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Lesioni personali contro il coniuge: anche lievissime consentono l'applicazione di misure cautelari


Riforma Cartabia

Il principio di diritto

Il reato di cui all'art. 582 c.p. commesso contro una delle categorie di soggetti di cui all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2, pur se punibile a querela, rientra nella competenza del Tribunale e pertanto, indipendentemente dalla durata della malattia, consente l'applicazione di misure cautelari e precautelari previste dal codice. (Cassazione penale sez. V, 13/07/2023, (ud. 13/07/2023, dep. 25/08/2023), n.35796).


La motivazione della Corte

Anzitutto va chiarito che il reato di lesioni volontarie lievissime (durata della malattia non superiore a 20 giorni) è sempre stato punibile a querela anche prima della riforma Cartabia.

Invero il previgente testo dell'art. 582 c.p., comma 2 escludeva dalla procedibilità di ufficio collegata alle aggravanti ex art. 585 c.p. proprio i casi indicati nel n. 1 e nella seconda parte dell'art. 577 c.p., vale a dire lesioni commesse contro "l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva" (art. 577 c.p., comma 1, n. 1 nel testo modificato dalla L. n. 4 del 2018) e contro "il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo 8^ del libro primo del codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta" (art. 577 c.p., comma 2 nel testo modificato dalla L. n. 4 del 2018):

Le materie di competenza del giudice di pace sono elencate nel D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 che, al comma 1, lett. a) come modificato dalla L. n. 119 del 2013, include i delitti consumati o tentati previsti dagli artt. 581,582 c.p., limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577 c.p., comma 2, ovvero contro il convivente.

L'ultima parte della disposizione appena citata (quella concernente la deroga alla competenza del giudice di pace) è frutto della L. n. 119 del 2013 e si inserisce nell'ambito di un "complessivo intervento normativo di repressione della violenza di genere, in sintonia peraltro con la pressoché coeva ratifica, ad opera della L. 27 giugno 2013, n. 77, della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a (Omissis). E' di tutta evidenza che il decreto-legge ha avuto come scopo principale quello di contrastare in modo più incisivo la violenza di genere, ossia le condotte violente poste in essere nell'ambito di contesti familiari o comunque affettivi, rafforzando la tutela delle vittime considerate più vulnerabili, quali le donne" (cfr. Corte Cost sent. n. 236 del 2018 cit.).

Per stabilire quali tipologie di lesioni personali dolose perseguibili a querela restino escluse dalla competenza del giudice di pace - e quindi rientrino in quella del Tribunale - il legislatore ha adottato la tecnica del rinvio (fatti commessi contro i soggetti elencati dall'art. 577 c.p., comma 2) oltre a indicare espressamente una categoria di persone offese ("il convivente").

Il rinvio dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 all'art. 577 c.p., comma 2, viene definito "mobile" dalla Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 236 del 2018.

In rinvio mobile (o formale o dinamico) collega la disposizione rinviante a quella richiamata non solo nella formulazione attuale al momento del rinvio, ma anche in quelle eventualmente succedutesi a seguito della sua modifica e, dunque, in ultima analisi, a tutte le diverse formulazioni che la fonte richiamata può, nel tempo, conoscere (sulla definizione di rinvio mobile cfr. in motivazione Sez. U, n. 17615 del 23/02/2023, Lombardi Renzulli che distingue detto rinvio da quello "fisso" - o recettizio o statico - che riguarda, invece, una disposizione richiamata nel testo storicamente vigente al momento in cui venne previsto il rinvio con l'introduzione della disposizione rinviante, o in altro momento normativamente definito, senza che debba tenersi conto delle modifiche che la disposizione richiamata possa conoscere nel tempo).

Quindi, in base alla situazione normativa vigente al momento dell'intervento della Consulta (decisione del 7 novembre 2018, depositata il 14 dicembre 2018), e prima di questo, risultavano di competenza del Tribunale le lesioni lievissime contro il convivente e gli altri soggetti indicati dall'art. 577 c.p., comma 2, articolo poco prima modificato dalla L. n. 4 del 2018.

Mentre restavano di competenza del giudice di pace le lesioni lievissime contro i soggetti indicati dall'art. 577 c.p., comma 1, n. 1, disposizione che, rispetto alla previsione originaria afferente agli ascendenti e discendenti, si era arricchita nel frattempo, per effetto della L. n. 4 del 2018, de: "il coniuge, anche legalmente separato, l'altra parte dell'unione civile, la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva".

Con un disallineamento rispetto all'art. 582 c.p., comma 2 (che invece indicava come perseguibili a querela le lesioni lievissime contro i soggetti indicati non solo dal comma 2 ma anche dall'art. 577 c.p., comma 1, n. 1) così non solo generando una irragionevole disparità di trattamento, ma soprattutto invertendo le categorie di gravità disegnate dall'art. 577 c.p. per il reato di omicidio, punito più gravemente se commesso ai danni dei soggetti indicati dal comma 1, n. 1, (pena dell'ergastolo) rispetto al fatto commesso contro i soggetti elencati nel comma 2 (pena della reclusione da 24 a 30 anni).

