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IL CASO DI STUDIO: Corruzione, imputato assolto perché il fatto non sussiste.



Il caso di studio riguarda un processo per i reati di cui agli artt. 81, 110 e 317 celebrato dinanzi al Tribunale di Nola conclusosi con una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Omessa dichiarazione dei redditi, imputato assolto perché il fatto non sussistee


IL CASO

Capo di imputazione: Reato p. e p. dagli artt. 81, 110 e 317 c.p., per aver, il primo nella sua qualità di Sindaco del Comune di Brusciano ed abusando di tale qualità, il secondo agendo quale prestanome, nonché acquisendo diretto profitto in concorso con il primo (di cui è nipote), il Ro. costretto Tr.Pa. e Be.Pa. - quali titolari della soc. Eu. S.r.l., proprietaria di un suolo alla via (...) di Brusciano sul quale avevano chiesto il 14.7.2009 al Sindaco di Brusciano la concessione per l'apertura di un impianto di distribuzione carburanti con annesso esercizio di bar prima a

cedere il suolo e volgere la richiesta di concessione, nei marzo 2012, ad una nuova società, la Eu. carburanti S.r.l., in cui il Ma. veniva inserito come terzo socio paritario (id est, per chiarire pur se non se ne ravvisa necessità: con il 33,3% delle quote, at pari degli altri soci) senza alcun corrispettivo (id est, per chiarire pur se non se ne ravvisa la necessità: senza versare alcuna quota per l'ingresso in una società che aveva come "capitale" la richiesta di concessione ad edificare un impianto distributore di carburanti con giustificate attese di approvazione), con i figli del Tr. e del Be.; poi (considerato che una richiesta del Ma. di essere assunto nella società così costituita come dipendente non era stata accolta, e che anche la cessione della quota dal Ma. ai figli del Ro. era stata negata) a versare, in cambio dell'uscita dalla società del Ma. - al quale comunque veniva restituito l'importo delle somme dallo stesso (sempre quale prestanome dello zio) versate nel tempo alla società

per la costruzione dell'impianto, per Euro 317.000 - la somma aggiuntiva di Euro 175.000 il 30.3.2014, intesa quale "royalty" da versare per "benefici" ottenuti; in realtà, pur essendo la realizzazione di un impianto di distruzione carburante compatibile con qualsivoglia destinazione urbanistica di piano, ed avendo dunque i Tr. - Be. diritto ad ottenere la concessione già all'epoca della richiesta presentata nel 2009, il Ro. li minacciava non solo di tralasciare la presa in carico della richiesta, lasciata infatti senza alcuna trattazione fino al 2012, ma anche di "sfregiargli la terra" nel P.U.C. in quel momento in corso di redazione; ed invece consentiva il pagamento del Contributo di Costruzione - atto prodromico al rilascio della concessione - il 23.3.2012 (a soli venti giorni dalla cessione del terreno alla nuova società) ed il rilascio della concessione - comprensiva di tutte le complesse autorizzazioni necessarie - meno di tre mesi più tardi (8.6.2012).


Decisione: Imputato assolto perché il fatto non sussiste.

Il Tribunale ha affermato che non è integrato il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità nel caso in cui il permesso di costruire ottenuto dagli imputati (che a parere dell'accusa rappresentava l'utilità cui il provato ambiva) sia stato conseguito all'esito di una complessa istruttoria eseguita e regolata da un ufficio terzo e libero dall'influenza del pubblico ufficiale chiamato in correità, prescindendo dal rapporto amicale intercorrente tra gli imputati.



IL TESTO DELLA SENTENZA

Tribunale Nola, 24/04/2020, n.453

Svolgimento del processo

Con decreto che dispone il giudizio, emesso il 28.9.2016, dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola, An.Ro. e Ma.Ma. erano chiamati in giudizio per il reato di cui all'imputazione.


L'11.1.2017, dichiarata l'assenza degli imputati - non comparsi senza addurre alcun legittimo impedimento, anche se regolarmente avvisati -, le difese degli imputati eccepivano preliminarmente la nullità del decreto di citazione per i motivi di cui all'eccezione scritta; il tribunale, sentite le altri parti, si riservava la decisione, rinviando all'uopo il processo. Il 3.3.2017 il Tribunale rigettava l'eccezione avanzata dalle difese alla precedente udienza per i motivi di cui all'ordinanza dettata a verbale; era aperto il dibattimento ed erano ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti; stante l'assenza dei testi, il processo era rinviato. Il 19.5.2017, stante il legittimo impedimento del difensore di Ro., il processo era rinviato con sospensione dei termini di prescrizione. Il 20.9.2017 erano escussi i testi dell'accusa: An.Or. e Ra.Tr.; il processo era rinviato per gli ulteriori testi di lista. Il 18.1.2018 il processo era rinviato essendo stato chiamato per errore in un giorno in cui il collegio tabellarmente competente non aveva udienza. Il 16.5.2018, stante il legittimo impedimento del difensore di Ro., il processo era rinviato con sospensione dei termini di prescrizione. Il 14.9.2018 il processo era rinviato per l'assenza dei testi. Il 16.11.2018 rinnovata l'apertura del dibattimento, essendo intervenuta la modifica della composizione del collegio, le parti si riportavano alle precedenti richieste istruttorie e prestavano il consenso al recupero dell'attività istruttoria già svolta dinanzi a collegio diversamente composto; era escusso il teste Pa.Tr.. Il 16.1.2019, preliminarmente la difesa di Ro. eccepiva la mancata notifica dell'avviso di rinvio fuori udienza; il tribunale, sentite le parti, rigettava l'eccezione per i motivi indicati a verbale; dato atto del mutamento della composizione del collegio, era riaperto il dibattimento ed erano nuovamente ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti; erano escussi i testi dell'accusa: Be.Pa. e Be.Gi.; il processo era rinviato per il prosieguo dell'attività istruttoria. L'8.3.2019 il processo era rinviato per l'assenza dei testi. Il 10.5.2019 il processo era rinviato, con sospensione dei termini di prescrizione, per l'adesione delle difese all'astensione indetta dall'Unione Camere penali. L'11.10.2019 era escusso il teste dell'accusa Da.Sa.; il processo era rinviato in prosieguo dell'attività istruttoria. Il 20.11.2019, dato atto del mutamento della composizione del collegio, era riaperto il dibattimento ed erano nuovamente ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti; era dichiarata altresì l'utilizzabilità dei risultati dell'attività istruttoria svolta; il collegio rigettava per i motivi di cui all'ordinanza dettata a verbale la richiesta avanzata dalle difese degli imputati di un nuovo ascolto dei testi già escussi, riconoscendo tuttavia un termine per l'eventuale integrazione ad opera delle parti della loro lista testi, a seguito dell'intervenuta riapertura del dibattimento, in conformità con i principi espressi dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite cosiddetta Be.; erano escussi i testi dell'accusa: Ga.D'A. e Pi.Di.. Il 15.1.2020 era escusso il teste dell'accusa Os.Ma.; il processo era rinviato per l'esame dell'imputato e dei testi a discarico. Il 31.1.2020 l'imputato Ro. rilasciava spontanee dichiarazioni; la difesa rinunciava all'esame dei propri testi di lista ad eccezione del consulente De., di cui chiedeva l'acquisizione della relazione tecnica; la difesa di parte civile si riservava di proporre delle domande a chiarimento al consulente all'udienza successiva; il tribunale acquisiva la relazione tecnica, rinviando per l'esame del consulente e la discussione. Il 12,2.2020 le parti rinunciavano all'esame del consulente De., ferma l'utilizzabilità della relazione tecnica già acquisita; dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le proprie conclusioni come da foglio che si allega e il collegio, riservata la decisione al termine delle altre istruttorie, all'esito della camera di consiglio, a mezzo del presidente pronunciava la sentenza, dando lettura in udienza del dispositivo, indicando in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio, che non permetteva la redazione contestuale dei motivi.


