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Imparzialità del giudice: i principi elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo


Imparzialità del giudice: i principi elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Indice:

b.1.2.2 Altri legami


Il diritto a un processo equo sancito dall’articolo 6 § 1 richiede che tutte le cause siano trattate da un «tribunale indipendente e imparziale» costituito per legge.

Vi è un legame stretto tra le nozioni di indipendenza e di imparzialità oggettiva. Per questo motivo, spesso la Corte esamina congiuntamente la questione relativa al loro rispetto (Findlay c. Regno Unito, § 73).

I principi applicabili per determinare se un tribunale possa essere considerato «indipendente e imparziale» si applicano anche ai giudici togati, ai giudici onorari e ai giurati (Holm c. Svezia, § 30).

Tuttavia, le garanzie di indipendenza e di imparzialità derivanti dall’articolo 6 § 1 riguardano soltanto l’organo che deve deliberare sull’accusa penale formulata contro il ricorrente, e non si applicano ai rappresentanti dell’accusa, che non sono parti al procedimento (Kontalexis c. Grecia, § 57; Haarde c. Islanda, § 94; Thiam c. Francia, § 71).

L’articolo 6 § 1 impone a tutti i tribunali che rientrano nel suo campo di applicazione di essere «imparziali».

L’imparzialità si definisce normalmente come l’assenza di pregiudizio o di partito preso e si può valutare in diversi modi (Kyprianou c. Cipro [GC], § 118; Micallef c. Malta [GC], § 93).


a. Criteri di valutazione dell’imparzialità del giudice

La Corte stabilisce una distinzione tra:

  • un approccio soggettivo, ossia cercare di accertare la convinzione o l’interesse personale di un giudice in una determinata causa;

  • un approccio oggettivo, ossia accertare che il giudice offrisse garanzie sufficienti per escludere, al riguardo, qualsiasi dubbio legittimo (Kyprianou c. Cipro [GC], § 118; Piersack c. Belgio, § 30; Grieves c. Regno Unito [GC], § 69; Morice c. Francia [GC], § 73).

Tuttavia, il confine tra i due concetti non è perfettamente delineato in quanto non solo la condotta stessa di un giudice può, dal punto di vista di un osservatore esterno, far sorgere dei dubbi oggettivamente giustificati sulla sua imparzialità (approccio oggettivo), ma può anche riguardare la questione della sua convinzione personale (approccio soggettivo).

Pertanto, l’applicabilità di uno dei due criteri o di entrambi dipenderà dalle circostanze particolari che caratterizzano il comportamento contestato (Kyprianou c. Cipro [GC], §§ 119 e 121).


a.1 Approccio soggettivo

Nell’ambito dell’approccio soggettivo la Corte ha sempre considerato che l’imparzialità personale di un magistrato si presume fino a prova contraria (Kyprianou c. Cipro [GC], § 119; Hauschildt c. Danimarca, § 47).

Per quanto riguarda il tipo di prova richiesto la Corte, ad esempio, ha cercato di verificare la fondatezza delle affermazioni secondo le quali un giudice aveva dato prova di ostilità o avversione, oppure, mosso da motivi di ordine personale, aveva fatto in modo di ottenere l’attribuzione di una causa (De Cubber c. Belgio, § 25).

Tuttavia, il solo fatto che il giudice possa avere adottato delle decisioni di natura procedurale sfavorevoli alla difesa non è indicativo di una mancanza di imparzialità (Khodorkovskyi e Lebedev c. Russia (n. 2), § 430).

Sebbene a volte sia difficile fornire la prova che ribalti la presunzione di imparzialità soggettiva di un magistrato, l’esigenza di imparzialità oggettiva offre una garanzia supplementare importante.

La Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 27/129 Aggiornata al: 30.04.2022 Corte riconosce la difficoltà di stabilire se vi sia stata una violazione dell’articolo 6 per parzialità soggettiva e dunque, nella maggior parte dei casi, ricorre all’approccio oggettivo (Kyprianou c. Cipro [GC], § 119; Morice c. Francia [GC], § 75).


a.2 Approccio oggettivo

L’approccio oggettivo, quando viene messa in questione una giurisdizione a composizione collegiale, porta a chiedersi se, indipendentemente dalla condotta personale di uno dei suoi componenti, alcuni fatti verificabili autorizzino a mettere in discussione l’imparzialità della stessa (Castillo Algar c. Spagna, § 45).

Per pronunciarsi sull’esistenza, in una determinata causa, di un motivo legittimo per temere che un giudice manchi di imparzialità, il punto di vista di chi solleva la questione viene preso in considerazione ma non svolge un ruolo decisivo. L’elemento determinante consiste nello stabilire se le preoccupazioni dell’interessato possano essere considerate oggettivamente giustificate (Ferrantelli e Santangelo c. Italia, § 58; Padovani c. Italia, § 27).

La valutazione oggettiva riguarda principalmente i legami, gerarchici o di altro tipo, tra il giudice e altre parti del procedimento, che giustifichino oggettivamente eventuali dubbi circa l’imparzialità del tribunale e non soddisfino dunque la norma della Convenzione in materia di imparzialità oggettiva (Micallef c. Malta [GC], § 97).

Pertanto, bisogna decidere in ciascuna fattispecie se la natura e il grado del legame in questione siano tali da denotare una mancanza di imparzialità da parte del tribunale (Pullar c. Regno Unito, § 38).

In materia, anche le apparenze possono assumere una certa importanza. Ne va della fiducia che i tribunali di una società democratica devono ispirare alle persone sottoposte alla giustizia, compresi gli imputati. Pertanto, ogni giudice del quale si possa legittimamente temere una mancanza di imparzialità deve essere ricusato (Castillo Algar c. Spagna, § 45; Morice c. Francia [GC], § 78; Škrlj c. Croazia, § 43).

In particolare, spetta al singolo giudice individuare eventuali ostacoli alla sua partecipazione e poi astenersi o, quando si trova in una situazione nella quale si può affermare che egli dovrebbe essere sospeso, anche se la legge non prevede che debba essere inequivocabilmente escluso, portare la questione all'attenzione delle parti per consentire loro di contestare la sua partecipazione (Sigríður Elín Sigfúsdóttir c. Islanda, § 35).

Si deve inoltre tenere conto di considerazioni di carattere organico (Piersack c. Belgio, § 30 d)).

L’esistenza di procedure nazionali destinate a garantire l’imparzialità, ossia norme in materia di astensione dei giudici, è un fattore pertinente.

Tali norme esprimono la preoccupazione del legislatore nazionale di dissipare ogni ragionevole dubbio riguardo all’imparzialità del giudice o della giurisdizione interessata e costituiscono un tentativo di garantire l’imparzialità eliminando la causa delle suddette preoccupazioni in materia.

Oltre a garantire l’assenza di un vero e proprio partito preso, esse mirano a eliminare ogni apparenza di parzialità e rafforzano in tal modo la fiducia che i tribunali di una società democratica devono ispirare ai cittadini (Micallef c. Malta [GC], § 99; Mežnarić c. Croazia, § 27; Harabin c. Slovacchia, § 132).

La Corte terrà conto di queste regole per valutare se il tribunale sia stato imparziale e, soprattutto, se i timori del ricorrente possano essere considerati oggettivamente giustificati (Pfeifer e Plankl c. Austria, § 6; Oberschlick c. Austria (n. 1), § 50; Pescador Valero c. Spagna, §§ 24-29).

Perciò, i ricorrenti sono tenuti ad avvalersi delle norme derivanti dal diritto interno pertinente (Zahirović c. Croazia, §§ 31-37).

Per quanto riguarda la procedura di ricusazione per mancanza di imparzialità, la Corte esamina la natura dei motivi sui quali è fondata la domanda di tale procedura.

