Sul cumulo delle domande di separazione e di divorzio, i Tribunali di merito hanno condiviso soluzioni contrastanti oppure si sono riservati di adottare ulteriori provvedimenti in tema, ritenendo che allo stato attuale “gli orientamenti dei Tribunali non appaiono sufficientemente stabilizzati” (cfr. nota del Tribunale di Macerata del 21 aprile 2023).
Indice:
1. Ammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenzioso
Il primo orientamento propende per l'ammissibilità dei ricorsi contenenti domanda di separazione consensuale e di divorzio congiunti. Tale impostazione è seguita altresì dai Tribunali di Milano, Vercelli, Genova e Lamezia Terme nonché da una parte della dottrina (cfr. M. PALADINI, Il simultaneus processus di separazione e divorzio, in AA.VV., La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di C. CECCHELLA, Torino, 2023, 54-55; F. TOMMASEO, Separazione e divorzio: domande cumulate anche nel ricorso congiunto?, in www.altalex.com; F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), in Famiglia e diritto, 2023, n. 5, p. 487 ss.).
È stato esposto, innanzitutto, che, anteriormente alla riforma Cartabia, il procedimento di separazione e quello di divorzio erano disciplinati da due disposizioni differenti (l'art. 710 cod. proc. civ. e l'art. 4, comma 16, della legge n. 898/1970) e che non sussistevano norme che autorizzassero il cumulo congiunto di tali domande.
Con il D.lgs. n. 149/2022, invece, il rito è stato unificato e tale facoltà è stata espressamente prevista dal legislatore all'art. 473-bis.49 cod. proc. civ.
A fondamento dell'ammissibilità sono state poste, inoltre, argomentazioni sia di carattere letterale che sistematico.
Quanto alle prime, si è osservato che il disposto dell'art. 473-bis.51 cod. proc. civ. prevede che “la domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all'art. 473 bis.47 si propone con ricorso”. Sebbene l'art. 473-bis.49 cod. proc. civ. si occupi del cumulo solo ove sia instaurato un procedimento contenzioso, il riferimento all'unicità del ricorso nel caso di cui al procedimento su domanda congiunta e l'utilizzo da parte del legislatore del lessico “relativo ai procedimenti”, in luogo di “relativo al procedimento”, lascerebbe intendere l'intenzione dello stesso di ammettere, anche in tali procedimenti, il cumulo delle domande di separazione e di divorzio (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 489 ss.).
Secondo tale orientamento, qualora il legislatore avesse inteso escludere questa possibilità avrebbe dovuto utilizzare la locuzione “relativo ad uno dei procedimenti di cui all'art. 473 bis.47”.
In merito all'argomentazione di carattere sistematico, i sostenitori dell'ammissibilità hanno ritenuto che con la previsione, in sede contenziosa, della facoltà di proporre in un unico ricorso domanda di separazione e di divorzio (quest'ultima procedibile decorso il termine previsto dalla legge) sia venuto meno l'impedimento precedentemente sussistente in merito al cumulo delle stesse (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 489 ss.).
Si è poi fatto riferimento alla ratio sottesa all'introduzione del cumulo, esposta nella Relazione introduttiva al d.lgs. n. 149/2022. La proposizione contestuale di tali domande in un unico ricorso risponde, infatti, a ragioni di economia processuale considerata “la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi (affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare, determinazione del contributo al mantenimento della prole) e, pur nella diversità della domanda, la analogia degli accertamenti istruttori da compiere ad altri fini (si pensi alle domande di contributo economico in favore del coniuge e di assegno divorzile per l'ex coniuge), con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali” (cfr. Relazione illustrativa, p. 76 e sul punto cfr. anche A. SIMEONE, Il cumulo delle domande di separazione e di divorzio nei procedimenti congiunti, in ius.giuffrè.it, 13 febbraio 2023).
Alla luce di tale impostazione, il principio di economia processuale non dovrebbe infatti essere parametrato sulla base della conclusione del singolo procedimento, ma sulla garanzia alle parti in tempi brevi e ragionevoli di una risposta che consenta un'effettiva tutela dei diritti. Questo principio, in presenza della domanda congiunta di separazione e di divorzio, verrebbe rispettato e valorizzato, evitando alle parti le incombenze connesse alla riapertura di un nuovo procedimento (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 491-492).