Diritto

Motivi della decisione

Alla luce dell'attività istruttoria espletata e della documentazione regolarmente acquisita al fascicolo del dibattimento, gli imputati devono essere assolti dal reato loro in concorso ascritto perché il fatto non sussiste, non essendo stata raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza della condotta in contestazione.


Si deve preliminarmente osservare che le risultanze dibattimentali hanno restituito una versione dei fatti non coincidente con quella cristallizzata nell'editto accusatorio e comunque non riconducibile allo schema tipico dell'ascritta concussione, neppure nella forma - di matrice giurisprudenziale - della cosiddetta concussione ambientale.


Non sono stati fomiti elementi utili ai fini della ricostruzione della versione offerta dal rappresentante dell'accusa neppure dalle parti civili: e invero mentre Pa.Be. - non presente ai fatti - è stato alquanto vago sui termini con i quali An.Ro., all'epoca sindaco di Brusciano, avanzò la richiesta di fare entrare il nipote, Ma.Ma., nella società Eu. s.r.l., Pa.Tr., socio in affari di Be. e destinatario diretto della richiesta di Ro., ha del tutto escluso di avere subito minacce da parte del sindaco o di avere percepito la richiesta dello stesso in qualche modo come costrittiva.


Dalle dichiarazioni di Tr., anzi, è emerso che il teste valutò la richiesta del sindaco come la proposta di un accordo vantaggioso per entrambi, il che, tuttavia, come si vedrà di seguito, non autorizza una riqualificazione della vicenda in termini di induzione indebita a dare o promettere utilità, ai sensi dell'art. 319 quater c.p., come richiesto dal pubblico ministero in sede di conclusioni.


Si evidenzia, infatti, sin d'ora, che, all'esito del dibattimento, non è stato possibile individuare con ragionevole certezza l'utilità indebita conseguita dalle parti private né l'abuso della qualità o dei suoi poteri da parte del pubblico ufficiale.


Pur dunque senza mettere in dubbio la buona fede delle parti civili, il non univoco quadro delineatosi al termine dell'istruttoria dibattimentale induce a escludere che sia stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale dei prevenuti, per i quali si impone una sentenza assolutoria.


Le risultanze dibattimentali


Dall'esame del tenente Or., è emerso che le indagini da cui scaturì il presente giudizio presero l'avvio nel 2014, quando, nell'ambito di un'attività di captazioni autorizzate nel corso di un'indagine svolta dalla direzione investigativa Antimafia, il personale del Nucleo operativo di Castello di Cisterna intercettò una conversazione tra un imprenditore di Marigliano, tale To.Fi., e un commercialista, Da.Sa..


La conversazione accese l'interesse investigativo in quanto nel corso della stessa, parlando di una cessione di quote di società per 300.000,00 Euro, i due fecero riferimento a una ulteriore somma, definita dagli interlocutori come "non ufficiale" di 165.000,00 Euro.


Dalle ulteriori captazioni e dai successivi accertamenti poi svolti presso le banche dati, gli inquirenti appurarono che la cessione in questione atteneva alla quota - del 33% - che Ma.Ma. aveva nella società Eu. S.r.l., di cui erano ulteriori soci Ra.Tr., figlia di Pa.Tr., e Gi.Be., figlio di Pa.Be..


Le indagini ulteriori permisero di accertare i rapporti tra la società in questione é un'altra società, Eu. s.r.l., costituita tra Pa.Tr. e Pa.Be..


In particolare, la Eu. s.r.l. risultò avere presentato il 14.7.2009 presso il comune di Brusciano un'istanza per ottenere un permesso di costruire per la realizzazione di un impianto di carburanti nella cittadina alla via (...).


Fino al 2012, tuttavia, l'istanza e il relativo progetto non furono presi in considerazione dal competente ufficio comunale, tanto da sollecitare il 5.1.2012 una diffida da parte del legale della Eu. s.r.l.


Nel frattempo, il 2.3.2012, la Eu. s.r.l. stipulò con la Eu. S.r.l. un contratto di compravendita dell'area su cui avrebbe dovuto sorgere l'impianto di carburanti, subordinandolo al conseguimento da parte della prima società dell'autorizzazione richiesta.


Il 14.3.2012 il comune di Brusciano emise un preavviso di rigetto dell'istanza della Eu. s.r.l., cui seguì il 19.3.2012 una richiesta di integrazione documentale, soddisfatta in pari data dagli interessati.


L'8.6.2012 l'ente locale adottò il provvedimento unico autorizzativo per la realizzazione dell'impianto e il 25.6.2012, a seguito della richiesta della società interessata, fu effettuata la voltura del titolo autorizzativo in favore della Eu. s.r.l.


La circostanza per cui il rilascio del permesso richiesto avvenne solo pochi mesi dopo la costituzione della Eu. s.r.l., di cui era socio anche il nipote dell'allora sindaco di Brusciano, apparve sospetto, per cui gli investigatori procedettero a escutere a sommarie informazioni i soggetti interessati e in primo luogo Pa.Tr. e Pa.Be., sulla scorta delle dichiarazioni dei quali gli odierni imputati sono stati chiamati a giudizio.


Pa.Tr., sentito in dibattimento, nel confermare di avere presentato nel 2009, in qualità di socio della Eu. s.r.l., unitamente all'altro socio, Pa.Be., una richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un impianto di carburanti in via (...), ha dichiarato che, per molti anni, tale richiesta non fu presa in considerazione dal competente ufficio comunale.


Nel corso del 2012, tuttavia, Tr. ebbe notizia di una modifica del piano regolatore del comune di Brusciano, in base alla quale sarebbe stata destinata a "zona verde" la particella dove doveva essere realizzato rimpianto.


