Tribunale Nola, 21/04/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 21/04/2020), n.621
Giudice: Alessandra Zingales
Reato: 44 del D.P.R. n. 380/2001
Esito: Condanna (mesi dieci di arresto ed Euro 19.000,00 di ammenda)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Il Giudice Monocratico, dott.ssa Alessandra ZINGALES alla pubblica
udienza del 27.02.2020 ha emesso la seguente
SENTENZA
nel procedimento a carico di:
Ca.Sa., nato (...), ivi residente ed elett. domic. alla via (...)
libero - assente
Am.Ro., nata (...) ivi residente ed elett. domic. alla via (...)
libera - assente
So.Fr., nato (...) residente ed elett. domic. in Sarno (NA) alla
via (...)
libero - assente
tutti difesi di fiducia dall'Avv.to Lu.Ro. del Foro di Nola,
assente, sostituito ai sensi dell'art. 102 c.p.p. dall'avv.to
Fr.Ro.
IMPUTATI
Ca., Am. e So.
a) del reato p. e p. dall'art. 110 c.p. dalla lettera C) dell'art.
44 del D.P.R. n. 380/2001, per aver, in concorso tra loro, Am. in
qualità di proprietaria dell'immobile sito alla via (...), Am. in
qualità di committente dei lavori, So. in qualità di materiale
esecutore dei lavori, iniziato, continuato ed eseguito, in assenza
del permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo ex artt.
131 e ss. D.L.vo n. 42/04 (già artt. 139 e ss. D.L.vo n. 490/99),
le seguenti opere:
- Realizzazione di una cassa di scale esterna aperta e scoperta
avente superficie di 50 mg
Realizzazione di una muratura perimetrale al lato nord
dell'immobile:
b) della contravvenzione di cui agli artt. 93. 94 e 95 del D.P.R.
n. 380/2001 e 2 L. REG. 7/1/1983 n. 9 e 110 c.p. per aver eseguito
i lavori relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica
omettendo di depositare prima dell'inizio dei lavori, gli atti
progettuali presso l'Ufficio del Genio Civile competente e senza
aver prima ottenuto la prescritta autorizzazione;
c) del reato p. e p. dall'art.110 c.p. e 44 lett. c) del D.P.R.
n. 380/2001 in relazione all'art. 181 del D. L.vo n. 42/04 (giÃ
art. 163 del D.L.vo n. 490/99), per avere eseguito le opere di cui
al capo a) in area o su bene sottoposto a vincolo paesaggistico
ambientale in assenza/difformità dell'autorizzazione prescritta
dall'art. 146 del D.L.vo n. 42/04 (già art. 151 D.L.vo n. 490/99)
Ca.
a) del reato p. e p. dalla lettera C) dell'art. 44 del D.P.R. n.
380/2001, per aver, in qualità di proprietario del terreno sito
in via (...), iniziato, continuato ed eseguito, in assenza del
permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo ex artt. 131
e ss. D.L.vo n. 42/04 (già artt. 139 e ss. D.L.vo n. 490/99), le
seguenti opere:
- Realizzazione di uno scavo di fondazione avente profondità di
mt. 3,50 ed una lunghezza di mt. 9,00;
b) della contravvenzione di cui agli artt. 93. 94 e 95 del D.P.R.
n. 380/2001 e 2 L. REG. 7/1/1983 n. 9 per aver eseguito i lavori
relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica omettendo
di depositare prima dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali
presso l'Ufficio del Genio Civile competente e senza aver prima
ottenuto la prescritta autorizzazione;
c) del reato p. e p. dall'art. 110 c.p. e 44 lett. c) del D.P.R.
n. 380/2001 in relazione all'art. 181 del D. L.vo n. 42/04 (giÃ
art. 163 del D.L.vo n. 490/99), per avere eseguito le opere di
cui al capo a) in area o su bene sottoposto a vincolo
paesaggistico ambientale in assenza/difformitÃ
dell'autorizzazione prescritta dall'art. 146 del D.L.vo n. 42/04
(già art. 151 D.L.vo n. 490/99).
