Tribunale Nola, 26/07/2021, (ud. 08/07/2021, dep. 26/07/2021), n.1569
Giudice: Raffaele Muzzica
Reato: 612 bis c.p.
Esito: Condanna (anni due di reclusione)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Sezione Penale
Il Giudice monocratico del Tribunale, dott. Raffaele Muzzica, alla
pubblica udienza del 8/7/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
(...), nato a Pomigliano d'Arco il (...), residente in Somma Vesuviana
in via (...) -libero, non comparso, già presente Difeso di fiducia
dall'avv. (...)
IMPUTATO
A) Del delitto p. e p. dagli artt. 612 bis c. 1 e 2 c.p., perché, cessata
la relazione affettiva e di convivenza con la coniuge, (...), con
condotte reiterate, consistite nel minacciarla ripetutamente di morte
e nell'appostarsi lungamente in prossimità della sua abitazione nonché
nei luoghi abitualmente dalla stessa frequentati e, in particolare, nei
pressi del luogo di lavoro, minacciava e molestava la predetta (...) in
modo da cagionarle un grave e perdurante stato di ansia e di paura, al
punto da costringerla, altresì, ad alterare le proprie abitudini di vita
e, in particolare, a rinunciare all'attività lavorativa di baby sitter
precedentemente svolta presso la casa dei coniugi de (...) nonché in modo
da ingenerarle un fondato timore per la propria incolumità. In Somma
Vesuviana fino al maggio 2017
Parte civile: (...), nata a Pollena Trocchia il 4/11/1993, residente a
Somma Vesuviana in via (...), rappresentata e difesa dall'avv. (...)
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Svolgimento del processo
L'imputato (...) veniva citato a giudizio, con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in sede il 31/10/2018, per rispondere all'udienza del 7/5/2019 del reato in rubrica contestato.
In quell'udienza il Giudice, accertata la regolarità della notifica del decreto che dispone il giudizio nei confronti del (...), assistito da un difensore di fiducia, dichiarava procedersi in assenza dello stesso. Le parti concordemente chiedevano un rinvio in via preliminare per addivenire ad un bonario componimento, il Giudice, sentite le parti, in accoglimento rinviava il processo, previa sospensione dei termini di prescrizione, fino all'udienza del 24/9/2019 (quattro mesi e diciassette giorni di sospensione della prescrizione). Per analoghi motivi il processo veniva rinviato in quella data all'udienza del 14/1/2020 (tre mesi e venti giorni di sospensione della prescrizione).
In quella sede, in assenza di questioni o eccezioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento, ammettendo le prove così come richieste dalle parti in quanto legittime, non manifestamente superflue o irrilevanti. Si procedeva all'escussione della persona offesa (...) ed il processo veniva rinviato per il prosieguo istruttorio all'udienza del 19/5/2020.
Con decreto emesso d'ufficio in data 12/5/2020 il Giudice, in attuazione delle disposizioni emergenziali di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19, differiva il procedimento, dandone avviso a tutte le parti, previa sospensione dei termini di prescrizione non oltre il 31/7/2020 (due mesi e undici giorni di sospensione della prescrizione), fino all'udienza dell'8/9/2020. Con il consenso all'inversione dell'ordine probatorio in quella sede si procedeva all'escussione della teste della parte civile, la dott.ssa (...), acquisendo al termine dell'escussione le relazioni redatte dalla stessa.
Il processo veniva rinviato per il prosieguo istruttorio all'udienza del 13/10/2020, nella quale si escutevano i testimoni (...), (...), (...), (...); le parti concordavano l'acquisizione al fascicolo del dibattimento della relazione di p.g. a firma dei testi (...) e (...), con rinuncia al loro esame, su cui il Giudice provvedeva in conformità. Il processo veniva rinviato all'udienza del 12/1/2021 per il testimoniale della difesa. In quella sede il Giudice revocava l'ordinanza dichiarativa dell'assenza dell'imputato (...) che, debitamente avvisato delle sue facoltà di legge, dichiarava di volersi sottoporre all'esame. Si procedeva all'esame del teste della difesa (...), madre dell'imputato, che debitamente avvisata delle sue facoltà di legge, dichiarava di non volersi astenere dal deporre. Al termine il difensore dell'imputato rinunciava ai residui testi di lista ed il Giudice, sentite le altre parti, revocava le rispettive ordinanze ammissive. Le parti chiedevano un breve rinvio per la discussione ed il Giudice, stante il suo imminente congedo per maternità, conformemente al decreto 13/2021 emesso dal Presidente di sezione del Tribunale, rinviava il procedimento dinnanzi al GM Merola per l'udienza del 5/2/2021.
Tuttavia in quella sede il GM Merola, rilevata la assegnazione davanti a sé come erronea sulla base del decreto presidenziale, rinviava dinnanzi allo scrivente, magistrato assegnatario del procedimento, per l'udienza del 25/2/2021. In quella udienza - la prima dinnanzi allo scrivente - il Giudice rinviava per mero smistamento all'udienza dell'8/7/2021 nella quale, attesa la diversa persona fisica del Giudicante, questi dichiarava nuovamente aperto il dibattimento, confermando le ordinanze ammissive emesse dal precedente Giudice sulle richieste formulate dalle parti, che si riportavano alle precedenti istanze e prestavano il consenso all'utilizzabilità mediante lettura delle prove orali già assunte dinnanzi ad altro giudice. Le parti producevano documentazione e, non residuando ulteriori adempimenti istruttori, il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitando le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe. Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza, riservando un termine per il deposito dei motivi.
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, alla luce dell'istruttoria dibattimentale, deve essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti di (...) in ordine al reato a lui ascritto.
