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Falso testamentario: l'importanza dell'analisi grafologica sull'originale del documento


falso testamentario

La massima

In tema di testamento, l'accertamento del falso in relazione alla firma su un testamento olografo richiede l'esame grafico sull'originale del documento, poiché solo su quest'ultimo possono individuarsi quegli elementi specifici che consentono di determinare con elevata probabilità l'autore della firma.

L'uso di una copia fotostatica per condurre l'analisi grafologica è considerato inattendibile, poiché tale supporto non rende percepibili i segni grafici personalizzati e oggettivi necessari per un'accertata identificazione dell'autore. Pertanto, la mancanza di esame sull'originale invaliderà qualsiasi conclusione sull'autenticità del documento, anche se altre prove potrebbero convergere verso tale autenticità.


La sentenza integrale

Cassazione civile sez. II, 08/02/2024, (ud. 24/10/2023, dep. 08/02/2024), n.3603

FATTI DI CAUSA

1. Ca.Pa. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Salerno, sezione di Amalfi, Ca.Lo., Ca.Gi., Ca.Ro., Du.Gi., Du.An., Ca.Ir., Ca.Li., Ri.Ma., Do.Ri., Ri.Ma., rappresentata dalla tutrice Au.Ru., An.Ri., Ma.Gr., Ci.Sa., Ci.Vi. e Ci.Ev., esponendo che il (Omissis) era deceduto Gi.Ca., lasciando eredi la moglie Ci.Re. e figli Ca.Gi., Ca.Pa., Ca.Lo., Ca.Ma. e Ro.Ca.; che in data (Omissis) era deceduta anche Ci.Re., la quale aveva disposto dei suoi beni con due testamenti, il primo datato 1.11.2001, che attribuiva la disponibile al figlio Ro.Ca., ed il secondo, redatto il 25.3.2003, con cui l'intera eredità era stata divisa tra tutti i figli in parte uguali; che Ca.Gi. aveva rinunciato all'eredità paterna, mentre Ca.Ma. aveva rinunciato anche all'eredità materna, con subentro per rappresentazione dei figli Du.Gi. e Du.An..

Ha inoltre dedotto che nell'asse ereditario della madre erano da ricomprendere anche cespiti l'immobile sito in P alla via (Omissis), del quale in data 18.10.1978 la de cuius aveva acquistato l'usufrutto per sé e la nuda proprietà per il figlio Ro.Ca., nonché l'immobile sito in P alla via (Omissis), solo formalmente acquistato da Ro.Ca. in data 6.12.1988, in aggiunta a tutte le disponibilità presenti su conti correnti, libretti al portatore e alle quote dei fondi di investimento.

Ha chiesto la divisione di entrambe le masse ereditarie, previo accertamento della loro reale consistenza e con collazione delle donazioni effettuate in vita dalla de cuius.

Ro.Ca. ha resistito alla domanda, negando di aver ricevuto donazioni indirette; ha inoltre dedotto che: a) Gi.Ca. aveva compiuto donazioni indirette in favore di Ca.Pa., Ca.Lo., Ca.Gi. e Ca.Ma., consistenti nella dazione di somme per acquisiti immobiliari o nella concessione in fitto a canone vile o in godimento gratuito di immobili ubicati in P (oggetto dei contratti stipulati con Ca.Gi. in data 31.1.1995 e con Ca.Ma. il 31.12.1998); b) Ci.Re. aveva invece ceduto rami della propria azienda commerciale ai figli Ca.Gi., Ca.Ma., Ca.Lo. e Ca.Pa. per avviarli nell'attività lavorativa, mentre Ca.Gi. si era appropriato della ditta "Regina", sfruttandone le notevoli potenzialità economiche.

Ha chiesto in via riconvenzionale di accertare la nullità o simulazione degli atti dispositivi compiuti dai genitori in favore dei fratelli, la falsità della sottoscrizione apposte ai contratti di locazione e l'accertamento delle donazioni indirette da computare nell'attivo ereditario per la corretta formazione delle quote, instando per la divisione sia dei beni di Gi.Ca., previa collazione di quanto ricevuto dai fratelli e con computo dei miglioramenti eseguiti presso gli immobili di proprietà del padre siti in P alla via (Omissis), sia dei beni di Ci.Re. sulla base del testamento dell'1.11.2001, con rigetto della domanda di collazione relativamente al bene acquistato con atto del 6.12.1988.

Ca.Lo. ha aderito alla domanda di divisione proposta dall'attore.