Se il ricorrente si basa su motivi generali e astratti, senza evocare fatti specifici e/o materiali che possono portare legittimamente a dubitare dell’imparzialità del giudice, la sua domanda può essere definita abusiva.

In tal caso, il fatto che sia il giudice in questione a decidere sulla domanda non fa sorgere dubbi legittimi sulla sua Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 28/129 Aggiornata al: 30.04.2022 imparzialità. Inoltre, si deve tenere conto di altri elementi, in particolare della questione se i motivi della domanda di ricusazione siano adeguati e se una giurisdizione superiore abbia posto rimedio al vizio di procedura (Pastörs c. Germania, §§ 57 e 62-63; Mikhail Mironov c. Russia, § 36).

Per quanto riguarda la procedura di ricusazione per mancanza di imparzialità, la Corte ha dichiarato, in particolare, che la partecipazione di giudici a una decisione di ricusazione di un loro collega poteva pregiudicare l’imparzialità di ciascuno di essi se erano essi stessi oggetto di tale procedura.

Essa ha tuttavia ritenuto che una tale procedura non avesse compromesso l’imparzialità dei giudici interessati alla luce delle circostanze particolari della causa, in cui il ricorrente aveva basato la sua domanda su motivi apparentemente identici, di ordine generale e astratto, senza menzionare elementi concreti e particolari che avrebbero potuto indicare l’esistenza di un’animosità o di un’ostilità personali nei suoi confronti.

La Corte ha osservato che escludere tutti i giudici in causa dalle decisioni relative alle ricusazioni avrebbe paralizzato l’intero sistema disciplinare in questione (A.K. c. Liechtenstein, § 68; si veda Kolesnikova c. Russia, § 55, nella quale non vi era alcun rischio di paralisi del sistema).

Al contrario, l'omesso esame da parte del giudice nazionale di una doglianza relativa a una mancanza di imparzialità che a prima vista non sembra manifestamente infondata può comportare una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, tenuto conto della fiducia che i tribunali di una società democratica devono ispirare alle persone sottoposte alla loro giurisdizione (Remli c. Francia, § 48).

Perciò, per esempio, nella sentenza Danilov c. Russia, §§ 97-102, la Corte ha concluso che vi è stata violazione dell’articolo 6 in quanto i giudici interni non avevano adottato misure sufficienti per verificare che l’organo giudicante fosse stato costituito come tribunale imparziale quando le era stata sottoposta la doglianza del ricorrente relativa a una mancanza di imparzialità di giurati titolari di autorizzazioni di sicurezza accordate dallo stesso servizio di sicurezza che era all’origine del procedimento penale contro il ricorrente. Peraltro, è possibile che, in alcune circostanze, una giurisdizione superiore o suprema sani dei vizi sopraggiunti in prima istanza.

Tuttavia, non si può considerare che tale giurisdizione abbia sanato il vizio in questione se la stessa si astiene dall’annullare la decisione di una giurisdizione inferiore che manchi di imparzialità e conferma la condanna e la pena (Kyprianou c. Cipro [GC], § 134; De Cubber c. Belgio, § 33; Findlay c. Regno Unito, §§ 78-79).

Infine, quando la partecipazione di un magistrato a un procedimento porta a dubitare dell’imparzialità di un tribunale, il fatto che tale magistrato fosse parte di una formazione allargata non è di per sé determinante rispetto alla questione della imparzialità oggettiva dal punto di vista dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

Poiché le deliberazioni sono segrete, sarà forse impossibile determinare l’influenza reale del magistrato nel processo decisionale e l’imparzialità del tribunale può far sorgere dei seri dubbi (Morice c. Francia [GC], § 89; Otegi Mondragon c. Spagna, § 67; Škrlj c. Croazia, § 46; Sigríður Elín Sigfúsdóttir c. Islanda, § 57; Karrar c. Belgio, § 36, relativa al presidente di una corte d’assise).


b. Situazioni in cui si può porre la questione di una mancanza di imparzialità del giudice

Vi sono due possibili situazioni nelle quali si pone la questione della mancanza di imparzialità giudiziaria (Kyprianou c. Cipro [GC], § 121):

  • la prima è funzionale per natura e riguarda, ad esempio, l’esercizio di varie funzioni da parte della stessa persona nell’ambito del processo giudiziario o dei rapporti gerarchici o di altro tipo tra la stessa e un’altra persona in tale processo;

  • la seconda è di carattere personale e deriva dal comportamento di un giudice in una determinata causa. Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 29/129 Aggiornata al: 30.04.2022 122.