Giova sul punto evidenziare che gli elementi posti a fondamento del giudizio sono costituiti dalle dichiarazioni rese dai testi escussi, la persona offesa (...) e dai suoi familiari, (...), (...) e (...), nonché dai testi (...) e (...), dalle prove documentali rappresentate dal referto medico rilasciato dall'Ospedale S.M. Loreto Nuovo in data 14/12/2016 nei confronti della persona offesa, il referto della TAC cranica svolta dalla (...) in pari data, il verbale di pronto soccorso rilasciato dal presidio ospedaliero S. Maria della Pietà di Nola in data 30/6/2016 nei confronti della persona offesa, dalla sentenza emessa in data 25/2/2021 dal GM Zingales nei confronti dell'imputato (...) per il reato di lesioni commesso in data 29/6/2016 in danno della persona offesa (...), le schede vettore della (...) s.r.l. relative all'impiego di (...) nel periodo compreso tra il 1/1/2017 ed il 31/5/2017, la comunicazione obbligatoria UNILAV datata 2/1/2018 da parte della FGM cooperativa a responsabilità limitata, il preavviso di licenziamento ricevuto dal (...) in data 1/12/2017, le buste paga del (...) dal gennaio 2017 al novembre 2017, i cd. "borderò" della (...) s.r.l. dal 28/12/2013 al 31/5/2017, la documentazione inerente il giudizio di separazione personale intercorso tra i coniugi, la documentazione medica relativa alla persona offesa (...) nonché le relazioni di consulenza psicologica redatte nei confronti della stessa dalla dott.ssa (...), acquisite dopo l'esame dibattimentale della teste.
Il compendio probatorio si è, inoltre, arricchito con gli atti originariamente contenuti nel fascicolo del PM ed acquisiti con il consenso delle parti a quello del dibattimento, ovvero l'annotazione di polizia giudiziaria del 14/12/2016, redatta dal personale della Legione Carabinieri Campania - stazione di Somma Vesuviana, Infine completano il quadro probatorio le dichiarazioni rese dall'imputato in sede di esame dibattimentale.
Sulla base delle fonti di prova utilizzabili la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita.
Dall'esame testimoniale della persona offesa è emerso che quest'ultima, (...), aveva contratto matrimonio il 16 aprile 2016 con (...). Dopo una breve convivenza coniugale affatto pacifica - testualmente definita dalla persona offesa come "un inferno " - costellata dalle condotte violente del (...) e dalle continue discussioni, nel dicembre 2016 la donna trovava la forza di chiamare i Carabinieri, dopo l'ennesima violenta discussione, in occasione della quale il (...) infieriva contro la (...), ingiuriandola e minacciando sia lei che i suoi familiari.
Al che il (...), in presenza degli operanti, lanciò le chiavi di casa - in comodato alla (...) - in faccia alla donna, aggiungendo testuali parole "A me non mi vedi più, però non ti preoccupare che ti perseguiterò per tutta la vita". Ed infatti la persona offesa ha descritto con dettaglio e dovizia di particolari tanto le condotte messe in atto dal (...) successivamente alla separazione, quanto le conseguenze che le stesse hanno avuto nella sua vita quotidiana. La (...) ha riferito che, nei primi giorni successivi alla separazione, spesso dormiva a casa della madre, che abitava al piano di sotto, perché intimorita dalle possibili reazioni del (...). La donna ha riferito di improvvise bussate di citofono durante la notte e di diverse chiamate - a domanda del difensore, la persona offesa precisava trattarsi di sette o otto telefonate nell'arco di un mese -che la costrinsero a cambiare numero di telefono.
Durante tali telefonate numeri anonimi lasciavano in sottofondo alcune canzoni, colonne sonore della relazione con il (...), A domanda del PM, la teste precisava di non aver riconosciuto la voce dell'ex marito nelle varie telefonate che riceveva, supponendo tuttavia si trattasse dell'imputato per la tipologia di canzoni ed anche perché poche persone avevano il suo numero di cellulare. Dal gennaio 2017 la (...) intraprendeva il lavoro di babysitter presso l'abitazione di una famiglia di San Sebastiano. La teste ha riferito che il (...) spesso si presentava sotto casa, citofonando insistentemente e gridando "Devi uscire subito, tu devi parlare con me, tu sei cosa mia. Io te la farò pagare, tu mi hai segnato facendomi mettere la firma, perché ci siamo sposati, io ti devo segnare per tutta la vita in altri sensi. Non ti faccio fare bene a te, non faccio fare bene alla tua famiglia (...) Io ti aspetto qua, ti aspetterò per tutto il tempo" (pagg. 8 - 9 del verbale stenotipico dell'udienza del 14 gennaio 2020). La (...), che più volte ed invano intimava al (...), visto tramite il videocitofono, di andare via, era costretta ad uscire dall'uscita secondaria dello stabile, facendosi poi venire a prendere dai familiari.
Nel maggio 2017, infine, la (...) fu costretta a licenziarsi dalla famiglia presso la quale lavorava, a causa dei comportamenti ingestibili dell'ex marito. A domanda del difensore dell'imputato, la teste precisava di non aver mai richiesto l'intervento dei Carabinieri sul posto di lavoro, per evitare scandalo.
Ancora, la (...) riferiva che il (...) la seguiva durante il tragitto per andare a fare la spesa, dicendole frasi del tipo "Allora non hai capito che tu devi stare con me? Allora tu non hai capito che io ti faccio pagare tutto quello che hai fatto? (...) Io ti perseguiterò a vita, so tutti e movimenti tuoi, io non ti farò fare bene " (pagg. 8 - 14 del verbale stenotipico dell'udienza del 14 gennaio 2020). A domanda del PM, che le chiedeva di cosa il (...) la incolpasse, la (...) riferiva che il suo ex marito la accusava di non aver tollerato gli atteggiamenti ed i comportamenti della famiglia d'origine del (...). A domanda del difensore dell'imputato, la teste ammetteva di essere stata avvicinata anche dai parenti dell'ex marito - segnatamente dal fratello del (...) - che le intimavano la restituzione del mobilio dell'ex casa coniugale.