Preoccupato, Tr. si recò in Comune per avere chiarimenti, dichiarandosi pronto ad adire l'autorità giudiziaria nel caso di un provvedimento formale a lui sfavorevole; ma il sindaco Ro. si mostrò indifferente, dicendo di non avere competenze in materia.


Un giorno, mentre si trovava in strada, Tr. incontrò per caso Ro. e i due finirono di nuovo a parlare dell'impianto di carburanti e della modifica del piano regolatore. In tale occasione, però, il primo cittadino non si mostrò indifferente e, nel corso della conversazione, chiese se era possibile fare entrare il nipote, Ma.Ma., nella società di gestione dell'impianto.


Tr., valutata la proposta, l'accettò e, poco dopo, Ma. diventò socio della Eu. s.r.l., insieme a Ra.Tr. e Gi.Be..


Nel frattempo la destinazione d'uso non fu più modificata e la Eu. s.r.l., ottenuto il permesso di costruire richiesto, lo volturò alla società Eu. carburanti s.r.l.


Dopo un po' di tempo, Ma.Ma. non volle più fare parte della società e la sua quota fu acquistata dai soci per un valore di circa 300.000,00 Euro, una parte dei quali (175.000 Euro) pagati - su esplicita richiesta di Ma. - in contanti.


Incalzato sulle modalità attraverso le quali Ro. propose l'ingresso del nipote nella Eu. s.r.l., Tr. ha escluso di avere subito "pressioni" da parte del sindaco, pur ammettendo di essere rimasto inizialmente perplesso di fronte a una frase pronunciata in napoletano dal primo cittadino il cui senso era "è meglio leccare che desiderare": fino a quel momento infatti il teste aveva addebitato il ritardo nel rilascio del permesso di costruire esclusivamente all'ufficio tecnico, ma la frase del sindaco gettò una luce diversa sull'del procedimento amministrativo attivato nonché sulla decisione dell'Ente locale di modificare il piano regolatore.


Tr. dunque ha dichiarato di avere poi valutato come vantaggioso per tutti l'ingresso di Ma. nella società e di avere accolto la richiesta del sindaco.


Riguardo al tempo atteso per il rilascio del permesso di costruire, nel corso del controesame, Tr. ha chiarito che l'istanza fu si presentata nel 2009, ma per alcuni anni rimase "ferma", giacché sull'area interessata non era possibile la realizzazione di un impianto GPL, in difetto della distanza legale richiesta per la realizzazione di tale tipologia di impianto: e invero esisteva una striscia di terra, utilizzabile all'uopo, ma vincolata dal Comune per realizzare una rotonda. Tr. e Be., dunque, su suggerimento del loro tecnico, attesero il termine previsto dalla legge per l'eventuale esproprio di tale striscia di terra e, decorso tale termine, senza l'attivazione da parte del Comune di tale potere, gli interessati presentarono un nuovo progetto inclusivo anche di un impianto GPL.


Su esplicita domanda del difensore di Ro., Tr. ha inoltre ha confermato che il tecnico di parte che curò il primo progetto per il rilascio del permesso di costruire fu l'architetto Be.D'A., divenuto successivamente responsabile dell'Ufficio tecnico comunale di Brusciano. Pa.Be.. sentito in dibattimento, nel premettere che Ro. aveva contatti esclusivamente con Pa.Tr. - di cui era amico -, ha dichiarato che la richiesta del sindaco fu di entrare in società altrimenti la particella - su cui avevano intenzione di realizzare l'impianto di carburante - sarebbe diventata "verde pubblico".


Invitato a chiarire come tale richiesta fu percepita, Be. ha sostenuto di non essere in grado di rispondere alla domanda, ribadendo che Ro. aveva contatti solo con Tr. e precisando che la modifica del piano regolatore fu comunque prospettata solo come eventuale.


Be. ha inoltre dichiarato che Tr., nel chiedergli di fare entrare in società Ro., gli disse che in questo modo avrebbero evitato di "perdere tempo". In proposito tuttavia Be. ha fornito una spiegazione solo vaga, affermando che di tali aspetti se ne occupava esclusivamente il socio.


Riguardo dunque all'ingresso del nipote del sindaco nella società Eu. s.r.l., Be. non ha saputo spiegare il motivo per cui fu necessario costituire una società ulteriore rispetto alla Eu. s.r.l., ma ha comunque escluso che Ma. fosse una persona poco gradita e ha dichiarato che lo stesso, fin quando fu socio, provvide ai conferimenti e ai pagamenti dovuti.


Quando, tuttavia, Ma. decise di uscire dalla società, Be. e Tr. furono pronti a acquistare la quota del primo per il valore di circa 300.000,00 Euro, pur di non avere soggetti estranei all'interno della compagine associativa.


Interpellato dalla difesa di Ro. sul nome del tecnico che curò il primo progetto per la realizzazione del rimpianto per la Eu. s.r.l., Be. ha dichiarato di non ricordare il nome del professionista, escludendo che lo stesso fosse l'architetto D'A..


Gi.Be., figlio di Pa.Be., escusso come teste dell'accusa, ha dichiarato di non conoscere il motivo per cui all'interno della Eu. S.r.l. fu ammesso Ma.Ma. e, tuttavia, di avere supposto che, alla base della scelta, vi fosse un accordo con il sindaco Ro..


In merito alla partecipazione di Ma. alla gestione della società, il teste ha riferito che Ma. non forniva alcun particolare apporto lavorativo e però effettuava i pagamenti dovuti, anche se talvolta con un po' di ritardo.


Riguardo infine al valore di acquisto della quota di Ma., Be. ha affermato di non avere ritenuto congruo tale valore, che tuttavia fu determinato dai commercialisti che si occuparono della vicenda.


Il teste si è affrettato comunque a dichiarare che, pur di evitare l'ingresso in società di estranei, sarebbe stato disposto a pagare anche una cifra considerevole.


Ra.Tr., figlia di Pa.Tr., attuale amministratrice di Eu. s.r.l., escussa in udienza, ha dichiarato che Ma.Ma. le fu presentato come socio da suo padre. La teste ha dichiarato che all'epoca dei fatti vi erano dei rapporti tra il padre, il socio Pa.Be. e il sindaco di Brusciano - di cui Ma. era il nipote -, senza tuttavia meglio specificare il tipo di rapporti esistenti.


In merito al ruolo svolto da Ma. all'interno della società, la teste ha dichiarato che Ma. era pressoché assente e, pertanto, nel 2014, i soci decisero di liquidare la sua quota, con il consenso dell'interessato.


Tr. ha dichiarato che l'atto di cessione fu stipulato presso l'abitazione della sorella di Ro., dove fu effettuata anche la consegna in contanti di una parte della somma pattuita.


