Sommario:
1) Premessa
1) Premessa
Cominciando la disamina delle singole disposizioni introdotte dall’art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 22 del 2022 all’interno dell’inedito Titolo VIII-bis, l’art. 518-bis cod. pen. punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 927 a 1.500 euro il furto di beni culturali.
Finora, per punire il furto di beni culturali – criminologicamente il reato più diffuso nell’ambito del traffico di opere d’arte e di cose d’antichità115 – in assenza di una fattispecie ad hoc116 si poteva ricorrere, attraverso uno sforzo interpretativo accolto dalla giurisprudenza117, solo (e non sempre) all’aggravante della destinazione delle cose a «pubblica riverenza» prevista per il furto comune dall’art. 625, n. 7, cod. pen.118 – ritenuta però del tutto inadeguata dalla dottrina rispetto all’obiettivo di un’efficace salvaguardia del patrimonio culturale119 – in ragione della fruizione pubblica che (talora) caratterizza il bene culturale, variamente reso accessibile al pubblico, in quanto oggetto ad es. di una mostra120 o “esposto in un tempio religioso e, per questo, oggetto della riverenza dei fedeli” (così Sez. 5, n. 21558 del 9/3/2010, Zerbini, non mass.121; Sez. 2, n. 1721 del 25/11/1975, dep. 1976, Betenazzo, Rv. 132232-01122; Sez. 2, n. 6906 del 19/1/1973, De Toni, Rv. 125159-01123).
Il legislatore del 2022, recependo sul punto gli obblighi contenuti nella Convenzione di Nicosia (v. retro § 1.1) – recante all’art. 3 (Theft and other forms of unlawful appropriation) propriamente l’obbligo per gli Stati firmatari di assicurare l’applicabilità delle disposizioni nazionali che sanzionano il furto e le altre forme di appropriazione indebita alle condotte riguardanti beni culturali mobili124 – ha coniato, in continuità con risalenti progetti di riforma125, (anziché una fattispecie aggravante ad hoc) un autonomo titolo delittuoso incentrato sulla culturalità del bene oggetto della condotta furtiva126, punendolo più severamente rispetto al furto comune127 in ragione di un’offesa di grado particolarmente intenso al bene protetto, in quanto – si è annotato a prima lettura – la dispersione (pur rimediabile) dell’oggetto materiale annulla la funzione pubblica a cui il patrimonio culturale è rivolto128.
Lo stesso “giro di vite” ha realizzato, ai sensi del comma secondo dell’art. 518-bis, in relazione alla ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti previste dall’art. 625, comma primo, cod. pen. (v. postea).
2. L'elemento oggettivo
Al comma primo del novello art. 518-bis cod. pen. sono previste due incriminazioni, il che denota l’intentio legislatoris di accorpare, in un’unica norma speciale, i furti (propriamente intesi) di beni culturali mobili operati in qualunque contesto e i cd. “furti archeologici” (o “d’arte”)129, con inasprimento sanzionatorio per entrambe le fattispecie130 le quali proteggono il bene culturale (altrui o statale) dalle azioni di spoglio che si concretano nell’apprensione della cosa d’arte mediante impossessamento (con o senza sottrazione).
La prima parte del comma primo dell’art. 518-bis, replicando esattamente il precetto dell’art. 624, comma primo, cod. pen., punisce «[c]hiunque si impossessa di un bene culturale altrui, sottraendolo a chi lo detiene, col fine di trarne profitto, per sé o per altri».
La norma ricalca la «stessa materia», agli effetti dell’art. 15 cod. pen., disciplinata dall’art. 624 cod. pen., come norma generale, e dall’art. 624-bis cod. pen., come ipotesi speciale (nel senso che per «stessa materia» deve intendersi “la stessa fattispecie astratta, lo stesso fatto tipico nel quale si realizza l’ipotesi di reato, con la precisazione che il riferimento all’interesse tutelato non ha immediata rilevanza ai fini dell’applicazione del principio di specialità”, v. Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017, L.M., in motiv. § 4; Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, cit.; in motiv.; Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo, in motiv.).