Pertanto, ad avviso del presente orientamento, non si riscontrano ragioni che possano giustificare una disparità di trattamento tra il giudizio contenzioso e quello su istanza congiunta.
Deporrebbero, inoltre, a sostegno di tale tesi, altresì il secondo e il terzo comma dell'art. 473-bis.49 nei quali sarebbe ravvisabile il favor che il legislatore nutre per la trattazione congiunta dei procedimenti di separazione e di divorzio laddove è stato previsto che, qualora i due giudizi siano instaurati tra le medesime parti, ma pendenti dinanzi a giudici differenti o al medesimo giudice, sia disposta la riunione degli stessi, rispettivamente, ai sensi dell'art. 40 cod. proc. civ. e dell'art. 274 cod. proc. civ. (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 492).
Alla luce delle considerazioni emerse, tale orientamento ritiene che non vi siano ragioni per prevedere un trattamento differenziato a seconda che la proposizione di un unico ricorso contenente le domande di separazione e di divorzio venga svolta in sede contenziosa o in sede consensuale, avendo in quest'ultimo caso le parti già regolamentato le condizioni e spettando al giudice un controllo limitato alla rispondenza di esse al preminente interesse del minore.
Una parte della dottrina, poi, non ha ritenuto condivisibile che l'art. 473-bis.51 cod. proc. civ. introduca un autonomo sub rito speciale, evidenziando che la norma derogherebbe alle previsioni di cui agli artt. 473-bis.47 cod. proc. civ. e seguenti e alle disposizioni generali del Capo I, solo per quanto concerne gli aspetti procedimentali non espressamente regolati dalle norme generali. Il Tribunale alla stregua di tale impostazione, dovrebbe pronunciarsi sulle domande, sia contenziose che congiunte, con sentenza, valutando la rispondenza delle decisioni delle parti o di quelle che intende assumere al best interest of the child (cfr. A. SIMEONE, Il cumulo delle domande di separazione e di divorzio, op. cit.).
I sostenitori dell'ammissibilità del cumulo congiunto, infine, ritengono che non possa essere valorizzato ai fini contrari l'argomento esegetico secondo cui il legislatore avrebbe disciplinato i procedimenti in due disposizioni differenti, ritenendo tale profilo connesso alle diversità strutturali che rendono il procedimento in forma congiunta più semplice di quello contenzioso (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 487 ss.).
L'orientamento esposto è stato accolto in giurisprudenza dal Tribunale di Milano, il quale ha postulato l'ammissibilità dei ricorsi su domanda congiunta con i quali veniva chiesta la pronuncia sia in relazione alla separazione che al divorzio (cfr. Trib. Milano, 5 maggio 2023, in lanuovaproceduracivile.com).
Con tale provvedimento, il giudice di merito si è pronunciato sulla prima e, non ritenendo la domanda sul divorzio procedibile per mancato decorso del termine previsto dalla legge, indicato all'art. 3, n. 2, lett. b), della legge n. 898/70 e successive modificazioni, ha rimesso la causa sul ruolo del Giudice Relatore “affinché questi - trascorsi sei mesi dalla data della comparizione dei coniugi e, quindi, ai sensi dell'art. 127 ter, 5° comma, c.p.c., dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito di note scritte - provveda ad acquisire, sempre con la modalità dello scambio di note scritte, la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare secondo quanto prevede l'art. 2 della legge n. 898/70”. Il Tribunale di Milano ha, inoltre, disposto che le parti debbano confermare necessariamente, nelle note scritte da depositare successivamente, le conclusioni rassegnate con il ricorso, ritenendo ammissibile la modifica unilaterale solo in presenza di fatti nuovi. Si è precisato, inoltre, che, in caso contrario, in assenza di un nuovo accordo tra i coniugi, la domanda dovrà essere rigettata per mancanza del requisito dell'indicazione congiunta delle condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici di cui all'art. 473-bis.51, comma secondo, cod. proc. civ. Il Tribunale milanese, dunque, ha applicato la medesima disciplina prevista per il procedimento contenzioso anche al procedimento instaurato su istanza congiunta, rinviando la pronuncia sul divorzio al verificarsi della successiva condizione di procedibilità.