Inoltre, si porrà a volte una mancanza di imparzialità strutturale di un determinato tribunale nel complesso. Ciò è avvenuto nella causa Boyan Gospodinov c. Bulgaria, §§ 54-60, nella quale il tribunale penale dinanzi al quale il ricorrente era giudicato era nel contempo parte convenuta in un distinto processo civile di risarcimento intentato dal ricorrente.


b.1 Situazioni di natura funzionale

b.1.1 L’esercizio di diverse funzioni giudiziarie

Il semplice fatto che un giudice abbia già preso decisioni prima del processo, riguardanti in particolare la custodia cautelare, non può essere considerato tale da giustificare, di per sé, dei timori circa la sua imparzialità; sono fondamentali la portata e la natura di tali decisioni (Fey c. Austria, § 30; Sainte-Marie c. Francia, § 32; Nortier c. Paesi Bassi, § 33). Quando una decisione di mantenimento in detenzione richiede «un elevato livello di chiarezza» per quanto riguarda la colpevolezza, l’imparzialità dei tribunali può essere messa in dubbio e i timori del ricorrente al riguardo possono sembrare oggettivamente giustificati (Hauschildt c. Danimarca, §§ 49-52).

In ogni causa, le questioni che si pongono sono la portata del controllo da parte del giudice delle circostanze del caso di specie e la responsabilità del ricorrente quando viene disposta la custodia cautelare di quest’ultimo (Jasiński c. Polonia, §§ 54-58, nella quale la Corte ha concluso che non vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, e Romenskiy c. Russia, §§ 28-30, nella quale ha concluso che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione).

Quando la precedente partecipazione di un magistrato al procedimento mette in dubbio la sua imparzialità, un intervallo di tempo di quasi due anni dalla sua ultima partecipazione allo stesso procedimento non è di per sé una garanzia sufficiente contro la parzialità (Dāvidsons e Savins c. Lettonia, § 57).

Il fatto che un giudice abbia svolto in passato le funzioni di pubblico ministero non costituisce un motivo per temere una mancanza di imparzialità (Paunović c. Serbia, §§ 38-43).

Tuttavia, se un magistrato, dopo aver ricoperto in procura un incarico che lo porta a esaminare un certo fascicolo nell’ambito delle sue attribuzioni, viene investito della stessa causa in qualità di giudice, le persone sottoposte alla giustizia possono legittimamente temere che egli non offra sufficienti garanzie di imparzialità (Piersack c. Belgio, § 30 b) e d)). Il fatto che la stessa persona abbia esercitato le funzioni di giudice istruttore e, successivamente, di giudice del dibattimento nell’ambito della stessa causa ha portato inoltre la Corte a concludere che l’imparzialità di quest’ultimo potesse risultare poco attendibile per il ricorrente (De Cubber c. Belgio, §§ 27-30).

Tuttavia, quando la partecipazione del giudice del dibattimento all’istruzione della causa è stata limitata nel tempo ed è consistita nell’interrogare dei testimoni senza valutare le prove né trarre la minima conclusione, la Corte ha dichiarato che il timore del ricorrente che il giudice nazionale competente mancasse di imparzialità non poteva essere considerato oggettivamente giustificato (Bulut c. Austria, §§ 33-34).

Perciò, è sempre necessario tenere conto delle circostanze particolari di ciascun caso di specie per determinare la portata dell’intervento di un giudice istruttore nella causa (Borg c. Malta, § 89).