A causa di questi comportamenti, la (...) riferiva che la sua famiglia non le permetteva più di uscire da sola. La donna riferiva di aver cambiato spesso casa in poco tempo, soggiornando prima a casa di sua nonna - dove pure un paio di volte il (...) si presentò - poi a casa di sua zia. Il (...) talvolta si presentava presso la palestra frequentata dalla (...) e dal fratello, e talvolta la pedinava con la propria automobile, inducendo la (...) a cambiare tragitti e percorsi pur di non incontrarlo.
L'ansia la indusse ad intraprendere un percorso psicoterapeutico con una psicologa, la dott.ssa (...), che le suggerì di provare a trovare altrove la sua serenità. Ed infatti, nel febbraio del 2018 la (...) decise di arruolarsi nell'Esercito Italiano, trasferendosi in varie città dell'Italia settentrionale. Tuttavia, durante l'escussione dibattimentale, la (...) riferiva di essere ancora impaurita del (...) - soprattutto per le potenziali conseguenze sui suoi prossimi congiunti, in alcune occasioni avvicinati e minacciati dall'imputato - e di vivere ancora con profonda angoscia, tanto da indurla a congedarsi dall'Esercito. ("...solo nel modo in cui ti guarda, ti spira minaccia, ti vuole fare mettere paura, perché lui lo sa che io sono debole" pag. 12 del verbale stenotipico dell'udienza del 14 gennaio 2020).
La (...) ha riferito di essere in cura presso centri pubblici e privati per il suo disturbo ansioso che, come riferito dalla dichiarante, era tale da non renderla più "la ragazza di prima" ("...sempre del 2017, ormai la mia testa si è fermata a quel periodo" pag. 13 del verbale stenotipico dell'udienza del 14 gennaio 2020). Così ricostruita la dichiarazione della persona offesa, nella valutazione della stessa questo Giudice segue l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. V del 14 giugno - 18 settembre 2000n. 9771, e da ultimo Cass. Sez. Il 16 giugno -11 settembre 2003 n. 35443), che, ormai da tempo ed in modo consolidato, hanno fissato i parametri di riferimento che il giudice deve adottare quando la prova sia rappresentata, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni della persona offesa dal reato.
Sul punto è necessario premettere che la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un
qualunque testimone - tanto che la Corte Costituzionale, con la decisione del 19 marzo 1992 nr. 115 ha escluso l'illegittimità dell'art. 197 lettera c), c.p.p., nella parte in cui non include tra i soggetti per i quali vi è l'incompatibilità con l'ufficio di testimone, la parte civile -, viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa rispetto a quella del testimone, e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.
Se infatti il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi, ovvero perché portatore di un interesse privato al buon esito del processo e, con la costituzione di parte civile, di un evidente interesse, di natura economica, alle restituzioni ed al risarcimento del danno.
Ne deriva che se in relazione alla deposizione resa dal testimone, vanno seguiti i canoni di valutazione unanimemente e costantemente espressi dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, che si esprimono nel principio secondo il quale il giudice può motivare il proprio convincimento con una valutazione centrata sulla personalità del testimone e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, traendo la prova del fatto rappresentatogli dalla semplice dichiarazione del teste, senza la necessità di altri elementi che ne confermino la credibilità; con riferimento, invece, alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso della attendibilità intrinseca della deposizione, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno la detta deposizione (cfr., tra le altre, Cass. Sez. II del 19 novembre 1998 n. 12000). Pertanto quando la persona offesa rappresenta il principale (se non il solo) testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente l'unico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nel processo, affinché la sua deposizione possa essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporla ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile) utilizzabile per corroborare la sua dichiarazione, ovvero, laddove una verifica "ab estrinseco" non sia possibile, attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza, condotto con rigore e spirito critico, che investa la attendibilità della dichiarazione e la credibilità soggettiva di chi l'abbia resa e che, tuttavia, non sia improntato da preconcetta sfiducia nei confronti del teste, dovendosi comunque partire dal presupposto che, fino a prova contraria, il teste, sia esso persona offesa sia esso parte civile, riferisca fatti veri, o da lui ritenuti tali.
Si tratta di un canone di valutazione, quello appena esposto, che presuppone che la persona offesa e soprattutto la parte civile si collochino, nel quadro delle prove dichiarative, tra la figura del testimone puro e semplice, che non ha interessi privati da far valere nell'ambito del processo e che è quindi, rispetto alle parti processuali in una posizione di estraneità, e la figura del testimone assistito (da sentire con le modalità di cui all'art, 197 bis c.p.p.) e dell'indagato da esaminare ai sensi dell'art. 210 c.p.p., i quali, per le posizioni rispettivamente ricoperte nel processo e per il coinvolgimento più o meno intenso nei fatti da esaminare, si collocano in una posizione estrema, con la conseguenza che se per gli uni (i testimoni semplici) è sufficiente soffermarsi sulla personalità del testimone e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, nei confronti degli altri (ossia i testimoni assistiti e gli indagati o imputati ex 210 c.p.p.) è necessario che le loro dichiarazioni siano riscontrate da altri elementi di prova, che ne confermino l'attendibilità.
In conclusione, dunque, quando la fonte principale di prova sia, come nel caso in esame, la persona offesa, sarà in primo luogo necessario vagliare in modo rigoroso la credibilità del dichiarante e l'attendibilità intrinseca della dichiarazione e, inoltre, andranno verificati gli elementi di conforto cosiddetti estrinseci alla dichiarazione della persona offesa.
Nel caso di specie, le dichiarazioni della (...) sono risultate oggettivamente chiare e precise, prive di contraddizioni, nonostante il lasso temporale intercorso:
elemento, questo, plausibilmente spiegabile in ragione della portata perturbante dei fatti narrati dalla (...), idonei, per tale motivo, ad imprimersi con efficacia nella memoria della dichiarante.
