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Furto: sussiste in caso di sottrazione di beni in conto vendita?
Cassazione penale , sez. V , 25/01/2022 , n. 17757
Non integra il delitto di furto, per l'assenza dell'indefettibile requisito dell'altruità della cosa, la condotta del proprietario di un bene consegnato in conto vendita che, dopo aver perso ogni contatto con l'accipiens, resosi irreperibile, se ne riappropri, sottraendolo al detentore contro la volontà di quest'ultimo.
Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15 aprile 2021 (dep. il 27 maggio 2021) la Corte di appello di Napoli - per quel che qui rileva - ha confermato la pronuncia in data 27 marzo 2017 con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva affermato la penale responsabilità di C.D. per il reato di furto aggravato e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, con le conseguenti statuizioni in favore della parte civile R.T. (segnatamente la condanna al risarcimento del danno e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000).
L'imputato è stato ritenuto responsabile del delitto in discorso per essersi impossessato di un'automobile PORSCHE, utilizzandone la chiave elettronica, sottraendola a R.T. allorché la vettura si trovava sulla pubblica via, presso un'autofficina.
2. Avverso la sentenza di appello è stato proposto ricorso per cassazione nell'interesse dell'imputato, articolando due motivi (che si enunciano nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1).
2.1. Con il primo motivo - sub specie della violazione dell'art. 624 c.p., artt. 1376,1153,1156 e 1162 c.c. - la difesa ha censurato l'affermazione di responsabilità dell'imputato per il delitto di furto, avendo egli posto in essere la condotta su un bene proprio.
2.2. Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione dell'art. 625 c.p.p., commi 1, n. 1 e 2, e comma 2, in relazione alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti dell'uso del mezzo fraudolento e della commissione del fatto su cosa esposta alla pubblica fede.
3. Le parti hanno fatto pervenire le proprie conclusioni a mezzo posta elettronica certificata, da apprezzarsi quali memorie (cfr. art. 121 c.p.p.), atteso che il D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16 per quel che qui rileva, ha escluso l'applicazione delle "disposizioni di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo (...) convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176", ai procedimenti - come il presente - "per i quali l'udienza di trattazione è fissata tra il 1 gennaio 2022 e il 31 gennaio 2022" (comma 2) e il presente giudizio è stato ritualmente celebrato nelle forme ordinarie previste dal codice di rito (cfr. art. 614 c.p.p.).
Più in particolare:
- il Sostituto Procuratore generale della Repubblica, con atto in data 18 gennaio 2022, ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
- la parte civile R.T., con atto in data 19 gennaio 2021 ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese e competenze del presente giudizio di legittimità (come da nota spese che si deposita a parte);
- il difensore dell'imputato, con atto in data 20 gennaio 2022, ha insistito nell'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, nei termini che si espongono, con il conseguente assorbimento del secondo.
1. Con il primo motivo la difesa ha censurato l'affermazione di responsabilità dell'imputato, adducendo che: egli (rectius: la società di cui era legale rappresentante) era ancora proprietaria dell'autovettura oggetto materiale della condotta in imputazione; la Corte di appello ne avrebbe affermato la responsabilità penale, ritenendo che l'art. 624 c.p. punisca non chi sottrae la cosa al proprietario ma chi la sottrae a colui che la detiene (e nel caso di specie il C. sarebbe stato consapevole che nel momento in cui recuperava la vettura ne era detentore F.A. ovvero un altro soggetto, atteso che lo stesso C. l'aveva consegnata al F. per la vendita); in tal modo, sarebbe stato negato rilievo alle norme civili in materia di proprietà del bene, senza considerare che l'art. 624 c.p. contempla, perché ricorra il furto, l'altruità della cosa; più in particolare, il C. era ancora proprietario del mezzo, che R.T. aveva acquistato a non domino (per l'appunto dal F.) e del quale dunque ella non poteva divenire proprietaria ai sensi dell'art. 1153 c.c., norma non applicabile ai beni mobili registrati che, al più, possono essere acquistati per usucapione dal soggetto che sia in buona fede allorché decorrano tre anni dalla trascrizione della compera ex art. 1162 c.c., non ancora trascorsi nel momento in cui il C. ha agito. Peraltro, ad avviso della difesa, difetterebbe il fine di trarre profitto, ossia il dolo specifico del furto, in quanto il C. ha contattato la polizia e messo la vettura a disposizione dell'Autorità giudiziaria, potendosi configurare al più un'ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (che sarebbe estinta per prescrizione).