L’assenza di un procuratore nel corso del processo penale, in seguito alla quale il giudice può trovarsi nella situazione dell’autorità procedente quando conduce l’interrogatorio e produce gli elementi a carico, solleva un’altra questione di imparzialità.

A questo proposito, la Corte ha affermato che il giudice è il garante ultimo del processo e che, in linea di principio, spetta a un’autorità dello Stato, nell’ambito di un’azione penale, presentare il fascicolo accusatorio e fornire gli elementi a sostegno nell’ottica di un dibattito in contraddittorio con le altre parti. Pertanto, la confusione dei due ruoli nel processo rischia di nuocere all’esigenza di imparzialità derivante dall’articolo 6 § 1 della Convenzione (Karelin c. Russia, §§ 51-85). Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 30/129 Aggiornata al: 30.04.2022

Analogamente, la Corte ha esaminato la questione del rispetto del principio dell’imparzialità in un certo numero di cause in materia di oltraggio a un tribunale, nelle quali lo stesso giudice aveva deciso di avviare l’azione penale, deliberato sulle questioni sollevate dal comportamento del ricorrente e sulla colpevolezza di quest’ultimo, e poi pronunciato la pena. Essa ha affermato che, in tal caso, la confusione dei ruoli tra denunciante, testimone, procuratore e giudice poteva chiaramente far sorgere dei timori oggettivamente giustificati sulla conformità del procedimento al principio consolidato per il quale nessuno può essere giudice nella propria causa e, di conseguenza, sull’imparzialità del tribunale (Kyprianou c. Cipro [GC], §§ 126-128; Słomka c. Polonia, §§ 44-51; Deli c. Repubblica di Moldavia, § 43). Non si pone alcun problema in ordine a una mancanza di imparzialità giudiziaria quando il giudice ha già reso delle decisioni formali e procedurali in altre fasi del procedimento (George-Laviniu Ghiurău c. Romania, § 67); il problema si può porre invece se, in altre fasi del procedimento, il giudice si è già pronunciato sulla colpevolezza dell’imputato (Gómez de Liaño y Botella c. Spagna, §§ 67-72).

Il solo fatto che un giudice si sia già pronunciato su accuse penali simili ma non in rapporto tra loro o che abbia già giudicato un coimputato in un procedimento penale distinto non basta di per sé a sollevare dubbi sulla sua imparzialità in una causa successiva (Kriegisch c. Germania (dec.); Khodorkovskiy e Lebedev c. Russia, § 544).

Tuttavia, lo stesso non può dirsi se le sentenze precedenti comportano delle conclusioni che pregiudicano effettivamente la questione della colpevolezza di un imputato giudicato successivamente (Poppe c. Paesi Bassi, § 26; Schwarzenberger c. Germania, § 42; Ferrantelli e Santangelo c. Italia, § 59).

Da questo punto di vista, la questione dell’imparzialità di un tribunale ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione può essere analizzata alla luce del diritto alla presunzione d’innocenza ai sensi dell’articolo 6 § 2 (Mucha c. Slovacchia, §§ 48 e 66).

Ad esempio, nella sentenza Meng c. Germania, §§ 53-65, la Corte ha concluso che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 a causa di dubbi oggettivamente giustificati per quanto riguarda l’imparzialità della giurisdizione che aveva riconosciuto la ricorrente colpevole di omicidio, e che era presieduta da un giudice che aveva partecipato in precedenza a un procedimento distinto che riguardava soltanto il suo coimputato, e nell’ambito del quale erano state esposte ampie constatazioni di fatti e importanti conclusioni giuridiche che anticipavano la colpevolezza della ricorrente.

Inoltre, si può porre una questione dal punto di vista dell’equità generale quando il tribunale giunge a determinate conclusioni basandosi su prove che erano state esaminate nell’ambito di vari procedimenti ai quali il ricorrente non aveva preso parte (Khodorkovskyi e Lebedev c. Russia (n. 2), § 522).

