locatario con il fatto che, essendo l'energia sottratta dopo che il contatore condominiale ha registrato il consumo, il costo finisce astrattamente per gravare sulla collettività dei condomini (e quindi pro quota anche sull'autore della sottrazione). "Ma questo profilo" - osserva Sez. 5, Insolia - "e' un posterius, estraneo alla individuazione dei tratti qualificanti della fattispecie e vale piuttosto ad individuare la persona offesa dal reato".
Tale convincente ricostruzione esclude la fondatezza del ricorso, che va dunque rigettato.
4. Ne consegue il complessivo rigetto dei ricorsi, con condanna alle spese processuali dei ricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2023