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Genericità del capo di imputazione: il giudice del dibattimento non deve sollecitare il PM ma dichiarare la nullità

La massima

In caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'art. 429 c.p.p., comma 2, (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 552 c.p.p., comma 2), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 23/02/2023, n.28037

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza pronunziata in data 17 novembre 2022, il Gup del Tribunale di Catania, decidendo sulla eccezione di nullità per indeterminatezza delle imputazioni da lui ascritte, ai punti 1A) e 2A) del capo di imputazione, rispettivamente Medici senza frontiere Belgio ed a Medici senza frontiere Olanda, ha dichiarato la nullità, nei limiti di cui sopra, del decreto che dispone il giudizio a carico, fra l'altro, dei due enti impersonali sopra menzionati, emesso dal Pm presso il Tribunale di Catania in data 2 marzo 2021.


In particolare, il Gup ha ritenuto che nella descrizione della condotta da cui sarebbe scaturita la responsabilità del predetto ente, secondo la previsione di cui alla L. n. 231 del 2001, non emergerebbe la inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza da parte degli enti in questione da cui, appunto, deriva, ove questa abbia reso possibile la commissione di reati da quanti operavano per conto dell'ente, la responsabilità di quest'ultimo.


Avverso tale ordinanza ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, lamentando la abnormità di tipo strutturale del provvedimento, posto che il Gup, prima di emetterlo, non ha sollecitato il Pm a provvedere alla integrazione della imputazione ritenuta carente ai sensi dell'art. 429 c.p.p., comma 1, lett. C).


Il ricorrente ha, in sostanza, lamentato il fatto che l'organo giudiziario adito abbia esercitato un potere attribuitogli dall'ordinamento, ma ciò abbia fatto in una situazione radicalmente diversa da quella prefigurata dalla legge.


In particolare, il ricorrente richiama le indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale è abnorme il provvedimento con cui il Gup, in sede di udienza preliminare, disponga la restituzione degli atti al Pm per la genericità ed indeterminatezza della imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 1 febbraio 2008, n. 5307).


Aggiunge il ricorrente che, laddove una analoga situazione si presenti essendo già stato emesso dal Pm il decreto di citazione a giudizio, la giurisprudenza non è univoca; secondo un certo orientamento, l'avvenuta cristallizzazione della accusa esclude la possibilità di applicare i suddetti principi anche nella fase dibattimentale (Corte di cassazione, Sezione V penale, 12 gennaio 2017, n. 1382); tuttavia, secondo un altro orientamento, non sussisterebbe alcuna ragione che impedisca al giudice del dibattimento di applicare il medesimo principio che le Sezioni unite alla affermato con riferimento alla udienza preliminare (Corte di cassazione, 28 gennaio 2014, n. 3742).


Rivendicando la correttezza di tale secondo orientamento il Pm etneo ha chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato.


Con memoria del 6 febbraio 2023 la difesa dei due enti privati in discorso ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso presentato dalla pubblica accusa è inammissibile.


Osserva, infatti, il Collegio, essendo pacifici i fatti da cui è scaturito il provvedimento ora in scrutinio che, pur essendo vera l'esistenza rilevata dal ricorrente di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità di applicare i principi affermati, per il caso di celebrazione della udienza preliminare, dalla sentenza Battistella delle Sezioni unite penali di questa Corte - ed in base ai quali è abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con Cui il giudice dell'udienza preliminare disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indeterminatezza dell'imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 1 febbraio 2008, n. 5307) - un tale indirizzo, pur autorevolmente rappresentato nella giurisprudenza di questa Corte (si vedano, infatti, Corte di cassazione, Sezione VI penale, 6 luglio 2016, n. 27961; idem Sezione VI penale 25 febbraio 2016, n. 7756; idem Sezione V penale, 26 agosto 2015, n. 35744; idem Sezione III penale, 14 ottobre 2013, n. 42161), è stato, successivamente, superato da altro indirizzo - secondo il quale, in caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'art. 429 c.p.p., comma 2, (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 552 c.p.p., comma 2), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell'udienza preliminare di sollecitare il Pm alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell'imputazione (Corte di cassazione, Sezione V penale, 12 gennaio 2017, n. 1382), indirizzo, questo secondo, poi costantemente seguito da questa Corte sino alla ultime pronunzie sul punto (si vedano, infatti: Corte di cassazione, Sezione II penale, 29 maggio 2019, n. 23545; idem Sezione VI penale, 30 ottobre 2019, n. 44394; idem Sezione V penale, 7 giugno 2022, n. 22140).


