Tribunale Nola, 06/09/2021, (ud. 12/07/2021, dep. 06/09/2021), n.1597
Giudice: Giusi Piscitelli
Reato: 572 c.p.
Esito: Condanna
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Sezione Penale
Il giudice, dott.ssa Giusi Piscitelli, all'udienza del 12.7.2021 ha
pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di: (...) nato a Saviano il (...), elettivamente
domiciliato ex art. 161 c.p.p. presso lo studio dal difensore di fiducia
avv.to (...) del foro di Nola.
Libero (con divieto di avvicinamento ed obbligo di allontanamento dalla
casa familiare)- presente.
IMPUTATO
A) Del reato p. e p. dall'art.572 c.p., perché, con condotte reiterate
maltrattava la sorella convivente (...), strattonandola, ingiuriandola
e minacciandola per futili motivi, colpendola con schiaffi, lanciandole
contro oggetti e colpendola con sputi al volto, così cagionandole lesioni
personali anche mediante l'utilizzo di strumenti atti ad offendere ed in particolare:
In data 15.7.2019 la schiaffeggiava, cagionandole la fuoriuscita di sangue dal naso;
In data 2.8.2019 la schiaffeggiava ricordandole al contempo che in casa
comandava lui e che la p.o. non aveva alcuna possibilità di far valere la sua opinione;
Nell'ottobre del 2019 la colpiva con un pugno alla fronte, e proferendo
al suo indirizzo le seguenti espressioni: "sei una cessa, una troia, non sei buona a nulla"
In data 8.11.2019 dopo averla apostrofata con i seguenti epiteti: "sei
una cessa, una troia, non sei buona a niente, non sai fare niente" la
colpiva al volto con uno schiaffo e al contempo la strattonava
minacciandola gravemente di morte;
Sempre nel novembre del 2019 la percuoteva con schiaffi e strattonamenti,
in tal modo infliggeva a (...) sofferente fisiche e morali tali da
rendere abitualmente dolorosa e intollerabile la convivenza.
In Saviano accertato dall'agosto 2019 al novembre 2019;
B) Del reato di cui all'art.582, 585 in relazione all'art.576 n.5. 577
comma 1 n. 1. c.p. perché, al fine di commettere il reato di cui al capo
che precede, con la condotta ivi descritta cagionava alla sorella
convivente (...), lesioni personali consistite:
- contusioni al volto, al cuoio capelluto, al braccio sinistro e alla
coscia destra, contusioni multiple al corpo giudicate guaribili in 5
giorni.
Con la circostanza aggravante di aver agito per commettere altro reato
ed in occasione del delitto di cui all'art. 572 c.p.
In Saviano l'8.11.2019.
Con la recidiva reiterata.
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Fatto e Diritto
Con decreto che dispone il giudizio emesso in data 18.9.2020, (...) era citato dinanzi al Giudice Monocratico del Tribunale di Nola per rispondere dei reati a lui ascritti in rubrica. Alla prima udienza di comparizione del giorno 7.12.2020 il processo era rinviato per legittimo impedimento dell'imputato, sospesi i termini di prescrizione.
All'udienza del 14.12.2020, il G.M. dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove richieste dalle parti; si procedeva alle escussioni del teste (...) e della p.o. (...). Il giorno 1.2,2021 si disponeva rinvio dell'udienza, stante l'assenza del G.M. titolare del ruolo. All'udienza del 1.3.2021 sì procedeva all'escussione dei testi (...), (...) ed (...);
l'imputato rendeva dichiarazioni spontanee in merito ad una denuncia sporta in data 28.2.2021 dal (...).
All'udienza dell'14.4.2021 erano escussi i testi (...) e (...), con acquisizione della relazione a firma di quest'ultima.
Il giorno 17.5.2021 si procedeva all'esame dell'imputato ed in data 31.5.2021 al controesame; in tale udienza il difensore dell'imputato avanzava istanza ex art. 507 c.p.p. per l'escussione dei testi (...) nonché dei titolari degli esercizi commerciali attigui alla tabaccheria. Il P.M. e la difesa di parte civile si opponevano; il Tribunale si riservava
Il giorno 12.7.2021 il G.M. dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale e dopo aver udito le conclusioni rassegnate dalle parti, in epigrafe riportate, si ritirava in camera di consiglio all'esito della quale dava lettura del dispositivo cui fa seguito la presente motivazione.
I termini di prescrizione sono rimasti sospesi dal giorno 7.12.2020 al 14.12.2020 (7 giorni).
Ritiene questo Giudicante che dagli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento emerga certa ed incontestata la responsabilità penale dell'imputato in ordine ai reali ascrittigli.
L'affermazione della penale responsabilità dell'imputato si fonda essenzialmente sulla deposizione resa dalla p.o. (...), sorella dell'imputato, che ha trovato riscontro in numerose ed ulteriori testimonianze, rese in particolare dai testi (...), (...) -sorella dell'imputato e della p.o., (...), (...), (...) (psicologo), (...) (criminologa).
Appare pertanto opportuno ricostruire i fatti di causa in primis alla luce di quanto emerso dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
(...), che nel corso della deposizione appariva molto provata, riferiva che il rapporto con il fratello, (...), era stato sempre complicato a causa del carattere irascibile ed aggressivo dell'uomo.
Invero, (...) viveva con il fratello (...) nell'abitazione di famiglia sita in Saviano via (...); con loro, fino alla sua morte avvenuta il 14.8.2019, viveva anche il padre. (...) per circa trent'anni aveva gestito l'attività commerciale della famiglia, un sale e tabacchi, sito in Piazza (...) in Nola; attività un tempo del padre, poi passata a partire dal 1996/1997 a (...).
Sebbene la tabaccheria fosse intestata al (...) i proventi erano gestiti dal padre al quale la donna chiedeva i soldi che le occorrevano, senza percepire uno stipendio.
Il fratello (...), invece, dopo che la alla gestione del tabacchino era passata alla sorella, non si era più occupato dell'attività commerciale della famiglia ed aveva vissuto per lungo tempo lontano dal nucleo famigliare ritornando poco prima che la mamma morisse (anno 2015); poi quando il padre si ammalava gravemente (Anno 2018) il (...) si stabiliva definitivamente nella casa occupandosi del padre malato; talvolta collaborava con la sorella alla gestione dell'attività commerciale. Dopo, la morte del padre, i due fratelli continuarono ad abitare sotto lo stesso tetto traendo il sostentamento economica dall'attività commerciale, tanto che la p.o. riferiva che entrambi prelevavano danaro dalla cassa per fronteggiare alle spese.