In termini strutturali, rispetto al generale enunciato del furto ordinario, qui si versa in ipotesi di specialità (unilaterale) per specificazione dell’oggetto materiale della condotta (bene culturale altrui vs. bene mobile altrui) (v. retro § 2); rispetto, invece, al furto in abitazione - costituente incriminazione autonoma (così Sez. 4, n. 36606 del 19/09/2016, P.M. in proc. Sidari, Rv. 235022-01; conf. Id., n. 43452 del 14/10/2009, P.M. in proc. Cormano, Rv. 245470-01) - sembra potersi parlare di specialità reciproca, parte per specificazione (la natura culturale del bene mobile) e parte per aggiunta (il luogo destinato a privata dimora)131, con conseguente esclusione del concorso formale di reati, salvo capire, in assenza di una clausola di riserva, se debba darsi poi prevalenza alla specialità della disciplina del Titolo VIII-bis132 o se – come pare preferibile – non sia più rispondente al sistema dar rilievo alla fattispecie cui si accompagna il trattamento sanzionatorio più severo (quindi, nella specie, l’art. 624-bis cod. pen.133), indice primario e significativo della norma prevalente secondo autorevole manualistica134.
3. L'elemento soggettivo
Sul versante dell’elemento soggettivo, la norma ripropone il dolo specifico (di ulteriore offesa) costituito dal fine di profitto135 che, nel furto comune, ha dato adito a qualche incertezza giurisprudenziale (in senso ampio, non riferito necessariamente alla volontà di trarre un’utilità patrimoniale dal bene sottratto, potendo consistere anche nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere, quindi, ad una finalità di vendetta, di ritorsione o di dispetto, v. da ultimo Sez. 1, n. 20442 del 22/4/2022, P.G. in proc. Cellitti, non mass.; Sez. 4, n. 4144 del 06/10/2021, dep. 2022, Caltabiano, Rv. 282605-01; conf. Sez. 4, n. 13842 del 26/11/2019, dep. 2020, Saraceno, Rv. 278865-01; Sez. 5, n. 11225 del 16/01/2019, Dolce, Rv. 275906-01; in senso restrittivo, da intendersi come finalità di ricavare dalla cosa sottratta un’utilità apprezzabile in termini economico-patrimoniale, v. invece Sez. 5, n. 25821 del 05/04/2019, P.M. c. El Sheshtawi, Rv. 276516-01; Id., n. 30073 del 23/01/2018, Lettina e altro, Rv. 273561-01136); ad esso si affianca il dolo nella sua dimensione generica, rappresentato dalla volontarietà della sottrazione e dell’impossessamento, unitamente alla consapevolezza del carattere culturale del bene137 e della sua altruità.
4. I beni rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini
La seconda parte del comma primo dell’art. 518-bis incrimina – alternativamente («o») – chiunque «si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini».
Si tratta della distinta fattispecie – quivi riversata nel corso dell’iter parlamentare – di impossessamento illecito di beni culturali statali (cd. furto “archeologico” o “d’arte”138): reato di danno139 già punito (meno gravemente, con le stesse pene dell’art. 624 cod. pen.140) dall’art. 176 cod. beni cult., ora contestualmente abrogato dall’art. 5, comma 2, lett. b), della legge n. 22 del 2022, sicché in parte qua si versa per lo più in ipotesi di abrogatio sine abolitione, salvo che per una fattispecie commissiva specifica (v. postea).
5. L'impossessamento
Presupposto dell’impossessamento illecito sanzionato è l’avvenuto ritrovamento dei beni culturali in seguito a ricerche date in concessione (art. 89 cod. beni cult.) o a scoperte fortuite (art. 90 cod. beni cult.)141.
La specificazione riferita ai beni («in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini») era necessaria142 poiché manca in quest’ipotesi la condotta sottrattiva, stante la correlazione diretta dell’impossessamento con un’attività di ricerca e/o ritrovamento implicante, da un lato, pur in presenza di un terzo proprietario ex lege della res (id est: lo Stato), l’assenza di un precedente detentore materiale cui sottrarre il bene e, dall’altro, che il detentore della cosa (addirittura ex lege custode temporaneo della stessa per conto dell’autorità pubblica) sia proprio l’autore di tale attività143.
