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Sequestro preventivo per ricettazione: il fumus del reato richiede elementi certi sulla provenienza delittuosa dei beni

Ricettazione

Cassazione penale sez. II, 03/07/2024, n.28587

In tema di sequestro preventivo, la sussistenza del fumus del delitto di ricettazione non può essere desunta, nel caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro o di preziosi della cui disponibilità non sia fornita giustificazione, dalle sole modalità di occultamento dei beni e dalla mancanza di redditi lecitamente prodotti, in assenza di elementi ulteriori, significativi della certa provenienza dei primi da un delitto presupposto. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che costituivano indici ulteriori della provenienza delittuosa dei beni vincolati gli accertati contatti del detentore con esponenti della criminalità, il suo precedente coinvolgimento in fatti di reato produttivi di profitto e il contestuale possesso di oggetti strumentali alla perpetrazione di altri reati).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 22 marzo 2024, il Tribunale di Caltanissetta, respingeva l'istanza di riesame avanzata nell'interesse di Pe.Gi. avverso il provvedimento di sequestro preventivo di somme di denaro (91.000 Euro) e beni preziosi emesso dal G.I.P. del Tribunale di Gela in data 5 marzo 2024, in relazione al reato di ricettazione allo stesso contestato. 2. Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, avv.to Tuccio, deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione di legge in relazione al fumus commissi delicti quanto alla provenienza del denaro e dei beni preziosi da precedente delitto ed alla loro natura illecita, avendo, i giudici del riesame, valorizzato elementi neutri quali l'omessa tempestiva indicazione della loro provenienza ovvero l'assenza di redditi adeguati e ciò pur in presenza di dati contrastanti ricavabili dalla consulenza depositata a firma del dott. Ponzio. Si lamentava ancora che in sede di riesame di sequestro preventivo il controllo del Giudice non può limitarsi alla astratta configurabilità di una fattispecie di reato ma deve estendersi anche alla verifica di una precisa relazione tra il bene ed il delitto contestato; nel caso in esame, nella stessa formulazione dell'imputazione, mancava l'indicazione della fattispecie delittuosa da cui provenivano beni e denaro, ed il Tribunale del riesame non aveva approfondito tale tema. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il tema proposto con l'unico motivo di ricorso deduce argomenti che richiedono un approfondimento della questione relativa alla possibilità di contestare in sede cautelare reale fattispecie di reato rientranti nel novero dei delitti da ricezione o reinvestimento di profitti illeciti (648-648 bis-648 ter-648 ter. 1 cod. pen.) a fronte del rinvenimento in possesso di soggetti privi di redditi adeguati di rilevanti quantitativi di somme di denaro contante. Vale al proposito ricordare, come il principio di riferimento è dettato da quel risalente orientamento secondo cui in tema di reati da ricezione di profitto illecito l'affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione non richiede l'accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell'esatta tipologia del reato, potendo il Giudice affermarne l'esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, Rv. 251028-01). Sulla base, quindi, della possibilità di ricavare l'esistenza del delitto presupposto anche incidentalmente e sulla sola base di prove logiche si è assunta la legittimità del sequestro di rilevanti somme di denaro contante di cui il titolare non sappia dare giustificazione. L'orientamento suddetto appare ribadito da una pronuncia del 2015 secondo cui in tema di misure cautelari l'accertamento del reato di riciclaggio non richiede l'individuazione dell'esatta tipologia del delitto presupposto, né la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute; in detta fattispecie, gli indagati trasportavano l'ingente somma contante di 500.000,00 euro, della quale non fornivano alcuna plausibile giustificazione (Sez. 2, n. 20188 del 04/02/2015, Rv. 263521-01); in motivazione tale pronuncia precisava che: "... corrisponde a ragione l'aver ritenuto che le cautele messe in atto nel corso del viaggio, le particolari modalità di trasporto del denaro, nascosto all'interno dei trolley degli indagati, l'ingente entità delle somme rinvenute e i contatti tra il C. ed il M., a sua volta trovato in possesso di Euro 500.000,00, nel corso di controlli svolti presso l'aeroporto di (Omissis), N, e sospettato di far parte del gruppo terroristico degli (Omissis), consentissero di qualificare le somme trasportate come provento di attività delittuose. A ciò deve aggiungersi che il Tribunale del riesame ha sottoposto al proprio attento vaglio critico gli elementi, prodotti dalla difesa, tesi ad evidenziare che le somme in discorso erano lecitamente detenute dagli odierni ricorrenti; in particolare, è stata evidenziata la non pertinenza degli elementi stessi, non essendo stata dimostrata la correlazione tra le fonti di reddito ed i conti correnti indicati e la detenzione delle somme anzidette, nella valuta nazionale ed in contanti ...". Lo stesso orientamento risulta ribadito anche in sede di giudizio di merito ed accertamento di responsabilità essendosi affermato con più pronunce come integra il delitto di ricettazione la condotta di chi sia sorpreso nel possesso di una rilevante somma di denaro, di cui non sia in grado di fornire plausibile giustificazione, qualora, per il luogo e le modalità di occultamento della stessa, possa, anche in considerazione dei limiti normativi alla detenzione di contante, ritenersene la provenienza illecita (Sez. 2, n. 43532 del 19/11/2021, Rv. 282308-01; Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, Rv. 284522-01; Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, Rv. 251028-01). 