Nel corso degli anni, tuttavia (...) tuttavia aveva contratto dei debiti con l'Equitalia per mancato pagamento dei tributi e, dopo un periodo di sospensione di 90 giorni, nell'ottobre 2019 (...) decadeva dalla concessione della rivendita generi del monopolio per reiterati ritardi nei pagamenti dei proventi del gioco del lotto ( cfr. provvedi mento del 23.10.2019 in atti). La rivendita sarebbe poi stata assegnata al fratello (...), il quale secondo si sarebbe imposto a subentrare nella tabaccheria, senza coinvolgere le sorelle.
Ciò premesso, la p.o. riferiva che il (...), dal carattere irascibile e nervoso, l'aveva sempre aggredirla, verbalmente e fisicamente; ciò era avvenuto episodicamente quando il padre era in vita, in quanto il fratello aveva timore della figura paterna; ma la situazione era degenerata, allorquando le condizioni di salute del padre erano peggiorate nell'anno 2019 e vieppiù dopo la sua morte avvenuta nell'agosto 2019 (14.8.2019).
La teste precisava che gli episodi precedenti alla morte del padre si erano sempre verificati in assenza del genitore, con il quale comunque la (...) si confidava.
A titolo esemplificativo la (...) riferiva di un episodio occorso nel gennaio 2019 quando, in presenza dell'amica (...), il (...) la colpiva con una paletta del camino, causandole un livido alla gamba.
Tuttavia, dopo la morte del padre le vessazioni del (...) nei confronti della sorella erano diventate quasi quotidiane tanto che la convivenza era progressivamente divenuta intollerabile per la donna.
L'uomo si mostrava sempre nervoso e irascibile con la sorella, era infastidito da qualsiasi cosa la sorella facesse o dicesse, in casa e al negozio, ed ogni disaccordo era l'occasione per aggrediva sia verbalmente, offendendola (con espressioni "sei una troia, sei una cessa, una puttana, devi morire) sia fisicamente, picchiandola con calci alle gambe, schiaffi al volto e tirate di capelli.
La (...) difatti dichiarava che il fratello era solito appellarla con un florilegio di insulti "sei una troia, sei una cessa, una puttana, devi morire".
Altresì offendendola le augurava la morte con espressioni quali: "Devi morire, devi avere un cancro, ti devi buttare sotto un treno, sei una cessa, una troia, una puttana".
Non esitava di fronte ad una risposta, ritenuta dallo stesso "fuori posto", a picchiarla. Più volte l'aveva picchiata per motivi futili, tirandole i capelli, dandole schiaffi al volto e calci sulle gambe: la p.o. ricordava che talvolta, adiratosi per la mancanza di zucchero nel caffè o di sale nel cibo, le aveva lanciato contro le pietanze e poi l'aveva picchiata.
La p.o. riferiva che già quando era in vita il padre, l'imputato più volte l'aveva minacciata di morte, dicendole che se era ancora viva doveva ringraziare il padre che la difendeva e che una volta che il capofamiglia fosse passato a miglior vita, la sua sorte sarebbe stata la stessa del padre; oppure che avrebbe fatto una buca nella piazza Duomo di Nola dove l'avrebbe sotterrata. Le ingiurie e minacce, erano accompagnate da schiaffi in faccia e calci alle gambe. Tali comportamenti sì erano aggravati dopo la morte del padre.
Le umiliazioni e gli episodi violenti si erano verificati anche presso la tabaccheria dove più volte il (...) aveva fatto scenate in presenza dei clienti, umiliandola. Talvolta qualche cliente aveva notato dei lividi sul viso, provocati dal (...), chiedendolo spiegazioni, ma ella aveva nascosto la verità, provando un forte senso di vergogna per quanto le accadeva.
Nonostante fosse molto impaurita dal fratello decideva tuttavia aveva deciso di andare avanti, reprimendo la sua costante sofferenza, sia perché non aveva la forza ed il coraggio di opporsi allo stesso sia perché non sapeva neppure dove andare, in quanto allontanarsi avrebbe significato perdere casa e lavoro.
Difatti, ormai dopo la morte del padre il fratello aveva assunto il ruolo di capofamiglia, sebbene la stessa tuttavia non gli riconoscesse questa autorità, volendo mantenere la propria autonomia nelle decisioni. Tuttavia il (...) denigrandola, dicendole che non era buona a nulla o era incapace, e con i suoi comportamenti violenti, la soggiogava imponendole il suo comando.
Di seguito si riportano gli episodi più rilevanti riferiti da (...).
Raccontava poi un episodio verificatosi il giorno 15.7.2019, quel giorno tornata dalla tabaccheria a casa, trovava il (...) intento a prendersi cura del padre allettato. Ella si avvicinava al padre per salutarlo, scambiando con lui qualche parole; il (...), probabilmente pensando che stessero confabulando alle sue spalle, si mostrava infastidito, tanto che la donna diceva al padre "papà stai zitto, non parlare"; mentre il (...) andava in tabaccheria, la donna rimaneva a casa fino alle 16.00 circa quando ritornava al negozio; ivi, il fratello, appena la vedeva, si scagliava furente contro di lei, picchiandola tanto da provocarle la fuoriuscita di sangue dalla bocca e dal naso.
La sorella maggiore, (...), entrata nel negozio, la sentiva piangere nel retrobottega, dove la (...) si stava ripulendo in bagno dal sangue.
La p.o. decideva di rifugiarsi allora all'esterno in macchina con la sorella, ma il fratello la seguiva e la tirava con forza fuori dall'automobile, tentando di strangolarla dicendo che l'avrebbe ammazzata. La (...) terrorizzata decideva di tornare a casa dal padre. Una volta rincasata, disperata, raccontava l'accaduto al padre il quale, incredulo e furioso, ai rientro rimproverava il figlio severamente.
Dopo il litigio con il padre, il (...) andava via dalla casa paterna ed, allontanatosi, faceva ritorno in data 2.8.2019, poiché pochi giorni prima il padre era stato ricoverato in ospedale. In tale data- il 2.8.2019 - il (...) si recava a far visita al genitore, prelevando le chiavi della cassaforte e il suo bancomat.
Di ritorno dall'ospedale poi il (...) si recava in tabaccheria dove vedeva che la sorella era in possesso delle cartelle cliniche del padre, a lei consegnate dalla sorella; tale circostanza provocava in lui l'ennesima reazione violenta, tanto che quando la sorella rincasava, appena scesa dall'auto, si scagliava contro di lei, picchiandola e facendola cadere a terra. Mentre la picchiava la umiliava dicendo che né lei né la sorella o il cognato comandavano niente, che lei non era nessuno e che era lui a "comandare tutto".
