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Lesioni: se la competenza è del giudice di pace, la reclusione è illegale ed è rilevabile d'ufficio


Riforma Cartabia: quando può essere riconosciuta la particolare tenuità del fatto?

La massima

In tema di lesioni personali, il mutato regime sanzionatorio introdotto dalla cd. Riforma Cartabia, avendo natura sostanziale, deve trovare applicazione anche ai reati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che la pena della reclusione eventualmente inflitta non è oggi più conforme a legge.

Ciò posto, la Corte di cassazione può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi dell'art. 609 c.p.p., l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative in melius (Cassazione penale sez. fer., 10/08/2023, (ud. 10/08/2023, dep. 11/08/2023), n.34896).

Fonte: Studio Legale del Giudice


La sentenza

Cassazione penale sez. fer., 10/08/2023, (ud. 10/08/2023, dep. 11/08/2023), n.34896

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza del 8 ottobre 2021 del Tribunale di Velletri che aveva affermato la penale responsabilità di P.S. per il reato di cui all'art. 582 c.p. e lo aveva condannato alla pena di anno uno e mesi sei di reclusione.


In particolare, la Corte di appello ha osservato che il Tribunale aveva, in motivazione, escluso l'aggravante contestata ed applicato le attenuanti generiche e tuttavia, in dispositivo, aveva ritenuto le attenuanti equivalenti alle aggravanti; la Corte territoriale ha, quindi, in virtù della già ritenuta esclusione dell'aggravante, operato la riduzione di pena, nella misura di un terzo, per le attenuanti.


2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso P.S., a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando due motivi.


2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 582 e 585 c.p. e dell'art. 192 c.p.p..


Sostiene che la persona offesa, sofferente di disturbo bipolare e sottoposta ad amministrazione di sostegno, è inattendibile, sia per la sua malattia, sia perché la stessa ha in parte modificato in dibattimento le sue dichiarazioni rispetto all'iniziale denuncia; il giudice non avrebbe accertato la capacità di testimoniare della persona offesa.


Inoltre, i carabinieri intervenuti sul posto dopo il fatto avrebbero appreso dalla persona offesa che il P. aveva oltraggiato il C., la vittima, e che questa aveva reagito aggredendo l'odierno ricorrente.


In tale situazione di incertezza doveva trovare applicazione il principio in dubio pro reo.


2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 52 c.p. sostenendo che l'imputato avrebbe per errore ritenuto sussistente la scriminante della legittima difesa.


Potrebbe ritenersi sussistente l'illecito di ingiuria, mentre per le lesioni si chiedeva di applicare il minimo edittale.


3. Il difensore del ricorrente ha fatto pervenire una memoria difensiva con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso sono inammissibili atteso che con essi si invoca una ricostruzione del fatto differente da quella operata dai giudici del merito ed alla quale dovrebbe pervenirsi attraverso una diversa valutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimità.


2. Deve, tuttavia, essere rilevata, per quanto di seguito si esporrà, l'illegalità della pena.


A tale proposito deve osservarsi che a seguito delle modifiche apportate all'art. 582, dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. b), n. 1, (c.d. riforma Cartabia), la cui entrata in vigore è stata posticipata al dicembre 2022 dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, art. 6, il reato contestato all'imputato è divenuto procedibile a querela.


Difatti, trattandosi di reato di lesione personale non aggravato ed essendo la durata della malattia pari a quaranta giorni, esso rientra ora tra i reati procedibili a querela, avendo le nuove disposizioni inteso "ampliare il regime di procedibilità a querela del delitto di lesioni personali senza più condizionare tale regime alla durata della malattia non superiore a venti giorni", con la conseguenza che "la procedibilità a querela viene estesa alle c.d. lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni) mentre restano procedibili d'ufficio le lesioni gravi (comprensive dell'ipotesi in cui la malattia abbia durata superiore a 40 giorni) e le lesioni gravissime", secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa al D.Lgs. citato (vedi in tal senso Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023, Cinquina, Rv. 284375).