Le dichiarazioni della (...), inoltre, sono connotate da un sufficiente grado di attendibilità estrinseca, nonostante la costituzione di parte civile in questa sede, come si deduce dal fatto che durante l'escussione dibattimentale la (...) non si è mostrata astiosa o vendicativa nei confronti dell'imputato, piuttosto rivelandosi ancora attinta dalle conseguenze psicologiche delle condotte del (...), rinunciando ad aggravare gratuitamente la posizione dell'imputato - ad esempio, negando di aver riconosciuto la voce dell'ex marito nel corso delle telefonate anonime che la donna ha ricevuto - e non rifiutando a priori la possibilità di un bonario componimento della controversia, poi non verificatosi per ragioni rimaste ignote a questo Giudice.
Inoltre l'attendibilità della persona offesa è pienamente riscontrata dalle fonti documentali versate in atti, in primo luogo dalla documentazione medica in atti. Ed infatti, in data 14 dicembre 2016 la (...) si recava presso il pronto soccorso dell'Ospedale S.M. Loreto Nuovo, riferendo pregressi traumi per aggressioni fisiche e, nell'occasione specifica, un'aggressione verbale da parte di persona a lei nota, con diagnosi di stato ansioso reattivo.
Dalla cospicua documentazione medica prodotta dalla difesa di parte civile, inoltre, risulta pienamente confermato il narrato della persona offesa, la quale ha riferito di aver intrapreso un percorso psicoassistenziale di supporto, sia presso strutture pubbliche che private, sia durante la convivenza coniugale con il (...) sia a seguito della separazione con l'imputato, a causa dei postumi violenti rappresentati dalle sue condotte. Ed infatti risultano prodotti numerosi certificati medici, a far data dal settembre del 2017 fino ai primi mesi del 2019, presso centri di Neurologia e Aziende sanitarie locali, attestanti una sindrome ansioso-depressiva reattiva nei confronti della (...). Risultano, altresì, prodotte richieste di prestazioni sanitarie da parte della (...), attestanti la necessità di sedute individuali di psicoterapia. Sul punto, l'istruttoria dibattimentale ha pienamente riscontrato il narrato della persona offesa attraverso l'escussione della dott.ssa (...), di professione psicologa, e l'acquisizione delle relazioni dalla stessa redatte durante gli incontri con la (...).
La teste, psicologa e psicoterapeuta, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, in ragione della sua estraneità ai fatti di causa e della sua competenza professionale, in ragione della quale è stata chiamata a deporre, ha riferito di conoscere (...) quale sua paziente dal dicembre 2016. allorquando la stessa iniziò un percorso psicoterapeutico con incontri a cadenza mensile e, successivamente, semestrale per un totale di circa dieci incontri, sebbene la teste abbia chiarito di non poter precisare oltremodo i singoli giorni degli incontri, non avendo alcun registro degli ingressi.
La psicologa riferiva di una diagnosi di un disturbo depressivo - per il quale la (...) assumeva altresì farmaci antidepressivi ed ansiolitici - che connotava la vita socialmente ritirata della paziente, con difficoltà nelle interazioni, soprattutto con il genere maschile, a causa della sua negativa e conflittuale esperienza coniugale, nonché di una sintomatologia da vero e proprio disturbo da stress post-traumatico, quali difficoltà nel ritmo sonno-veglia, incubi ricorrenti, attacchi di panico, ritiro socio-relazionale (la dott.ssa (...) riferiva che la (...) non era in grado di stare da sola in casa, dormendo con il fratello).
Tale quadro psicopatologico indusse la dichiarante ad adoperare il protocollo standard di psicoterapia breve strategica. A domanda del PM, la teste precisava che i comportamenti posti in essere dal (...) avevano certamente influito sulla perdita di fiducia della (...) nelle proprie capacità interpersonali, acuendo il sentimento di ansia e di paura patito dalla donna, tant'è che la separazione con il coniuge aveva avuto, a dire della psicoterapeuta, un effetto benefico sulla (...) la quale, dopo una fase acuta ed un successivo miglioramento, ebbe nuovamente una ricaduta verso gli inizi del 2019.
A domanda del difensore, la teste riferiva di aver interrotto - per ragioni private e professionali - il percorso assistenziale con la (...); la dott.ssa (...) riferiva di aver appreso che la (...) proseguì nel percorso di assistenza in ambito pubblico, come peraltro confermato dalle numerose certificazioni mediche rilasciate dall'Asl e prodotte dalla difesa di parte civile.
Il narrato della dott.ssa (...) trova pieno ed integrale riscontro nelle relazioni di sostegno psicologico dalla stessa redatte nel corso dell'assistenza in favore della (...). Nel corpo delle relazioni, acquisite con il consenso delle parti, la psicoterapeuta riporta de relato quanto narrato dalla (...) nel corso degli incontri circa la burrascosa convivenza coniugale con il (...), nonché i comportamenti tenuti da quest'ultimo dopo l'episodio drammatico del dicembre 2016, allorquando i due coniugi si separavano di fatto.
La (...) - a piena conferma della sua attendibilità - riportava alla dott.ssa (...) un narrato esattamente congruente a quello reso, a distanza di anni, in sede dibattimentale (a sua volta conforme, stante l'assenza di contestazioni, a quanto riferito in sede di denuncia querela). La dott.ssa (...), infatti, relazionava circa la paura ed il timore della (...) nei confronti dell'ex marito, che la seguiva ovunque andasse, costringendola a licenziarsi e ad evitare ogni situazione sociale. Ancora nel gennaio 2018, la dott.ssa (...) scriveva di un "...cambiamento radicale nella ragazza rispetto a prima in cui aveva piena fiducia negli altri, umore favorevole, stabilità emotiva ed era una persona determinata, intraprendente e sicura di sé ".
