La Seconda sezione della Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 5041 del 26/02/2024, ha affermato che "le medesime ragioni che impongono di riconoscere al difensore d'ufficio i compensi e le spese riferite al decreto
ingiuntivo chiesto nei confronti del soggetto a cui favore ha prestato l'attività difensiva, in quanto importi necessari a procurarsi il titolo esecutivo da azionare, impongono di riconoscere al difensore anche i compensi e le spese della fase di opposizione al decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dal debitore ingiunto".
La sentenza integrale
FATTI DI CAUSA
1. Con ordinanza depositata il 14-12-2019 il Presidente del Tribunale di Piacenza ha rigettato l'opposizione proposta ex art. 170 D.P.R. 115/2002 dall'avv. Ca.Pa. al decreto di liquidazione emesso a suo favore dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Piacenza per l'attività svolta quale difensore d'ufficio di Pr.Ni., lamentando il mancato riconoscimento delle spese sostenute per difendersi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto da Pr.Ni.
L'ordinanza ha evidenziato che il diritto al rimborso dei compensi relativi alla procedura esecutiva inutilmente esperita volta alla riscossione dell'onorario comprendeva i costi relativi al solo procedimento monitorio ai sensi degli artt. 82 e 116 D.P.R. 115/2002, senza riferimento alla successiva ed eventuale fase di opposizione. Ha rilevato che il ricorrente non chiedeva la liquidazione degli onorari come liquidati dalla sentenza del giudice di pace che aveva rigettato l'opposizione, ma gli onorari che il ricorrente aveva versato al difensore di fiducia nominato nell'opposizione; ha dichiarato che si era trattato di una scelta personale del ricorrente, che ben avrebbe potuto difendersi in proprio, con la conseguenza che il compenso versato al difensore non poteva farsi rientrare nei costi del procedimento monitorio quale passaggio obbligato per provare il requisito di cui all'art. 116 D.P.R. 115/2002.
2. Avverso l'ordinanza Ca.Pa. ha proposto ricorso affidato a unico motivo.
Agenzia delle Entrate difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato ha depositato controricorso chiedendo la dichiarazione della propria carenza di legittimazione passiva in quanto unico soggetto titolare del rapporto controverso è il Ministero della Giustizia.
A seguito di ordine di rinnovazione della notifica disposta con decreto depositato il 30-5-2023 del Presidente, in quanto la notificazione al Ministero della Giustizia era stata eseguita all'Avvocatura distrettuale anziché all'Avvocatura Generale dello Stato, si è costituito il Ministero della Giustizia, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e all'esito della camera di consiglio del 9-2-2024 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo Ca.Pa. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 e 116 D.P.R. 115/2002, evidenziando come sia consolidato l'orientamento della Suprema Corte secondo il quale il difensore d'ufficio ha diritto a vedersi liquidato non solo il compenso relativo all'attività svolta quale difensore d'ufficio nel procedimento penale della persona risultata successivamente insolvente, ma anche le spese sostenute per il tentativo di recupero del credito professionale. Lamenta l'interpretazione errata e illogica dell'art. 116 D.P.R. 115/2002 data dall'ordinanza impugnata in quanto, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, il relativo giudizio diviene parte della procedura volta al recupero del credito, che necessariamente si inserisce nell'iter richiesto per ottenere la liquidazione e il pagamento del compenso. Il ricorrente evidenzia altresì come sia stato del tutto irrilevante il dato che l'avvocato si fosse fatto assistere nel giudizio di opposizione da un collega, in quanto se si fosse difeso in proprio non avrebbe risparmiato un costo; rileva che la facoltà di difendersi in proprio non incideva sulla natura professionale dell'attività svolta, come confermato dal fatto che vi era stata la liquidazione a suo favore del compenso per l'attività monitoria svolta personalmente.
2. Preliminarmente si dà atto che soggetto legittimato passivo è il Ministero della Giustizia, in quanto titolare del rapporto debitorio oggetto del procedimento (Cass. Sez. U 29-5-2012 n.8516 Rv. 622818-01, Cass. Sez. 6-2 6-3-2018 n. 5314 Rv. 647989-01). Il ricorrente ha commesso un errore di identificazione con riguardo a autonome soggettività di diritto pubblico ugualmente ammesse al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ma ai sensi dell'art. 4 legge 260/1968, se anche il ricorrente avesse erroneamente evocato soltanto l'Agenzia delle Entrate, l'errore sarebbe rimasto privo di conseguenze, in quanto si sarebbe dovuta ordinare la chiamata in causa dell'effettivo legittimato (cfr. Cass. Sez. 2 12-5-2022 n. 15219, per tutte).