La tipizzata condotta di (semplice) impossessamento (senza precedente detenzione) ricade sui beni che, secondo il vigente art. 91 cod. beni cult.144, entrano a far parte:
- se immobili, del demanio (art. 822 cod. civ.);
- se mobili, del patrimonio indisponibile dello Stato (art. 826, comma secondo, cod. civ.145), a titolo originario (così Sez. 2, n. 12716 del 21/11/1997, dep. 1998, Amorelli, Rv. 212786-01; Sez. 4, n. 14792 del 22/3/2016, Cadario e altro, Rv. 266981-01), sin dalla loro scoperta (Sez. 2, n. 12087 del 27/6/1995, Dal Lago, Rv. 203105-01; Sez. 3, n. 4266 del 22/11/2002, dep. 2003 Di Marco, Rv. 223554-01), da chiunque e in qualunque modo ritrovati146, salva la possibilità di conferimento allo scopritore di parte delle cose ritrovate a titolo di premio, in luogo della corresponsione in denaro dello stesso.
In ragione di tale cornice extrapenalistica che individua il regime pubblicistico dei beni culturali ritrovati, il bene giuridico qui specificamente protetto è proprio l’appartenenza allo Stato dei beni culturali non conosciuti e ritrovati fortuitamente o dietro concessione147, estendendosi con questa norma la tutela repressiva non solo al patrimonio già acquisito ma anche a quello in corso di acquisizione mediante la disciplina dei rinvenimenti sia dietro ricerca sia su scoperta fortuita148.
È sufficiente un interesse culturale di grado semplice149 (nel senso che le cose di interesse numismatico devono essere considerate beni culturali anche quando, a prescindere dall’accertamento della presenza dei caratteri di rarità o di pregio, siano state ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, v. Sez. 3, n. 37861 del 4/4/2017, P.M. in proc. Rolfo, Rv. 270642- 01).
Ai fini del perfezionamento di questo reato è necessario che l’autore abbia posto in essere un’azione a mezzo della quale abbia appreso la cosa spostandola dal luogo in cui si trovava in origine per collocarla altrove, nel proprio dominio (così Sez. 3, n. 13701 del 19/4/2006, Salvo, Rv. 233925-01: fattispecie in cui la Corte ha escluso il reato in un’ipotesi di atteggiamento meramente passivo in cui il bene era pervenuto all’imputato per successione ereditaria).
Poiché l’incriminazione ora trasfusa nell’art. 518-bis, comma primo, seconda parte, cod. pen. in parte qua non richiama più testualmente, come il previgente art. 176 cit., l’art. 91 cod. beni cult. – il cui contenuto è stato qui “tradotto”, come visto, nell’espressione «…in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini» – con l’entrata in vigore della legge n. 22 del 2022 si è realizzata un’ipotesi di abolitio criminis parziale, con conseguente retroattività della norma successiva più favorevole (art. 2, comma secondo, cod. pen.), con riferimento alla condotta di impossessamento illecito di beni culturali “rinvenienti dall’abbattimento” di un immobile, a seguito di demolizione di esso per conto dello Stato o di altri enti pubblici: forma di commissione del reato di impossessamento di beni culturali sussistente – fino al 22 marzo 2022 – quando l’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico fosse stato «particolarmente importante»150. In punto di elemento soggettivo, questa seconda fattispecie non include il fine di profitto: il quivi previsto dolo generico consente quindi di superare in radice i problemi sopra evocati a proposito del dolo specifico del furto ordinario151.
6. Le forme di manifestazione del reato
Passando alle forme di manifestazione del reato, la configurabilità del tentativo non sembra porre problemi per la prima figura delittuosa di furto di beni culturali, il cui iter criminis è ben scandito dalle diverse fasi della sottrazione e dell’impossessamento. Più problematica è, invece, rispetto al furto archeologico152, ove la condotta di impossessamento (senza sottrazione) è preceduta da una fase-presupposto che di per sé già costituisce reato ex art. 175 cod. beni cult., contravvenzione (di pericolo astratto)153 che tutt’ora punisce l’abusiva effettuazione di ricerche archeologiche o, in genere, di opere per il ritrovamento di beni culturali, senza che rilevi l’esistenza o meno del sito archeologico (così Sez. 3, n. 51681 del 26/11/2015, dep. 2016, Dell’Eva e altro, Rv. 268393-01; conf. Sez. 5, n. 8839 del 17/7/1973, Masala, Rv. 125647-01); quando, poi, la ricerca è svolta mediante strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione di metalli dei quali non si giustifichi il possesso, entra in azione la nuova contravvenzione dell’art. 707-bis cod. pen. (su cui v. postea § 2.18)154; in questa fattispecie, pertanto, il tentativo è riferibile solo alla fase dell’impossessamento155.