1.1. Le Sezioni Unite, nell'individuare la vittima dell'offesa, "che il legislatore denomina detentore", del delitto di furto (reato i cui "tratti significativi" sono: "la sottrazione, l'impossessamento, il fine di profitto, l'altruità della cosa, la detenzione da parte della vittima") - ribadendo che "nell'ambito dei reati contro il patrimonio le categorie civilistiche", e in particolare la "detenzione" e il "possesso (...) non possono essere pedissequamente riproposte" ma devono essere "modellat(e) sulle esigenze dogmatiche del diritto penale" hanno indicato l'interesse protetto dall'incriminazione in discorso "in una qualificata relazione di fatto con il bene", "usualmente denominata "possesso penalistico"" e, conseguentemente, hanno indicato "come soggetto passivo del reato, la persona che tale relazione intrattiene"; ed hanno a chiare lettere affermato che "tale relazione di detenzione qualificata (...) è condizione negativa del furto", reato del quale per l'appunto non può rispondere chi la intrattiene (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255975 - 01). Purtuttavia, l'Alto consesso ha pure osservato che "al furto non è estraneo il tema della lesione di situazioni giuridiche" (oltre che di quelle "meramente fattuali") che "assumono formale evidenza quando, nella fattispecie concreta, sono distinte dalle relazioni di mero fatto. Tale ordine di idee trova conforto nella definizione legale, che fa leva sull'altruità del bene sottratto"; e da ciò deve inferirsi che "certamente l'evocazione dell'altruità del bene vale ad escludere la rilevanza penale della sottrazione della res propria" (ivi). Le Sezioni Unite, a suffragio di tale conclusione, hanno richiamato pure il disposto dell'art. 627 c.p. che (nel testo illo tempore vigente) puniva la sottrazione di cosa comune con una pena più lieve di quella prevista per il reato di furto di cui all'art. 624 c.p., rilevando come "sarebbe irrazionale punire con la più severa sanzione prevista da tale ultima fattispecie una condotta sicuramente meno grave, costituita dalla sottrazione compiuta da chi ha la piena proprietà della cosa" (ivi); tale argomento conserva la sua valenza logica anche a seguito dell'abrogazione dell'art. 627 cit. (D.Lgs. n. 15 gennaio 2016, n. 7, ex art. 1, comma 1, lett. d)) che oggi integra solo un illecito civile, ossia comunque un illecito meno grave rispetto al furto.
Ciò posto, la Corte territoriale è in effetti pervenuta all'affermazione di responsabilità per il delitto di furto del C., che aveva addotto di esser proprietario del veicolo, di averlo dato in conto vendita al F. tanto da avere trattenuto per sé una delle chiavi di accensione (quella impiegata per recuperare il veicolo, da lui localizzato con l'antifurto satellitare dopo la sparizione di esso e dopo che il F. si era reso irreperibile), negando rilevanza alla sua qualità di proprietario del veicolo e ritenendo, invece, dirimente che egli l'avesse sottratta a chi lo deteneva, allorché ha recuperato il veicolo. Ne deriva, per le ragioni anzidette, l'insussistenza del fatto tipico del furto, poiché difetta l'altruità del bene di cui il C. si è impossessato.
Alla luce di quanto esposto nella sentenza impugnata, e tenuto conto del fatto che l'imputato consta aver contattato la Polizia di Stato e posto la vettura a disposizione dell'Autorità giudiziaria, non possono ravvisarsi neppure elementi sufficienti per sussumere la condotta dell'imputato nell'ipotesi di cui all'art. 392 c.p..
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste; e devono essere revocate le statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2022
Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2022
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