Al fine di comprendere il comportamento prevaricatore del (...), la p.o. riferiva di un episodio occorso il 17.9.2019 quando (...) si recava in ospedale a far visita ad una zia insieme a (...), sua amica. Dopo essere passate a prendere delle pizze d'asporto, le donne tornavano a casa ma il fratello infastidito dal ritardo tentava di aggredire la sorella ma non ci riusciva solo grazie all'intervento della (...); mentre la (...) cercava di riportare a alla calma il (...) questi ribatteva "stai zitta che ci sono anche per te".
Una sera di ottobre 2019, il (...) prendeva il telefono della sorella scoprendo che vi era uno scambio di messaggio con la sua ex fidanzata; tale circostanza lo faceva infuriare tanto che iniziava a picchiarla, proferendo al suo indirizzo insulti quali: "sei una puttana, fai schifo, non sai lavare nemmeno un bicchiere, non sei nessuno, hai fatto la donna perché hai avuto tuo padre alle spalle, adesso comando io"; poi prendendo in mano uno strumento da giardinaggio, ripeteva ancora una volta che in quella casa comandava lui e che poteva anche fare i bagagli e andare via di casa, se a lei non fosse andata bene quella situazione.
Anche in quella occasione, nonostante fosse fortemente impaurita, la p.o. non sapendo dove andare, decideva di rimanere in casa con il fratello.
Il (...) più volte aveva preteso che di controllare il telefono cellulare della sorella.
Quando un giorno la donna si era rifiutata di consegnargli il telefono, l'uomo il cellulare le aveva sferrato uno schiaffo al volto, strappandole poi il cellulare di mano; ciò peraltro in presenza di una cliente.
Quando nel mese di ottobre 2019, accadde un episodio che fece inasprire ancora di più i rapporti, in quanto alla p.o. venne definitivamente revocata la concessione per la vendita delle sigarette e della Lottomatica, in seguito a numerosi ritardi nel versamento degli incassi. Il (...) pretese che la licenza fosse assegnata a lui, estromettendo l'altra sorella.
Da quel momento (...) prese anche il comando dell'unica fonte di reddito della famiglia facendo pesare alla (...) che orami non contava più niente dopo il disastro finanziario che le imputava, accusandola di non essere stata capace.
Il giorno 31.10.2019 il (...) in mattinata si recava a Napoli lasciando in casa una borsa piena di documenti, intimando alla sorella di non toccarla, minacciandola di morte se lo avesse fatto (dicendole: "non toccare e non guardare in questa borsa altrimenti ti ammazzo quando torno, se capisco che hai aperto la borsa e ti sei messa a controllare".). All'episodio aveva assistito Anna (...). La p.o. riferiva che nel medesimo periodo il (...) la picchiava altre due volte:
- in occasione del pagamento del compenso spettante al commercialista della tabaccheria, non ancora saldato da (...) (la p.o. riferiva di essere stata picchiata dal fratello al ritorno dal commercialista e che il fratello poi aveva preso una cassetta di metallo imponendole di mettere 5 euro al giorno per pagare le spese del commercialista);
- in occasione del pagamento effettuato dal (...) ad un usuraio con il quale la p.o. aveva contratto un debito al fine di coprire le spese della tabaccheria.
Quanto al secondo episodio la (...) riferiva che un tale (...), si era presentato al negozio, chiedendo a (...), in quanto ormai capofamiglia, al restituzione del prestito elargito alla stessa; questi aveva mandato via la sorella per una commissione e poi al suo ritorno l'aveva picchiata.
Altresì, precisava di essersi trovava in difficoltà e di avere accumulato diversi debiti con l'Equitalia per mancato pagamento di tributi; ma rispetto a tale questione, trattandosi di debiti personali, il fratello non si era arrabbiato particolarmente.
Il giorno 8.11.2019, dopo l'ennesimo e più grave episodio, la (...) sporgeva denuncia contro il fratello.
Quel giorno la rabbia del (...) nei confronti della sorella si manifestava a più riprese con aggressioni violente.
La mattina mentre erano nell'esercizio commerciale, al negozio li raggiungeva la sorella maggiore (...) discorrevano dei fiori da mettere al cimitero per i genitori; il (...) si offri di pagarli, ma la sorella maggiore, avendo il negozio di fiori, replicava che avrebbe provveduto lei. Quando (...) andava via, il (...) aggrediva (...) dandole schiaffi al volto, colpendola all'occhio, allo zigomo ed alle labbra, accusandola di aver indotta la sorella a rifiutare il suo contributo economico.
Più tardi, nel primo pomeriggio, il (...) ordinò alla sorella di non ripulire il negozio, in particolare di non togliere un adesivo su un rivestimento del negozio.
Tuttavia, mentre l'uomo era via, la (...) tuttavia iniziò ad effettuare queste pulizie; così quando al ritorno il (...) sì avvedeva che la sorella gli aveva disobbedito, la picchiava nuovamente, colpendola alla testa, alla gamba, al braccio, strappandole anche i capelli dalla tempia sul lato destro; poi l'uomo andava nel retrobottega a prendere qualcosa, a quel punto (...), temendo per la propria incolumità, scappava dal negozio, senza portare con sé né la borsa, con ì documenti, né le chiavi di casa e del negozio.
Per strada incontrava una cliente, tale (...), la quale dapprima le prestava il telefono consentendole di chiamare la sorella, che risultava irraggiungibile; la p.o. chiamava allora il cognato al quale raccontava quanto era accaduto.
Pertanto, la (...) avendo deciso di sporgere denuncia, si recava presso i Carabinieri della Stazione di Saviano.
Il giorno successivo, 9.11.2019 si recava in ospedale ove i sanitari le diagnosticavano "contusione in sedi multiple, traumatismo della testa non specificato, contusione del braccio superiore e contusione della coscia" guaribili in 5 giorni ( cfr. referto in atti).
Dopo tali avvenimenti, non avendo le chiavi per rientrare a casa, la p.o. non faceva più ritorno presso la abitazione, trovando ospitalità prima presso la sua amica (...), poi presso la sorella.
A seguito della denuncia sporta dalla (...), il fratello veniva attinto dalla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa nonché dell'allontanamento alla casa famigliare, salvo poi essere autorizzato a recarsi presso l'abitazione nei giorni dispari al sol fine di dare da mangiare ai cani. (...) riferiva che dopo la sua fuga era stata privata di qualsiasi cosa: della casa, non avendo più le chiavi per entrare; della fonte di reddito, atteso che era più rientrata rientrare a lavorare nel negozio.
Aggiungeva poi che, dopo la denuncia, aveva deciso di affidarsi a specialisti, iniziando un percorso terapeutico prima all'ASL e poi ad un centro anti violenza.