Ulteriore conferma dell'attendibilità della persona offesa è stata fornita dall'annotazione di polizia giudiziaria redatta in data 14 dicembre 2016, acquisita con il consenso delle parti ed in sé intrinsecamente attendibile. L'annotazione conferma senza ombra di dubbio la ricostruzione fornita dalla persona offesa circa gli eventi occorsi nella serata del 13 dicembre 2016. Gli agenti, giunti al civico (...)di Via (...) in Somma Vesuviana, notavano la richiedente, (...), in condizioni di forte agitazione per una riferita aggressione da parte del marito, (...).
Quest'ultimo - come peraltro confermato dalla persona offesa in sede dibattimentale - nonostante la presenza degli operanti cercò in un primo momento di avvicinarsi in malo modo alla moglie, venendo prontamente bloccato dagli agenti, che gli intimavano di allontanarsi dall'abitazione.
Nell'annotazione gli operanti davano atto altresì della presenza di (...), fratello dell'imputato, e di (...), nonché di (...), padre della persona offesa, da quest'ultima allertato durante la discussione. Come precisamente riferito dalla persona offesa, il (...) consegnò spontaneamente alla moglie un mazzo di chiavi dell'abitazione, decidendo di trasferirsi presso l'abitazione della madre.
Inoltre, le dichiarazioni della persona offesa hanno trovato integrale conferma nell'escussione di (...), secondo teste di lista del PM. (...), padre della persona offesa, ha reso un narrato la cui attendibilità non è scalfita dallo stretto rapporto di sangue con la denunciante, stante il narrato chiaro e preciso, oggettivamente privo di contraddizioni e confortato dalle restanti fonti probatorie, nonché la personalità del teste, ufficiale di polizia giudiziaria presso la Questura di Napoli.
Il (...) ha confermato integralmente la versione della persona offesa, da cui de relato ha appreso la maggioranza dei fatti contestati, oltre ad aver preso parte personalmente all'episodio del 13 dicembre del 2016.
Il (...) riferiva di aver ricevuto quella sera una telefonata da parte di sua figlia, in lacrime, che invocava il suo aiuto in quanto stava avendo una discussione molto esacerbata con il (...) il quale, in vivavoce durante la telefonata, profferiva le seguenti parole: "Ah! Hai chiamato tuo padre, ti metto il cazzo in bocca, poi ti levo la divisa da dosso a te e tuo figlio (...). Ma che è tieni paura di venire ". Il (...), dopo aver suggerito alla figlia di chiamare i carabinieri territorialmente competenti, fece fare lo stesso alla sua compagna, nel mentre si vestiva rapidamente per raggiungere la figlia, che continuava a chiamarlo. Giunto presso l'abitazione, ove erano già sopraggiunti i carabinieri - come confermato dal teste, nonché dall'annotazione di polizia giudiziaria acquisita agli atti, a piena conferma dell'attendibilità del (...) - il dichiarante corse incontro alla figlia, che gli raccontò tutto l'accaduto, nonché le numerose violenze già patite ad opera del (...).
Come confermato dall'escussione della persona offesa, nonché dall'annotazione di polizia giudiziaria in atti, il (...) riferiva che quella sera stessa il (...) consegnò le chiavi ed andò via.
Il teste ha confermato che, a seguito dei numerosi episodi ricollegati al comportamento persecutorio e minaccioso dell'imputato, costituiti da telefonate, citofonate durante la notte, il figlio (...) iniziò a dormire a casa della (...), in quanto la donna era spaventata dalla possibilità di entrare nuovamente in contatto con il suo ex marito. Più in generale, il teste, a domanda del PM, riferiva che la figlia aveva subito un vero e proprio trauma psicologico a causa dei comportamenti molesti e persecutori del (...), che costrinsero la (...) - come dalla stessa confermato - a licenziarsi dal lavoro di babysitter, ad intraprendere cure psicologiche, a cambiare numero di telefono e trasferirsi più volte. Nelle varie occasioni in cui il (...) si recava a casa della figlia successivamente all'episodio del 13 dicembre 2016 - non frequentissime, in ragione dei suoi impegni di lavoro e del fatto che il dichiarante è attualmente separato dalla madre della persona offesa, abitante nel medesimo stabile ~ il teste ha riferito, in ciò dimostrando un'elevata attendibilità e totale assenza di pregiudizio, di non aver mai incontrato di persona il (...).
Inoltre, le dichiarazioni della persona offesa hanno trovato integrale conferma nell'escussione di (...).
Il teste, fratello della persona offesa, ha reso un narrato la cui attendibilità non è scalfita dallo stretto rapporto di sangue con la denunciarne, stante il narrato chiaro e preciso, oggettivamente privo di contraddizioni e confortato dalle restanti fonti probatorie, nonché la personalità del teste, militare dell'esercito di stanza a Salerno, il teste ha riferito di essere a conoscenza della maggior parte degli episodi relativi alle vicende personali della sorella e del suo ex marito tramite le confidenze fatte da sua madre.
Dopo l'ennesima discussione, avvenuta nel dicembre del 2016, il teste confermava che suo cognato (...) andava via di casa e che, su consiglio di suo padre (...), il dichiarante prese a dormire reiteratamente, da marzo in poi, a casa della sorella, la quale era spaventata e molto agitata a causa dei
comportamenti persecutori e molesti del (...) ("...perché veniva perseguitata, seguita da questa persona, infatti non vi nascondo che durante la notte, c 'erano anche delle bussate al citofono, noi ci alzavamo, giustamente, andavamo lì alla finestra, e vedevamo una macchina che passava, non rispondeva, non parlava, se ne andava" pag. 31 dei verbale stenotipico dell'udienza del 13 ottobre 2020). A domanda del difensore, il teste precisava che tale abitudine si protrasse fino al 2018, quando la (...) fece domanda per arruolarsi.