Un ulteriore profilo su cui si è espresso il Tribunale attiene alla possibile revoca del consenso originariamente prestato da parte di uno dei coniugi, ritenuto ammissibile, in applicazione dell'art. 473-bis.19 cod. proc. civ., solo in presenza di fatti nuovi. Tale previsione si pone in linea con la considerazione che i provvedimenti in materia di famiglia e minori siano resi rebus sic stantibus e che, dunque, in presenza di circostanze nuove, gli stessi possano essere modificati.
In senso favorevole alla presente tesi, si colloca anche una recente ordinanza del Tribunale di Lamezia Terme (cfr. Trib. Lamezia Terme, ord. 13 maggio 2023).
Quanto al Tribunale di Genova, inoltre, lo stesso, con il verbale della riunione ex art. 47- quater ord. giud. dell'8 marzo 2023, ha ammesso il cumulo delle domande di separazione e di divorzio anche nei procedimenti congiunti disponendo, in seguito alla pronuncia sulla prima, la rimessione della causa sul ruolo del giudice istruttore per la sentenza sul divorzio fissando a tal fine l'udienza dopo il decorso del termine previsto dalla legge (cfr. Trib. Genova, verbale riunione ex art. 47-quater ord. giud., in lanuovaproceduracivile.com).
Nulla viene disposto, invece, in merito alla possibile revoca unilaterale ad opera di una delle parti delle conclusioni rassegnate con il ricorso originario.
Anche il Tribunale di Vercelli, con provvedimento del Presidente del Tribunale, ha voluto propendere per l'ammissibilità del cumulo delle domande attesa la collocazione sistematica della norma, la ratio ispiratrice della normativa volta all'unificazione dei procedimenti nonché considerata la fornitura da parte del Ministero della Giustizia al personale amministrativo dei “codici oggetto” specifici per la separazione consensuale unita alla domanda per divorzio congiunto (cfr. Trib. Vercelli, protocollo n. 73/2023, 15 marzo 2023, in lanuovaproceduracivile.com). Si è ritenuto, inoltre, che le parti, in seguito all'emissione da parte del giudice dell'ordinanza collegiale con la quale verrà concesso il termine di circa 7 mesi per il deposito delle note scritte, possano confermare le conclusioni precedentemente rassegnate o formularne di diverse, purché congiunte. Se non vengono depositate note scritte o è venuto meno l'accordo tra le parti, il Tribunale pronuncerà decreto di improcedibilità della domanda.
Infine, è opportuno ricordare come altri Tribunali di merito, pur in assenza di un'espressa adesione a detta tesi, sembrano propendere implicitamente per quest'ultima, dal momento che indicano nei comunicati operativi i codici SICID da utilizzare per le iscrizioni a ruolo delle domande congiunte di separazione consensuale e divorzio: Tribunale Modena (cfr. Trib. Modena, 27 febbraio 2023), Tribunale Rovigo (cfr. Trib. Rovigo, 31 marzo 2023) e Tribunale Bolzano (cfr. Trib. Bolzano, 21 aprile 2023).
Per concludere, è opportuno segnalare la problematica, affrontata da una parte della dottrina, relativa alla compatibilità del cumulo in parola con il divieto di patti prematrimoniali o predivorzili, enunciato in maniera costante dalla Suprema Corte (ex multis cfr. Cass. civ., ord. 28 giugno 2022, n. 20745).
A tal fine, è stato osservato che l'ammissibilità di un ricorso congiunto contenente la domanda sulla separazione e sul divorzio non integrerebbe un accordo nullo “per illiceità della causa, perché stipulat[o] in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c.” (cfr. Cass. civ., ord. 28 giugno 2022, n. 20745). Con la presentazione in via congiunta di tale atto introduttivo, infatti, questa tesi ritiene che le parti non dispongano contemporaneamente degli status ma chiedano al giudice di pronunciarsi su entrambe le domande, il quale sarà comunque tenuto a verificare il rispetto dei tempi, dei presupposti e dei modi previsti dalla legge (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit.); per potersi pronunciare sul divorzio, sarebbe quindi necessario attendere in ogni caso il decorso del termine di 6 mesi richiesto dalla legge per la procedibilità dello stesso.
