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Sequestro preventivo per confisca allargata: necessaria congruenza tra profitti illeciti e valore dei beni confiscabili"

Ricettazione

Cassazione penale sez. VI, 01/07/2024, n.30633

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata ex art. 240-bis, c.p., quest'ultima si giustifica se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose ascritte al condannato risultino essere state fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita lo stesso non sia stato in grado di giustificare. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il sequestro preventivo di beni mobili, immobili e quote societarie, a fronte del reato di ricettazione di un ciclomotore ascritto all'indagato).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca ex art. 240-bis cod. pen., disposto in relazione a beni mobili, immobili e quote societarie, appartenenti in via esclusiva o pro-quota alla ricorrente, moglie di Sc.Ma., sottoposto a misura cautelare personale in relazione al reato di ricettazione (così riqualificato rispetto all'iniziale contestazione di furto aggravato, anche ai sensi dell'art. 416-bis 1 cod. pen.). 2. Avverso tale ordinanza, nell'interesse della ricorrente sono stati formulati tre motivi di ricorso. 2.1. Con il primo e secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 240-bis cod. pen. e 321, comma 2, cod. proc. pen., evidenziando come il sequestro ha avuto ad oggetto beni appartenenti a soggetto non indagato, né era stata adeguatamente dimostrata l'intestazione fittizia dei beni. Il Tribunale aveva basato la propria decisione su una non consentita inversione dell'onere probatorio, posto che, a fronte dell'intestazione formale dei beni, era onere dell'accusa dimostrare l'appartenenza degli stessi all'indagato, anziché alla ricorrente. L'ordinanza impugnata, inoltre, avrebbe sostanzialmente disatteso il principio secondo cui la confisca allargata può essere disposta tenendo conto del criterio della "ragionevolezza temporale" tra gli acquisti di beni e la commissione del reato spia. Infine, si sottolinea come il Tribunale avrebbe del tutto omesso di motivare in ordine alle esigenze cautelari sottese al sequestro, posto che in relazione al sequestro finalizzato alla confisca allargata occorre in ogni caso individuare l'esistenza di un periculum di dispersione dei beni, idoneo a legittimarne l'anticipata apprensione rispetto alla condanna definitiva. 2.2. Con il terzo motivo, deduce la violazione dell'art. 322-ter cod. pen., sostenendo che la confisca per equivalente sarebbe consentita solo nel caso di impossibilità di rinvenimento dei beni costituenti il profitto del reato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 2. Occorre premettere che, in base all'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell'art. 324, cod. proc. pen., è consentito soltanto per violazione di legge, mentre non è consentito dedurre vizi della motivazione. Per giurisprudenza unanime, le lacune motivazionali possono rientrare nella violazione di legge, ma solo nei casi in cui la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente e non anche allorquando essa sia affetta da illogicità, quand'anche manifesta (Sez. U., n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U., n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611). Al contempo, si afferma che la motivazione "assente" è quella che manca fisicamente o che è graficamente indecifrabile, s'intende, invece, per "motivazione apparente" quella affetta da vizi così radicali, da rendere l'apparato argomentativo, anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; più recentemente Sez. 2, n.18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893). 3. Nel caso di specie, deve ritenersi che la motivazione resa con riguardo all'intestazione fittizia dei beni sequestrati sia meramente apparente. Invero, il Tribunale ha sovrapposto due aspetti che - a livello logico e giuridico - devono essere tenuti necessariamente distinti. L'intestazione fittizia presuppone la simulata appartenenza del bene ad un soggetto diverso rispetto a quello che, invece, ne ha l'effettiva disponibilità e che ne è il proprietario di fatto. Del tutto distinto è il profilo della sproporzione reddituale tra i redditi del destinatario della confisca e il valore del bene acquistato, posto che tale valutazione si applica previo accertamento dei beni appartenenti al destinatario della confisca allargata e, quindi, non può costituire il presupposto per riconoscere l'intestazione fittizia a terzi. Il Tribunale ha invertito l'ordine delle valutazioni, operando un ragionamento circolare per cui ha dedotto dalla sproporzione dei redditi del nucleo familiare il fatto che i beni della Ce.Gi. sono frutto di intestazione fittizia. Invero, l'accertamento deve esser condotto stabilendo prima gli elementi che depongono a favore dell'intestazione fittizia, per poi andare a verificare l'eventuale sproporzione reddituale. La circostanza per cui la ricorrente non è