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L’amministratore può sporgere querela senza delibera: legittimazione autonoma anche nei reati contro il patrimonio condominiale (Cass. Pen. n. 19194/2025)

L’amministratore può sporgere querela senza delibera: legittimazione autonoma anche nei reati contro il patrimonio condominiale (Cass. Pen. n. 19194/2025)

Con la sentenza n. 19194 del 2025, la Seconda Sezione penale della Corte di cassazione ha ribadito un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di legittimazione dell'amministratore di condominio alla proposizione della querela per reati patrimoniali ai danni del condominio.


2. Il caso

La Corte di appello di Bologna aveva confermato la pronuncia di primo grado che dichiarava Be.An. responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata per essersi appropriato di somme appartenenti a due condomini da lui amministrati. In sede di legittimità, il ricorso dell'imputato si fondava, tra l'altro, sulla presunta mancanza di legittimazione in capo all'amministratore a proporre querela, in assenza di una specifica delibera assembleare e del conferimento di procura speciale da parte dei condomini.


3. Il principio di diritto

La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo che l'amministratore di condominio, nell'ambito delle proprie attribuzioni ex art. 1130 c.c., è legittimato a sporgere querela per fatti che ledono il patrimonio comune. In particolare, tale legittimazione discende dal compito di "riscossione dei contributi e di erogazione delle spese comuni", e dalla necessità di garantire la salvaguardia dei beni condominiali, compresi i conti correnti.

In tale prospettiva, l'intervento penale dell'amministratore si configura come funzionale al corretto esercizio dei servizi comuni, senza necessità di preventiva autorizzazione dell'assemblea o conferimento di procura speciale, quantomeno nei limiti in cui la querela sia coerente con le sue attribuzioni.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. II, 06/05/2025, (ud. 06/05/2025, dep. 22/05/2025), n.19194

RITENUTO IN FATTO


1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 9 ottobre 2024, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto Be.An. responsabile di appropriazione indebita aggravata commessa ai danni di due condominii dallo stesso amministrati.


Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore di Be.An., eccependo:


1.1. violazione degli artt. 122,336,337 cod. proc. pen. e 1130 cod. civ. nella parte in cui aveva ritenuto sussistente in capo all'amministratore di condominio la legittimazione alla proposizione della querela di cui al capo di imputazione n.1) in difetto di conferimento di procura speciale da parte dei condomini: non era stato considerato che l'assemblea dei condomini aveva conferito il mandato a proporre querela all'avv. Malagoli e la manifestazione di una volontà punitiva e la richiesta in sede penale di tutela penale dei diritti non rientravano nell'attività di "riscossione dei contributi" di cui all'art. 1130 cod. civ.; inoltre, ritenere che l'amministratore possa proporre querela senza una delibera assembleare significherebbe che potrebbe anche rimettere la querela e rinunciare al risarcimento del danno;


1.2. violazione degli artt. 122,336,337 cod. proc. pen. e 39 disp. att. cod. proc. pen. per contraddittorietà ed illogicità della motivazione nella parte in cui aveva ritenuto che la sussistenza del potere di proporre querela in capo all'amministratrice condominiale promanasse dall'autentica della firma apposta dal difensore di fiducia, nonché nella parte in cui aveva ritenuto che l'attività di deposito dell'atto da parte del difensore di fiducia ne ratificasse il contenuto: innanzitutto non corrispondeva al vero che l'avvocato Malagoli non fosse legittimato a proporre la querela, dal momento che era proprio a quest'ultimo, e non alla sig.ra Za. (che non era stata ancora eletta amministratrice condominiale) che l'assemblea aveva conferito mandato di procedere sia in sede civile che penale nei confronti di Be.An.; inoltre, nessuna ratifica del contenuto della querela da parte del legale era riscontrabile nella stessa;


1.3. contraddittorietà ed illogicità della motivazione nella parte in cui aveva ritenuto conferito all'amministratrice sig.ra Za. la procura speciale per la proposizione della querela in ordine al reato di cui al capo 1) dell'imputazione: da una lettura del verbale dell'assemblea appariva evidente che il punto 6 all'ordine del giorno faceva riferimento ad eventuali azioni giudiziali da proporre non nei confronti dell'imputato, ma del precedente amministratore condominiale.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.


1.1. Relativamente al primo motivo di ricorso, si deve ribadire che "L'amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall'art. 1130 cod. civ., è legittimato a sporgere querela in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni (Sez. 5, n. 33813 del 26/05/2023, Breda, Rv. 284991, in fattispecie di furto di acqua, commesso con violenza sulle cose dai locatari di un appartamento mediante allaccio abusivo all'impianto condominiale).


Nel caso in esame, correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto che l'amministratore condominiale, che ha il compito di salvaguardare la consistenza patrimoniale del conto corrente condominiale ove confluiscono i contributi dei singoli condomini funzionali all'espletamento dei servizi comuni e quindi, ai sensi dell'art. 1130, comma 1 n. 3, cod. civ. ("riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni), sia legittimato a proporre querela.


1.2. Il secondo motivo di ricorso è pertanto superato da quanto sopra osservato.


1.3. Quanto al terzo motivo di ricorso, lo stesso è inammissibile in quanto la censura non risulta essere stata proposta in appello: è, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione (cfr., Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli, Rv. 255577; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316 - 01)


2. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.


Non può, invece, essere accolta la richiesta di liquidazione delle spese del grado proposta dalla parte civile Condominio (Omissis), in quanto non erano state proposte conclusioni nei confronti della stessa, ma solo relativamente al capo di imputazione che riguardava il Condominio (Omissis).


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Condominio (Omissis).


Così deciso in Roma il 6 maggio 2025


Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2025.


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