Il relato della p.o. trovava riscontro innanzitutto nella deposizione della sorella maggiore (...).
Ella affermava di essere a conoscenza del rapporto turbolento esistente tra i suoi fratelli, (...) e (...); rapporto definitivamente incrinatosi dopo la morte del padre.
Sottolineava che il (...) era sempre stato aggressivo sia con la sorella sia nei suoi confronti, sebbene a differenza della sorella non avesse mai subito percosse dallo stesso. La teste riportava poi che l'odierno imputato, oltre a picchiare (...), l'aggrediva verbalmente mortificandola, dicendole che non era buona a nulla o era incapace; altresì la insultava chiamandola: "zoccola, puttana".
Interpellata in merito ai fatti del 15.7.2019, la (...) confermava di essersi recata in tabaccheria e che, dopo aver sentito delle urla, si era precipitata all'interno, vedendo tracce di sangue per terra e trovando la sorella sanguinante; pertanto avendo chiesto, in presenza anche del (...), cosa stesse accadendo, l'uomo le intimava di non intromettersi.
A quel punto (...) decideva di portare via sua sorella, ma il (...) inseguendola, continuava ad aggredirla anche una volta entrata in macchina, dandole un pugno sul mento e prendendola per la gola.
Confermava che il padre, venuto a conoscenza dell'aggressione subita dalla (...) da parte del fratello (...), agitato e preoccupato, prima chiamava suo figlio e poi contattava suo nipote (...) per chiedergli aiuto.
Riferiva che nell'occasione la sorella riportava lesioni sul viso, in particolare al mento e naso. Il giorno successivo 16.7.2019 il genitore le chiedeva di accompagnarlo in banca, per revocare la delega che consentiva al (...) di disporre del conto corrente intestato al padre. La (...) dichiarava altresì il padre proteggeva le sue figlie dall'imputato e mediava tra le stesse ed il (...); dopo, la morte del padre, tutto era cambiato e la serenità familiare era diventata sempre più un'utopia.
La teste riferiva che non era stata spettatrice di ulteriori episodi violenti, ma che più volte la p.o. si era confidata con lei riferendo che spesso il (...) la picchiava.
Confermava che l'8.11.2019 la sorella (...) l'aveva contattata per riferirle di essere scappata dalla tabaccheria in seguito ad una nuova aggressione subita ad opera del fratello (...); ed altresì che la sorella non era più tornata a casa ma era stata ospitata prima da un'amica (...) e, dopo qualche giorno, sì era trasferita presso di lei; riferiva che, impaurita, non aveva rivelato a nessuno della famiglia ove si trovasse la sorella per tutelare la sua incolumità, da ritorsioni del (...).
La teste dichiarava che dopo il grave episodio dell'8.11.2019, la sorella era nervosa, impaurita, preoccupata e che presentava segni visibili delle lesioni subite (lividi).
Precisava che, in quanto sorella maggiore, aveva cercato di comprendere se ci fosse un modo per risolvere la difficile situazione esistente tra i suoi fratelli; più volte aveva tentato parlare con il fratello per capire quale fosse il problema, ma puntualmente le veniva risposto dal (...) che non doveva intromettersi negli affari altrui. Anche suo marito aveva provato a dialogare con il (...), tentando di ristabilire un equilibrio familiare, ma l'imputato aveva risposto "un funerale l'ho fatto il 15 agosto, ne farò altri."
Dopo questa affermazione la teste riferiva di aver seriamente temuto anche per la sua incolumità e quella della propria famiglia.
Dall'escussione della (...), amica della p.o. (da più di trent'anni) emergeva che il giorno 8.11.2019 intorno alle 19.30, mentre era a lavoro, riceveva una telefonata disperata di (...) la quale, piangendo, gridava "sono scappata dal tabacchino, mi sono bisticciata con (...)"-, dopo circa venti, minuti la (...) la raggiungeva, trovando l'amica visibilmente scossa e con dei lividi all'occhio, alla spalla; notava che la donna non riusciva a muovere il braccio ed aveva ciocche di capelli strappati sulla maglia.
Quella stessa sera la (...) ospitava l'amica a casa sua e l'indomani mattina si recavano insieme in ospedale per effettuare una radiografia alla spalla.
La teste riferiva di aver dato ospitalità alla (...) fornendole quanto aveva bisogno, visto che non aveva portato nulla con sé.
Confermava di aver assistito all'episodio della paletta del camino. In merito riferiva di essersi recata presso la casa del (...) per una visita al padre della sua amica allettato; mentre chiacchierava con (...), vicino al camino, circa la gestione del tabacchino dal momento che il padre necessitava di particolari cure, notava che il (...) era particolarmente infastidito; poi, arrabbiato, afferrava la paletta del camino colpendo la sorella alla gamba, così provocandole un grosso ematoma.
La teste poi ricordava che nell'ottobre 2019, al ritorno dalla pizzeria, (...) voleva aggredire la sorella e la minacciava di morte, dicendole "t'aggia accirr, t'aggia accirr", per il sol fatto che avesse fatto ritardo.
Altresì, confermava di aver assistito ad un altro episodio, occorso presso la tabaccheria, nell'ottobre 2019, quando il (...) arrivato con una borsa piena di documenti ed arrabbiatissimo si rivolgeva alla sorella dicendole: "t'arraccumann non prendere quella borsa perché tengo tutto selezionato se vengo e trovo questa borsa disordinata t'accir".
La teste riferiva altresì che dopo la morte del padre di (...), la donna aveva raccontato che gli episodi di violenza si erano intensificati, in quanto il fratello era sempre più violento e la tormentava anche per motivi banali. Pertanto la convivenza era diventata insopportabile.
Spesso quando andava a trovare l'amica al tabacchino, (...) sì confidava raccontandole che gli episodi di violenza capitavano soprattutto a casa, al rientro dal lavoro.
La teste raccontava che una volta (...) piangeva perché il giorno precedente a casa era stata picchiata dal fratello; un' altra volta la (...) aveva un occhio livido perché, a suo dire, il fratello l'aveva colpita al volto.
La (...) dichiarava che più volte aveva tentato di mettere pace tra i fratelli, ma il (...) le aveva risposto di non intromettersi dicendole una volta "fatti i fatti tuoi che ci stanno pure per te"
Dall'escussione dell'(...), anziana che conosceva (...) da circa trent'anni e frequentando quasi quotidianamente la tabaccheria, emergeva che prima della morte del padre dell'imputato, da (...) - padre dei due fratelli - una volta le aveva raccontato che il figlio aveva picchiato (...) ("chillu ftenti ha vattuti a piccirell).
