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Dichiarazione fraudolenta: annullata la condanna per violazione del principio di correlazione (Cass. Pen. 8075/2025)

dichiarazione

Con la sentenza n. 8075/2025, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio fondamentale in materia di reati tributari e principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 c.p.p.): l’imputato non può essere condannato per un fatto che, nella sua struttura essenziale, differisce da quello contestato, poiché ciò comprometterebbe il diritto di difesa.

La decisione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la condanna di M. per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000), pur avendo modificato la configurazione del fatto rispetto all’originaria imputazione.


Il caso: dichiarazione fraudolenta e responsabilità del liquidatore

L’imputato in qualità di liquidatore della società “G.D.P. s.r.l.”, era stato accusato di aver indicato nella dichiarazione dei redditi del 2015 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, allo scopo di evadere l’imposta sul valore aggiunto (IVA).

Tuttavia, nel corso del processo è emerso che la dichiarazione fiscale non era stata direttamente presentata da M., bensì dal curatore fallimentare della società. La Corte d’Appello, pur confermando la condanna, ha ritenuto che M. avesse indotto in errore il curatore fallimentare, determinandolo a presentare una dichiarazione falsa, configurandolo così come autore mediato del reato (art. 48 c.p.).

La difesa ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando i seguenti motivi:

  • Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 c.p.p.)

L’atto di accusa descriveva un reato monosoggettivo, ovvero una dichiarazione fraudolenta direttamente compiuta da M.

La Corte d’Appello ha invece condannato M. per un reato plurisoggettivo, sostenendo che il curatore fallimentare fosse stato tratto in inganno e avesse agito come autore immediato del reato.

Secondo la difesa, tale mutamento ha pregiudicato il diritto di difesa, poiché l’imputato non era stato accusato di aver ingannato il curatore, bensì di aver direttamente presentato la dichiarazione mendace.

  • Errore nella configurazione della responsabilità dell’imputato

La difesa ha sostenuto che la dichiarazione fraudolenta non poteva essere attribuita a M., perché non l’aveva materialmente presentata.

Non vi era prova che il curatore fallimentare fosse stato ingannato, né che M. avesse agito con dolo specifico per indurre quest’ultimo a commettere un illecito fiscale.

  • Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche

La difesa ha contestato la mancata concessione delle attenuanti generiche, nonostante l’imputato fosse incensurato e il reato fosse avvenuto molti anni prima.


La decisione della Corte

La Suprema Corte ha accolto il ricorso e annullato senza rinvio la sentenza di condanna, stabilendo che:

  • Il principio di correlazione tra accusa e sentenza impone che il fatto contestato e quello per cui si viene condannati siano sostanzialmente identici

Se il capo di imputazione descrive un reato monosoggettivo, la condanna non può intervenire per un reato plurisoggettivo senza una modifica formale dell’imputazione.

In questo caso, M. è stato condannato per aver ingannato il curatore fallimentare, ma nell’imputazione non era mai stata menzionata tale condotta.

Ciò ha determinato una violazione del diritto di difesa, poiché l’imputato non ha potuto difendersi adeguatamente da un’accusa mai formalmente contestata.

L’autore mediato (art. 48 c.p.) non può essere condannato senza una specifica contestazione

L’amministratore o il liquidatore di una società può essere ritenuto responsabile della dichiarazione fraudolenta solo se si prova che abbia coscientemente indotto un altro soggetto a commettere il reato.

In questo caso, la Corte d’Appello ha cambiato la ricostruzione del fatto, senza però consentire alla difesa di articolare adeguate argomentazioni in merito.

  • L’annullamento senza rinvio comporta la necessità di una nuova formulazione dell’accusa

La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna, restituendo gli atti al Tribunale di Monza, affinché valuti se modificare formalmente il capo di imputazione e avviare un nuovo procedimento.


Conclusioni

La sentenza afferma i seguenti principi in tema di reati tributari e il principio di correlazione tra accusa e sentenza:

  1. Il giudice non può modificare il fatto contestato in sede di decisione, senza consentire all’imputato di difendersi su una nuova impostazione accusatoria.

  2. Nei reati tributari, la responsabilità dell’autore mediato (art. 48 c.p.) deve essere specificamente contestata, con prova dell’inganno nei confronti di chi ha materialmente presentato la dichiarazione.

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