2. Inammissibilità del cumulo delle domande di separazione personale e divorzio in procedimenti non contenziosi
L'orientamento opposto propende per l'inammissibilità del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio, sostenendo che tale facoltà sarebbe riservata dalla legge alle sole ipotesi di procedimento contenzioso.
A fondamento di tale assunto sono posti rilievi sia di carattere letterale, che sistematico, che sostanziale (cfr. R. DONZELLI, Il problema del cumulo delle domande di separazione e divorzio nel procedimento su ricorso congiunto, in Judicium, Pacini Giuridica, Pisa, 2023).
In primo luogo, è evidenziato che la disciplina relativa al cumulo di domande di separazione e scioglimento – o cessazione degli effetti civili – del matrimonio è stata tenuta dal legislatore distinta dalla disciplina prevista in tema di procedimenti su domanda congiunta, regolati all'art. 473-bis.51 cod. proc. civ.
A tale osservazione si aggiunge l'assenza di richiami espressi nell'art. 473-bis.51 cod. proc. civ. all'art. 473-bis.49 cod. proc. civ., con la conseguente operatività del criterio ermeneutico secondo cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.
Del medesimo tenore, poi, è la legge delega, che non contempla indicazioni favorevoli al cumulo nei procedimenti non contenziosi, ma che, invece, contiene indicazioni distinte per i ricorsi congiunti (art. 1 comma 17 lett. o) e comma 23 lett. hh) e per il cumulo delle domande de quibus (art. 1 comma 23 lettera bb).
Muovendo dal dato letterale, dunque, non vi sarebbero indizi che possano far presumere l'ammissibilità del cumulo nei procedimenti consensuali.
Quanto all'applicazione analogica del disposto del primo comma dell'art. 473-bis.49 cod. proc. civ. nei procedimenti congiunti sulla base della ratio legis sottostante all'introduzione della facoltà di cumulo nelle procedure contenziose per la definizione della crisi familiare, si è rilevato che, nella Relazione illustrativa al decreto, l'accento è posto sulla “necessità di dettare disposizioni che possano prevedere un coordinamento tra i due procedimenti, nonché ove opportuna la loro contemporanea trattazione”.
Due, quindi, sarebbero i profili coinvolti: l'uno riguarderebbe il risparmio di energie processuali derivanti dal simultaneus processus relativo a pretese identiche (salvo il loro referente temporale), ovvero implicanti accertamenti di fatto comuni o contigui; mentre l'altro atterrebbe al coordinamento delle decisioni rese nei distinti giudizi, nell'ottica di evitare quanto più possibile il contrasto fra giudicati e le controversie in fase esecutiva. A partire da tale impostazione, è stato sottolineato che il risparmio di energie processuali che si ottiene nel giudizio contenzioso non è – di fatto – comparabile con quello che si potrebbe astrattamente conseguire nel procedimento di cui all'art. 473-bis.51 cod. proc. civ., in quanto è profondamente diversa la natura dei due giudizi, nonché l'attività processuale che negli stessi viene compiuta.
Circa il secondo profilo, invece, il problema del coordinamento tra decisioni non si porrebbe in radice, investendo due domande, di separazione e divorzio, parimenti congiunte.
Tali circostanze, quindi, costituirebbero un evidente ostacolo all'ammissibilità del cumulo, difettando quell'eadem ratio che consentirebbe l'applicazione analogica dell'istituto anche ai procedimenti su domanda congiunta.
Peraltro, coerentemente alle considerazioni di cui supra, è stato rimarcato come, in relazione ai procedimenti consensuali, l'intenzione primaria del legislatore fosse sostanzialmente diversa, concretandosi nel predisporre una disciplina uniforme tra separazione e divorzio, che consentisse alle parti di regolamentare i reciproci rapporti patrimoniali – ammettendo in tal modo la possibilità di trasferimenti immobiliari.
Da ultimo, sempre in relazione alle finalità ispiratrici della riforma – tra cui spicca la volontà di ridurre i tempi di durata del processo – è stato evidenziato che, se è vero che l'art. 473-bis.49 cod. proc. civ. consente un significativo contenimento del tempo necessario per giungere a una statuizione sulle domande (anche accessorie) di separazione e divorzio, laddove si consentisse il cumulo delle domande nel procedimento congiunto si otterrebbe l'effetto contrario, provocando un allungamento della durata del procedimento, ora definibile nel giro di pochi giorni dal deposito.