Siffatta indicazione giurisprudenziale appare indubbiamente preferibile, posto che essa - giustificabile nella fase anteriore alla piena definizione del thema decidendum che interviene o in occasione della celebrazione della udienza preliminare ovvero in sede di adozione di decreto che dispone il giudizio (nelle ipotesi di cosiddetta citazione diretta), nella quale la imputazione è ancora caratterizzata da una certa "fluidità" che ne giustifica degli ulteriori assestamenti o precisazioni - appare assai meno comprensibile dopo che la accusa o ha subito già un vaglio in una sede che, seppure non è dibattimentale, è comunque destinata al confronto in contraddittorio fra le parti, o, comunque, già è stata oggetto, in caso di citazione diretta, di precisa contestazione all'imputato che, pertanto, sa con precisione rispetto a cosa deve difendersi; né, giova precisare, una tale situazione, la quale prevede come suo esito la restituzione degli atti al Pm, determina una stasi irredimibile del procedimento, potendo, una volta ricevuti gli atti, il Pm precisare la imputazione ed esercitare nuovamente l'azione penale (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 30 ottobre 2019, n. 44394)


Ma nel senso della preferibilità di tale secondo orientamento milita, con il carattere della definitività secondo questo Collegio, anche un dato testuale rinvenibile nella nuova versione dell'art. 421 c.p.p., comma 1.


Esso, infatti, nella versione entrata in vigore a seguito della riforma processuale attuata con il D.Lgs. n. 150 del 2022, prevede espressamente, nel disciplinare la fase processuale della discussione durante la udienza preliminare, che il Gup, se rileva una ipotesi di violazione dell'art. 417 c.p.p., comma 1, lett. b), (cioè in caso di enunciazione, nella richiesta di rinvio a giudizio, della accusa in forma oscura e vaga), sentite le parti, invita il Pm a riformulare l'accusa e, solo nel caso in cui questi non provveda nel senso indicatogli, il giudice può dichiarare, anche di ufficio, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e disporre la restituzione degli atti al Pm.


Ora, la circostanza che il legislatore, di fronte ad una situazione di incertezza applicativa, abbia inteso disciplinare la descritta fattispecie con esclusivo riferimento alla fase della udienza preliminare, rende ancora più evidente la riferibilità del meccanismo processuale solo e soltanto a tale ipotesi e non anche a quella del processo dibattimentale, apparendo diversamente inspiegabile, ove si fosse voluto estendere il meccanismo di necessaria interlocuzione anche alla fase dibattimentale, la inerzia del legislatore in ordine all'altro momento processuale, tanto più, Come detto, sussistendo un contrasto giurisprudenziale in ordine al punto che, con il suo intervento risolutivo, il legislatore avrebbe potuto definitivamente sciogliere.


Cosa che - laddove di rifletta sul noto canone interpretativo secondo il quale ubi lex voluit, dixit, ubi tacuit, noluit - in realtà il legislatore della recente riforma del processo penale ha fatto (sia pure in senso opposto a quelli che il ricorrente aveva in qualche modo indicato), limitando alla sola fase della udienza preliminare la necessaria interlocuzione fra Gup e Pm, volta ad assicurare la precisione e chiarezza della contestazione giudiziale emendandone, ove possibile, gli eventuali vizi.


Esclusa la riconducibilità, pertanto, alla categoria dell'atto abnorme del provvedimento ora impugnato, il ricorso del Pm catanese deve essere dichiarato inammissibile.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.


Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023.


Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2023

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