(Si omettono le conclusioni delle parti)
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta a giudizio del 2.10.2017, il PM presso questo Tribunale ha disposto la comparizione di Ca.Sa., Am.Ro. e So.Fr. innanzi al Giudice in precedenza titolare del ruolo, perché rispondessero dei reati di cui alla contestazione che precede.
All'udienza del 22.03.2018, svoltasi innanzi alla scrivente nelle more subentrata nella titolarità del ruolo, riconosciuta la regolarità della notifica del decreto di citazione e riscontratane la mancata comparizione, degli imputati Ca. e Am. senza alcun legittimo impedimento, ne è stata dichiarata l'assenza; il processo veniva poi rinviato per la rinotifica del decreto e del verbale di udienza a So.Fr. e per l'istruttoria al 18.10.2018. In tale data, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento in assenza di questioni preliminari, le parti hanno espresso le rispettive richieste di prova e venivano acquisiti il verbale di sequestro 17.11.2016, con i relativi fascicoli fotografici. Di seguito venivano escussi i testi Bi.Pa. e Sa.An., ed il processo veniva rinviato per il prosieguo dell'istruttoria al 4.04.2019.
In tale data venivano escussi, nuovamente il teste Bi. ed il teste Ci.Gi., tutti dell'U.T.C. di San Giuseppe Vesuviano ed acquisite le relazioni del 5.10.2016 e del 17.11.2016, cui aveva fatto riferimento quest'ultimo teste. Il processo era poi rinviato per due testi della difesa.
All'udienza del 3.10.2019 era presente il teste della difesa, arch. An.Bo., al cui esito la difesa dichiarava di rinunciare a tutti gli altri testi della propria lista. Il processo era dunque maturo per la decisione e veniva rinviato per l'eventuale esame degli imputati e per la discussione.
All'udienza del 27.02.2020 la scrivente dichiarava chiuso il dibattimento ed utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti, poi ha invitato le parti a concludere e, raccolte le richieste di cui alla sezione che precede, s'è ritirata in camera di consiglio decidendo come dalla presente sentenza, di cui ha letto il dispositivo in udienza, per le motivazioni che seguono.
Motivi della decisione
L'istruttoria svolta, sufficientemente completa e chiara, ha consentito di accertare che effettivamente Ca.Sa., Am.Ro. e So.Fr. si sono resi responsabili degli abusi edilizi loro rispettivamente contestati, e consistenti nella realizzazione di una cassa scale esterna e scoperta, oltreché di un muro perimetrale, alla via (...) e di uno scavo di fondazione alla via (...), entrambe in San Giuseppe Vesuviano e ciascuno per quanto a sé riferito. Quest'ultimo, tuttavia, contestato al solo Ca. e poi rimesso in pristino con la sua colmatura, circostanza che ha determinato l'estinzione del reato ambientale, come sarà approfondito in prosieguo.
Il compendio probatorio su cui si fonda la presente decisione, rappresentato dalle dichiarazioni dei testi escussi e dalla frazione documentale costituita dagli atti prodotti ed acquisiti nel corso del dibattimento, ha consentito di ricostruire agevolmente la vicenda odierna, che in realtà attiene a due distinte violazioni edilizie. Ciò premesso, occorre evidenziare che, come sempre in fattispecie analoghe, la vicenda è stata riscostruita in dibattimento dai tecnici comunali e dagli ufficiali di P.G. che, congiuntamente e non, hanno proceduto ai diversi sopralluoghi, riscontrando le violazioni contestate. Sintetizzando le diverse testimonianze, la vicenda dei lavori ai due immobili - entrambi formalmente intestati a Am.Ro., ma la cui committenza è imputabile al Ca., suo marito - può essere riscostruita sulla base essenzialmente delle dichiarazioni del teste geom. Ci.Gi., appartenente all'UTC del Comune di San Giuseppe Vesuviano, che ha effettuato entrambi i sopralluoghi, quello all'immobile di via (...) unitamente al M.llo Sa.Gi., in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di San Giuseppe Vesuviano, mentre quello a via (...) insieme al Vigile urbano Bi.Pa..