Ca.Gi. ha dedotto di aver rinunciato all'eredità dei genitori e di non aver affatto ricevuto donazioni indirette; ha eccepito la prescrizione dell'azione di simulazione e di annullamento degli atti dispositivi compiuti da de cuius in condizioni di incapacità, instando affinché fossero ricompresi nell'asse di Ci.Re. gli immobili siti in P alla via (Omissis) e alla via (Omissis), e le rendite percepite dal fratello Ro.Ca. per gli immobili di via (Omissis), ribadendo l'autenticità della scheda testamentaria del 25.3.2003.

Si sono costituiti anche Du.An. e Du.Gi., facendo proprie le ragioni difensive di Ca.Gi..

Ca.Ma., costituitasi in giudizio a seguito di rituale chiamata in causa, ha chiesto di respingere le domande del fratello Ro.Ca..

Con pronuncia parziale n. 281/2012 il Tribunale ha ritenuto inammissibili, per difetto di legittimazione passiva, le domande proposte da Ro.Ca. nei confronti di Ca.Gi. e Ca.Ma., che avevano rinunciato all'eredità, e ha giudicato infondata l'azione di falsità del testamento del marzo 2003, ordinando il prosieguo della causa per il compimento delle operazioni divisionali.

La decisione è stata confermata in appello con sentenza n. 747/2018.

La Corte salernitana ha confermato la declaratoria di carenza di legittimazione passiva di Ca.Gi. e Ca.Ma., affermando che la denuncia penale sporta a carico di Ro.Ca. per fatti di maltrattamento ai danni di Ci.Re. non poteva valere come revoca della rinuncia, negando infine che la decisione sulle richieste di riduzione o di nullità delle disposizioni di ultima volontà potessero incidere sul patrimonio dei rinuncianti.

Ha dichiarato infondata la domanda di accertamento della falsità del testamento redatto da Ci.Re. in data 25.3.2003, valorizzando la perizia svolta in sede penale nel corso delle indagini preliminari e le buone condizioni di salute della testatrice attestate dalla cartella clinica e dalle dichiarazioni scritte di tre medici che avevano in cura Ci.Re..

Per la cassazione della sentenza Ro.Ca. propone ricorso in tre motivi.

Ca.Pa., Ca.Gi. e Ca.Lo., Du.Gi. e Ri.Ma. si difendono con controricorso.

Le altre parti sono rimaste intimate.

Con ordinanza interlocutoria n. 5198/2023 è stata ordinata a Ro.Ca. la produzione degli avvisi di ricevimento della comunicazione del deposito del ricorso presso l'ufficio postale ai sensi dell'art. 140 c.p.c., indirizzati a Do.Ri., Ma.Gr., Ci.Sa., Ci.Vi., Ci.Ev., Ca.Ir., Ca.Li. o - in mancanza - di procedere alla rinnovazione della notifica.

In prossimità dell'adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.


RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente ha tempestivamente depositato le relate di notifica del ricorso, previa rinnovazione di quelle non andate a buon fine.

Risulta regolare anche la notificazione eseguita ai sensi dell'art. 143 c.p.c. nei confronti di Do.Ri., che, dalla comunicazione di vane ricerche attestate dal Comune di residenza in data 19.4.2023, è risultato irreperibile.

2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 553,555,737 e 749 c.c., censurando la pronuncia per aver ritenuto che Ca.Gi. e Ca.Ma. non fossero passivamente legittimati rispetto alla domanda riconvenzionale proposta nei loro confronti da Ro.Ca..

Sostiene il ricorrente che, costituendosi in giudizio, detti convenuti avevano svolto un intervento ad adiuvandum per sostenere le ragioni dei fratelli che avevano accettato l'eredità con beneficio di inventario, divenendo parti del giudizio, e che, comunque, Ca.Gi. e Ca.Ma. erano destinatari delle azioni di accertamento delle donazioni indirette e di nullità o annullamento degli atti dispositivi ricevuti dai genitori, tutte iniziative rivolte alla ricostruzione della reale consistenza dell'asse ereditario.

Il motivo è fondato.

La domanda riconvenzionale proposta da Ro.Ca. era diretta non solo a far accertare la falsità della seconda scheda testamentaria di Ci.Re., con cui era stato revocato il precedente testamento del 2001, ma anche l'esistenza di atti di liberalità indiretta in favore di tutti i restanti fratelli, inclusi coloro che avevano rinunciato all'eredità, e a far dichiarare l'invalidità di taluni atti dispositivi poiché compiuti in condizioni di incapacità di intendere e volere dal de cuius Gi.Ca..

Dall'esame degli atti non risulta invece che Ro.Ca. avesse chiesto la riduzione delle donazioni indirette, benché a pag. 12 della sentenza la Corte di merito sembri affermare il contrario.