In merito al valore della quota, la teste ha ritenuto che lo stesso fosse equo dal momento che all'epoca la società aveva una quotazione di mercato di circa 1 milione di Euro.


Riguardo alle vicende societarie della Eu. s.r.l., è stato esaminato in dibattimento, il commercialista Da.Sa.. il quale ha dichiarato che per la gestione dell'impianto di carburanti di via Cucca inizialmente fu costituita la Eu. s.r.l., di Pa.Be. e Pa.Tr.. Nel 2012, tuttavia, giacché la predetta società aveva intrapreso un'attività di vendita all'ingrosso di prodotti energetici ed era necessario avere una società che si occupasse esclusivamente della realizzazione dell'impianto e del commercio al dettaglio di prodotti petroliferi, Pa.Tr. gli chiese di costituire una nuova società, la Eu. s.r.l., avente come soci: Ra.Tr., Gi.Be. e Ma.Ma..


Il teste ha altresì dichiarato che, dopo la costituzione della nuova società, Pa.Tr. gli confidò di essere stato avvicinato da una persona, per conto dell'allora sindaco di Brusciano, che gli riferì che, se Ro. non avesse partecipato al progetto imprenditoriale, non sarebbe stato rilasciato alcun permesso di costruire e sarebbe stata modificata la destinazione della particella su cui doveva sorgere l'impianto.


A seguito della contestazione effettuata ai sensi dell'art. 500, co.2, c.p.p., è emerso che in sede di indagini preliminari Sa. dichiarò agli investigatori che a "minacciare" Pa.Tr. fu direttamente An.Ro..


Sentita la contestazione, tuttavia, Sa. ha escluso che Tr. gli confidò di una minaccia diretta da parte del sindaco e ha giustificato la diversa precedente dichiarazione con lo stress provato il giorno in cui fu ascoltato a sommarie informazioni, che non gli permise neppure di leggere con attenzione il verbale in cui erano state raccolte le sue dichiarazioni.


Sa. ha dunque ribadito che Tr. gli parlò di una persona che si presentò come "mandata dal sindaco" a formulare la "minaccia".


Relativamente dunque alla partecipazione di Ma. alla Eu. s.r.l., il teste ha dichiarato che sia Pa.Be. che Pa.Tr. gli riferirono che la presenza del nipote del sindaco all'interno della società era stato loro "imposta" come condicio sine qua non del rilascio del permesso di costruire dell'impianto di carburanti.


Sa. ha dichiarato altresì che, dopo un po' di tempo dalla costituzione della Eu. s.r.l., i rapporti tra i tre soci iniziarono a incrinarsi, anche perché emersero delle sperequazioni tra gli apporti dei soci e in particolare da parte di Ma., il quale, tramite il suo commercialista, Pi.Di., chiese di potere cedere la propria quota a dei familiari. Questa proposta non fu accolta dai residui soci, i quali, esercitando il loro diritto di prelazione, si dichiararono pronti ad acquistare la quota di Ma..


Il teste ha confermato di avere seguito personalmente, insieme al collega Di., la trattativa in merito al valore di acquisto della quota societaria, nel corso della quale tuttavia si inserì come mediatore anche un terzo soggetto, tale To.Fi..


Sa. ha riferito che la prima richiesta di Ma. fu di 500.000,00 Euro; successivamente il nipote del sindaco propose di accettare un prezzo pari al valore della quota (33.000,00 Euro), oltre i conferimenti effettuati (del valore di 285.000,00 Euro); Be. e Tr. Contro proposero di pagare il valore della quota, oltre 175.000,00 Euro in contanti. Quest'ultima proposta fu quella poi accettata in via definitiva.


Riguardo alla congruità della somma offerta, Sa. ha dichiarato che la somma versata dai propri clienti per liquidare Ma. fu molto generosa, dal momento che all'epoca il valore della società era pari a zero, essendo piena di debiti.


A parere del consulente, dunque, la somma offerta fu esclusivamente funzionale a fare uscire Ma. dalla società e a non fare partecipare altri soggetti estranei nella stessa.


A seguito delle contestazioni della difesa, in sede di controesame, tuttavia è emerso che il valore della quota fu indicato da Ma. e non da Tr. e Be. e "fatta accettare" da questi ultimi dallo stesso Sa. e da Fi..


Sa. ha confermato tali precedenti dichiarazioni, ammettendo di non avere un ricordo chiaro sul punto, giustificandosi con il fatto di "non andare fiero" del ruolo avuto da intermediario nella vicenda in questione; ha escluso tuttavia di avere svolto un'opera - anche solo - di persuasione nei confronti dei propri clienti rispetto all'operazione di cessione, non condividendola.


Sentito in dibattimento, l'architetto Ga.D'A., attuale responsabile del settore Edilizia privata dell'Ufficio tecnico del Comune di Brusciano, ha dichiarato che, prima dell'assunzione in Comune (il 27.12.2010), svolse diversi incarichi come libero professionista anche per conto di Pa.Tr.. In particolare per quest'ultimo, nel 2009, D'A. redasse un progetto per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti in via (...), progetto che, quando il primo diventò funzionario comunale, non era stato ancora valutato dall'Ufficio tecnico.


D'A. spiegò a Tr. che, divenuto dipendente comunale, egli non poteva prendere in considerazione il progetto così come presentato originariamente e lo invitò pertanto a presentare un nuovo progetto, cosa che Tr. fece nell'ottobre 2011 con un'integrazione che prevedeva la realizzazione di un impianto di distribuzione GPL.


Nel gennaio 20Ì2 il legale della Eu. s.r.l. diffidò il Comune ad adempiere e dopo ulteriori richieste di integrazione e il rilascio dei necessari pareri anche degli altri uffici comunali, a giugno 2012 fu adottato il permesso di costruire richiesto.


Interpellato sui tempi di rilascio di tale permesso e in particolare sulla circostanza che, dopo diversi anni dalla presentazione della richiesta, il permesso fu poi adottato nel giro di pochi mesi, il teste ha affermato che, quando fu assunto in Comune, i tempi di rilascio dei permessi di costruire erano particolarmente lunghi e che l'accelerazione data alla pratica di Tr. fu in parte dovuta, oltre alla nuova gestione dell'ufficio che egli aveva introdotto, anche alla diffida effettuata dal legale dello stesso Tr., che indusse il tecnico comunale a dare maggiore celerità alla pratica D'A. ha escluso invece categoricamente, nel rilascio del permesso di costruire, di avere subito condizionamenti o richieste da parte di soggetti esterni o da parte del Sindaco, con il quale, del resto, non parlò mai della pratica di Tr..


A seguito delle contestazioni del pubblico ministero, il teste tuttavia ha confermato che all'epoca vi erano delle "voci di corridoio" in merito a possibili interessi di Ro. nell'operazione economica messa in piedi da Tr. e Be..