Il concorso tra la fattispecie di furto archeologico e la contravvenzione dell’art. 175 cod. beni cult. è ammissibile atteso che il primo richiede l’impossessamento di beni culturali statali, realizzabile anche da chi sia titolare della concessione per la ricerca, mentre la seconda si realizza indipendentemente dal rinvenimento degli oggetti, in quanto la rilevanza penale della condotta deriva dall’assenza di permesso per la ricerca (così, sul previgente art. 176 cod. beni cult., Sez. 3, n. 9927 del 7/5/2015, Sarullo, Rv. 266764-01). il comma secondo dell’art. 518-bis cod. pen. contempla circostanze aggravanti speciali e ad effetto speciale (art. 63, comma terzo, cod. pen.): la pena sale da quattro a dieci anni di reclusione e la multa da 927 a 2.000 euro se il reato è aggravato da una o più circostanze del furto comune previste dall’art. 625, comma primo, cod. pen. oppure se il furto di beni culturali statali, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, «è commesso da chi abbia ottenuto una concessione di ricerca».
Quest’ultima previsione circostanziale soggettiva riproduce – in perfetta continuità normativa – l’aggravante speciale già annessa al reato di impossessamento illecito di beni culturali statali commesso dal titolare della concessione di ricerca prevista nell’art. 89 cod. beni cult. (v. abrogato art. 176, comma 2, cod. beni cult.), ove è la peculiare posizione rivestita dall’autore – “soggetto qualificato e munito, in qualità di concessionario, di una corona di specifici poteri e, corrispettivamente, di doveri” 156 – a determinare la particolare nota di disvalore del fatto, secondo lo schema tipico del reato proprio, e giustifica la maggior severità del trattamento sanzionatorio157. In tema di responsabilità degli enti, se il furto di beni culturali è commesso da soggetto collettivo, nel suo interesse o a suo vantaggio, il novello art. 25-septiesdecies aggiunto al d.lgs. n. 231 del 2001 dall’art. 3 della legge in commento lo sanziona, al comma 4, con l’applicazione della pena pecuniaria da 400 a 900 quote e, al comma 5, con l’applicazione delle sanzioni interdittive per la durata non superiore a due anni. Passando agli istituti processuali, il delitto è sempre perseguibile d’ufficio (art. 50 cod. proc. pen.). Sono applicabili, già nell’ipotesi-base, la custodia cautelare in carcere e tutte le altre misure coercitive (art. 280, commi 1 e 2, cod. proc. pen.). Poiché l’art. 380, comma 2, lett. e), cod. proc. pen., a differenza della successiva lett. e-bis), ha riguardo ai delitti di “furto”, senza menzionare anche la norma di riferimento, in presenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625, comma primo, n. 2, prima ipotesi, nn. 3, 5 e 7 bis (e salvo che ricorra, in questi ultimi casi, l’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen.), dovrebbe ritenersi possibile l’arresto obbligatorio in flagranza158.
L’arresto facoltativo è senz’altro consentito (art. 381, comma 1, cod. proc. pen.), come pure il fermo di indiziato di delitto (art. 384, comma 1, cod. proc. pen.), sempre possibile anche nei confronti dei soggetti di cui all’art. 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (art. 77 d.lgs. n. 159 del 2011). Sono consentite, in tutti i casi, le intercettazioni (art. 266, comma 1, lett. a, cod. proc. pen.). Non essendo stato integrato il catalogo dei delitti per i quali è prevista nominatim la citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 2, cod. proc. pen.), il reato, di competenza del Tribunale monocratico (art. 33-ter, comma 2, cod. proc. pen.), richiede la celebrazione dell’udienza preliminare.
Note:
115
Per un’analisi ragionata deti statistici v. L. NATALI, Patrimonio culturale e immaginazione criminologica, cit., pag. 45.
116
Presente in altri ordinamenti: per un’indagine comparata v. D. VOZZA, La prevenzione e il contrasto al traffico illecito di beni culturali mobili tra spunti comparati e prospettive di riforma, in AA.VV., Circolazione dei beni culturali mobili e tutela penale: un’analisi di diritto interno, comparata e internazionale, cit., pag. 238.
117
In dottrina definito “un escamotage” da D. VOZZA, loc. ult. cit.