Iniziando dal primo dei due, il teste riferiva che precedentemente alle violazioni contestate in questa sede lui aveva già effettuato un sopralluogo in via (...) nel giugno del 2016, sempre unitamente al M.llo Sa., per il riscontro di regolarità dei lavori che erano in corso sull'immobile di proprietà di Am.Ro., che in quel frangente esibiva una DIA per lavori di consolidamento del fabbricato (formato da un piano cantinato, un piano terra ed un vano al primo piano), lavori che dovevano consistere nell'eliminazione di una struttura in ferro e nel ripristino di intonaci, impianti e pavimentazione; il teste proseguiva dicendo che in quella sede riscontravano l'effettuazione di alcuni lavori non ricompresi nel titolo autorizzativo (in particolare l'eliminazione della vetrata che delimitava il vano del primo piano, separandolo dalla prospiciente strada comunale) ed invitavano la proprietaria alla sua regolarizzazione o, in alternativa, alla sua rimessione in pristino, precisando che non avevano proceduto ad alcun sequestro in quanto non vi era stato alcun aumento di volumetria. In data 17.11.2016, pertanto, si recavano nuovamente sui luoghi, unitamente al M.llo Sa., per verificare la regolarizzazione dei lavori non ricompresi nella D.I.A. ed in quel frangente riscontravano che, anziché essere stati sanati con le necessarie autorizzazioni, i lavori erano proseguiti in maniera abusiva, mediante la costruzione di una cassa scale in muratura che dal piano terra arrivava al primo piano e che al posto della vetrata che delimitava la stanza del primo piano, l'intero vano era stato chiuso con dei muri di tompagnatura. Il teste dichiarava che, dunque, non solo non vi era stato alcun ripristino dello stato dei luoghi o rilascio di titolo abilitativo - che, su precisa sollecitazione delle parti, dichiarava aver verificato non essere stata rilasciata - ma in più i lavori erano anche proseguiti, precisando tuttavia che anche questo prosieguo di attività non aveva determinato alcun aumento di volumetria, ma i lavori erano stati solo di completamento delle opere precedenti.
Il teste M.llo Sa., nel corso della sua deposizione, riportava negli stessi termini quanto poi riferito dal geometra Ci., precisando che nel corso del sopralluogo rinvenivano la presenza di So.Fr. quale esecutore materiale dei lavori il cui committente verificavano essere il Ca., anch'egli rinvenuto sul posto.
Quanto all'immobile di via (...), il teste Ci. riferiva che vi si era recato unitamente al M.llo Bi.Pa., dei vigili Urbani di San Giuseppe Vesuviano, in data 4.10.2016, e riscontravano la realizzazione di uno scavo nella parte retrostante un vecchio fabbricato allo stato grezzo, che aveva la profondità di 3 metri e 50, ed una lunghezza di nove metri, e confinava con una stradina interpoderale di accesso ad altri fondi. In questo scavo c'era un parziale getto di cemento per la realizzazione di una eventuale muratura in cemento posta sul confine per il mantenimento della strada e che, vista la pericolosità dei lavori, veniva successivamente emessa un'ordinanza di ripristino, la n. 162 del 25 ottobre 2016. Il teste precisava che sul posto c'era il Ca., le cui dichiarazioni vennero verbalizzate dal M.llo Bi., e che comunque si attribuì la paternità delle opere in corso, e che alla successiva verifica del 18.01.2017 (effettuata da quest'ultimo) venne riscontrata l'ottemperanza all'ordinanza di rimessione in pristino.
Il M.llo Bi., già escusso in precedenza, confermava le circostanze poi riferite dal geom. Ci., ossia l'assenza del titolo abilitativo per questi lavori, la presenza sui luoghi del CA. che si attribuiva la paternità degli stessi, la titolarità di entrambi gli immobili (sia quello di via (...) che quello di via (...)) alla Am., avendolo riscontrato dai titoli di proprietà e dalle visure catastali, prodotte in atti, ed infine la circostanza del ripristino dei luoghi, successivamente all'emissione dell'ordinanza sindacale, ottemperata dal Ca., di cui in atti è stato prodotto il relativo verbale del 18.01.2017.