Il teste, poi, nel premettere di avere ricoperto dall'aprile 2011 anche il ruolo di responsabile dell'ufficio pianificazione e di avere dunque seguito in prima persona l'iter amministrativo che nell'aprile 2012 portò il Comune di Brusciano ad adottare un nuovo piano regolatore, ha escluso che, all'epoca dei fatti, furono presentati atti formali per il cambio di destinazione a "verde pubblico" dell'area su cui doveva sorgere l'impianto di carburanti, dichiarando che ci furono solo delle proposte avanzate come "interlocuzioni informali" all'ufficio.


Il teste ha tuttavia confermato che agli inizi del 2012 fu approvato un preliminare di piano che prevedeva la possibilità di una variazione urbanistica di una macro-area, all'interno della quale effettivamente ricadeva anche la particella dove avrebbe dovuto sorgere l'impianto. D'A. ha precisato però che il preliminare di piano non interveniva sulle singole zone e che comunque il progetto di impianto presentato da Tr. era rispondente alla normativa regionale in materia, che prevedeva, oltre alla possibilità di una deroga agli strumenti urbanistici, il divieto di realizzare impianti di carburante solo per le zone classificate come "centri storici". L'eventuale destinazione a verde pubblico dell'area destinata all'impianto, dunque, ad avviso di D'A., non avrebbe in alcun modo compromesso il progetto di Tr. e del socio.


Sentito in dibattimento, in qualità di commercialista che seguì Ma. nella cessione della quota della Eu. s.r.l., Pi.Di. ha dichiarato che originariamente, secondo le intenzioni di An.Ro., la quota della società avrebbe dovuto essere acquistata oltre che da Ma.Ma. anche da Ma.Ro., figlio del sindaco. Di. tuttavia sconsigliò l'ingresso nella società anche di Ma.Ro., in quanto quest'ultimo era un giovane fragile e problematico (avendo delle dipendenze da sostanze stupefacenti).


A seguito delle contestazioni da parte del pubblico ministero, è emerso tuttavia che, sentito dagli inquirenti, Di. dichiarò di avere sconsigliato l'ingresso di Ma.Ro. nella società proprio in quanto figlio del sindaco di Brusciano.


A fronte della contestazione, il teste ha ribadito che egli intendeva fare riferimento esclusivamente alle problematiche personali del giovane, che avrebbero potuto avere una risonanza stante il ruolo pubblico del genitore.


Anche la partecipazione di Ma.Ma. alla società, tuttavia, non fu facile: Ma. infatti ben presto non fu in grado con le proprie risorse di fare fronte ai conferimenti dovuti in qualità di socio e, prima, dovette chiedere aiuto alla propria madre, che all'uopo contrasse un mutuo, poi tentò di fare entrare all'interno della società i cugini Gi. e Pi.Ro.. Questa proposta tuttavia non fu accettata dai restanti soci, che esercitarono il loro diritto di prelazione sulla quota.


Os.Ma., sentito in qualità di tecnico che curò, nel 2011, l'integrazione del progetto per la realizzazione dell'impianto da parte della Eu. S.r.l., ha precisato che l'integrazione da lui predisposta fu necessaria giacché, nelle more del primo progetto, era subentrata una disposizione regionale che autorizzava anche la realizzazione di un tipo di impianto di carburanti precedente preclusa.


In merito a un'eventuale modifica della destinazione d'uso della particella su cui rimpianto doveva essere realizzato, il tecnico ha dichiarato che il cambio di destinazione a verde pubblico avrebbe impedito esclusivamente la realizzazione dell'impianto di carburante GPL non rimpianto di carburanti tout court.


Il teste ha comunque precisato che tale cambio di destinazione era un'ipotesi del tutto remota, della quale egli non parlò affatto con i propri clienti; questi ultimi del resto non erano particolarmente preoccupati di tale eventualità.


Ma. inoltre ha dichiarato di non essere a conoscenza di eventuali contatti di Pa.Be. e Pa.Tr. con l'allora sindaco di Brusciano.


A fronte di questo quadro fattuale, Ro. ha inteso rendere spontanee dichiarazioni, offrendo la propria versione dei fatti.


L'imputato, nel premettere di essere stato sindaco di Brusciano dal 29.4.2008 al maggio 2013, ha dichiarato che, subito dopo la sua elezione, Pa.Tr. - dal quale aveva avuto sostegno durante la campagna elettorale - gli propose di partecipare insieme a Pa.Be. a un'iniziativa imprenditoriale, avente ad oggetto la realizzazione di un impianto di carburanti. Ro., tuttavia, rifiutò la proposta, ritenendo che non vi fossero le condizioni personali ed economiche per accettare la stessa. Il rapporto di natura amicale con Tr. comunque non si interruppe e, alcuni anni dopo, nel 2011, quest'ultimo gli propose nuovamente di entrare in società in un'attività di distribuzione di carburanti che era in procinto di intraprendere su un terreno di sua proprietà in via Cucca. Questa volta tuttavia il progetto prevedeva, oltre alla realizzazione di un impianto di distribuzione, anche la realizzazione di un bar, il che indusse Ro. a ritenere la proposta accoglibile: in tale settore economico infatti non erano richieste particolari competenze e, dunque, Ro. pensò di potere coinvolgere nel progetto il figlio Ma. e il nipote Ma.Ma., all'epoca disoccupati.


Ro., pertanto, si confrontò con il proprio commercialista, Sa., il quale tuttavia gli consigliò di coinvolgere nell'affare inizialmente solo il nipote e non il figlio, giacché quest'ultimo stava attraversando una forte crisi a causa della sua tossicodipendenza e avrebbe potuto creare dei problemi nella gestione dell'attività commerciale.


Ro. si informò inoltre presso l'ufficio tecnico comunale sulla fattibilità della proposta avanzata da Tr. e, acquisite rassicurazioni sulla sussistenza di tutti i presupposti per l'accoglimento del progetto, aderì alla proposta.


Ro. ha escluso di avere mai prospettato, in caso di mancato accordo, una modifica della destinazione della particella interessata dal progetto. Tale modifica del resto gli era assolutamente preclusa, potendo il vertice politico dell'ente locale limitarsi ad atti di indirizzo, in un ambito tra l'altro di competenza del consiglio comunale.


La modifica della destinazione d'uso d'altronde non avrebbe precluso la realizzazione dell'impianto e questo dato sicuramente era noto a Tr. e Be., i quali erano assistiti da un tecnico di fiducia.


Tr. e Be., inoltre, avevano senz'altro la possibilità di avere informazioni dirette dall'ufficio tecnico comunale: il dirigente dell'ufficio - l'arch. D'A. - infatti, da libero professionista, aveva avuto un rapporto di collaborazione con i due soci, curando personalmente il primo progetto di realizzazione dell'impianto di carburanti.


