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Minaccia: condanna a 2 mesi, 20 giorni di reclusione (Tribunale di Frosinone - Giudice Monocratico dott.ssa Daniela Possenti)


Reato di minaccia (art. 612 c.p.)

Proponiamo una sentenza di merito, pronunciata dal Tribunale di Frosinone, con la quale l'imputato è stato condannato per il reato di minaccia.


Tribunale Frosinone, 05/10/2020, (ud. 01/09/2020, dep. 05/10/2020), n.910

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione diretta a giudizio del 21.03.2017, la Procura della Repubblica di Frosinone presentava l'imputato dinanzi a questo Tribunale in composizione monocratica, per rispondere del reato di cui in rubrica. All'udienza del 12.07.2017 constatata la regolare citazione delle parti, veniva ammessa la costituzione di parte civile di La.Er. e, in assenza di eccezioni preliminari o richiesta di riti alternativi, si dichiarava aperta l'istruttoria dibattimentale, venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti ed escussi i testi addotti dal PM: La.Er. (p.c.) e Pr.Fr..

All'udienza del 01.09.2020 esaurita l'istruzione, dichiarata l'utilizzabilità degli atti allegati al fascicolo per il dibattimento dal Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 553 c.p.p. e di quelli successivamente acquisiti nel corso del giudizio, si dichiarava chiuso il dibattimento e si invitavano le parti a concludere, come da verbale di udienza.

Veniva, quindi, pronunciata sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo.

L'istruttoria dibattimentale ha dimostrato in modo inequivoco e al di là di ogni ragionevole dubbio, la fondatezza dell'ipotesi accusatoria nei confronti dell'imputato in relazione al reato contestato, il prevenuto, pertanto, deve essere riconosciuto colpevole del reato ascrittogli.

La parte civile riferiva che il prevenuto era solito lasciar pascolare le proprie mucche nei terreni altrui e che a ogni lamentela diventava minaccioso. Riferiva che in data 28 giugno 2015 il Lo. stava facendo pascolare delle mucche in un terreno gestito dalla p.c.. Precisava che, sperando di poterci parlare, si era incamminato per avvicinarsi al Lo.. Riferiva che il Lo. gli era andato incontro con in mano un bastone, minacciandolo e dicendogli che lo avrebbe ammazzato, che se lo trovava per strada lo avrebbe investito e che gli avrebbe mandato qualcuno dentro casa. Riferiva di essersi impaurito, di essere scappato e che il Lo. lo aveva preso in giro dicendogli che se la stava facendo sotto. Precisava che il Lo. era solito tenere questo comportamento prepotente e minaccioso.

Il teste Pr., amico del Lo., riferiva che tra il prevenuto e la p.c. c'era stata una lite in relazione al pascolo. Riferiva che i due erano distanti 40/50 metri e di non aver sentito minacce.

A seguito di contestazioni emergeva che nelle SIT il teste aveva riferito di aver sentito minacce di morte.

L'impostazione accusatoria è risultata suffragata al di là di ogni ragionevole dubbio in relazione al reato contestato. Deve rilevarsi, nel merito, la raggiunta la prova sulla realizzazione del fatto - reato da parte del prevenuto.

E' evidente che le dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile, risultano quale importante fonte probatoria del processo (Cass. Sentenza 28 gennaio 2015, n. 4166) Le Sezioni Unite della Corte hanno definitivamente chiarito che "le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Be. ed altri).

Non è superfluo rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema, in tema di valutazione probatoria, la deposizione della persona offesa dal reato, anche se quest'ultima non è equiparabile al testimone estraneo, può tuttavia essere da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa (Cass.: Sez. 5, 1.6.1999, n. 6910, Sez. 6, 4.3.1994, n. 2732 e Sez. 1, 18.3.1992, n. 3220). Inoltre, secondo Cass. 33162/2004, "la deposizione della parte offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell'imputato purché sia sottoposta ad indagine positiva circa la sua attendibilità. Infatti, alle dichiarazioni indizianti della persona offesa non è indispensabile applicare le regole di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 192 cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni. Tuttavia, considerato l'interesse di cui la parte offesa è portatrice, più accurata deve essere la valutazione e più rigorosa la relativa motivazione ai fini del controllo d'attendibilità rispetto al generico vaglio cui vanno sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone: in tale ottica, può concretamente apparire opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi".