Il teste riferiva, a domanda del PM, che vedevano sotto casa una Citroen nera, modello analogo a quello nella disponibilità del (...). Inoltre, il dichiarante confermava che la sorella si licenziò dal suo lavoro di babysitter a San Sebastiano perché costretta dai pedinamenti e dalle persecuzioni del (...), che la seguiva, la chiamava telefonicamente, fino ad evitare completamente di uscire da sola. Tuttavia, a sostegno della piena attendibilità del teste e della completa assenza di pregiudizio da parte sua, a domanda del difensore il teste precisava di non aver mai visto di persona il (...) sotto casa.
Anche le dichiarazioni di (...), madre della persona offesa, hanno riscontrato pienamente la versione della persona offesa.
La teste ha reso un narrato la cui attendibilità non è scalfita dallo stretto rapporto di sangue con la denunciante, stante il narrato chiaro e preciso, oggettivamente privo di contraddizioni e confortato dalle restanti fonti probatorie.
La teste ha riferito di essere a conoscenza di tutti gli episodi relativi alle vicende personali della figlia, che si confidava con la madre, anche in ragione della vicinanza tra i due appartamenti, posti nel medesimo stabile. La (...) confermava che dopo l'aggressione del dicembre 2016 la figlia viveva in uno stato d'ansia e paura, alimentato dalle telefonate del (...) e da colpi di citofono nottetempo, che la indussero a chiedere la compagnia del fratello. La teste confermava altresì che i pedinamenti del (...) costrinsero la (...) ad abbandonare il lavoro di babysitter che la stessa svolgeva presso una famiglia di San Sebastiano, a non uscire più da sola, a cambiare numero di cellulare ("E perché campava di ansia, non poteva camminare da sola, camminava sempre insieme a me" pag. 39 del verbale stenotipico dell'udienza del 13 ottobre 2020).
Per l'assistenza in favore della figlia - che, riferiva la teste, intraprendeva altresì un percorso psicoassistenziale con fa dottoressa (...), come risultato confermato dall'istruttoria dibattimentale - la (...) riferiva altresì di essersi licenziata. Infine, a differenza dell'ex marito e del figlio - i quali, per ragioni diverse, di lavoro e di opportunità, frequentavano meno assiduamente l'abitazione della persona offesa - la (...) ha riferito con nettezza di aver spesso non solo riconosciuto l'autovettura del (...) sotto casa, ma di aver altresì riconosciuto l'imputato in alcune occasioni (e l'istruttoria dibattimentale non ha fornito elementi per dubitare dell'attendibilità della teste, né sul punto specifico, né nel complesso della sua deposizione, interamente riscontrata dalle restanti fonti di prova). A fronte di tali concordanti e precisi elementi accusatori - dovendosi ritenere, in questa sede, del tutto irrilevante la deposizione del teste (...), relativa ad un episodio antecedente ai fatti in contestazione - l'imputato, sottopostosi ad esame, ha fornito una versione difensiva inidonea a sconfessare il quadro accusatorio. Il (...), infatti, ben lungi dal fornire alcun chiarimento o spiegazione in merito ai fatti narrati dalla persona offesa, si è limitato genericamente a negare ogni addebito, affermando di aver abbandonato la casa coniugale a seguito della lite del dicembre 2016 (motivata da dissapori tra la persona offesa e la sua famiglia d'origine), e di essersi successivamente trasferito presso la madre. Dal 13 dicembre del 2016, inoltre, il (...) riferiva di non aver avuto nessun ulteriore contatto con la (...).
Il (...) ha dunque negato di essersi recato più volte sotto casa della (...), riferendo di essere impegnato per gran parte della giornata nelle sue mansioni di installatore di televisori per conto della ditta (...), come riscontrato dalla documentazione in atti.
Orbene, la versione dell'imputato è del tutto sprovvista di alcun elemento positivo di riscontro, trovando integrale smentita nella corposa congerie di prove prodotte dall'accusa.
Impregiudicata l'attendibilità della persona offesa e dei testi di lista dei PM, la versione difensiva dell'imputato - al netto del narrato meramente asserito e non riscontrato - dovrebbe trovare conforto nel dato documentale prodotto dalla difesa, rappresentato dalle schede vettore e delle buste paga del (...). Tuttavia, se tali prove documentali sorreggono il dato, da ritenersi pacifico, della prestazione di attività lavorativa del (...) presso la ditta (...) all'epoca dei fatti, non altrettanto può dirsi per l'effettiva durata della giornata lavorativa dell'imputato, a dire di quest'ultimo, tale da rendere impossibili le condotte riferite dalla persona offesa e dai testi di lista.
Nelle prove documentali prodotte, infatti, non vi sono indicazioni di fasce orarie o simili; anzi, lo stesso (...), durante l'esame dibattimentale, riferiva di una gestione del tempo lavorativo assolutamente elastica, senza un predefinito orario di fine turno.
Ciò, in uno con il dato secondo cui il (...) perdeva il lavoro nell'agosto 2017 -a differenza, peraltro, di quanto emerge dalla documentazione lavorativa, dalla quale emerge che l'imputato veniva licenziato formalmente nel dicembre 2017, sebbene, in entrambi i casi, in un periodo successivo ai fatti in contestazione - e con la considerazione per la quale molte delle condotte riferite dalla (...) avvenivano nottetempo (e non consta che il (...) svolgesse altresì turni notturni), concorre a rendere del tutto implausibile e debole la versione difensiva. Né può dirsi valido elemento di riscontro al narrato dell'imputato quanto dichiarato da (...), madre del (...).