Appurato, dunque, la realizzazione della condotta materiale dei reati edilizi agli imputati, ciascuno nella rispettiva qualità , tutti i testi precisavano poi che l'intero Comune di San Giuseppe Vesuviano rientra nella c.d. zona rossa, e dunque ad alto rischio sismico, in relazione al quale qualsiasi opera in cemento armato richiede il preventivo assenso del Genio Civile, ed inoltre rientra nell'area del Parco del Vesuvio, vincolata dal D.Lgs. n. 42/04 per il quale qualsiasi opera urbana va preventivamente assentita.
Il teste della difesa, arch. An.Bo., nulla di più o di diverso aggiungeva rispetto a quanto già riferito dagli altri testi. Quanto all'opera di via Pace, dichiarava - integrando con il suo narrato il contenuto della relazione prodotta in atti all'esito della sua escussione - che lo scavo era stato messo in pristino e che nulla aveva rinvenuto al momento del suo sopralluogo, successivo all'incarico ricevuto dalla Am. nel settembre 2019, mentre con riguardo all'immobile di via (...) dichiarava di non aver riscontrato aumenti di volumetria non assentiti (né, peraltro, in alcun modo contestati), precisando tuttavia che la cassa scale esterne ed il muro perimetrale, tuttora esistenti, non rientravano tra i lavori preisti dalla D.I.A., titolo abilitativo inidoneo all'assenso di quelle opere.
Orbene, tali essendo le risultanze dibattimentali, ritiene questo Giudice che non sussistano dubbi sulla penale responsabilità degli imputati per i reati loro rispettivamente ascritti, nelle rispettive qualità .
Infatti agli atti è stato prodotto il titolo di proprietà del terreno su cui sono stati realizzati i manufatti abusivi in capo ad Am.Ro., mentre i testi dell'accusa hanno concordemente riferito di aver rinvenuto sui luoghi dei lavori il Ca., risultato essere il committente delle opere abusive, oltre che marito ella Am., ed in via (...) il So., quale esecutore materiale dei lavori edili.
Pertanto nessun dubbio sussiste sulla integrazione della condotta criminosa da parte degli imputati, e alla luce delle modalità della sua realizzazione e di quanto riscontrato dalla P.G. non può che ritenersi sussistente anche l'elemento psicologico che sorregge i reati in contestazione, anche alla luce dei successivi sopralluoghi effettuati su entrambi i cantieri, che dimostrano la piena consapevolezza e volontarietà nella realizzazione delle condotte.
Occorre poi evidenziare che il ripristino dello stato dei luoghi, attestato dal verbale di ottemperanza e confermato dagli stessi testi escussi, mediante la colmatura dello scavo in via Pace, non comporta l'estinzione dei reati commessi con la loro costruzione, in quanto nei reati urbanistici ha rilevanza penale anche delusione del controllo che l'autorità amministrativa è chiamata ad esercitare, in via preventiva e generale, sull'attività edilizia assoggettata al regime concessorio ed allorché un'attività siffatta venga iniziata senza il preventivo assenso dell'amministrazione comunale si ha inesistenza di un danno urbanistico soltanto nell'ipotesi di cui all'art. 13 della legge n. 47/1985 (conformità delle opere agli strumenti urbanistici già nel momento della loro realizzazione), mentre al di fuori di tali ipotesi l'eliminazione spontanea del manufatto abusivo non vale ad eliminare l'antigiuridicità sostanziale del fatto-reato: il territorio, infatti, ha comunque subito un vulnus, pur se vi è stata una successiva attività spontanea rivolta ad elidere le conseguenze dannose del reato" (Cass. sez. III, 29 settembre 1998, n. 10199), sebbene tale comportamento deve essere positivamente valutato come manifestazione di resipiscenza rispetto ai reati commessi.