titolare di redditi dichiarati idonei a giustificare l'acquisto del bene potrebbe essere indice di un accumulo di ricchezza illecita a suo carico, ma non implica necessariamente l'intestazione fittizia dei beni. Anche recentemente, questa Corte ha avuto modo di precisare che ai fini dell'operatività della confisca di cui all'art. 240-bis cod. pen. nei confronti del terzo estraneo alla commissione di uno dei reati menzionati da detta norma, grava sull'accusa l'onere di provare, in forza di elementi fattuali che si connotino di gravità, precisione e concordanza, l'esistenza della discordanza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni intestati e reddito dichiarato dal terzo, atteso che tale presunzione è prevista dall'art. 240-bis cod. pen. solo nei confronti dell'imputato (Sez. 2, n. 37880 del 15/6/2023, D'Angelo, Rv. 285028). 3.1. Il Tribunale, in buona sostanza, si è limitato a dar conto del rapporto parentale tra la ricorrente e l'autore dei reati spia, per poi desumere dalla sproporzione dei redditi anche l'ulteriore requisito dell'intestazione fittizia dell'immobile della ricorrente. In tal modo, tuttavia, risulta violato il principio secondo cui incombe sull'accusa l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca. Il giudice ha, a sua volta, l'obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario ma anche elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, tali da costituire prova indiretta del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene (Sez. 5, n. 13084 del 6/3/2017, Carlucci, Rv. 269711). Né può sanare l'apparenza della motivazione il generico richiamo ad una vicenda relativa al furto di un'autovettura della società della ricorrente, concessa in noleggio ad altra società, la M.V.M. Group, in relazione alla quale vi sarebbe stato l'intervento di soggetti affiliati ad un clan camorristico (si veda pg. 10). Invero, si tratta della mera evocazione di un fatto, non adeguatamente illustrato, del quale non si specifica l'idoneità dimostrativa rispetto all'intestazione fittizia del compendio di beni oggetto di sequestro a carico del soggetto terzo non indagato. 3.2. Deve evidenziarsi, inoltre, come difetti totalmente la motivazione in ordine alla proporzionalità della confisca rispetto alla idoneità a produrre redditi illeciti desumibile dal reato per il quale si procede (ricettazione di un ciclomotore). Questa Corte ha avuto già occasione di affermare che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l'ablazione disposta ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce dei parametri definiti dalla Corte costituzionale con sent. n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita il proposto non sia in grado di giustificare (Sez. 6, n. 29157 del 12/4/2023, Valenti, Rv. 28503902). Si tratta di un principio che, invero, ha una valenza più generale e risulta applicabile anche alla confisca allargata ex art. 240-bis cod. pen. che, al pari della confisca di prevenzione, non presuppone l'individuazione di un nesso di pertinenzialità diretta tra beni oggetto di ablazione e condotte illecite produttive di reddito. La scissione di tale nesso, tuttavia, non può consentire di addivenire alla confisca di patrimoni ingenti, in mancanza di elementi dai quali desumere l'idoneità delle condotte illecite poste in essere dal destinatario della confisca a produrre redditi proporzionali ed accumulati in periodo temporale compatibile con gli acquisti. Applicando tali principi al caso di specie, risulta l'evidente la mancanza di motivazione in ordine al requisito della proporzionalità tra il reato per il quale si procede nei confronti del soggetto ritenuto l'effettivo proprietario dei beni e l'ammontare dei cespiti oggetto di ablazione. 4. Infine, deve ritenersi fondato anche il motivo concernente la mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora. A tal riguardo è sufficiente richiamare i principi recentemente affermati da questa Corte, secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca, deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (Sez. U., n. 36959 del 24/6/2021, Eliade, Rv. 281848). Peraltro, non è dubitabile che tale regola, avendo portata generale, trovi applicazione anche in relazione ai provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca "allargata" di cui all'art. 240-bis cod. pen., che devono contenere una concisa motivazione in ordine alla sussistenza del periculum, illustrando, nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalità della misura reale, le ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (Sez. 5, n. 44221 del 29/9/2022, Poerio, Rv. 283810). 4. Sulla base di tali considerazioni, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio, nell'ambito del quale il Tribunale dovrà attenersi ai principi sopra indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell'art. 324, co. 5, c.p.p. Così deciso in Roma, l'1 luglio 2024. Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2024.
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