La teste, al netto del suo strettissimo rapporto di sangue intercorrente con l'imputato, ha mostrato un chiaro ed astioso preconcetto nei confronti della persona offesa - dalla stessa definita "una santa durante il fidanzamento", un "demonio" che "perseguitava il figlio anziché essere perseguitata" - da un lato si è limitata a riferire genericamente di episodi pregressi ai fatti in contestazione dall'altro ha consegnato un narrato fantasioso, sprovvisto di alcun riscontro nell'istruttoria. La (...), infatti, oltre a confermare che il (...) si trasferì a casa sua dopo la discussione del 13 dicembre, ha riferito che il figlio tornava a casa verso le 22:00 o 23:00 (secondo la (...), il (...) ritornava da lavoro, ma trattasi di una sua deduzione, non potendo escludersi, come peraltro riferito dallo stesso imputato, che il suo flessibile orario di lavoro fosse terminato molto prima).
Infine, la (...) negava che il (...) avesse perpetrato alcuno dei comportamenti narrati dalla persona offesa e dai testi di lista: il narrato appare del tutto preconcetto, dal momento che la (...), di professione casalinga, nulla poteva sapere dei comportamenti perpetrati dall'imputato fuori casa. Inoltre la teste addirittura negava quanto confermato dallo stesso imputato e riscontrato dalle prove documentali - ovvero dalla sentenza di condanna emessa in data 25/2/2021 dal GM Zingales nei confronti dell'imputato (...) per il reato di lesioni commesso in data 29/6/2016 in danno della persona offesa (...) - riferendo che il (...) non era mai stato violento nei confronti della moglie, negando che quest'ultima fosse stata colpita con uno schiaffo. Ciò appare il dato maggiormente comprovante la completa inattendibilità della teste a discarico. Così ricostruita l'istruttoria dibattimentale, ritiene questo Giudice che (...) deve essere condannato per il fatto a lui ascritto, non essendovi dubbio alcuno sulla sua sussistenza e sulla riconducibilità dello stesso all'imputato. L'istruttoria dibattimentale ha chiaramente provato che, dopo la separazione di fatto dei due coniugi - fatto collocabile nel dicembre del 2016, come emerso pacificamente nel corso dell'istruttoria - l'imputato ha cominciato a porre in essere numerose, reiterate e vessatorie condotte persecutorie nei confronti della ex moglie, sia nelle forme della molestia, sia nelle forme delle minacce, pienamente integratesi a partire dal dicembre 2016.
La persona offesa, le cui dichiarazioni sono state pienamente riscontrate dalla restante istruttoria, ha con dovizia di particolare ricostruito un contesto di abituale angoscia, fatto di messaggi minacciosi e continue telefonate, anonime e non, pedinamenti, appostamenti sotto casa e minacce in pubblico. Elemento significativo è rappresentato dal fatto che la persona offesa ricordava, per alcuni degli episodi narrati, persino le espressioni e le frasi adoperate dal (...), tutte oggettivamente connotate da un'evidente caratura persecutoria ("Ti perseguiterò per tutta la vita, non ti faccio fare bene a te, non ti faccio fare bene alla tua famiglia" "ti aspetterò per tutto il tempo" "hai un problema che ti andrà avanti per tutta la vita, perché ormai ti ho segnata").
Delia fattispecie di cui all'art. 612 bis c.p. sussistono, inoltre, tutti e tre gli eventi tipici, pur astrattamente alternativi ai fini della sua integrazione, causalmente riconducibili ai comportamenti sopra descritti del (...) sia in ragione della loro astratta idoneità causale, sia in virtù dell'indimostrata sussistenza di valide spiegazioni causali alternative: la (...), infatti, ha riferito di aver vissuto in un perdurante e grave stato di ansia (dimostrato, altresì, dalla documentazione medica e dall'escussione della dott.ssa (...), che le aveva diagnosticato un vero e proprio disturbo da stress post-traumatico).
Come è noto, infatti, la Suprema Corte non ritiene imprescindibile alcun accertamento medico finalizzato alla prova dell'evento di cui all'art. 612 bis c.p. ("In tema di atti persecutori, ai fini della prova dello stato d'ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato, il giudice non deve necessariamente fare ricorso ad una perizia medica, potendo egli argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell'agente sull'equilibrio psichico della persona offesa, anche sulla base di massime di esperienza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto congrua la motivazione della sentenza impugnata fondata sulla diagnosi del medico di famiglia e sull'accertato uso di ansiolitici per alcuni mesi)". (Sez. 5, Sentenza n. 18999 del 19/02/2014 Ud. (dep. 08/05/2014) Rv. 260412 - 01), potendosi desumere la prova dell'effetto destabilizzante sull'equilibrio psichico della persona offesa anche aliunde, come a fortiori evincibile nel caso di specie, in cui la parte civile ha prodotto una cospicua congerie documentale, attestante una vera e propria psicopatologia da parte della persona offesa, da quest'ultima confermata e riscontrata altresì dall'escussione degli altri testi di lista, oltre che inveratasi nel comportamento tenuto dalla persona offesa successivamente ai fatti in contestazione.
L'istruttoria dibattimentale, infatti, ha fornito altresì prova di un'alterazione delle abitudini di vita della (...), costretta a non uscire più di casa da sola, a dormire con il fratello (...) per le incursioni nottetempo del (...), a cambiare numero di telefono, lavoro, abitazione, come dalla stessa riferito e confermato dagli altri testi di lista.
Sul punto, questo Giudice condivide l'orientamento espresso dalla Suprema Corte, secondo cui "In tema di atti persecutori, ai fini dell'individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis cod. pen., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso rilevanza penale ai cambiamenti di vita imposti alla vittima, costretta, prima di uscire, ad ispezionare preventivamente dallo spioncino lo spazio comune condominiale antistante l'abitazione per evitare incontri con l'imputata e a controllare la cassetta delle lettere per proteggere il figlio minore dagli scritti osceni ivi inseriti, sempre dall'imputata." (Sez. 5, n. 10111 del 22/01/2018 - dep. 06/03/2018, P.G. in proc. R., Rv. 27259401).