118
Nel senso dell’applicabilità dell’aggravante del furto di cose esposte alla pubblica fede cfr. M. BELLACOSA, Patrimonio archeologico, storico, artistico nazionale (tutela penale del), in Enciclopedia giuridica, Vol. XXII, Roma, 1990, pag. 4.
119
Anzitutto perché tale aggravante poteva essere completamente elisa dal concorso di circostanze attenuanti ritenute dal giudice prevalenti nel giudizio di bilanciamento; inoltre, rimaneva dubbia la riconducibilità all’aggravante dei beni culturali di proprietà privata; infine, sul piano pratico, irragionevolmente si equiparava, dal punto di vista della norma applicabile, il furto di opere d’arte a quello degli autoveicoli parcheggiati sulla pubblica via e a quello compiuto nei supermercati. In termini G.P. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 10.
120
G.P. DEMURO, loc. ult. cit.
121
Fattispecie relativa al furto del dipinto della “Madonna del Cardellino” – attribuito al Perugino e al Pinturicchio – custodito all’interno della Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista di Cantiano. In motivazione la Corte, richiamando integralmente la massima estratta da Sez. 2, n. 1721 del 25/11/1975, dep. 1976, Betenazzo, Rv. 132232-01 (v. nota che segue), ha affermato che l’essere il dipinto di particolare pregio “costituiva e costituisce maggiore integrazione all’ambientazione della vita della Chiesa e la conseguente riverenza”.
122
Così massimata da questo Ufficio: “Ai fini della sussistenza dell’aggravante della destinazione delle cose a pubblica riverenza, secondo una giurisprudenza risalente da cui non vi è motivo di discostarsi, rileva solo il fatto che le cose siano esposti nel locale di un tempio, siano o meno consacrati o concretamente adibiti alle sacre funzioni, in quanto il solo fatto dell’esposizione, conferisce pregio ed ornamento al tempio stesso, e riverenza dei fedeli, suscitando negli stessi, per la materiale integrazione nell’obiettività del tempio e per l’ambientazione nella vita della Chiesa, sentimento di devozione ed un particolare rispetto di carattere religioso”.
123
Così massimata da questo Ufficio: “Le pitture di soggetto religioso esistenti nelle chiese rientrano nelle cose previste dall’art. 625 n. 7 cod. pen (come cose destinate a pubblica reverenza), giacché esse non soltanto conferiscono pregio e ornamento al tempio, ma sono destinate altresì alla reverenza dei fedeli, in quanto, per il soggetto rappresentato, per la materiale integrazione nell’obiettività del tempio, per l’ambientazione nelle funzioni religiose e nella vita della Chiesa, si fondono nella considerazione e nel rispetto portato al tempio dai fedeli in una concezione unitaria del vincolo della fede”.
124
«Each Party shall ensure that the offence of theft and other forms of unlawful appropriation as set out in their domestic criminal law apply to movable cultural property» (cfr. all. 2 alla presente relazione). Dalla Relazione illustrativa della Convenzione si apprende che, pur potendo una simile estensione sembrare scontata – dal momento che lo stesso concetto di “bene mobile” renderebbe applicabili le fattispecie penali in questione, indipendentemente dalla sua valenza “culturale” – essa è in realtà necessaria per attivare i canali di cooperazione internazionale e le disposizioni sul rientro dei beni culturali sottratti. Cfr. Explanatory Report to the Council of Europe Convention on Offences relating to Cultural Property, pag. 7, disponibile sul sito istituzionale del Consiglio d’Europa (in ).
125
Già l’art. 1, comma 2, letto a), del disegno di legge A.S. n. 646 dell’8 luglio 2013 prevedeva l’introduzione del delitto di furto di bene culturale, consistente nel porre in essere “la condotta prevista dall’articolo 624 del codice penale sui beni di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004”: proposta a suo tempo ritenuta “tutto sommato condivisibile” da D. VOZZA, op. ult. cit., pag. 238, il quale rilevava, tuttavia, delle criticità nell’abbinata sanzione “da uno a sei anni”.
126
Critico sull’opzione R.E. OMODEI, Il traffico di beni culturali, cit., pag. 1014, secondo il quale si sarebbe potuto prevedere un’aggravante specifica del furto.
127
Punito, nell’ipotesi-base, con la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 154 a 516 euro.