Del pari devono ritenersi integrati i reati contestati gli altri capi di imputazione, essendo emersa l'omesso deposito presso il competente Genio Civile del progetto per l'ottenimento del necessario permesso e titolo autorizzatorio, collegati ai vincoli sismici che caratterizzano tutta l'area del Comune di San Giuseppe Vesuviano. Non così, viceversa, per la contravvenzione paesaggistica, in relazione alla quale la spontanea ottemperanza all'ordinanza di rimessione in pristino, attestata da tutti i testi, determina l'operatività della speciale causa di estinzione del reato, ai sensi dell'art. 181 comma 1 quinquies D.Lgs. n. 42/04.
Affermata dunque la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, ad eccezione della contravvenzione paesaggistica testé indicata, e venendo al trattamento penale da annettere ai fatti sanzionati, che sono tutti in concorso tra loro, poiché gli uni funzionali agli altri e logicamente interdipendenti, oltre che organizzati in una valutazione unitaria preventiva, non appaiono comunque concedibili le circostanze attenuanti generiche, sebbene vi sia stato una parziale ottemperanza alla rimessione in pristino, e ciò nell'ottica di una valutazione complessiva del comportamento degli imputati che, con riguardo alle violazioni più significative, ossia quelle attinenti all'immobile sito in via (...), non solo non hanno provveduto a regolarizzare la loro posizione mediante la richiesta di un idoneo titolo abilitativo, ma hanno pertinacemente proseguito nella realizzazione delle opere abusive riscontrate.
Partendo, dunque dalla posizione di Ca.Sa., e ritenuto più grave il reato di cui alla lett. a) del primo capo di imputazione, si stima congrua la pena di mesi dieci di arresto ed Euro 19.000,00 di ammenda, così determinata: pena base, mesi sei di arresto ed Euro 15.000,00 di ammenda, aumentata di mesi uno di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda per ciascuno degli altri reati a lui contestati. Stessa pena base per Am.Ro. e So.Fr., anche qui aumentata di mesi uno di arresto ed ero 1.000,00 di ammenda per ciascuno degli altri due reati in continuazione, che porta la pena finale a mesi otto di arresto ed Euro 17.000,00 di ammenda ciascuno.
Alla dichiarazione della penale responsabilità , segue infine per legge la condanna di tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali.
Seguono le comunicazioni alle autorità amministrative interessate, per le valutazioni di rispettiva competenza.
Il carico di lavoro e le diverse sentenze assunte in decisione alla medesima udienza giustificano la riserva del termine per il deposito delle motivazioni sono contestuali.
PQM
Letto l'art. 181 comma 1 quinquies del D. Lgs. n. 42/2004,
dichiara non doversi procedere nei confronti di Ca.Sa. per il reato di cui alla lettera c) del secondo capo di imputazione a lui contestato per intervenuta rimessione in pristino dello stato dei luoghi;
Letto l'art. 533 c.p.p.,
dichiara Ca.Sa. colpevole dei rimanenti reati a lui ascritti e ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione e più grave quello di cui alla lett. a) del primo capo di imputazione, lo condanna alla pena di mesi dieci di arresto ed Euro 19.000,00 di ammenda. Letto Part. 533 c.p.p.,
dichiara Am.Ro. e So.Fr. colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti e, ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione, e più grave quello di cui alla lett. a) del primo capo di imputazione, li condanna alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 17.000,00 di ammenda;
Letto l'art. 535 c.p.p.,
condanna Ca.Sa., Am.Ro. e So.Fr. al pagamento delle spese processuali.
Visti gli art. 76 e 101 D.P.R. 380/2001,
dispone la comunicazione a cura della Cancelleria della presente sentenza al Comune di San Giuseppe Vesuviano, alla Regione Campania e al competente Ufficio Tecnico della Regione Campania;
Letto l'art. 544 III comma c.p.p., indica in giorni 60 il termine per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Nola il 27 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2020.