Infine, ricorre altresì la prova dell'evento alternativo rappresentato dal fondato timore per l'incolumità propria o dei prossimi congiunti: la (...), oltre a confermare di essere ancora intimorita dal (...) all'atto dell'escussione dibattimentale, ha con chiarezza riferito di aver cercato di tollerare i comportamenti dell'imputato perché spaventata da possibili ritorsioni ai danni dei suoi congiunti: percezione, questa, peraltro inveratasi nella condotta dell'imputato, che non lesinava minacce e improperi nei confronti del padre della persona offesa, come da quest'ultimo confermato, incurante della presenza delle forze dell'ordine, che relazionavano in senso conforme sul punto.
Ciò premesso quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi oggettivi del reato di stalking, non c'è dubbio, poi, che per il fatto in contestazione sussiste l'elemento costitutivo soggettivo, essendo evidente, alla luce della sistematicità della condotta e delle modalità dell'azione, la consapevolezza e volontarietà da parte del (...), a minacciare e molestare la (...), nonché ad alterare le sue abitudini di vita e a provocarle un grave stato d'ansia, come risulta evidente dalle icastiche espressioni riportate dalla persona offesa, in cui risulta evidente l'intenzionalità de! dolo dell'imputato, animato dalla volontà di "punire" la persona offesa.
Questo Giudice condivide, sul punto, l'orientamento espresso dalla Suprema Corte, secondo cui "Nel delitto di atti persecutori, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, e che, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l'agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi." (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 - dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 26041101).
Ciò premesso quanto alla sussistenza del fatto ed alla responsabilità dell'imputato, non sussistono elementi idonei a ritenere il fatto meritevole della causa di non punibilità della particolare tenuità ex art. 131 bis c.p., pur astrattamente rientrante nel margine edittale ratione temporis, per la natura abituale del reato contestato, per la durata dello stesso, per le modalità della condotta, variegate e sistematiche, nonché per le conseguenze dannose patite dalla persona offesa, tutt'altro che trascurabili.
Sussiste ictu oculi l'aggravante di cui all'art. 612 bis co. 2 c.p., in quanto l'istruttoria dibattimentale ha chiarito che il (...) ha perpetrato una condotta persecutoria nei confronti di (...), con cui era precedentemente legato da una relazione affettiva coniugale.
Non sussistono elementi positivamente valutabili ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche in favore del (...), al netto del suo stato di (formale, peraltro) incensuratezza. La gravità dei fatti realizzati e l'intensità del dolo del (...) non rendono il fatto meritevole di un trattamento sanzionatorio particolarmente alleviato, concorrendo, anzi, richiedere una pena dotata di una certa severità.
Pertanto, alla luce dei criteri enunciati dall'art. 133 c.p. e, segnatamente, in considerazione della gravità del fatto, desunta dalla durata nel tempo dei comportamenti, dalla incisività e perduranza delle conseguenze dannose patite dalla persona offesa, ancora intimorita e traumatizzata dalle condotte del (...), necessitante di una prolungata assistenza psicologica, costretta ad alterare più volte ed in svariate forme le sue abitudini di vita nonché a vivere in un perdurante stato d'ansia, dalla capacità a delinquere del reo che, sebbene incensurato, ha manifestato un vero e proprio dolo intenzionale, essendo animato dalla volontà di "punire" la persona offesa, rea di essersi sottratta al suo giogo, tenuto altresì conto dell'intervenuta cessazione delle condotte persecutorie, deve ritenersi pena finale congrua quella superiore al minimo edittale, pari ad anni due di reclusione, così calcolata:
1. Pena base, calcolata ex art. 612 bis c.p. nella cornice edittale antecedente alla modifica introdotta dalla 1. 19 luglio 2019, n. 69: anni uno e mesi sei di reclusione;
2. Aumentata per la contestata aggravante di cui all'art. 612 bis co. 2 c.p. alla pena finale di cui sopra;
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Lo stato di incensuratezza dell'imputato, la severità della sanzione qui inflitta e l'avvenuta cessazione delle condotte persecutorie fondano il riconoscimento della sospensione condizionale della pena in favore di (...), ricorrendone tutti i presupposti di legge.
Stante l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, (...) deve essere condannato al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore della costituita parte civile (...), nonché al pagamento delle spese di giudizio da questa sopportate, che si liquidano in euro 3420,00 oltre IVA, CPA e spese forfettarie come per legge, da liquidarsi in favore dello Stato antistatario, essendo la parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato (dovendosi così leggersi e intendersi il dispositivo in parte qua non riproducente tale inciso, per mera omissione materiale, non comportante alcuna nullità dell'atto). L'istruttoria dibattimentale non ha consentito, nemmeno in parte, una parziale dimostrazione dell'ammontare del danno subito dalla persona offesa, trattandosi per lo più di danni non patrimoniali di non pronta liquidazione, dovendosi pertanto rigettare la richiesta di provvisionale immediatamente esecutiva.
Il carico di ruolo gravante su questo Giudice impone la fissazione di un termine di sessanta giorni per il deposito dei motivi.
PQM
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e per l'effetto lo condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letti gli art. 163 ss. c.p., concede il beneficio della sospensione condizionale della pena in favore di (...).
Letti gli artt. 538 ss. c.p.p., condanna (...) al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede a favore della costituita parte civile (...) nonché al pagamento delle spese sostenute dalla medesima nel presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 3420,00 (euro tremilaquattrocentoventi) oltre IVA, CPA e spese forfettarie come per legge, in favore dello Stato antistatario1. Rigetta la richiesta di provvisionale. Motivi in giorni sessanta.
Così deciso in Nola il 8 luglio 2021.
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2021.