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Il reato di furto di beni culturali ex art. 518 bis del codice penale.



Sommario:

1) Premessa

2. L'elemento oggettivo

3. L'elemento soggettivo

4. I beni rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini

5. L'impossessamento

6. Le forme di manifestazione del reato


1) Premessa

Cominciando la disamina delle singole disposizioni introdotte dall’art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 22 del 2022 all’interno dell’inedito Titolo VIII-bis, l’art. 518-bis cod. pen. punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 927 a 1.500 euro il furto di beni culturali.

Finora, per punire il furto di beni culturali – criminologicamente il reato più diffuso nell’ambito del traffico di opere d’arte e di cose d’antichità115 – in assenza di una fattispecie ad hoc116 si poteva ricorrere, attraverso uno sforzo interpretativo accolto dalla giurisprudenza117, solo (e non sempre) all’aggravante della destinazione delle cose a «pubblica riverenza» prevista per il furto comune dall’art. 625, n. 7, cod. pen.118 – ritenuta però del tutto inadeguata dalla dottrina rispetto all’obiettivo di un’efficace salvaguardia del patrimonio culturale119 – in ragione della fruizione pubblica che (talora) caratterizza il bene culturale, variamente reso accessibile al pubblico, in quanto oggetto ad es. di una mostra120 o “esposto in un tempio religioso e, per questo, oggetto della riverenza dei fedeli” (così Sez. 5, n. 21558 del 9/3/2010, Zerbini, non mass.121; Sez. 2, n. 1721 del 25/11/1975, dep. 1976, Betenazzo, Rv. 132232-01122; Sez. 2, n. 6906 del 19/1/1973, De Toni, Rv. 125159-01123).

Il legislatore del 2022, recependo sul punto gli obblighi contenuti nella Convenzione di Nicosia (v. retro § 1.1) – recante all’art. 3 (Theft and other forms of unlawful appropriation) propriamente l’obbligo per gli Stati firmatari di assicurare l’applicabilità delle disposizioni nazionali che sanzionano il furto e le altre forme di appropriazione indebita alle condotte riguardanti beni culturali mobili124 – ha coniato, in continuità con risalenti progetti di riforma125, (anziché una fattispecie aggravante ad hoc) un autonomo titolo delittuoso incentrato sulla culturalità del bene oggetto della condotta furtiva126, punendolo più severamente rispetto al furto comune127 in ragione di un’offesa di grado particolarmente intenso al bene protetto, in quanto – si è annotato a prima lettura – la dispersione (pur rimediabile) dell’oggetto materiale annulla la funzione pubblica a cui il patrimonio culturale è rivolto128.

Lo stesso “giro di vite” ha realizzato, ai sensi del comma secondo dell’art. 518-bis, in relazione alla ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti previste dall’art. 625, comma primo, cod. pen. (v. postea).


2. L'elemento oggettivo

Al comma primo del novello art. 518-bis cod. pen. sono previste due incriminazioni, il che denota l’intentio legislatoris di accorpare, in un’unica norma speciale, i furti (propriamente intesi) di beni culturali mobili operati in qualunque contesto e i cd. “furti archeologici” (o “d’arte”)129, con inasprimento sanzionatorio per entrambe le fattispecie130 le quali proteggono il bene culturale (altrui o statale) dalle azioni di spoglio che si concretano nell’apprensione della cosa d’arte mediante impossessamento (con o senza sottrazione).

La prima parte del comma primo dell’art. 518-bis, replicando esattamente il precetto dell’art. 624, comma primo, cod. pen., punisce «[c]hiunque si impossessa di un bene culturale altrui, sottraendolo a chi lo detiene, col fine di trarne profitto, per sé o per altri».

La norma ricalca la «stessa materia», agli effetti dell’art. 15 cod. pen., disciplinata dall’art. 624 cod. pen., come norma generale, e dall’art. 624-bis cod. pen., come ipotesi speciale (nel senso che per «stessa materia» deve intendersi “la stessa fattispecie astratta, lo stesso fatto tipico nel quale si realizza l’ipotesi di reato, con la precisazione che il riferimento all’interesse tutelato non ha immediata rilevanza ai fini dell’applicazione del principio di specialità”, v. Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017, L.M., in motiv. § 4; Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, cit.; in motiv.; Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo, in motiv.).

In termini strutturali, rispetto al generale enunciato del furto ordinario, qui si versa in ipotesi di specialità (unilaterale) per specificazione dell’oggetto materiale della condotta (bene culturale altrui vs. bene mobile altrui) (v. retro § 2); rispetto, invece, al furto in abitazione - costituente incriminazione autonoma (così Sez. 4, n. 36606 del 19/09/2016, P.M. in proc. Sidari, Rv. 235022-01; conf. Id., n. 43452 del 14/10/2009, P.M. in proc. Cormano, Rv. 245470-01) - sembra potersi parlare di specialità reciproca, parte per specificazione (la natura culturale del bene mobile) e parte per aggiunta (il luogo destinato a privata dimora)131, con conseguente esclusione del concorso formale di reati, salvo capire, in assenza di una clausola di riserva, se debba darsi poi prevalenza alla specialità della disciplina del Titolo VIII-bis132 o se – come pare preferibile – non sia più rispondente al sistema dar rilievo alla fattispecie cui si accompagna il trattamento sanzionatorio più severo (quindi, nella specie, l’art. 624-bis cod. pen.133), indice primario e significativo della norma prevalente secondo autorevole manualistica134.


3. L'elemento soggettivo

Sul versante dell’elemento soggettivo, la norma ripropone il dolo specifico (di ulteriore offesa) costituito dal fine di profitto135 che, nel furto comune, ha dato adito a qualche incertezza giurisprudenziale (in senso ampio, non riferito necessariamente alla volontà di trarre un’utilità patrimoniale dal bene sottratto, potendo consistere anche nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere, quindi, ad una finalità di vendetta, di ritorsione o di dispetto, v. da ultimo Sez. 1, n. 20442 del 22/4/2022, P.G. in proc. Cellitti, non mass.; Sez. 4, n. 4144 del 06/10/2021, dep. 2022, Caltabiano, Rv. 282605-01; conf. Sez. 4, n. 13842 del 26/11/2019, dep. 2020, Saraceno, Rv. 278865-01; Sez. 5, n. 11225 del 16/01/2019, Dolce, Rv. 275906-01; in senso restrittivo, da intendersi come finalità di ricavare dalla cosa sottratta un’utilità apprezzabile in termini economico-patrimoniale, v. invece Sez. 5, n. 25821 del 05/04/2019, P.M. c. El Sheshtawi, Rv. 276516-01; Id., n. 30073 del 23/01/2018, Lettina e altro, Rv. 273561-01136); ad esso si affianca il dolo nella sua dimensione generica, rappresentato dalla volontarietà della sottrazione e dell’impossessamento, unitamente alla consapevolezza del carattere culturale del bene137 e della sua altruità.