E' indiscusso che Ca.Gi. avesse rinunciato solo all'eredità paterna, essendo parte necessaria del giudizio di divisione dell'eredità di Ci.Re.; sebbene, invece, Ca.Ma. avesse rinunciato ad entrambe le eredità e non fosse parte del giudizio di divisione, nei suoi confronti era stata proposta un'azione di accertamento delle donazioni indirette ricevute dai genitori, oltre che di accertamento della nullità, anche per falsità delle sottoscrizioni, e di simulazione di taluni contratti relativi a cespiti ricadenti nell'asse da dividere, di cui la convenuta era indicata come parte contraente.

Va evidenziato che Ro.Ca. risultava - in forza della prima scheda testamentaria - beneficiario dell'intera disponibile e aveva interesse a far correttamente quantificare la reale entità dell'attivo ereditario, anche tenendo conto delle donazioni indirette, ai fini del calcolo di quanto devolutogli per testamento per l'ipotesi che fosse stata accertata la falsità del secondo testamento materno. La riunione fittizia di relictum e donatum è, difatti, operazione necessaria anche solo per stabilire l'esatto ammontare della disponibile, pur se non sia stata chiesta la riduzione delle disposizioni lesive della legittima (Cass. 7/1967; Cass. 837/1986); essa investe anche le donazioni fatte a terzi, poiché l'art. 556 c.c. prevede che sono incluse nel calcolo tutte le donazioni, a chiunque fatte, indipendentemente dalla qualità di congiunto, di erede o di estraneo del donatario (Cass. 14193/2022).

L'accertamento delle donazioni indirette era poi funzionale ad ottenere che i chiamati in rappresentazione in luogo di Ca.Ma. conferissero quanto ricevuto da quest'ultima, sebbene rinunciante: se, difatti, il legittimario che abbia rinunciato ha diritto di ritenere le donazioni o di conseguire i legati disposti in suo favore, anche nel caso in cui operi la rappresentazione (e senza che i beni oggetto delle suddette disposizioni si trasmettano ai rappresentanti), tuttavia, se si verifica il subentro dei discendenti del rinunciante, le stesse donazioni e legati vanno fatti gravare sulla quota di legittima nella quale sono subentrati gli ulteriori chiamati, dovendo essi procedere all'imputazione (Cass. 12813/2023; Cass. 3163/1971).

Lo scopo pratico dell'azione riconvenzionale consisteva, infine, nel recupero alla massa dei beni liberi da vincoli o diritti di terzi o per nell'acquisizione all'attivo dell'eredità delle attribuzioni patrimoniali asseritamente viziate, in modo da correttamente ricostruire la consistenza dell'asse ereditario nell'interesse degli aventi titolo alla successione (e di Ro.Ca. in particolare).

Erroneamente il Tribunale e la Corte d'appello hanno omesso di considerare che Ca.Gi. aveva rinunciato alla sola successione paterna e che entrambi i chiamati erano destinatari anche di azioni di accertamento delle donazioni e di annullamento e nullità contrattuale finalizzate ad incrementare l'attivo anche mediante il recupero alla massa di beni liberi da vincoli contrattuali (oggetto di locazione o comodato).

3. Il secondo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando che il giudice di appello, abbia dichiarato l'autenticità del testamento del 25.3.2003 sulla base della perizia disposta dal Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Salerno, svolta non sull'originale cartaceo ma su una copia fotostatica.

Si sostiene che la mancata acquisizione dell'originale aveva inficiato l'attendibilità degli accertamenti e dei risultati dell'impiego della stessa strumentazione cui aveva fatto ricorso il c.t.u., e che non era ammissibile dar rilievo ad elementi di prova non sottoposti al contraddittorio delle parti in sede penale.

Secondo il ricorrente, occorreva poi accertare in che misura le difficili condizioni di salute della testatrice, sebbene capace di intendere e di volere, le consentissero di redigere il testamento con una grafia conforme a quella delle scritture redatte in condizioni di salute normali.

Il motivo è fondato.

L'inattendibilità della perizia penale su una copia del testamento, senza acquisizione dell'originale, era stata denunciata anche in appello (cfr. citazione di secondo grado, pag. 21), sollecitando l'espletamento di una nuova consulenza grafica sull'originale, istanza che la Corte di merito ha ritenuto di respingere sulla scorta della ritenuta sussistenza di elementi convergenti a favore dell'autenticità della scheda.

Va preliminarmente osservato che nell'ordinamento processuale civile manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, sicché il giudice, potendo porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche, è legittimato ad avvalersi delle risultanze degli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale (Cass. 17392/2015; Cass. 13229/2015; Cass. 11775/2006; Cass. 20335/2004; Cass. 2168/2013; Cass. 132/2008; Cass. 22020/2007).