128
Così G.P. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 13, che giudica la nuova incriminazione quanto mai opportuna.
129
Definizione tralatizia ma impropria secondo A. VISCONTI, La repressione del traffico illecito, cit., pagg. 22, posto che manca in questa fattispecie l’elemento della sottrazione della cosa né è richiesto il fine di profitto.
130
In termini A. VISCONTI, op. ult. cit., pagg. 22 s
131
Così G. DE MARZO, La nuova disciplina, cit., col. 128.
132
Soluzione che però - secondo G. DE MARZO, loc. ult. cit. - «appare più un’aprioristica valorizzazione dell’elemento speciale per specificazione che non l’utilizzo del canone della specialità del corpo normativo» (che, ad es., giustifica la prevalenza dell’art. 218 l. fall. rispetto all’art. 641 cod. pen.: T. PADOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2012, pag. 390.
133
Nell’ipotesi base l’art. 624-bis cod. pen. prevede la reclusione da quattro a sette anni e la multa da 927 a 1.500 euro, mentre nell’ipotesi-base il furto di beni culturali prevede la reclusione da due a sei anni ed eguale pena pecuniaria (multa da 927 a 1.500 euro).
134
F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2013, pag. 488. Nello stesso senso S. VINCIGUERRA, Diritto penale italiano. I. Concetto, fonti, validità, interpretazione, Padova, 2009, pag. 529, il quale ricorda che il criterio dell’applicazione della disposizione che prevede la sanzione più grave non è estraneo al nostro ordinamento, come dimostra l’art. 301 cod. pen.
135
Secondo G.B. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 13, data la particolarità dell’oggetto tutelato e per evitare discussioni sul fine di profitto e confusioni col movente psicologico, sarebbe stato forse preferibile evitare la previsione di un dolo specifico aggiuntivo.
136
Su cui questo Ufficio ha redatto relazione di contrasto n. 10/2019.
137
Come ricorda opportunamente G.B. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 13, non basterà più, come nella previgente forma circostanziale di protezione penale (artt. 624 e 625, n. 7, cod. pen.), la conoscibilità del carattere culturale del bene sottratto.
138
Su cui v. in dottrina G.P. DEMURO, sub art. 176, in Commento articolo per articolo alla parte quarta (Sanzioni [artt. 160-181]) del d.lgs. 22/1/2004, in Legislazione penale, 2004, pagg. 463 ss. Sulla corrispondente fattispecie del precedente testo unico (art. 125 d.lgs. n. 490 del 1999) v. G. PIOLETTI, sub art. 125, in La nuova disciplina dei beni culturali e ambientali, a cura di M. Cammelli, Bologna, 2000, pagg. 386 ss.; L. RICCIO, sub d.lgs 490/1999, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di F.C. Palazzo-C.E. Paliero, Padova, 2003, pagg. 454 ss.
139
Così G.P. DEMURO, sub art. 176, cit., pag. 464..
140
Norma ab origine testualmente richiamata – ma solo quoad poenam – dal corrispondente reato di cui all’art. 67 della legge 1° giugno 1939 n. 1089, poi rifluito nell’art. 176 cod. beni cult. che ha poi previsto un’autonoma cornice sanzionatoria sia pure identica a quella del furto comune. Nel senso che il reato di impossessamento di beni archeologici o artistici di cui al previgente art. 67 della legge n. 1089 del 1939, è fattispecie autonoma e distinta dal reato di furto, richiamato solo per la determinazione della pena, con conseguente inapplicabilità della norma sulla perseguibilità a querela di parte aggiunta all’art. 624 cod. pen. dalla legge 25 giugno 1999, n. 205, v. Sez. 3, n. 21580 del 24/4/2001, Paluzzi, Rv. 219025-01; conf., sotto il vigore dell’art. 176 cod. beni cult., Sez. 3, n. 3700 del 3/12/2004, dep. 2005, Vania, Rv. 230665-01.
141
Cfr. G.P. DEMURO, Sub art. 176, in Commento articolo per articolo, cit., pagg. 463 s.; P.G. FERRI, Uscita o esportazione illecite, in Il codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli illeciti penali, a cura di A. Manna, Milano, 2005, pag. 240; V. MANES, La circolazione illecita, cit., pag. 99; P. CIPOLLA, Rapporti tra impossessamento di beni culturali e ricerche archeologiche clandestine, nella tematica del concorso di norme, in Cassazione penale, 2008, pagg. 3795 ss.