Quando era stato precedentemente constatato che il presidente di un collegio giudicante aveva nutrito un partito preso contro il ricorrente in un processo penale anteriore riguardante delle accuse simili, può legittimamente sorgere in quest’ultimo e nei suoi coimputati un timore oggettivo di mancanza di imparzialità (Otegi Mondragon c. Spagna, §§ 58-69; si veda, a contrario, Alexandru Marian Iancu c. Romania, § 72).

Il dovere di imparzialità non può essere interpretato nel senso di imporre a tutti i giudici di appello che annullano una decisione amministrativa o giudiziaria l’obbligo di rinviare la causa ad un’altra autorità giudiziaria o ad un altro organo diversamente costituito di tale autorità (Marguš c. Croazia [GC], §§ 85-89); Thomann c. Svizzera, § 33; Stow e Gai c. Portogallo (dec.)).

In altri termini, il semplice fatto che lo stesso giudice abbia esercitato due volte la stessa funzione nello stesso procedimento penale non è sufficiente per dimostrare una mancanza di imparzialità (Teslya c. Ucraina).

Tuttavia, se il diritto interno prevede un obbligo per le giurisdizioni superiori che annullano una decisione giudiziaria di rinviare la causa dinanzi ad altri giudici, si pone la questione di stabilire se un tribunale sia stato costituito per legge (Lavents c. Lettonia, § 115).

Il fatto che un ricorrente sia stato giudicato da un magistrato che aveva espresso dei dubbi sulla propria imparzialità nel processo può sollevare un problema dal punto di vista della parvenza di un Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 31/129 Aggiornata al: 30.04.2022 processo equo (Rudnichenko c. Ucraina, § 118; Paixão Moreira Sá Fernandes c. Portogallo, §§ 90-94; George-Laviniu Ghiurău c. Romania, § 65).

Tuttavia, questo non è sufficiente per constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. In ogni causa, i dubbi del ricorrente per quanto riguarda l’imparzialità del giudice devono essere oggettivamente giustificati (Dragojević c. Croazia, §§ 116-123; Alexandru Marian Iancu c. Romania, § 69).


b.1.2 Legami gerarchici o di altro tipo con altre parti al procedimento


Legami gerarchici

In linea di principio non è incompatibile con le disposizioni dell’articolo 6 che i giudici militari siano chiamati a pronunciarsi su accuse in materia penale a carico di altri militari (Cooper c. Regno Unito [GC], § 110).

Tuttavia, quando i componenti della Corte marziale sono tutti gerarchicamente subordinati all’ufficiale convocatore e sono sottoposti ai suoi ordini, i dubbi manifestati dal ricorrente per quanto riguarda l’indipendenza e l’imparzialità del tribunale possono sembrare oggettivamente giustificati (Findlay c. Regno Unito, § 76; Miller e altri c. Regno Unito, §§ 30-31).

Analogamente, quando un ufficiale dell’esercito sottoposto alla disciplina militare e nominato dai suoi superiori gerarchici senza godere delle stesse garanzie costituzionali accordate ai magistrati fa parte di un tribunale militare, tale tribunale non può essere considerato indipendente e imparziale nel senso dell’articolo 6 della Convenzione (Gürkan c. Turchia, §§ 13-20).

Far giudicare dei civili da un tribunale composto da membri delle forze armate può legittimamente far temere che tale tribunale si lasci indebitamente guidare da considerazioni di parte (Incal c. Turchia, § 72; İbrahim Öztürk c. Turchia, § 26).

Nemmeno quando un giudice militare, in un procedimento a carico di un civile, ha adottato soltanto una sentenza interlocutoria che resta in vigore, l’intero procedimento sembra essere stato condotto da un tribunale indipendente e imparziale (Öcalan c. Turchia [GC], § 115).

Le situazioni nelle quali un tribunale militare è giurisdizionalmente competente, rispetto a un civile, per atti rivolti contro le forze armate, possono far sorgere dei dubbi ragionevoli per quanto riguarda l’imparzialità oggettiva di tale tribunale.