3. Il motivo di ricorso è ammissibile, diversamente da quanto eccepito dal Ministero controricorrente, in quanto la circostanza che il ricorso non richiami l'art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. risulta omissione in sé irrilevante, essendo evidente dal contenuto del motivo, come sopra esposta, che il vizio è lamentato ai sensi di tale disposizione.
Il motivo è altresì fondato.
È consolidato l'indirizzo di cui sono espressione già Cass. Sez. 2 17-11-2011 n. 24104 Rv. 620032-01 e Cass. Sez. 6-2 20-12-2011 n. 27854 Rv. 620470-01 le quali, recependo i principi maggioritari nella giurisprudenza delle sezioni penali della Cassazione, hanno statuito nel senso che il difensore d'ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine (nello stesso senso Cass. Sez. 6-2 19-12-2017n. 30484 Rv. 647174-01, Cass. Sez. 2 10-9-2019 n. 22579 Rv. 655220-01, Cass. Sez. 2 20-5-2021 n. 15006, Cass. Sez. 2 15-12-2021 n. 40073, Cass. Sez. 2 13-3-2023 n.7275, Cass. Sez. 2 7-8-2023 n. 23958). Come si legge in Cass. 40073/2021, tale principio risulta del tutto coerente con la lettera dell'art. 116 D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e con la sua stessa ratio, perché l'estensione della liquidazione anche ai compensi e agli esborsi resisi necessari per la procedura esecutiva, ancorché rimasta infruttuosa, si giustifica per riferirsi strumentalmente e funzionalmente a una precedente attività professionale comunque resa anche nell'interesse dello Stato; quindi, risulterebbe iniquo accollare al professionista l'onere delle spese occorrenti per il recupero dei compensi professionali dovuti e riconosciuti all'avvocato.
Le medesime ragioni che impongono di riconoscere al difensore d'ufficio i compensi e le spese riferite al decreto ingiuntivo chiesto nei confronti del soggetto a cui favore ha prestato l'attività difensiva, in quanto importi necessari a procurarsi il titolo esecutivo da azionare, impongono di riconoscere al difensore anche i compensi e le spese della fase di opposizione al decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dal debitore ingiunto. Non può essere recepito il rilievo del Ministero controricorrente secondo il quale la difesa nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo non è necessitata, perché la proposizione dell'opposizione prescinde dalla volontà del professionista e ostacola la procedura per il recupero del credito che costituisce il passaggio obbligato per chiedere la liquidazione dei compensi ex artt. 82 e 116 D.P.R. 115/2002. Il difensore ha evidentemente interesse a difendersi nell'opposizione al decreto ingiuntivo, in primo luogo per poter proseguire celermente nel tentativo di recupero del credito, o chiedendo al giudice dell'opposizione ex art. 648 cod. proc. civ. la concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo che non ne sia già munito, o per opporsi alla sospensione della provvisoria esecuzione del decreto che sia richiesta dall'opponente ex art. 649 cod. proc. civ.
Nella fattispecie non poteva giustificare la negazione del compenso e delle spese riferite al giudizio di opposizione il fatto che l'avvocato avesse nominato un difensore mentre avrebbe potuto difendersi in proprio, in quanto anche in tale secondo caso egli avrebbe avuto diritto ai compensi stabiliti per la prestazione resa (Cass. Sez. 6-2 18-2-2019n. 4698 Rv. 652600-01, Cass. Sez. 2 30-1-2008 n. 2193 Rv. 60166901).
Non poteva giustificare il rigetto della richiesta neppure il rilievo dell'ordinanza impugnata in ordine al fatto che l'avvocato aveva chiesto la liquidazione degli importi da lui pagati al suo difensore e non di quelli riconosciuti a suo favore dalla sentenza di rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo. Cass. Sez. 6-2 5-12-2019 n. 31820, Rv. 65626001 ha già statuito nel senso che, essendo l'ingiunzione emessa nei confronti del debitore e non potendo valere, ove non opposta, quale giudicato nei confronti dello Stato, il giudice procede a una nuova e autonoma valutazione, destinata a sfociare nella formazione del diverso titolo di pagamento nei confronti dello Stato, costituito dal decreto di liquidazione. Quindi, anche la determinazione dei compensi della fase di opposizione al decreto ingiuntivo è rimessa alla valutazione del magistrato in fase di liquidazione, il quale farà applicazione dell'art. 82 D.P.R. 115/2002 al quale rinvia l'art. 116 D.P.R. 115/2002 (cfr. Cass. Sez. 2 28-5-2021 n. 15006).
4. L'accoglimento del ricorso impone la cassazione dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Piacenza in persona di diverso magistrato, il quale deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Piacenza in persona di diverso magistrato, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 9 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2024.