2. A fronte del diffondersi di tale soluzione la dottrina segnalava però come l'applicazione indiscriminata del principio poteva comportare un eccessivo ampliamento delle possibilità di disporre provvedimenti di sequestro di somme contanti; si affermava quindi essere necessario, la ricerca di una posizione giurisprudenziale in grado di garantire l'esigenza di non gravare il sospetto di presunzioni di eccessivo peso e ciò perché se fosse possibile sequestrare a fini probatori somme di denaro, il cui possesso sia adeguatamente giustificato, solo perché particolarmente ingenti (e rispondenti ad una errata profilatura di indici di sospetto), si verrebbero a creare diversi problemi. Innanzitutto, la definizione di "somma ingente" in questo senso andrebbe a dipendere completamente dall'apprezzamento del Pubblico Ministero, con eccessivo sacrificio della certezza del diritto; in secondo luogo, questo causerebbe un eccessivo ampliamento dell'operatività della fattispecie in questione almeno per ciò che riguarda il sequestro. Anche se fosse stata ben definita, infatti, la nozione di "quantitativo ingente di denaro", costituirebbe comunque un limite insufficiente a garantire il cittadino da un'applicazione indiscriminata e illegittima del sequestro. 2.1 Proprio recependo tale allarme successivi interventi giurisprudenziali si sono posti in termini maggiormente critici nei confronti della legittimità dei provvedimenti di sequestro; con una prima pronuncia non massimata (Sez.2, n. 26301 del 23 giugno 2016, imp. Aslo) si era difatti affermato che: "Tali fondamentali principi non paiono osservati nel caso in esame perché, come osservato dal Procuratore Generale, il reato presupposto del sequestro è totalmente frutto di una mera ipotesi astratta basata esclusivamente sulla quantità del contante, non confortata da alcun elemento concreto poiché il mero possesso di un'ingente somma di denaro non può giustificare ex se, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo, l'elevazione di un'imputazione di riciclaggio senza che sia in alcun modo stata verificata l'esistenza di un delitto presupposto, od anche solo l'esistenza di relazioni tra il ricorrente ed ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato dai quali era derivato quel denaro, o l'avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita a qualsiasi titolo. In assenza, quindi, di qualsiasi elemento idoneo a specificare l'esistenza di un delitto presupposto, dal quale abbia avuto origine quella somma contante tratta in sequestro, del tutto arbitrario si prospetta profilare un'ipotesi di riciclaggio e ciò, ancor di più, se si tiene conto dell'apparente attività di commercio di preziosi che appare svolta dal Simon e non trova, quanto meno allo stato, neppure smentita alcuna". Proprio raccogliendo questo indirizzo si è successivamente affermato come ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia (Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Rv. 277020-01). In motivazione tale sentenza afferma;" Le censure così individuate mettono in luce l'assenza delle necessarie valutazioni che caratterizza il provvedimento del Tribunale il quale, limitandosi a evidenziare le peculiarità della disponibilità delle somme sequestrate (in capo a soggetti che non sono stati in grado di giustificare adeguatamente la provenienza di somme di rilevante importo, occultate sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell'aeroporto di arrivo in Italia, in totale contrasto con le condizioni personali e reddituali), non ha poi offerto alcun elemento di utile considerazione quanto ai delitto presupposto; se, infatti, è corretto il richiamo alla giurisprudenza che non ritiene necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, ciò non esonera dall'individuare quale tipologia di delitto costituisca l'origine delle cose da sottoporre a sequestro, in quanto appunto di provenienza delittuosa. La motivazione del provvedimento non fornisce elementi sufficienti per individuare l'ipotizzata provenienza delittuosa del denaro sottoposto a sequestro, risultando insufficiente l'affermazione che il denaro trasportato dagli indagati dovesse necessariamente essere provento di attività delittuose, in ragione della scarsa capacità reddituale degli indagati, potendosi in alternativa ipotizzare una serie di differenti causali a base della disponibilità del denaro, di cui comunque non è stata individuata la possibile provenienza delittuosa intesa come derivazione da una specifica ipotesi di reato e non anche come mera asserzione d'ingiustificato possesso del denaro (cfr. sul punto, Sez. 2, n. 39006 del 13/7/2018, Onaghise; Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, Ndoj, non massimata; Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, Aslo, non massimata; per un'analoga fattispecie in tema di sequestro di denaro ritenuto genericamente di provenienza delittuosa, Sez. 2, n. 26308 del 22/06/2010, Rv. 247742). Nello stesso senso sono seguite ulteriori pronunciamenti secondo cui ai fini della configurabilità del "fumus" dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato (artt. 648,648-bis, 648-ter, 648-ter. 1 cod. pen.), è necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021, (dep. 23/02/2022) Rv. 282629-01; Sez. 2, Sentenza n. 46773 del 23/11/2021 Ce. (dep. 21/12/2021) Rv. 282433-02). 