In merito poi alla cessione della quota societaria da parte di Ma., Ro., nel premettere di non avere mai interferito in alcun modo nella gestione della società, ha dichiarato di essere comunque stato a conoscenza dei rapporti difficili che si vennero a creare tra il nipote, Gi.Be. e Ra.Tr..


Con riferimento specifico alla trattativa per la definizione del valore della quota, l'imputato ha dichiarato di essere stato coinvolto da Fi., un imprenditore locale a lui noto solo di nome, che svolse un ruolo di mediazione nella vicenda.


A sostegno di quanto dichiarato dall'imputato, in particolare con riferimento alle conseguenze di un eventuale cambio di destinazione della zona in cui doveva essere realizzato l'impianto, è stata acquisita su accordo delle parti la relazione tecnica dell'arch. Gi.De., da cui risulta che nel preliminare di piano, adottato il 13.1.2012 dalla Giunta comunale di Brusciano, l'area comprendente la zona in questione rientrava nel cosiddetto Obiettivo 1 di "Ricucitura del centro abitato", con la possibile implementazione degli spazi e delle attrezzature collettive urbane.


Il successivo Piano urbanistico comunale, adottato con deliberazione di Giunta del 12.4.2012, si pose in piena conformità con le strategie delineate del preliminare di piano, destinando l'area di cui si discute ad attrezzature e servizi di interesse generale e in particolare individuando l'area come "destinata alla distribuzione del carburante e servizi connessi esistenti e in itinere Con specifico riferimento alla compatibilità di tale strumentazione urbanistica con il progetto imprenditoriale delle parti civili, il consulente della difesa ha evidenziato che la Regione Campania, in attuazione dell'art. 2 del D.lgs. 32/1998 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti), nel 2006, ha adottato la L. n. 6 del 29.3.2006 (Norme per la razionalizzazione e l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti) e il regolamento di attuazione n. 1 del 20.1.2007, fonti normative in base alle quali, nel territorio regionale, la nuova edificazione di impianti di carburanti è - e, all'epoca dei fatti, era - vietata solo nella zona omogenea A, così come definita dal D.M. 1444/68 (1).


L'art. 4 del citato regolamento di attuazione infatti prevede che: "a): all'interno delle aree rientranti nella zona 1, di cui all'art. 3, lettera a), comma 1, del presente regolamento, non è consentita l'installazione di nuovi impianti stradali di distribuzione di carburanti b) in attuazione dell'art. 9 della legge regionale n. 6 del 2006 e nel rispetto di quanto statuito dall'art. 5 del presente regolamento, all'interno delle aree rientranti nelle zone 2, 3 e 4 di cui al comma 1 dell'art. 3, è consentita l'installazione di impianti stradali di distribuzione di carburanti, nonché le autonome attività commerciali integrative individuate dall'art. 13 (2)".


Il consulente ha richiamato inoltre la costante giurisprudenza amministrativa, secondo cui "la localizzazione di impianti di distribuzione di carburanti, ai sensi dell'art. 2 del D.lgs. 32/98, non è esclusa nemmeno dalla destinazione dell'area a verde attrezzato oppure a zona agricola", in quanto "l'impianto di distribuzione di carburanti costituisce una infrastruttura compatibile con qualunque destinazione urbanistica, salvo espressi divieti e non necessita, dunque, di una variante di piano, costituendo piuttosto la sua localizzazione un mero adeguamento degli strumenti urbanistici (cfr.: tra le pronunce citate Consiglio di Stato, sez. V, n. 4945 del 21,9.2005; Consiglio di Stato, sez. V, n. 4887 del 19.9.2007).


In merito poi ai tempi di approvazione del progetto di distribuzione di carburante, il consulente, nell'ipotizzare che tale ritardo possa essere stato determinato "da un carico eccessivo di istanze presso l'ufficio competente, tale da non potere rispettare la tempistica stabilita dalla legislazione vigente", ha comunque evidenziato che l'istanza di permesso di costruire fu presentata il 14.7.2009, ma autonomamente integrata dopo oltre due anni dalla presentazione il 20.10.2011 e solo il 5.1.2012, a distanza dunque di circa due mesi dall'integrazione, fu presentato un atto di diffida e di messa in mora nel termine perentorio di 30 giorni.


L'arch. De., pertanto, ha ipotizzato che "forse fino al 2012 non vi era un concreto interesse alla realizzazione dell'opera in quanto solo successivamente (due anni dopo) si sollecita la determinazione di tale istanza".


Le valutazioni sulle risultanze dibattimentali


Le tratteggiate emergenze istruttorie restituiscono un quadro della vicenda in questione profondamente contraddittorio e, dunque, di non univoca interpretazione.


Alcuni aspetti essenziali dell'editto accusatorio, del resto, sono stati confutati dagli stessi testi dell'accusa.


E' stato smentito dalle parti civili, in primo luogo, quello che è il fulcro dell'accusa e cioè che la costituzione della Eu. s.r.l., con l'ingresso di Ma.Ma. come socio, e la voltura in favore della predetta società del permesso di costruire, ottenuto da Eu. s.r.l., fu il frutto di una costrizione da parte di Ro..


Sia Be. che Tr., infatti, in dibattimento, hanno escluso di avere subito pressioni e, in particolare, Tr., destinatario diretto della presunta richiesta concussiva, nel corso del suo esame, ha più volte evidenziato che quella del sindaco fu una "proposta", quasi ad evidenziare il carattere non costrittivo della richiesta e, di conseguenza, la sua libera determinazione nell'accogliere Ma.Ma. all'interno della società, costituita per la propria figlia e il figlio di Be..


La frase allusiva attribuita da Tr. a Ro. ("leccare è meglio di desiderare"), del resto, sembra essere stata ricollegata a quello che era l'iter in corso per l'acquisizione del permesso di costruire sulla scorta di un'interpretazione personale - tutta interna - di Tr., e non in base a qualche riferimento esplicito da parte del sindaco.


Lo stesso Be., nel riferire di quanto appreso dal socio in ordine alla richiesta di Ro., ha dichiarato che la modifica della destinazione urbanistica dell'area fu prospettata come una mera eventualità, e non come una "penalità" per il mancato accoglimento della proposta del primo cittadino.


Alla luce delle dichiarazioni delle parti civili, non appare decisiva la deposizione del teste Sa., l'unico dei testi dell'accusa che, nel ricostruire la vicenda in questione, ha parlato esplicitamente di una minaccia subita da Pa.Be. e Pa.Tr., introducendo una circostanza inedita: e cioè che la richiesta estorsiva da parte del sindaco sarebbe stata esplicitata da una terza persona, che avrebbe avvicinato Tr..