Episodi di violenza si era verificati anche dopo la morte di (...), per quanto a sua conoscenza. Difatti, una mattina del mese di agosto 2019, aveva chiamato (...) ma la donna, piangendo aveva sfogandosi diceva che sarebbe stato meglio se fosse morta anche lei, proprio come la figlia della A vino che evidentemente aveva perso una figlia; preoccupata (...) si precipitava al negozio dove constatava che la (...) aveva un livido in faccia.
Durante il Natale del 2019, la teste riferiva di essersi recata più volte presso l'esercizio commerciale e che, non trovando (...), aveva chiesto al fratello dove fosse ma questi tergiversava, una volta dicendo che la sorella era fuori per commissioni ed un'altra che era occupata. Insospettita, aveva contattato (...), sorella della p,o., scoprendo cosa era accaduto, cioè che (...) era scappata dal negozio perché era stata picchiata dal fratello.
Da quel momento dato un aiuto economico alla (...), che dapprima era stata ospitata in una famiglia e poi si era trasferita a casa della sorella.
(...), psicologo dell'ASL Napoli 3 Sud, riferiva di aver seguito (...) in un percorso di otto sedute di psicoterapia di sostegno, dal 13.7.2020 al 31.8.2020, diagnosticando "situazione severa di stress post-traumatico caratterizzata da uno stato d'ansia e angoscia molto forte, con disturbi di tipo depressivo e paranoide".
Secondo il teste il quadro psicologico della (...) era dovuto dalla privazione di elementi fondamentali della propria vita, quali la casa e il lavoro.
Al termine degli incontri la situazione psicologica della p.o. si presentava non più severa, ma grave, caratterizzata da un perdurante stato di ansia, tensione e paura per la propria incolumità. Emergeva altresì che la p.o. fosse affetta da disfonia del tono dell'umore, insonnia, ipervigilanza e reazioni dissociative (flashback).
Dall'escussione della (...), criminologa dell'associazione antiviolenza "(...)", responsabile del percorso terapeutico di assistenza e sostegno iniziato da (...) nell'ottobre 2020, terminato nel dicembre 2020, emergeva quanto segue.
La p.o. si presentava all'associazione con una diagnosi di disturbo da stress post traumatico acuto effettuata dall'ASL.
All'inizio si presentava come una donna molto spaventata ed insicura ma nel corso del tempo riusciva a recuperare sicurezza in sé, curando maggiormente il suo aspetto esteriore e modificando il suo modo di rapportarsi agli altri.
La (...) delineava, alla luce dei racconti della (...), il profilo della famiglia (...) nei seguenti termini.
Si trattava di una famiglia strutturata in maniera molto rigida, caratterizzata da una fusione tra valore emotivo familiare e la componente patrimoniale in cui occuparsi della famiglia equivaleva a lavorare per la famiglia.
Il (...), a seguito della morte del capofamiglia, aveva assunto il ruolo del padre, volendo esercitare un potere assoluto.
Pertanto, la p.o. durante la sua esistenza non aveva mai avuto un'identità personale, ma essendo parte della famiglia, il cui perno era la tabaccheria, aveva avuto un suo ruolo solo all'interno di questa attività commerciale.
In seguito dell'aggressione del novembre 2019, la p.o. aveva riportato un trauma dovuto, oltre ai fatti di cui era stata vittima, alla circostanza che la donna si era vista privata di una casa, un lavoro, dei suoi effetti personali; altresì era stata costretta a svolgete mansioni umili per sostentarsi (lavava i piatti, signora delle pulizie, badante), avendo invece per tutta la vita rivestito un ruolo di piccola imprenditrice.
La teste riferiva poi che nel corso della terapia (...) le aveva riferito che il fratello la diffamava dicendo che era la sorella era affetta da disturbi psichici gravi; tutto ciò era motivo di sofferenza, senso di solitudine e di isolamento per la p.o.
Aveva avuto modo di vedere la p.o. già prima che la prendesse in cura, notando un tono dell'umore depresso.
L'imputato (...) in data 17.5.2021 si sottoponeva all'esame negando completamente gli addebiti.
Il (...) riferiva di aver vissuto stabilmente con la sorella dal 2018, quando aveva smesso di lavorare come autista per assistere il padre allettato.
Dopo la morte del padre, aveva aiutato la sorella nella gestione della tabaccheria, a lei intestata dal 1996.
Negava che in data 15.7.2019 aveva picchiato e strattonato la sorella, riferendo di averla solo esortata a dire la verità al padre in merito agli ammanchi di cassa, sfiorandole il naso con un dito; ciò aveva provocato la fuoriuscita di sangue.
Asseriva di aver inseguito la sorella semplicemente per dirle che non poteva andare via lasciandolo solo, non essendo abilitato alla vendita delle sigarette.
Quando faceva ritorno a casa, decideva di non raccontare al padre, gravemente malato, degli ammanchi di cassa, nonostante proprio in quel periodo il genitore avesse esplicitamente chiesto al figlio di scoprire che fine facessero i soldi.
Proprio in quell'occasione litigava con il padre e si allontanava per quindici giorni facendo poi ritorno a casa il 29.7.2019 per assicurarsi che il padre stesse bene; dopodiché si allontanava nuovamente e solo dopo pochi giorni veniva chiamato, scoprendo così che il padre era stato ricoverato all'ospedale Cardarelli.
Pertanto, ritornava immediatamente e fino alla morte del genitore lo assisteva alternandosi con la sorella (...).
Ammetteva di essersi innervosito per le problematiche economiche irrisolte ma negava di averla mai minacciata, offesa o ingiuriata; altresì che per i problemi finanziari dell'attività commerciale,(vertenti in sui pagamenti da corrispondere ai fornitori e al commercialista) vi erano state frequenti discussioni mai però sfociate in aggressioni fisiche.
Quanto all'episodio dell'8.11.2019 riferiva che era stata la sorella che spontaneamente, in seguito a tali discussioni, aveva deciso di andarsene e poi non aveva fatto più ritorno.
Riferiva poi che aveva dovuto anche corrispondere dei soldi ad un usurano al quale la sorella si era rivolta (a riscontro depositava ricevuta di pagamento di circa 3000 euro).
L'imputato riferiva di aver tentato in tutti i modi di aiutare la sorella a non perdere l'attività commerciale di famiglia e che, solo al fine di preservare l'attività frutto dei sacrifici del padre, si era interessato delle vicende economiche legate alla tabaccheria. Pertanto, dopo la revoca della concessione dei Monopoli si era intestato la licenza (intestazione ottenuta nel luglio 2020), quale unica opzione per continuare l'attività.