Infatti, in caso di cumulo delle domande, il medesimo procedimento resterebbe pendente per tutto il tempo necessario al maturare dei presupposti per il divorzio.
D'altro canto, sul piano sistematico, in dottrina è stato affermato che l'idea del cumulo sarebbe di per sé incompatibile con la natura giurisdizional-volontaria del procedimento a base negoziale, poiché “il processo volontario non può contenere una sentenza non definitiva, seguita da un rinvio per verificare la sussistenza, a distanza di sei mesi, delle condizioni di procedibilità e quindi da una sentenza definitiva sullo scioglimento, la forzatura va oltre la rottura del sistema” (cfr. C. CECCHELLA, La babele delle lingue sulla domanda condivisa di separazione e scioglimento del matrimonio formulate in un unico procedimento, in www.altalex.com).
Infine, deve darsi conto dell'argomentazione di carattere sostanziale che impedirebbe l'ammissibilità del cumulo nei procedimenti su domanda congiunta e che riguarda il tema dell'indisponibilità dei diritti coinvolti nei procedimenti di regolamentazione della crisi familiare, ovvero i diritti nascenti dalla genitorialità e quelli aventi carattere economico (diritto all'assegno divorzile su tutti).
Infatti, il cumulo della domanda di separazione con quella di divorzio assumerebbe portata assai differente nei procedimenti contenziosi e in quelli congiunti, poiché nei primi le parti non stabiliscono, pattuendoli tra loro, gli effetti discendenti dalle rispettive domande, ma si limitano a chiedere al Tribunale di procedere congiuntamente alla trattazione e all'istruttoria delle stesse, decidendo su entrambe; mentre nei secondi le parti disciplinerebbero contemporaneamente i diritti conseguenti ad entrambi gli status, peraltro in netto contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità, che qualifica come nullo, ai sensi dell'art. 160 cod. civ., l'accordo che, in sede di separazione, contenga patti volti a regolare gli effetti dello scioglimento del vincolo matrimoniale.
Su tale questione, si innesterebbe un'ulteriore problematica relativa all'atteggiarsi delle sopravvenienze in caso di cumulo di domande congiunte; problema non di secondaria importanza se si considera che, come già evidenziato, le parti regolerebbero preventivamente dei diritti non ancora venuti ad esistenza.
Nella procedura contenziosa, l'adattamento del processo alle sopravvenienze è garantito dal disposto dell'art. 473-bis.19 cod. proc. civ., che ammette la modifica e l'attualizzazione delle domande – sia nel merito, che in via istruttoria – a fronte del verificarsi di mutamenti nelle circostanze o di acquisizioni istruttorie nuove. Tuttavia, l'operatività della citata norma in relazione al procedimento consensuale non appare pacifica.
In giurisprudenza è stata prospettata la possibilità di applicare anche al procedimento consensuale l'art. 473-bis.19 cod. proc. civ. (cfr. supra Tribunale di Milano, 5 maggio 2023), consentendo la revoca unilaterale del consenso in presenza di fatti nuovi.
Sul punto, però, è stato osservato che nel giudizio su domanda congiunta mancherebbe – in sostanza – quel contesto processuale istruttorio/decisorio, necessario a verificare l'effettiva sussistenza (ed idoneità a comportare un mutamento dei provvedimenti assunti) delle sopravvenienze.
In altri termini, ammettere l'applicabilità dell'art. 473-bis.19 cod. proc. civ. nei procedimenti consensuali significherebbe consentire una revoca unilaterale del consenso ad nutum, possibilità esclusa dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza del 7 luglio 2021, n. 19348, che ha ritenuto inammissibile la revoca del consenso da parte di uno soltanto dei coniugi, posto che la domanda di separazione – o divorzio – proviene in modo comune e simmetrico da entrambi).
Più ragionevole, secondo parte della dottrina, sarebbe imporre alla parte i cui interessi sono colpiti dalla sopravvenienza di richiedere, a processo chiuso, la modifica ai sensi dell'art. 473-bis.29 cod. proc. civ. delle condizioni di divorzio recepite dalla sentenza definitiva per i fatti venutesi a verificare dopo il momento del deposito del ricorso introduttivo del procedimento su domanda congiunta (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., pag. 492).