Si osserva infatti che sul punto Sa. è un mero teste de relato, che si è limitato a riportare quanto a suo tempo appreso da Pa.Tr., e non a riferire quanto caduto sotto la sua diretta percezione.


Si osserva inoltre che l'attendibilità di Sa. appare inficiata da quanto ammesso dallo stesso teste, e cioè che il medesimo, nel momento in cui fu ascoltato dagli inquirenti, era particolarmente agitato, non comprendendo il motivo per cui era stato convocato dalle forze dell'ordine.


E' bene in proposito, d'altronde, ricordare che le indagini del presente processo scaturirono proprio da un'intercettazione di una conversazione di Sa. con To.Fi., il che rende verosimile che il teste, nel corso delle sommarie informazioni, possa essersi sentito non pienamente sereno né tanto meno indifferente rispetto ai fatti su cui era interrogato e abbia calcato la mano su quanto appreso da Tr., per allontanare da lui ogni sospetto.


L'editto accusatorio appare smentito anche riguardo alle modalità con cui Ma. entrò nella società Eu. s.r.l.: contrariamente a quanto ipotizzato dal rappresentante dell'accusa, infatti, in base alle deposizioni di tutti i testi escussi, Ma. divenne socio della predetta società pagando interamente la quota dovuta.


Sulla scorta delle dichiarazioni di Ra.Tr. e Gi.Be., poi, deve escludersi che Ma. fu un mero prestanome dello zio, come postulato nell'imputazione.


I citati testi, infatti, pur riconoscendo al nipote del sindaco un ruolo passivo all'interno della società, non hanno fatto alcun riferimento a un'eventuale ingerenza nella gestione della Eu. s.r.l. da parte di Ro., con il quale, del resto, i primi non ebbero mai alcun rapporto diretto; di contro, hanno descritto comportamenti attivi e di gestioni del Ma.. E' stato provato, tra l'altro, che, fino a quando fu socio, Ma. provvide personalmente ad effettuare i necessari conferimenti sociali.


Non è stata raggiunta alcuna certezza neppure in ordine all'iter del procedimento amministrativo, attivato a seguito della presentazione nel 2009 dell'istanza di permesso di costruire.


E invero lo stesso Tr. - che, nella prima parte del suo esame, pure ha adombrato sospetti sul ritardo con cui fu adottato il permesso di costruire richiesto -, nel corso del controesame, ha ammesso di fatto che, tra il 2009 e il 2011, non ebbe alcun interesse a che la pratica venisse sbrigata, essendo in attesa del perfezionamento di una procedura amministrativa da parte del Comune, all'esito della quale, nel 2011, presentò un'integrazione del progetto per realizzare anche un impianto di GPL.


Dalla deposizione del teste D'A., del resto, è venuto in luce che, nella tempistica del rilascio del permesso di costruire, incise verosimilmente anche la circostanza per cui, dopo l'assunzione di D'A. come tecnico comunale, fu necessaria la predisposizione di un nuovo progetto da parte di un diverso tecnico, al fine di evitare conflitti di interessi.


Tali dati inducono a escludere del tutto che sui tempi per il rilascio del permesso di costruire possa avere influito Ro., nella sua qualità di sindaco.


L'istruttoria dibattimentale ha escluso un'influenza da parte del sindaco anche sulla procedura di pianificazione urbanistica, di cui - sul piano amministrativo - era responsabile proprio l'arch. D'A., che, interrogato su eventuali pressioni o ingerenze da parte del sindaco, ha negato categoricamente le stesse.


Né si può ritenere, in difetto di elementi di segno contrario, che il teste, nel riferire ciò, abbia voluto favorire l'imputato Ro.: considerato, infatti, che quest'ultimo dal 2013 non ricopre più la carica di sindaco nel comune di Brusciano, è irragionevole pensare che D'A. possa essere stato condizionato da una sorta di timore reverenziale nei confronti dell'ex capo dell'amministrazione in cui è impiegato.


Deve escludersi anche che le dichiarazioni di D'A. siano state funzionali a evitare conseguenze a sé stesso pregiudizievoli, rilevato che, nell'ambito della procedura di pianificazione urbanistica, non è venuto in luce alcun atto contrario ai doveri d'ufficio da parte del responsabile amministrativo.


E invero, a volere cercare qualche opacità nell'attività del tecnico comunale, questa piuttosto è emersa con riguardo al rilascio del permesso di costruire in favore della Ed. S.r.l., considerati i pregressi rapporti professionali con Tr. e Be..


Con riferimento poi all'attività di pianificazione, premesso che non è stato provato alcun atto formale recante una modifica della destinazione urbanistica della particella su cui avrebbe dovuto sorgere l'impianto di carburanti, l'istruttoria dibattimentale ha permesso di accertare esclusivamente la predisposizione da parte dell'Ente locale di un preliminare di piano con una possibile variazione urbanistica relativa a una macro-area in cui era ricompresa la particella de qua.


Ad avviso di tutti i tecnici escussi (oltre D'A., anche Ma. e il consulente di parte De.), tuttavia, tale preliminare di piano non avrebbe ostacolato l'operazione imprenditoriale Tr. e Be., potendo al più incidere solo sulla realizzazione dell'impianto GPL.


Di questa circostanza Tr. e Be. erano a conoscenza come si ricava dalla deposizione del teste Ma. - soggetto senz'altro indifferente ai fatti di causa -, il quale ha dichiarato che i propri clienti non erano affatto preoccupati della pianificazione urbanistica in corso d'opera, evidentemente consapevoli dello scarso pregiudizio concreto che la - eventuale - modifica avrebbe operato sul loro progetto.


A ulteriore conferma della debolezza del quadro accusatorio, si osserva che il permesso di costruire fu adottato dall'amministrazione comunale dopo l'approvazione del nuovo piano urbanistico del Comune di Brusciano.


E invero se il primo cittadino avesse "eterodiretto" il rilascio del permesso di costruire, sotto la minaccia di una modifica della destinazione urbanistica dell'area, plausibilmente il rilascio del permesso di costruire - avvenuto nel mese di giugno 2012 - avrebbe dovuto precedere e non seguire l'adozione del nuovo strumento urbanistico comunale (approvato nel mese di aprile 2012).


Il fatto che il permesso di costruire fu emesso dopo l'approvazione del nuovo piano urbanistico - del tutto in linea con il precedente preliminare di piano -, infatti, induce a dubitare che il procedimento amministrativo per il rilascio del titolo abilitativo subì l'interferenza - ipotizzata dall'accusa - del procedimento di pianificazione urbanistica, che dunque concluse il suo percorso indipendentemente - e prima - dell'adozione del permesso di costruire.