Il mutato regime di procedibilità opera retroattivamente, sia in considerazione della natura "mista" della querela (Sez. 2, Sentenza n. 21700 del 17/04/2019, Sibio, Rv. 276651), sia in virtù della disciplina transitoria emanata dal citato D.Lgs., che con l'art. 85 assegna alla persona offesa di un reato commesso prima dell'entrata in vigore della riforma e non più procedibile d'ufficio il termine di tre mesi dalla sua entrata in vigore per sporgere querela.


2.2. Il mutato regime di procedibilità, di per se stesso considerato, non avrebbe rilevanza in presenza di un ricorso inammissibile.


Questo Collegio condivide il principio affermato da altra pronuncia di questa Sezione, secondo il quale, in relazione al reato di furto, l'improcedibilità per difetto di querela, in conseguenza del diverso regime di procedibilità sopravvenuto alla proposizione del ricorso, non prevale sulla inammissibilità del ricorso, poiché, a differenza dell'ipotesi di abolitio criminis, non è idonea a incidere sul c.d. giudicato sostanziale (vedi Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176, che richiama Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551).


Tuttavia, nel caso di specie, come già affermato dalla decisione in materia di lesione personale più sopra richiamata (Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023, Cinquina, Rv 284375), al diverso regime di procedibilità si accompagna anche un mutamento in ordine alla individuazione del giudice competente per materia, che è divenuto il giudice di pace.


Tale modifica non può condurre in questa sede ad una pronuncia di incompetenza per materia, in quanto, in base al principio della perpetuatio jurisdictionis, occorre fare riferimento al momento in cui è stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio, non rilevando lo ius superveniens, a meno che non venga introdotta una specifica norma derogatoria, ipotesi questa che non ricorre nel caso di specie.


Ne' può emettersi una sentenza che dichiari la improcedibilità del reato, avendo la persona offesa sporto querela già in data 6 gennaio 2016.


Al mutato regime di procedibilità e di competenza per materia e', però, collegato il diverso regime sanzionatorio previsto per i reati di competenza del giudice di pace dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 52, e segg. che non contempla la reclusione.


Tale diverso regime sanzionatorio, avendo natura sostanziale, deve trovare applicazione anche ai reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, con la conseguenza che la pena di un anno di reclusione inflitta all'odierno ricorrente non è oggi più conforme a legge.


Deve, allora, osservarsi che le Sezioni Unite hanno affermato, in tema di successione di leggi nel tempo, che la Corte di cassazione può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi dell'art. 609 c.p.p., l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative in melius (Sez. U, Sentenza n. 46653 del 26/06/2015, Della Fazia, Rv. 265111). In motivazione si chiarisce che la finalità rieducativa della pena e il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione precedentemente individuata e non più conforme a legge e che diversamente ragionando si perverrebbe ad una violazione sopravvenuta del diritto fondamentale dell'imputato di vedersi applicato il trattamento sanzionatorio più favorevole, conseguente alla corrispondente scelta espressa dal legislatore sul disvalore della condotta che viene in rilievo.


Le Sezioni Unite hanno precisato che, proprio a tutela di tale diritto fondamentale, l'inammissibilità del ricorso non preclude l'attuazione del sopravvenuto e più favorevole trattamento sanzionatorio anche laddove "l'imputato con il ricorso originario (o con motivi nuovi o memorie) non abbia proposto alcun motivo riguardante la pena né alcuna ragione di critica alla sua determinazione da parte del giudice del rinvio pur dopo le rilevanti modifiche normative intervenute successivamente alla sentenza di conferma della condanna".


Ancor più recentemente le Sezioni Unite, anche sulla base dei principi affermati dalla sentenza poco sopra richiamata, hanno statuito che anche in caso di ricorso inammissibile la Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3,13,25 e 27 Cost., può rilevare l'illegalità della pena (Sez. U., n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689).


Ne consegue che deve essere rilevata la illegalità della pena e la sentenza deve essere annullata in relazione al trattamento sanzionatorio.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.


Così deciso in Roma, il 10 agosto 2023.


Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2023

 

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