Nel caso di specie, la valutazione di attendibilità della persona offesa supera positivamente l'uso di tale doverosa accortezza.

Le dichiarazioni della p.c., da considerarsi attendibili perché non inficiate da elementi contrari e rese con estrema linearità e coerenza, descrivono dettagliatamente l'episodio relativo alla condotta assunta dall'imputato contro la costituita parte civile in (...), in data 28 giugno 2015. La condotta del prevenuto integra perfettamente il reato così come contestato.

L'integrazione del reato di minaccia, di cui all'art. 612 c.p., richiede, sotto il profilo oggettivo, che la condotta posta in essere dall'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo e, sotto il profilo soggettivo, il dolo generico e, dunque, la coscienza e volontà dell'agente di intimidire la persona offesa. La minaccia va ritenuta aggravata, ex art. 612, comma 2, c.p., avuto riguardo al tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si collocano.

Occorre ribadire i principi già affermati dalla giurisprudenza in merito all'art. 612 c.p. ovvero che, affinché possa considerarsi integrato il reato di minaccia, non è necessario che vengano pronunciate frasi dal contenuto minaccioso, essendo sufficiente che la condotta nel suo complesso possa considerarsi minacciosa.

Occorre considerare che il reato di minaccia è di pericolo e la minaccia deve essere valutata con un criterio medio e tenendo conto delle circostanze. Non occorre che la persona offesa si sia sentita intimidita, basta che la condotta del reo sia in grado solo di incidere sulla sua libertà morale. Il reato non viene meno infine neppure se la vittima sua volta assume una condotta provocatoria o minacciosa (Cass. Sentenza n. 11708/2020).

Il comportamento consistente nell'armarsi di un bastone, mostrandolo dopo aver proferito frasi ingiuriose, ben può integrare una condotta minacciosa grave ex art. 612 c.p..

Pertanto, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, sono emersi gli elementi costituitivi del reato de quo e la sua ascrivibilità al prevenuto, ne consegue che è pienamente provata la responsabilità penale dello stesso in ordine al reato contestato.

In ordine al trattamento sanzionatorio vanno certamente concesse le attenuanti generiche al fine di adeguare l'entità della sanzione ai fatti e, pertanto, in applicazione dei parametri di cui all'art. 133 c.p condanna LO.PI. alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione (pena base 4 mesi di reclusione - 1/3 per generiche).

La condotta del prevenuto ha certamente cagionato alla parte civile dei danni economici ed anche tipicamente non patrimoniali, sub specie di danni morali, che devono essere risarciti, previa liquidazione in separata Sede. Infine, l'art. 541 c.p.p. impone al condannato la rifusione delle spese processuali a favore della costituita parte civile, somme che possono liquidarsi nella misura di cui al dispositivo.

Considerato il comportamento processuale dell'imputato e la tipologia del reato, visto l'art. 165 c.p.p. subordina la sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva, liquidata equitativamente in Euro 3.000,00 in favore di La.Er. costituitosi parte civile.

Segue alla pronuncia di affermazione della penale responsabilità l'obbligo dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dallo Stato per il presente giudizio.


P.Q.M.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara LO.PI. colpevole del reato ascrittogli e concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione (pena base 4 mesi di reclusione - 1/3 per generiche), oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 539 c.p.p. condanna Lo.Pi. al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata Sede.

Visto l'art. 539 c.p.p., su richiesta della parte civile, condanna Lo.Pi., al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva che si quantifica in Euro 3.000,00 per la costituita parte civile.

Visto l'art. 541 c.p.p. condanna Lo.Pi. al pagamento delle spese processuali a favore della costituita parte civile e che liquida in Euro 1.700,00, oltre S.G., spese ed imposte come per legge.

Visto l'art. 165 c.p. subordina la sospensione condizionale della pena al pagamento della indicata provvisionale.

Riserva in 60 giorni il deposito della motivazione.

Così deciso in Frosinone l'1 settembre 2020.

Depositata in Cancelleria il 5 ottobre 2020.

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