3. L'apparente contrasto deve essere risolto nel senso di affermare che ogni interpretazione sul tema deve avere presente come l'estensione generalizzata della possibilità di contestare fattispecie di ricettazione, riciclaggio ed autoriciclaggio ritenendo in via incidentale e sulla base della prova logica l'esistenza di un reato presupposto, rischierebbe di legittimare prassi di generalizzata ablazione di somme di denaro prive di giustificazione. Proprio al fine di evitare tale rischio, il quale comporterebbe l'eccessiva compressione del diritto di proprietà e di libera disponibilità del denaro, deve affermarsi che in caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro contante o di beni preziosi prove di giustificazione, la sussistenza del fumus dei delitti di ricettazione e riciclaggio deve essere connessa all'individuazione non soltanto di particolari modalità di occultamento del contante, significative della volontà di occultarlo, e dell'assenza di redditi leciti ma, altresì, in presenza di ulteriori elementi significativi della certa provenienza da delitto e ciò proprio per scongiurare il pericolo di procedere al sequestro di somme di denaro contante elevando imputazioni ex art. 648 o 648-bis cod. pen. in assenza di qualsiasi elemento atto a dimostrare l'esistenza di un delitto presupposto, altrimenti legittimandosi la generale ablazione di qualsiasi somma ritenuta rilevante. Divengono quindi fondamentali quegli ulteriori elementi che accompagnano il provvedimento ablatorio per giustificare la valutazione incidentale di provenienza illecita del contante, che la stessa giurisprudenza già citata ha potuto individuare negli accertati contatti del soggetto titolare del contante con esponenti criminali, nel precedente coinvolgimento dell'agente in fatti di reato normalmente produttivi di profitto illecito, nel contestuale possesso di oggetti destinati alla consumazione di altri reati (armi, droga, contrabbando, fatture per operazioni inesistenti etc.) ed, in genere, nella presenza di ulteriori elementi significativi della certa provenienza da delitto del denaro sequestrato di cui il provvedimento genetico ovvero quello emesso dal Tribunale del riesame o dell'appello cautelare reale deve dare necessariamente conto. 4. Tali principi vanno poi coniugati con la particolarità del ricorso per cassazione avverso provvedimenti in tema di cautela reale; ed invero va ricordato come il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692-01). Ne discende affermare che ove il Tribunale del riesame o dell'appello cautelare reale abbia fatto riferimento oltre che al rilevante ed ingiustificato quantitativo di somme contanti anche ad ulteriori elementi indicativi in senso logico della provenienza dello stesso da delitto, la decisione non appare censurabile in sede di legittimità e ciò proprio perché non può prospettarsi un'ipotesi di motivazione inesistente ma tutt'al più di motivazione illogica certamente non censurabile nella sede di legittimità. 4.1 Orbene proprio l'applicazione dei sopra esposti principi deve portare a ritenere il ricorso fondato nei limiti che verranno esposti; ed invero, quanto al denaro contante rinvenuto occultato all'interno dell'abitazione del Pe.Gi. e della madre, il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha fatto riferimento a plurimi aspetti del fatto per giustificarne la provenienza delittuosa e tali argomentazioni in quanto prive di profili di violazione di legge non sono censurabili nella presente sede di legittimità nella fase delle impugnazioni dei provvedimenti cautelari reali. Invero il Tribunale dell'appello cautelare reale ha comunque esplicitato adeguatamente le ragioni della propria decisione in relazione al fumus del contestato delitto di cui all'art. 648 cod. pen., sottolineando che per le particolari modalità di conservazione della somma contante, per l'assenza di qualsiasi tempestiva giustificazione e di redditi adeguati nonché per l'accertato collegamento tra il Pe.Gi. ed ambienti delinquenziali dimostrato da precedenti condanne per il coinvolgimento in traffici di stupefacenti, quanto oggetto di sequestro dovesse ritenersi provento di precedente delitto. Trattasi di valutazione che, come riferito in precedenza, non può essere censurata in questa sede di legittimità. 5. A differenti conclusioni deve invece pervenirsi in ordine agli oggetti preziosi; sul punto infatti il Tribunale ha omesso completamente di motivare in relazione alla possibile ricollegabilità anche dei gioielli sequestrati ai fatti di reato, non ravvisandosi nel corpo della motivazione alcuna argomentazione in relazione a tale aspetto, senza che in alcun modo sia stato specificato se tali gioielli provengano essi stessi da reato ovvero se, anche per loro, tale illecita provenienza possa essere ricavata attraverso una prova logica. Ne deriva, pertanto, che in accoglimento parziale del ricorso l'impugnata ordinanza deve essere annullata limitatamente al sequestro dei gioielli con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell'art. 324 comma 5 cod. proc. pen. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, limitatamente al sequestro dei gioielli, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell'art. 324 comma 5 cod. proc. pen. Rigetta il ricorso nel resto. Roma, 3 luglio 2024. Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2024.
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