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Interrogatorio preventivo e misure cautelari: Le novità della legge Nordio, criticità e possibili soluzioni


Interrogatorio preventivo e misure cautelari

Premessa

L’interrogatorio preventivo, previsto dalla recente legge Nordio, si distingue come un tentativo di armonizzare due esigenze fondamentali: da un lato, il rafforzamento delle garanzie difensive; dall’altro, la salvaguardia dell’efficacia dell’azione giudiziaria.

Tuttavia, questa innovazione, pur ambiziosa, si colloca in un contesto normativo intricato, sollevando questioni applicative che richiedono soluzioni ponderate e un’interpretazione uniforme.

L’istituto mira a rivedere il rapporto tra misure cautelari e diritto di difesa, anticipando il confronto tra indagato e giudice rispetto all’adozione della misura.

La norma, introdotta con l'art. 291 c.p.p., prevede che l’interrogatorio dell’indagato debba essere svolto prima dell’applicazione della misura cautelare, salvo eccezioni espressamente previste.

Nello specifico, il comma 1-quater dispone: “Fermo il disposto dell'articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), o all'articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.”.

Questo cambiamento, pur giustificato dall’obiettivo di rafforzare i diritti fondamentali, lascia aperte numerose questioni interpretative e operative, evidenziate da diversi autori.


Il problema della disparità di trattamento

L’interrogatorio preventivo, in via teorica, si presenta come un rimedio efficace per rafforzare il diritto al contraddittorio, introducendo un dialogo diretto tra indagato e giudice prima dell’adozione di una misura cautelare.

Tuttavia, l’attuazione pratica dell’istituto si rivela ben più problematica, soprattutto in procedimenti di particolare complessità che coinvolgono molteplici indagati o fattispecie di reato collegate.

In questi casi, il bilanciamento tra la tutela della riservatezza delle indagini e il diritto dell’indagato di conoscere gli elementi a suo carico può dar luogo a difficoltà applicative.

Situazioni di questo genere richiedono un’attenta ponderazione per evitare che soluzioni difformi minino l’uniformità e la coerenza del sistema processuale.

La struttura normativa delineata dall’art. 291 c.p.p. si fonda su una dicotomia netta: da un lato, la regola generale che prevede l’interrogatorio preventivo; dall’altro, un corpus di eccezioni per specifiche esigenze cautelari.

Questa impostazione, pur nitida nella sua astrazione teorica, fatica a rispondere alle dinamiche processuali complesse.

Quando si intrecciano reati di diversa gravità, il rischio di trattamenti disomogenei diventa tangibile, con alcune fattispecie che esigono l’interrogatorio e altre che ne risultano escluse.

Analogamente, nei procedimenti che coinvolgono coindagati con ruoli eterogenei, emergono potenziali squilibri nella gestione delle garanzie cautelari, compromettendo l’unitarietà del procedimento e aumentando le difficoltà operative.


Soluzioni possibili

Gli operatori del diritto, dinanzi alle complessità applicative dell’interrogatorio preventivo, si trovano a confrontarsi con strategie interpretative diverse, ciascuna con specifici vantaggi e limiti.

Un primo approccio, come evidenziato da Costantino De Robbio potrebbe consistere nel considerare unitariamente le diverse posizioni processuali, adottando criteri uniformi che assicurino coerenza e sistematicità. Questa impostazione, tuttavia, rischia di appiattire la tutela delle garanzie individuali, penalizzando i casi meno gravi.

In alternativa, si potrebbe optare per una frammentazione delle decisioni cautelari, calibrandole sulle peculiarità di ogni singola posizione.

Sebbene tale soluzione sembri meglio aderire al dettato normativo, comporta un incremento del carico procedurale e moltiplica le occasioni di errore, complicando ulteriormente un sistema già sovraccarico.

In entrambi i casi, il rischio è quello di accentuare le disomogeneità e di generare inefficienze che mal si conciliano con i principi ispiratori della riforma.


Il problema dei termini e del diritto di difesa

Ulteriori questioni operative emergono in relazione ai termini per l’invito a comparire, alle modalità di notificazione e al difficile bilanciamento tra esigenze cautelari e diritto di difesa.

Il legislatore, all’art. 291, comma 1-sexies c.p.p., dispone che: "L'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio è comunicato al pubblico ministero e notificato alla persona sottoposta alle indagini preliminari e al suo difensore almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d'urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire. Il giudice provvede comunque sulla richiesta del pubblico ministero quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non compare senza addurre un legittimo impedimento, oppure quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non è stata rintracciata e il giudice ritiene le ricerche esaurienti, anche con riferimento ai luoghi di cui all'articolo 159, comma 1."

Questa disciplina, sebbene intesa a garantire un margine di sicurezza procedurale, rischia di creare difficoltà applicative, specialmente in casi di abbreviazione dei termini per motivi di urgenza.

Una simile riduzione temporale potrebbe, infatti, comprimere significativamente il tempo a disposizione dell’indagato e del suo difensore per preparare un’adeguata difesa, vanificando in parte lo spirito del contraddittorio preventivo.

Ulteriori complicazioni sorgono nei procedimenti che coinvolgono una pluralità di indagati.

La mancanza di regole precise per notifiche multiple e coordinate rischia di generare disuguaglianze di trattamento e ritardi, mettendo a rischio l’efficienza e l’equità del procedimento.


Conclusioni

L’interrogatorio preventivo rappresenta un tentativo audace di innovare il sistema cautelare, ma le sue implicazioni pratiche e sistemiche evidenziano un equilibrio ancora instabile tra principi garantistici ed efficienza giudiziaria.

La coerenza del sistema è virtù essenziale.

Il rischio che una riforma frammentaria generi più problemi di quelli che intende risolvere è concreto.

Sarà compito degli operatori dei diritto colmare i vuoti interpretativi e rendere l’istituto un effettivo strumento di giustizia, senza tradire la certezza del diritto.


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