Le esposte risultanze istruttorie ostano anche alla riqualificazione giuridica invocata dal pubblico ministero, comunque astrattamente possibile, diversamente da quanto osservato dalla difesa degli imputati, che ha lamentato la presunta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. Si rileva infatti che, anche dopo le sentenze della Corte EDU, sez. 2, dell'11.12.2007 e, sez. 1, del 28.2.2018 (cosiddette "(...)" e "(...)"), così come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità (cfr.: Cass. sez. 4, n. 18793/19; sez. 4, n. 22214/2019), la diversa qualificazione giuridica del fatto determina una violazione del principio sancito dall'art. 521 c.p.p. solo se il fatto contestato è mutato nei suoi elementi essenziali da determinare una situazione di incertezza e di cambiamento sostanziale della fisionomia dell'ipotesi accusatoria capace di impedire o menomare il diritto di difesa dell'imputato.


Per la citata giurisprudenza, la violazione del principio di correlazione non si esaurisce infatti in un pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza, perché vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (cfr.. Cass. sez. unite, n. 36551/2010).


Secondo tale costante indirizzo ermeneutico, dunque, si avrà violazione del principio di correlazione solo "quando si sia di fronte a un concreto e non meramente ipotetico regresso sul piano dei diritti difensivi, attraverso un mutamento della cornice accusatoria che abbia effettivamente comportato una novazione dei termini dell'addebito tale da rendere la difesa menomata sui profili di novità che da quel mutamento sono scaturiti" (cfr.: Cass. sez. unite, n. 31617/2015).


Rilevato poi che è ius receptum, per una parte della giurisprudenza di legittimità, il principio per cui non sussiste violazione del diritto al contraddittorio anche quando il giudice di primo grado provveda alla riqualificazione giuridica direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l'imputato può esercitare propriamente il suo diritto attraverso il rimedio dell'impugnazione (cfr.: Cass. sez. 4, n. 29175/2019; sez.6, n. 10093/2012), nel caso di specie, le parti sono state messe in condizioni di interloquire su un'eventuale riqualificazione all'esito del dibattimento e prima di rassegnare le proprie conclusioni.


Ciò posto, considerando il merito della questione, si deve evidenziare - come anticipato - che il contesto profondamente contradditorio emerso all'esito del dibattimento osta alla richiesta sussunzione della vicenda che ci occupa nella diversa fattispecie incriminatrice dell'induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319 quater c.p., introdotta dalla L. 190 del 2012 (cosiddetta "legge anticorruzione").


Con l'intervento normativo citato, il legislatore ha innovato la normativa relativa ai reati contro la pubblica amministrazione, revisionando l'entità delle sanzioni, introducendo nuove fattispecie criminose e modificando profondamente il reato di concussione, sotto la spinta sia dell'esigenza - avvertita come emergenziale - di contrastare più efficacemente tutti i fenomeni di corruzione diffusi nell'ambito della pubblica amministrazione che di adeguare la normativa interna agli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione (Convenzione di Merida), ratificata in Italia con la legge 3 agosto 2009, n. 116, e con la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio di Europa del 27 gennaio 1999, ratificata in Italia con la legge 28 giugno 2012, n. 110.


Nello specifico, il legislatore con la novella ha modificato il reato di concussione disciplinato dall'art. 317 c.p., separando le condotte tipiche - che erano accomunate originariamente in via alternativa sotto la stessa rubrica - della costrizione e della induzione, facendo confluire quest'ultima condotta nell'autonoma figura di reato di induzione indebita a dare o promettere utilità disciplinata dall'art. 319 quater c.p.


La nuova normativa, quindi, ha inteso differenziare nettamente il comportamento, ritenuto più grave, integrato dall'atteggiamento prevaricatore dell'agente nella sua forma più aggressiva della costrizione del soggetto passivo - che resta dunque inquadrabile nello schema della concussione - rispetto a quella forma più sfumata di condotta attuata mediante un'attività di persuasione, di suggestione o di inganno e che è ora confluita nella fattispecie introdotta con l'art. 319quater c.p.


La fattispecie dell'induzione indebita a dare o promettere utilità, pur forgiata - quanto alla descrizione della condotta - sullo stesso paradigma del previgente art. 317 c.p., sanziona, oltre il comportamento del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio, anche quello dell'extraneus, considerato che il privato, non essendo stato "costretto" dal pubblico funzionario alla promessa o alla dazione dell'indebito ma soltanto "indotto", conserva pur sempre un ampio margine di libertà nell'assecondare o meno la richiesta del soggetto qualificato e non può, quindi, considerarsi "vittima" del reato ma "concorrente" nello stesso (cfr.: Cass. Sez. Un., n. 12228 del 24/10/2013, Sez. 6, n. 47014 del 15/07/2014; Sez. 6, n. 39089 del 21/05/2014).


Applicando dunque i principi interpretativi appena esposti al caso di specie, escluso - per quanto dichiarato dallo stesso Pa.Tr. - che l'utilità conseguita da Ma.Ma. (con l'ingresso all'interno della Eu. S.r.l.) fu il frutto di un abuso costrittivo attuato dal sindaco mediante la minaccia di un danno ingiusto, non può tuttavia nemmeno ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio che, secondo lo schema previsto dall'ipotesi di cui all'art. 319 quater c.p., la proposta del primo cittadino fu indebita e che l'acquiescenza alla stessa fu motivata dalla prospettiva di conseguire come tornaconto personale il rilascio del permesso di costruire.


E invero nel sillogismo accusatorio mancano le premesse essenziali.


Si osserva infatti che il permesso di costruire che, nell'ottica dell'accusa, dovrebbe rappresentare l'utilità avuta di mira e per la quale il soggetto privato accondiscende alla richiesta del pubblico ufficiale, nel caso concreto, è risultato in realtà di certo conseguimento e del tutto indipendente dall'azione del sindaco, essendo piuttosto collegato all'esito della complessa istruttoria gestita dall'ufficio tecnico comunale, su cui alcuna influenza ebbe il primo cittadino.


La preesistenza di rapporti amicali e di assidua frequentazione tra Tr. e Ro. - come ammesso dallo stesso Pa.Be. - poi autorizza a ritenere non del tutto inverosimile che, se davvero vi fu una richiesta da parte del sindaco, quest'ultima possa essere stata avanzata da Ro. al di fuori del ruolo istituzionale rivestito.


Sulla scorta allora delle considerazioni complessivamente svolte, la condotta accertata in capo agli imputati non appare sussumibile né nell'ipotesi accusatoria ascritta né nella diversa ipotesi invocata dal rappresentante dell'accusa in sede di conclusioni e si impone per entrambi gli imputati una sentenza di assoluzione, ai sensi dell'art. 530, cpv., c.p.p., perché il fatto non sussiste.


PQM

Letto l'art. 530, cpv., c.p.p. assolve An.Ro. e Ma.Ma. dal reato loro in concorso ascritto perché il fatto non sussiste.


Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.


Così deciso in Nola il 12 febbraio 2020.


Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2020.



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