Tale regola non incontra deroghe nei giudizi di falso: è insegnamento di questa Corte che anche in caso di proposizione della querela di falso, il giudice non è vincolato ad alcuna graduatoria nella selezione delle prove, potendo attribuire rilievo a qualsiasi elemento munito di forza dimostrativa della falsità, incluse le presunzioni (Cass. 5091/2022; Cass. 12118/2020).

Il giudice civile può - inoltre - autonomamente valutare ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, le prove raccolte in un processo penale anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento, poiché, tali elementi, una volta prodotti nel processo civile, entrano a far parte del "thema probandum" e sono soggetti alle regole del rito civile sull'acquisizione della prova; il mancato rispetto del contraddittorio nel procedimento penale è superato in sede civile dalla possibilità della parte di contestare i fatti così acquisiti con pienezza di facoltà difensive (Cass. 30298/2023; Cass. 3689/2021; Cass. 32784/2019; Cass. 12557/2014; Cass. n. 2168/2013).

3.1. Pur con tali premesse, l'astratta ammissibilità della prova atipica non può indurre a ritenere che l'accertamento del falso potesse svolgersi in deroga alle regole tecniche che ne condizionavano l'intrinseca attendibilità.

In definitiva, la perizia penale poteva costituire - anche da sola - elemento dimostrativo della autenticità del testamento solo se eseguita sull'originale della scheda.

Costante in tal senso è l'insegnamento di questa Corte secondo cui nel giudizio promosso per la declaratoria di nullità di un testamento olografo per non autenticità del documento, l'esame grafologico deve necessariamente compiersi sull'originale, poiché soltanto su quest'ultimo possono rinvenirsi quegli elementi la cui peculiarità consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione.

Il principio non si spiega in virtù dell'esistenza di una graduatoria delle fonti di prova della falsità o per l'inutilizzabilità della prova atipica, ma sulla scorta della necessaria valorizzazione di quei particolari elementi che appaiono imprescindibili - sotto il profilo strettamente tecnico - per la natura degli accertamenti da compiere.

Soltanto nel documento originale possono individuarsi quegli elementi la cui peculiarità consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione in relazione alla conosciuta specificità del profilo calligrafico, degli strumenti di scrittura abitualmente usati, delle stesse caratteristiche psico - fisiche del soggetto rappresentati dalla firma; non può che risultare inattendibile un esame grafico condotto su di una copia fotostatica, essendo questa inidonea a rendere percepibili segni grafici personalizzati ed oggettivi (Cass. 1831/2000; Cass. 1903/2007; Cass. 1903/2009; Cass. 10171/2015; Cass. 1995/2016; Cass. 14775/2016; Cass. 6918/2018; in merito alla possibilità di effettuare la perizia grafica su una copia, si esprime invece la giurisprudenza penale di questa Corte, ma negando che detta regola valga per i giudizi civili di falso: cfr., in motivazione, Cass. pen. 42938/2011; Cass. pen. 129080/2018; Cass. pen. 27392/2021).

D'altronde, il sistema di fotocopiatura, prestandosi a svariate manipolazioni, non garantisce nemmeno l'unicità dell'atto riprodotto o che il sottoscrittore abbia realmente partecipato alla redazione dell'atto (Cass. 711/2018).

Non è necessario che tutte le operazioni debbano sempre svolgersi sugli originali, essendo sufficiente che l'ausiliare abbia verificato sull'originale gli elementi ritenuti necessari all'accertamento, ben potendo il prosieguo delle operazioni svolgersi su eventuali copie o scansioni (Cass. 711/2018; Cass. 14775/2016; Cass. 20484/2014).

Non consente di superare tale preclusione il fatto che l'autenticità del testamento sia stata confermata sulla base delle condizioni di capacità della testatrice, circostanza quest'ultima che non esclude

sul piano logico la falsificazione, nulla potendo comprovare riguardo al fatto che fosse stata proprio Ci.Re. a redigere il testamento, essendo il documento prodotto in copia contestato dal ricorrente e non esaminato direttamente in originale, come esplicitamente risulta dalla perizia penale (pag. 5) e, pertanto, non correttamente confrontabile con le scritture di comparazione.

Sono - pertanto - accolti i primi due motivi di ricorso.

Il terzo motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 91 c.p.c., per aver la Corte di appello posto a carico di Ro.Ca. le spese processuali sostenute da Ri.Ma., non destinataria di alcuna richiesta in questa fase del processo, ma chiamata in causa esclusivamente per esigenze di integrità del contraddittorio, è assorbito.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.


P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 24 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria l'8 febbraio 2024.

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