Lui stesso aveva investito del proprio danaro per garantire che l'attività continuasse. L'imputato negava altresì di aver mai minacciato (...) e, in merito all'episodio della paletta del camino, riferiva che aveva semplicemente colpito la sedia dove era seduta la sorella dopo aver scoperto che la sorella intratteneva rapporti amicali con una sua ex.
Negava altresì di aver minacciato il cognato quando in data 8.11.2019 costui lo aveva contattato telefonicamente in quanto nella telefonata il cognato si era limitato a comunicargli che (...) era andata via di casa.
Il (...) ammetteva tuttavia di aver dato al massimo qualche schiaffo alla sorella, in momenti di nervosismo e tensione ma di non averla mai picchiata; riportava poi che non provava alcun rancore per la sorella ma di essere molto sereno nei suoi confronti.
Alla luce di quanto fin qui esposto, ritiene questo Giudice che possa dirsi pienamente provata la tesi accusatoria, che è costituita, principalmente, dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, (...), nel corso del dibattimento.
A tali dichiarazioni può infatti riconoscersi piena valenza dimostrativa dei fatti descritti, superando le stesse il vaglio di attendibilità, soggettiva e oggettiva.
Invero, nella valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, questo Giudice segue l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione, che, ormai da tempo ed in modo consolidato, hanno fissato i parametri di riferimento che il giudicante deve adottare quando la prova sia rappresentata, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni della parte lesa dal reato.
Sul punto è necessario premettere che la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone, viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa rispetto a quella del teste e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.
Se, infatti, il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi. Ne deriva che, a differenza che per la deposizione resa dal semplice testimone, con riferimento alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso dell'attendibilità intrinseca della deposizione, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare - pur senza la necessità di riscontri esterni - anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno detta deposizione (cfr., tra le altre, Cass. Pen. sez. pen. sez. III n. 43339/08).
Pertanto, quando la persona offesa rappresenta il principale testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente, l'unico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nel processo, affinché la sua deposizione possa essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporla ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile) utilizzabile per corroborare le sue dichiarazioni, ovvero, laddove una verifica ab extrinseco non sia possibile, attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza.
In altre parole, il Giudice deve verificare la veridicità di quanto narrato dal testimone/persona offesa sulla base di un duplice giudizio, fondato sulla coerenza intrinseca di quanto riferito rispetto a tutte le parti del racconto, che devono risultare rispondenti ad una logica motivazionale ed immuni da profili di inverosimiglianza, derivanti dalle altre risultanze processuali.
Orbene, vagliati i dati forniti da (...) - ed in applicazione dell'enunciato principio giurisprudenziale - ritiene questo Giudice che l'esperita istruzione dibattimentale consenta la formulazione di un giudizio di sicura credibilità della persona offesa in ordine alle circostanze riferite in dibattimento.
Sotto il profilo infatti della credibilità, e con riferimento alla personalità del propalatore, va evidenziato che dall'istruttoria dibattimentale non sono emersi elementi che denotano rancore, volontà di vendetta o di preconcetta ostilità da parte della p.o. nei confronti di (...).
Orbene, la persona offesa - costituitasi parte civile - denunciava le vessazioni subite dal fratello solo dopo l'ennesimo episodio violento che la faceva temere per la propria incolumità, dopo mesi di maltrattamenti quasi quotidiani.
Prima di quel momento la stessa non aveva avuto il coraggio di denunciare ben consapevole del fatto che allontanandosi avrebbe perso tutto, casa e lavoro; altresì, la donna era pervase da un sentimento di vergogna per ì maltrattamenti subiti dal fratello, in uno momento in cui era profondamente provata anche dai problemi economici.
Tuttavia, a fronte della prospettiva che l'imputato potesse gravemente nuocere alla sua incolumità. Atteso che da circa quattro mesi gli episodi si ripetevano quasi quotidianamente e con maggiore gravità, la stessa scappava dal negozio senza pensare alle conseguenze, trovando il coraggio di denunciare, in quanto supportata anche da una rete di sostegno (amiche e sorella). Ciò va a corroborare la valutazione positiva in merito all'attendibilità soggettiva della teste in quanto evidenzia la condizione di sopraffazioni morale in cui la persona offesa si trovava dalla quale, nel caso di specie, la (...) trovava la forza di sottrarsi solo in seguito all'ennesimo episodio di violenza, occorso nel mese di novembre 2019 (nel quale riportava contusioni al volto, al cuoio capelluto, al braccio destro e alla coscia sinistra, contusioni multiple al corpo), generando in lei la consapevolezza dell'impossibilità di ripristinare la convivenza se non a rischio della sua incolumità personale.
Altresì lascia fondatamente ritenere che la genesi remota e prossima delle dichiarazioni accusatorie sia quella di ottenere una tutela dalla giustizia senza nessun accanimento nei confronti dell'imputato. Come già evidenziato, la valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa al momento del fatto ha avuto esito ampiamente positivo atteso che la (...) ha reso dichiarazioni precise, circostanziate, genuine e spontanee, dalle quali traspare anche il dolore per le vicende vissute ed il riserbo ad approfondire ì momenti più dolorosi della vicenda.
Si evidenzia inoltre la spontaneità delle dichiarazioni, e le rare contestazioni in aiuto alla memoria delle circostanze (prevalentemente di contorno) che sono, a parere di questo Tribunale, sintomatici dello stato psicologico di tensione in cui versava al momento del suo esame la persona offesa e non intaccano in alcun modo, ma anzi rendono ancora più genuino, il narrato complessivamente proposto. Ebbene, sotto tale profilo, non può che sottolinearsi come la reiterazione e la costanza delle accuse costituisca senza dubbio una ulteriore conferma della veridicità del narrato, costituendo una massima di esperienza giudiziaria (ribadita in varie pronunce della Suprema Corte, tra le altre dalle Sezioni Unite con sentenza del 23.2.1993) quella secondo cui, a contrario, il mutamento delle versioni prospettate inficia la credibilità del propalatore.
Nel caso di specie, in dibattimento, la p.o., ha pienamente confermato le dichiarazioni rese in sede di querela.
Le dichiarazioni rese da (...), oltre ad essere pienamente attendibili, trovano riscontro perfettamente con quelle rese dalla sorella (...) e dall'amica (...), le quali confermavano che il (...) aveva riservato alla sorella, soprattutto negli ultimi mesi, maltrattamenti psichici e fisici ed altresì riferivano dello stato di soggezione in cui ella versava. Ad ogni buon conto, non si ricavano elementi per dubitare della credibilità della sorella della p.o., né dell'amica in assenza di motivi che inducano anche solo a sospettare un loro intento calunnioso. Altresì la versione fornita dall'imputato appare contradditoria rispetto al quadro gravemente indicante emerso nel corso dell'istruttoria nonché priva di riscontri probatori.