Un sistema giudiziario nell’ambito del quale una giurisdizione militare è chiamata a giudicare una persona che non fa parte dell’esercito può facilmente essere percepito come un sistema che annulla la distanza necessaria tra la giurisdizione e le parti in un procedimento penale, anche se esistono misure di protezione sufficienti per garantire l’indipendenza di tale giurisdizione (Ergin c. Turchia (n. 6), § 49).

Il fatto che dei tribunali militari si pronuncino su accuse in materia penale formulate nei confronti di civili, non può essere ritenuto conforme all’articolo 6 se non in circostanze del tutto eccezionali (Martin c. Regno Unito, § 44; si veda anche Mustafa c. Bulgaria, §§ 28-37).


Altri legami

L’esistenza di dubbi oggettivamente giustificati circa l’imparzialità della presidente di un organo giudicante è stata dedotta dal fatto che il marito della stessa dirigeva la squadra investigativa incaricata di istruire la causa dei ricorrenti (Dorozhko e Pozharskiy c. Estonia, §§ 56-58).

Analogamente, la questione dell’imparzialità oggettiva si pone quando il figlio del giudice adito era membro della squadra incaricata di indagare sul ricorrente (Jhangiryan c. Armenia, §§ 97-103).

Un legame di parentela tra giudici che deliberano nell’ambito di una causa in diversi gradi di giudizio può portare a dubitare della loro imparzialità.

Tuttavia, nella causa Pastörs c. Germania, §§ 58-70, nella quale due magistrati che avevano giudicato il ricorrente nel primo e nel terzo grado di giudizio erano marito e moglie, la Corte ha concluso che non vi era stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto la domanda di ricusazione che il ricorrente aveva formulato era stata sottoposta al controllo successivo di un organo giudiziario dotato di poteri sufficienti e che offriva le garanzie richieste dall’articolo 6 della Convenzione.

La Corte ha inoltre osservato che il ricorrente non Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 32/129 Aggiornata al: 30.04.2022 aveva proposto alcun argomento concreto che spiegasse per quale motivo un magistrato professionista – sposato con un altro magistrato professionista – sarebbe inevitabilmente parziale se decidesse sulla stessa causa in un diverso grado di giudizio nell’ambito del quale, peraltro, la decisione del coniuge non era direttamente esaminata.

Inoltre, dei legami familiari con una delle parti possono far dubitare dell’imparzialità di un giudice.

La Corte ritiene tuttavia che tali dubbi debbano essere oggettivamente giustificati. La giustificazione oggettiva di questi dubbi dipende in larga misura dalle circostanze di ogni singola fattispecie e si deve tenere conto di un certo numero di fattori a questo proposito.

Tra questi vi è, in particolare, la questione se il familiare del giudice sia implicato nella causa in questione, la posizione del familiare del giudice all’interno dello studio legale che rappresenta la parte avversa, le dimensioni e l’organizzazione interna di tale studio, l’importanza della causa a livello economico per lo studio, nonché gli interessi economici o i benefici potenziali (e l’importanza di questi ultimi) per il familiare (Nicholas c. Cipro, § 62, per quanto riguarda il profilo civile).

Nelle piccole giurisdizioni, in cui sorgono spesso problemi di legami familiari, si dovrebbero segnalare le situazioni di questo tipo fin da quando viene avviato il procedimento, e decidere sulla questione tenendo conto dei diversi fattori in causa allo scopo di determinare se sia davvero necessaria la ricusazione nel caso di specie (ibidem, § 64).

Il fatto che un componente del tribunale conosca personalmente uno dei testimoni in una determinata causa non implica necessariamente che egli sia ben disposto verso la testimonianza di tale persona. Bisogna decidere in ciascuna fattispecie se la natura e il grado del rapporto in questione siano tali da denotare una mancanza di imparzialità da parte del tribunale (Pullar c. Regno Unito, § 38, riguardante la presenza all’interno della giuria di un dipendente di uno dei due testimoni fondamentali dell’accusa; Hanif e Khan c. Regno Unito, § 141, riguardante la presenza di un agente di polizia all’interno di una giuria; e, a contrario, Peter Armstrong c. Regno Unito, §§ 39-45).