Questa diversa soluzione, secondo l'impostazione in esame, confermerebbe la non assimilabilità analogica – sia dal punto di vista funzionale che dal punto di vista strutturale – dei due procedimenti in oggetto, minando la coerenza rispetto al sistema della tesi che ammette il cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio e, al contempo, giustificando il loro diverso trattamento processuale.
Tale secondo orientamento interpretativo ha trovato conferma giurisprudenziale nella pronuncia n. 4458, del 15 maggio 2023, del Tribunale di Firenze emessa all'esito di un procedimento consensuale ove i coniugi, in assenza di prole, chiedevano di sentir pronunciata la separazione personale e, al maturare dei necessari requisiti, il divorzio.
La Corte fiorentina, in particolare, ripercorrendo nel proprio iter motivazionale le argomentazioni a carattere letterale, sistematico e sostanziale di cui si è già dato conto, ha dichiarato l'inammissibilità della domanda di divorzio, ritenendo necessaria l'instaurazione di un diverso - successivo - procedimento, in quanto la possibilità di cumulo delle domande in oggetto deve ritenersi riservata dalla legge esclusivamente alle ipotesi in cui vi sia contenzioso tra le parti.
Al medesimo assetto interpretativo, peraltro, avevano già aderito i Tribunali di Padova e Bari, come emerge dai comunicati emessi rispettivamente dalla Presidente del Tribunale in data 7 aprile 2023 e dal Presidente della Prima Sezione civile in data 6 aprile 2023.
Da ultimo va evidenziato che non pare persuasivo l'argomento, avanzato dagli interpreti favorevoli al primo orientamento (cfr. F. DANOVI, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia), op. cit., p. 494), concernente la previsione da parte del Ministero della Giustizia dei nuovi codici meccanografici, tra i quali risultano anche (codici (omissis) e (omissis)) i codici per “Separazione consensuale e divorzio congiunto (Cessazione effetti civili)” e “Separazione consensuale e divorzio congiunto (Scioglimento matrimonio)” né il richiamo ad essi operato da parte dei Tribunali menzionati sub. 2.1.
Va ritenuto che la previsione di tali codici sia legata a questioni di carattere meramente organizzativo, volte ad indicare al personale amministrativo come classificare il fascicolo, e non possa essere considerata sintomatica della volontà del legislatore di ammettere o meno il cumulo delle domande di separazione e di divorzio anche nei procedimenti congiunti.
3. Il rinvio alla Corte di cassazione del Tribunale Treviso (sez. I, 31/05/2023)
La questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
La questione sollevata è evidentemente suscettibile di porsi in numerosi giudizi. Osservando anche soltanto il dato numerico, le cifre dei provvedimenti di divorzio e separazione consensuale nei Tribunali costituiscono annualmente un numero considerevole di provvedimenti giurisdizionali e le domande cumulate congiunte sono già state proposte in tutto il territorio dello Stato, come risulta dall'analisi di cui al paragrafo precedente, con risposte allo stato eterogenee da parte della giurisprudenza di merito di primo grado.
Secondo le analisi statistiche elaborate dall'Istat, infatti, nel 2021 vi sono stati 34.225 casi di divorzio congiunto, mentre, per quanto concerne la separazione consensuale, nello stesso anno si contano 60.452 provvedimenti.
A fronte di tali dati, è pertanto logico presumere che anche in futuro le parti continueranno a proporre tali ricorsi, cumulando le due domande di separazione consensuale e divorzio congiunto.
Sulla base di quanto esposto, il Tribunale di Treviso ha ritenuto configurabili i presupposti richiesti per l'applicazione dell'art. 363-bis cod. proc. civ., apparendo opportuno - anche per le finalità deflattive del contenzioso potenziale a fronte di filoni giurisprudenziali di merito discordanti - consentire alla Corte di Cassazione l'esercizio della sua funzione nomofilattica.
Il Tribunale ha pertanto trasmesso l'ordinanza alla Corte di Cassazione.
Fonte: Tribunale Treviso sez. I, 31/05/2023