A tale situazione ha posto rimedio la Corte costituzionale, con la menzionata pronuncia n. 236 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lett. a), nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582 c.p., comma 2, per fatti commessi contro l'ascendente o il discendente di cui all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1) (caso sottoposto all'esame della Consulta); nonché, in via consequenziale, del medesimo articolo, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582 c.p., comma 2, per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1), come modificato dalla L. 11 gennaio 2018, n. 4, art. 2.

In sostanza la Corte costituzionale ha riallineato le fattispecie di lesioni aggravate punibili a querela (già all'epoca contemplate dall'art. 582 c.p., comma 2) con quelle per le quali opera la deroga alla competenza del giudice di pace.

L'equiparazione è stata realizzata "in alto", ossia estendendo la stessa regola di competenza del Tribunale alla fattispecie delle lesioni lievissime commesse contro le persone indicate dall'art. 577 c.p., comma 1, n. 1: "in linea con il più elevato livello di contrasto della violenza domestica, con la conseguente possibilità, in particolare, per il giudice di applicare, nell'uno e nell'altro caso, la misura cautelare personale dell'allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), adottabile anche in via d'urgenza (art. 384-bis c.p.p.)" (così Corte Cost. sentenza n. 236 del 2018, cit.).

Con la precisazione, effettuata nella medesima sentenza n. 236 del 2018, che, per i fatti commessi fino al giorno della pubblicazione di quella decisione sulla Gazzetta Ufficiale (n. 50 del 19/12/2018), vale il principio della non retroattività della disciplina sostanziale che risulti essere peggiorativa per effetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale, talché, innanzi al tribunale ordinario competente anche per il reato di lesioni lievissime, di cui all'art. 582 c.p., comma 2, in danno dei soggetti di cui all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1, l'imputato (o indagato) sarà soggetto all'applicazione della più favorevole disciplina delle sanzioni di cui al Titolo 2^ del D.Lgs. n. 274 del 2000.

Pertanto, grazie all'intervento del giudice delle leggi, già prima della riforma c.d. Cartabia di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022 (e, come vedremo, a tutt'oggi indipendentemente da essa), erano di competenza del Tribunale, e quindi consentivano l'adozione di misure cautelari e precautelari, i reati consumati e tentati di lesioni personali anche lievissime quando commessi ai danni di tutte le categorie di persone elencate all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1 e al comma 2 (persone che in seguito, per comodità, definiremo "familiari").

La Riforma Cartabia non ha innovato tale specifico regime perché, pur ampliando notevolmente la sfera dei delitti di lesioni personali perseguibili a querela (malattia di durata non superiore a quaranta giorni), ha lasciato inalterato il disposto del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 come risultante dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 236 del 2018.

In sostanza tutti i delitti di lesioni, punibili a querela, commessi ai danni di "familiari" (come sopra intesi) sono di competenza del Tribunale.


Il concetto va ulteriormente chiarito per scongiurare equivoci.

Per effetto del D.Lgs. n. 150 del 2022, il testo dell'art. 582 c.p. è stato interamente riscritto:

- "Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni (comma 1);

- "Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste nell'art. 61 c.p., n. 11-octies), artt. 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate nell'art. 577 c.p., comma 1, n. 1), e nel comma 2. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità" (comma 2).

La novella opera un capovolgimento, quanto al regime di procedibilità, del rapporto regola/eccezione, nel senso che la punibilità a querela è la regola (comma 1), mentre la perseguibilità d'ufficio diviene l'eccezione (comma 2, con una "eccezione dell'eccezione" - e dunque con un ritorno alla procedibilità a querela - correlata all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2).

All'indomani della entrata in vigore della riforma è sorta la necessità di stabilire in che termini il mutato regime di procedibilità del delitto di lesioni personali volontarie si riverberasse sulla ripartizione di competenza tra Tribunale e giudice di pace.

La Corte di cassazione è intervenuta ad affermare che: "In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. b), sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lett. a), essere risolto attraverso l'interpretazione estensiva di tale ultima disposizione, conformemente alla volontà del legislatore riformatore di estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela" (Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023, Cinquina, Rv. 284375 - 01; conf. Sez. 5, n. 10669 del 31/01/2023, T., Rv. 284371; Sez. 5, n. 16537 del 11/01/2023, Leveque, n. m.).

Questa regola ovviamente non vale per i reati contro le categorie di familiari di cui all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2 che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 - o testualmente o per effetto della declaratoria di incostituzionalità - esclude dalla competenza del giudice di pace.

Va pertanto affermato che il reato di cui all'art. 582 c.p. commesso contro una delle categorie di soggetti di cui all'art. 577 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2, pur se punibile a querela, rientra nella competenza del Tribunale e pertanto, indipendentemente dalla durata della malattia, consente l'applicazione di misure cautelari e precautelari previste dal codice.

 

Fonte: Cassazione penale sez. V, 13/07/2023, (ud. 13/07/2023, dep. 25/08/2023), n.35796

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