Il processo penale del ricorrente dinanzi a un tribunale in cui la madre della vittima svolgeva le funzioni di magistrato è stato giudicato contrario all’esigenza di imparzialità derivante dall’articolo 6 § 1 (Mitrov c. ex Repubblica jugoslava di Macedonia, §§ 49-56).


b.2 Situazioni di natura personale

Alle autorità giudiziarie è richiesta la massima discrezione, quando sono investite di funzioni giudicanti, allo scopo di garantire la loro immagine di giudici imparziali. Tale discrezione deve portarle a non utilizzare la stampa, nemmeno per rispondere a provocazioni. Si tratta di un dovere imposto dalla superiore esigenza di giustizia e dalla elevata natura della funzione giudiziaria (Lavents c. Lettonia, § 118; Buscemi c. Italia, § 67).

Così, quando il presidente del tribunale ha utilizzato pubblicamente espressioni che sottintendevano una valutazione negativa della causa del ricorrente prima di presiedere l’organo giudiziario chiamato a esaminare il caso, le sue dichiarazioni erano tali da giustificare oggettivamente i timori del ricorrente circa la sua imparzialità (ibidem, § 68; si veda anche Lavents c. Lettonia, § 119, in cui un giudice aveva formulato delle critiche pubbliche nei confronti della difesa e si era pubblicamente detto sorpreso che l’imputato non si fosse dichiarato non colpevole).

Non è stata constatata alcuna violazione dell’articolo 6 per dichiarazioni fatte alla stampa da alcuni membri della magistratura nazionale e per un articolo pubblicato dall’Associazione nazionale magistrati in cui venivano criticati il clima politico in cui si era svolto il processo, le riforme legislative proposte dal governo e la strategia della difesa, ma senza pronunciarsi sulla colpevolezza del ricorrente.

Inoltre, le autorità giudiziarie chiamate a esaminare la causa del ricorrente erano interamente composte da magistrati di carriera che godono di un’esperienza e di una formazione che permettono loro di evitare qualsiasi influenza esterna al processo (Previti c. Italia (dec.), § 253).

La Corte non ha concluso che vi sia stata mancanza di imparzialità nemmeno in una causa nella quale un giurato aveva fatto dei commenti sul processo in una intervista a un giornale dopo la Guida sull’articolo 6 della Convenzione – Diritto a un processo equo (profilo penale) Corte europea dei diritti dell’uomo 33/129 Aggiornata al: 30.04.2022 condanna (Bodet c. Belgio (dec.), §§ 24-38; Haarde c. Islanda, § 105).

Al contrario, nella causa Kristiansen c. Norvegia (§§ 56-61) la presenza all’interno della giuria di una persona che conosceva la vittima e aveva fatto, in merito alla personalità di quest’ultima, delle affermazioni che si potevano considerare come un commento o una reazione alla sua deposizione orale, costituiva una violazione del principio di imparzialità derivante dall’articolo 6 § 1.

La Corte ha constatato una violazione dell’articolo 6 § 1 anche nella causa Tikhonov e Khasis c. Russia, §§ 44-53, relative al rifiuto da parte dei giudici interni di esaminare debitamente la situazione e di escludere i giurati che avevano letto degli articoli online riguardanti il processo, e che ne avevano discusso con una persona che non partecipava all’esame del caso.

Il sostegno espresso in pubblico da un giudice di una sezione della Corte di cassazione al giudice che aveva condotto il processo del ricorrente ha comportato una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Morice c. Francia [GC], §§ 79-92).

Il fatto di avere precedentemente aderito a un partito politico non basta per mettere in dubbio l’imparzialità di un giudice, in particolare quando non vi sono elementi che indicano che tale adesione abbia avuto un qualsiasi rapporto o nesso con il merito della causa (Otegi Mondragon c. Spagna, §§ 25-29).



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