142
In termini G.P. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 13.
143
In termini A. VISCONTI, La repressione del traffico illecito, cit., pag. 22, secondo la quale la minore lesività di questa fattispecie rispetto al furto di beni culturali avrebbe giustificato semmai la sua collocazione insieme alla nuova fattispecie speciale di appropriazione indebita di bene culturale, punita meno severamente (v. postea § 2.3) per quanto più dell’art. 176 cod. beni cult., anche in ragione del fatto che il soggetto attivo rimane un “soggetto qualificato”.
144
Norma extrapenale – già richiamata dal previgente art. 176 beni cult. ed oggi tradotta nella che segna l’ambito di operatività della fattispecie: G.P. DEMURO, sub art. 176, cit., pag. 463.
145
Si tratta delle «cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico» secondo l’espressione del codice civile. Vi rientrano, ad es., le cose di interesse numismatico “non solo quando non solo quando abbiano carattere di rarità o di pregio, ma anche quando, a prescindere dall’accertamento della presenza di tali caratteri, siano state ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini”: così Sez. 3, n. 37861 del 4/4/2017, P.M. in proc. Rolfo, Rv. 270642- 01.
146
Le statistiche del 2019 registrano il sequestro di 45.801 beni archeologici e paleontologici. Cfr. Comando Carabinieri TPC, Attività operativa 2019, cit.
147
Così, sulla previgente – identica – incriminazione G.P. DEMURO, sub art. 176, cit., pag. 464.
148
Sugli “attentati al patrimonio artistico non ancora acquisito” v. già F. MANTOVANI, Lineamenti, cit., pag. 89 con riferimento alla legge del 1939.
149
Sulle conseguenze in tema di colpevolezza, quando l’interesse culturale rappresenta un elemento valutativo (o normativo extragiuridico) v. G.B. DEMURO, Beni culturali e tecniche di tutela penale, cit., pagg. 222 ss.
150
L’art. 91, comma 2, cod. beni cult. precisa, infatti, che tra i materiali di risulta che per contratto siano stati riservati all’impresa di demolizione non sono comprese le cose che abbiano l’interesse di cui all’art. 10, comma 3, lett. a), cod. beni cult.: dal richiamo a tale articolo già contenuto nel (previgente) art. 176 cod. beni cult. deriva[va] – sino al 22 marzo 2022 – l’integrazione del reato di impossessamento illecito di beni culturali statali quando l’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico fosse «particolarmente importante»: così G.B. DEMURO, sub art. 176, cit., pag. 464.
151
Così G. DE MARZO, La nuova disciplina. cit., col. 129.
152
In termini, condivisibilmente, G.P. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 14.
153
Parla di tutela penale “preventiva”, o meglio “avanzata” del patrimonio artistico, G. FLORA, La tutela penale preventiva del patrimonio artistico nella legge 1° giugno 1939 n. 1089, in AA.VV., La tutela penale del patrimonio artistico. Atti del sesto simposio di studi di diritto e procedura penali promosso dalla fondazione «Avv. Angelo Luzzani» (Como, 25-26 ottobre 1975), Milano 1977, pagg. 197 e 201. L’attribuzione esclusiva allo Stato del potere di effettuazione delle ricerche archeologiche deriva dall’esigenza – preventiva – di evitare l’illecita appropriazione dei beni ritrovati: così G.P. DEMURO, op. ult. cit., pag. 8.
154
G.P. DEMURO, op. ult. cit., pag. 14 sottolinea in proposito l’eccessivo frazionamento di condotte prodromiche ed il problematico rapporto fra gli artt. 175 cod. beni cult. ed il novello art. 707-bis cod. pen.
155
G.P. DEMURO, I delitti contro il patrimonio culturale, cit., pag. 14. Negli stessi termini, sotto il corrispondente art. 176 cod. beni cult., ID., Sub art. 176, in Commento articolo per articolo, cit., pagg. 463 s.
156
In termini V. MANES, La tutela penale, in Diritto e gestione dei beni culturali, cit., pag. 301.
157
Ancora V. MANES, loc. op. ult. cit. 158 Così, condivisibilmente, G. DE MARZO, La nuova disciplina, cit., col. 127.