Egli peraltro si è limitato a negare gli addebiti, sostenendo di non aver mai insultato, minacciato ed aggredito la sorella; ammettendo soltanto di averle dato qualche schiaffo.
Tuttavia, tali assunti, oltre a non essere supportati da elementi di prova, sono in contrasto non solo con le dichiarazioni della p.o. ma anche con quelle di altri testi, della cui credibilità ed attendibilità non vi è motivo di dubitare perché estranee agli interessi in gioco.
Una circostanza che esemplifica la mendacità ed illogicità delle dichiarazioni fornite dall'imputato è il fatto che (...) il giorno 9.11.2019 sia scappata dalla tabaccheria senza neppure la borsa, contenente tutti ì suoi documenti, le chiavi di casa e della macchina nonché dell'esercizio commerciale.
La velocità con cui la donna lasciava l'esercizio commerciale, non curandosi dei suoi effetti personali, mal si concilia con la versione fornita dall'imputato secondo cui la (...) si sarebbe allontanata spontaneamente dopo una semplice discussione.
Né si comprende poi come la p.o. si sia procurata le lesioni refertate e peraltro visibili alle persone che l'avevano soccorsa proprio quel giorno.
Altrettando poco plausibile è la versione fornita circa l'episodio del luglio 2019: ciò sia in quanto sembra improbabile che fuoriesca sangue da naso soltanto per uno sfioramento; sia perché il (...) affermava di aver inseguito la donna fina alla macchina solo per convincerla a rimanere nei negozio, atteso che altre volte era rimasto nel negozio mentre la sorella era tornata a casa.
Pertanto, l'imputato (...) può certamente ritenersi responsabile, al di là di ogni ragionevole dubbio, del delitto di cui all'art. 572 c.p. ai danni della sorella (...). Tanto premesso in fatto, la ricostruzione dei fatti di causa univocamente emergente dal complesso delle esposte risultanze istruttorie consente di ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio ~ ad avviso di chi scrive -la penale responsabilità di (...) in ordine ai reati ipotizzati a suo carico dal pubblico ministero nella formulazione dell'imputazione.
Ciò posto, in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia di cui all'art.572 c.p., contestato al capo a), deve ritenersi, sulla scorta delle considerazioni che seguono, che dello stesso sussistano gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi avendo il prevenuto, nel corso della convivenza , per un tempo congruo, posto in essere una serie di condotte ingiuriose, offensive e minatorie nonché di aggressione fisica, creando nella sorella uno stato di soggezione psicologica e paura tale rendere di fatto la convivenza insopportabile.
Si osserva in proposito come il delitto di maltrattamenti in famiglia consista in una serie di atti lesivi dell'integrità fisica, della libertà e del decoro del soggetto passivo, nei confronti del quale viene posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica e programmata, tale da rendere la stessa convivenza particolarmente dolorosa. Si tratta, cioè, di atti di vessazione continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni e umiliazioni, le quali costituiscono fonte di disagio continuo ed incompatibile con normali ed accettabili condizioni di vita (Cass. Pen. Sez. VI n. 7192 del 4.12.2003; conf., tra le altre, Cass. Pen. Sez. VI n. 55 dell'8.11.2002; Cass. Pen. Sez. III n. 4752 del 9.3.1998). Dalla ripetitività dei fatti di ingiurie, minacce e aggressioni fisiche deve, cioè, ricavarsi l'esistenza di un vero e proprio sistema di vita di relazione abitualmente doloroso ed avvilente per la vittima, consapevolmente instaurato dall'agente; non è necessario che la condotta di questi provochi la totale soggezione, essendo sufficiente che le aggressioni abituali attentino alla dignità ed al decoro oltre la soglia della normale tollerabilità.
Al riguardo, occorre evidenziare che deve escludersi la configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia (in relazione ai quali sussistono autonome e distinte figure di reato), essendo necessario che tali fatti siano la componente di una più ampia unitaria condotta abituale idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante ed insostenibile (Cassa. Pen. Sez. VI n. 37019 del 27.5.2003).
Risultano, dunque, esclusi dalla nozione di maltrattamenti, in quanto non connotati da abitualità, soltanto gli atti episodici, pur lesivi dei diritti fondamentali della persona, che non siano riconducibili nell'ambito della descritta cornice unitaria, perché traggono origine da situazioni contingenti e particolari, che sempre possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, che conservano eventualmente, se ne ricorrono i presupposti, la propria autonomia come delitti contro la persona (ingiurie, percosse, lesioni), già di per sè sanzionati dall'ordinamento giuridico (Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003, dep. 26/09/2003, C., Rv. 226794).
Non occorre, ai fini della sussistenza del reato, che gli atti lesivi dell'integrità fisica e morale della persona offesa si protraggano per un periodo di tempo particolarmente prolungato, poiché, ad integrare l'abitualità della condotta, è sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed "unificati", anche se per un limitato periodo di tempo (Sez. 5, n. 2130 del 9/1/1992, (...), Rv. 179558), né é necessario, un comportamento vessatorio continuo e ininterrotto giacché è ben possibile che gli atti lesivi si alternino con periodi di normalità nei rapporti di convivenza o familiari poiché l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi offensivi non fa venir meno l'esistenza del delitto, venendo escluso l'elemento oggettivo del reato solo qualora, dal quadro probatorio, emerga l'episodicità ed occasionala degli atti di maltrattamento.
Il dolo del delitto di maltrattamenti in famiglia è unitario e programmatico, nel senso che esso funge da elemento unificatore della pluralità di atti lesivi della personalità della vittima, e si concretizza nell'inclinazione della volontà ad una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando, in modo che il colpevole pone in essere le singole sopraffazioni nella consapevolezza di persistere in un'attività illecita posta in essere già altre volte e complessivamente finalizzata ad avvilire la personalità della vittima (Cass. Pen. Sez. VI n.39927 del 22.9.2005; conf. Cass. Pen. Sez. VI n.6541 dell'11.12.2003), a nulla rilevando, data la natura abituale del reato, che nel lasso di tempo preso in considerazione siano ravvisabili nella condotta del soggetto agente periodi di normalità e intesa con il soggetto passivo.
