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Furto

Furto tentato la valutazione del danno va effettuato con riguardo al valore della cosa che avrebbe formato oggetto di sottrazione

Cassazione penale sez. V, 29/11/2022, n.47144

In tema di tentato furto, la valutazione del danno patrimoniale, ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4, c.p., deve essere fatta attraverso una prognosi postuma ex ante, alla luce delle modalità della condotta e di ogni altra ulteriore acquisizione probatoria, verificando il valore della cosa che avrebbe formato oggetto della sottrazione se l'evento si fosse verificato.

Note

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Oggetto dell'impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d'appello di Bari ha confermato la condanna pronunciata in primo grado a carico di L.N. e C.G. per il reato di tentato furto pluriaggravato in abitazione.

2. Il ricorso proposto da L.N. si compone di due motivi: il primo afferente alla ritenuta aggravante dell'uso del mezzo fraudolento e il secondo relativo al mancato riconoscimento dell'attenuante del danno di lieve entità.

In particolare, si deduce che il reato sarebbe stato consumato utilizzando un semplice duplicato della chiave della porta d'ingresso, rinvenuta casualmente e successivamente riprodotta. La motivazione offerta dalla corte a sostegno della ritenuta sussistenza dell'aggravante sarebbe manifestamente illogica, atteso che la natura della chiave (un mero duplicato) emergerebbe per tabulas dalla semplice visione delle foto in atti e, parallelamente, alcuna rilevanza potrebbe essere riconosciuta alla divergenza (emersa nel corso dell'istruttoria) su chi dei due coimputati avesse provveduto a duplicare la chiave.

Quanto all'invocato riconoscimento dell'attenuante di cui al n. 4 dell'art. 62 c.p., la corte avrebbe erroneamente fatto riferimento al valore della refurtiva, laddove la condotta si sarebbe arrestata allo stadio del tentativo, la refurtiva sarebbe stata integralmente restituita (unitamente ad un simbolico risarcimento del danno) e, in ultimo, non sarebbe stato procurato alcun danno alle cose o alle persone.

3. Il ricorso proposto da C.G. è affidato ad un unico motivo d'impugnazione, sostanzialmente sovrapponibile al secondo motivo formulato dal primo ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo proposto da L.N. è inammissibile in quanto eccentrico rispetto alle argomentazioni del provvedimento impugnato.

I ricorrenti deducono che l'aver utilizzato un duplicato della chiave d'ingresso, ottenuta casualmente ed in modo accidentale non permette di ritenere sussistente l'aggravante del mezzo fraudolento.

E' pur vero che non integra la circostanza aggravante dell'uso del mezzo fraudolento l'utilizzazione di una chiave ottenuta dall'agente in modo casuale e occasionale (Sez. 5, n. 43224 del 17/10/2008, Rv. 241940), ma i giudici non hanno riconosciuto l'aggravante sul presupposto che fosse stato usato un mero duplicato della chiave; hanno, simmetricamente, ritenuto non provata tale circostanza, ossia che sia stato utilizzato proprio un duplicato della chiave originale nella disponibilità della persona offesa. E ciò alla luce: della significativa contraddizione ricostruttiva delle modalità della duplicazione della chiave originale in cui sono incorsi il C. ed il P.; dell'assenza di un'effettiva comparazione tra la chiave usata e l'originale; dell'argomento logico per cui, ove effettivamente i correi avessero avuto l'effettiva disponibilità di una copia dell'originale, non avrebbero avuto bisogno di munirsi delle varie tipologie di chiavi rinvenute dalla polizia giudiziaria all'atto della perquisizione eseguita nelle immediatezze del fatto. Da ciò l'inammissibilità della censura, eccentrica rispetto alla motivazione.

2. Il secondo motivo proposto da L.N. (sovrapponibile, per come si è detto all'unico motivo proposto da C.G.) è manifestamente infondato.

Appare opportuno premettere che l'attenuante del danno di speciale tenuità presuppone un giudizio complesso che prenda in considerazione tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma il danno criminale nella sua globalità (Sez. 5, n. 344 del 26/11/2021, dep. 2022, Rv. 282402) e che, quanto in particolare al profilo patrimoniale, l'entità del danno cagionato alla persona offesa deve essere verificata al momento della consumazione del reato, costituendo la restituzione della refurtiva solo un post factum non valutabile a tale fine (Sez. 5, n. 19728 del 11/04/2019, Rv. 275922).

E tanto già sarebbe sufficiente a dar conto della manifesta infondatezza dell'assunto difensivo. In ogni caso, con riferimento alla fattispecie contestata (e ritenuta dai giudici di merito), appare opportuno ulteriormente considerare che, in linea generale, il delitto tentato rappresenta una fattispecie indipendente rispetto alla corrispondente fattispecie consumata (ancorché, di questa, sia antecedente logico e cronologico), con una propria conformazione ed autonomi e differenti presupposti strutturali. Cosicché, proprio in relazione al profilo strutturale (stante, appunto, la possibilità di combinare la norma di parte generale, l'art. 56 c.p., con le singole fattispecie dei parte speciale, anche circostanziate), è possibile distinguere concettualmente, le ipotesi in cui la (parziale) realizzazione della fattispecie criminosa rechi, già in sé, l'integrazione piena dell'elemento circostanziale (tentativo circostanziato di delitto), dalle ipotesi in cui la circostanza non sia immediatamente integrata, ma lo sarebbe stata ove il delitto fosse giunto a consumazione (tentativo di delitto circostanziato).

In questi ultimi casi, la necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio impone di valorizzare l'effettiva portata offensiva della condotta realizzata, valutando, attraverso una prognosi postuma ex ante ed in concreto, il bene inciso dalla condotta lesiva e le modalità della stessa, al fine di accertare, per quel che rileva in questa sede, il danno che sarebbe stato prodotto ove il reato fosse stato portato a compimento (arg. e Sez. U, n. 28243 del 28/03/2013, Zonni, Rv. 255528).

In sintesi, quindi, la valutazione del danno patrimoniale va fatta alla luce delle modalità della condotta e di ogni ulteriore acquisizione probatoria, verificando il valore della cosa che avrebbe formato oggetto della sottrazione se l'evento si fosse realizzato (Sez. 4, n. 876 del 14/12/1988, dep. 1989, Rv. 180259). Ed in concreto è incontestato che il furto abbia avuto per oggetto diciotto monili d'oro e 450 Euro in contanti, circostanza che rende insussistente l'attenuante invocata.

3. In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria, il 13 dicembre 2022

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