Ebbene, nel caso in esame, è emerso che la convivenza almeno negli ultimi quattro mesi è stata caratterizzata da un condotta aggressiva del (...): ciò era accaduto certamente a partire dal mese di luglio 2019, quanto le condizioni di salute del capofamiglia, di cui il (...) aveva timore, si aggravavano; le condotte vessatorie si erano intensificate dopo la morte del padre rendendo la convivenza insostenibile per la sorella, fino al più grave episodio dell'8.11.2019 ( quando la (...) riportava contusioni multiple al corpo con prognosi di giorni cinque, in particolare "contusione in sedi multiple, traumatismo della testa non specificato, contusione del braccio superiore e contusione della coscia"). Invero, in tale periodo la condotta del (...) era diventata gravemente vessatoria, sia sotto il profilo morale che fisico, in quanto:
- quotidianamente profferiva pesanti ingiurie indirizzate alla sorella (...)("sei una cessa, puttana troia, non sei buona a niente non sai fare niente " "sei una puttana, fai schifo, non sai lavare nemmeno un bicchiere, non sei nessuno, hai fatto la donna perché hai avuto tuo padre alle spalle");
- in più occasione la minacciava di morte animato da una forte rabbia nei confronti della stessa, che aveva sempre caratterizzato il loro rapporto ma che si era intensificata dopo la morte del capofamiglia (il (...) ripeteva "t'accir... faccio una buca a piazza Duomo a Nola e ti ci metto dentro"; asseriva che la sorella era ancora viva soltanto perché c'era il padre a difenderla e che la sua sorte sarebbe stata la stessa quando suo padre sarebbe passato a miglior vita);
- più volte l'aggrediva fisicamente colpendola con schiaffi alla testa, volto, calci alle gambe, tirandole i capelli, così provocandole lividi visibili ( più di un teste difatti riferiva di aver visto la (...) con lividi al volto); in particolare nell'episodio dell'8.11.2019 la colpiva con violenza alla testa, al braccio ed alla gamba provocando contusioni multiple in diverse parti del corso, come da referto guaribili in gg 5;
- esercitava forme di controllo sulla sorella, pretendendo che la stessa gli mostrasse anche il cellulare per verificare il contenuto delle sue conversazioni; più volte ribadiva alla sorella che, dopo la morte del padre, comandava lui e lei non valeva più niente.
Invero, si tratta di condotte che hanno compromesso in maniera insopportabile la vita della persona offesa al punto da farla vivere costantemente in uno stato di soggezione e, conseguentemente, da comprometterne il senso di libertà e di sicurezza, nonché l'incolumità fisica e psichica, che significa soprattutto rispetto della personalità altrui nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari improntati al rispetto reciproco.
Altresì, l'imputato deve ritenersi responsabile del reato di lesioni della rubrica, di cui sussistono tutti gli elementi costitutivi.
La piattaforma probatoria portata al vaglio di questo Giudice ha dimostrato la sussistenza dello stesso, sia sotto il profilo dell'elemento oggettivo, che sotto il profilo di quello soggettivo.
Per quanto infatti riguarda la condotta contestata, la prova della sua sussistenza emerge dalla deposizione della p.o., nonché dal referto medico in atti.
Difatti, risulta provato che (...) riportava le lesioni refertate in conseguenza della condotta dell'imputato posta in essere in data 8.11.2019 allorquando il (...) picchiava la p.o. colpendola alla testa, al braccio ed alla gamba, provocandole contusioni multiple al corpo con prognosi di giorni cinque ( in particolare "contusione in sedi multiple, traumatismo della testa non specificato, contusione del braccio superiore e contusione della coscia").;
Non vi è dubbio, sulla scorta del materiale probatorio, che l'imputato ha quindi, mediante violenza fisica, cagionato alla persona offesa le lesioni, da cui è derivata una malattia, dovendosi intendete per essa qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche, come nel caso in esame, localizzata o circoscritta, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, che comunque hanno comportato un processo di reintegrazione sia pur di breve durata. Sul punto questo giudice aderisce infatti all'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale "il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, anche di modesta entità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento a nuove condizioni di vita, oppure la morte" (cfr Cass. Pen. Sez. V n. 714/1999).
Sotto il versante sanzionatolo, concesse le circostanze attenuanti generiche, i reati contestati possono senz'altro essere riuniti sotto il vincolo della continuazione, stante l'evidente unicità del disegno criminoso ed il medesimo contesto spazio-temporale.
Va esclusa la recidiva contestata, atteso che atteso che i precedenti penali per minaccia, ricettazione e reati di falso sono risalenti nel tempo.
Possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche atteso il comportamento processuale dell'imputato sempre presente in aula e rispettoso delle prescrizioni imposte dal provvedimento cautelare.
In ragione di quanto fin qui esposto, tenuti presenti gli indici di commisurazione della pena di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p., si stima equo applicare nei confronti del predetto imputato la pena finale di anni due e mesi otto reclusione, e ciò partendo dalla pena base di anni tre di reclusione per il reato di cui al capo a) [ritenuto più grave], ridotto ex art. 62 bis alla pena di due anni e mesi sei di reclusione; aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 2) della rubrica fino alla pena inflitta.
Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 538 e 539 e ss. c.p.p. ed art 110 comma 3 DPR 115/2002, lo condanna al risarcimento dei danni derivati alla costituita Parte Civile (...) da liquidarsi in separato giudizio, con condanna al pagamento di una provvisionale di euro 2000,00, attesi i danni patrimoniali e non certamente subiti dalla stessa.
Letto l'art.541 c.p.p. ed arti 10 comma 3 DPR 115/2002 condanna l'imputato al pagamento delle spese di costituzione della parte civile (...) disponendone il pagamento diretto in favore dello Stato, in qualità di anticipatario, che liquida, in complessivi euro 1140,00, oltre spese al 15%, C.P.A. e IVA come per legge.
Visto l'art. 544 comma 3, c.p.p., fissa il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.
PQM
Visti gli artt. 533, 535 c.p.p.,
dichiara (...) responsabile dei reati a lui ascritti in rubrica e, concesse le circostanze attenuanti generiche, riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 538 e 539 e ss. c.p.p. ed art. 110 comma 3 DPR 115/2002, lo condanna al risarcimento dei danni derivati alla costituita Parte Civile (...) da liquidarsi in separato giudizio, con condanna al pagamento di una provvisionale di euro 2500,00.
Letto l'art. 541 c.p.p. ed art. 110 comma 3 DPR 115/2002 condanna l'imputato al pagamento delle spese di costituzione della parte civile (...), disponendone il pagamento diretto in favore dello Stato, in qualità di anticipatario, che liquida, in complessivi euro 2.280,00 oltre spese al 15%, C.P.A. e IVA come per legge.
Visto l'art.544 comma 3, c.p.p. fissa il termine in giorni 90 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 12 luglio 2021.
Depositata in Cancelleria il 6 settembre 2021.