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Usucapione: Che cos'è e come è disciplinata dal codice civile

Indice:

1. Che cos'è l'usucapione?

L'usucapione è un istituto giuridico che consente a un individuo di acquisire la proprietà di un bene (solitamente un bene immobile o mobile) attraverso il possesso continuato e ininterrotto di quel bene per un periodo di tempo specifico, definito dalla legge.

In altri termini, se una persona detiene e utilizza un bene per un certo numero di anni senza che il proprietario legittimo faccia valere i propri diritti di proprietà, il possessore può acquisire il diritto di proprietà su quel bene tramite l'usucapione. L'usucapione è una forma di acquisto originaria della proprietà, il che significa che il nuovo proprietario non deriva il suo diritto da un titolo di trasferimento preesistente, ma piuttosto attraverso il possesso prolungato e pacifico del bene stesso. L'usucapione rappresenta un modo per stabilire chiaramente il diritto di proprietà quando il proprietario legittimo non si fa avanti per rivendicare il bene nel corso del tempo.

Perché si abbia usucapione è necessario che il possesso, protratto per tutto il tempo necessario, sia pacifico e pubblico, seppur non in buona fede. Infatti, il possessore può ben essere a conoscenza dell'esistenza del diritto di proprietà altrui sul bene. L'usucapione non è una sanzione per chi non utilizza i propri beni, bensì una sorta di premio per chi, invece, se ne prende eventualmente cura per un ventennio atteggiandosi a proprietario.

2. Brevi cenni storici sull'usucapione

Le origini storiche dell'usucapione risalgono al diritto romano antico, dove questo istituto giuridico veniva ampiamente riconosciuto e utilizzato.

Nel diritto romano, l'usucapione veniva chiamata "usucapio" e costituiva un meccanismo importante per la trasmissione e l'acquisizione della proprietà.

L'usucapio nel diritto romano aveva radici nella pratica quotidiana e nella consuetudine e costituiva un modo per stabilire chiaramente il diritto di proprietà su un bene quando il possessore lo aveva tenuto pacificamente e ininterrottamente per un certo periodo di tempo.

Questo principio rifletteva l'idea che il possessore che aveva mantenuto il possesso del bene per un periodo prolungato dimostrava il suo diritto di proprietà attraverso la sua condotta.

L'usucapione romana aveva diverse forme e durate a seconda del tipo di bene e della situazione.

Ad esempio, c'era l'usucapione per un bene mobile (usucapio mobilium) che richiedeva il possesso continuato per un anno, e l'usucapione per un bene immobile (usucapio immobilium) che richiedeva un possesso continuato per due anni per un cittadino romano o dieci anni per un non-cittadino.

Questo concetto di usucapione è stato in seguito ereditato e adattato dalle tradizioni legali successive.

Molte giurisdizioni moderne hanno incorporato principi simili di usucapione nei loro sistemi giudiziari, consentendo alle persone di acquisire la proprietà attraverso il possesso continuato e ininterrotto nel tempo.

3. Come è disciplinata l'usucapione nel codice civile?

Nel nostro ordinamento, l'usucapione è disciplinata dagli articoli 1158 e seguenti del Codice Civile italiano. Questi articoli stabiliscono le regole e i requisiti per l'acquisizione della proprietà tramite l'usucapione.

Le disposizioni principali relative all'usucapione nel Codice Civile italiano includono:

Durata del possesso: Perché si possa configurare l'usucapione, il possesso del bene deve essere stato ininterrotto, pacifico e pubblico per un periodo di tempo specifico. Questo periodo varia a seconda della natura del bene (mobile o immobile) e del contesto, ma generalmente può essere di 10 o 20 anni.

Buona fede: In alcuni casi, la buona fede del possessore può essere un requisito per l'usucapione. Questo significa che il possessore deve credere in buona fede di avere il diritto di possedere il bene come proprietario.

Titolo: In alcuni casi, è richiesto che il possessore non abbia alcun titolo giuridico valido per possedere il bene. Questo significa che l'usucapione può verificarsi quando il possessore non ha ottenuto il bene tramite un atto legale come una compravendita, un contratto di locazione, ecc.

Termini brevi e lunghi: A seconda delle circostanze, possono applicarsi termini più brevi o più lunghi per l'usucapione di beni mobili o immobili. Ad esempio, per l'usucapione di beni mobili, il periodo richiesto potrebbe essere di 3 anni, mentre per beni immobili potrebbe essere di 20 anni.

È importante sottolineare che l'usucapione non è automatica; il possessore deve presentare una richiesta legale per ottenere il riconoscimento della proprietà attraverso l'usucapione. Inoltre, le specifiche regole e requisiti possono variare a seconda del contesto e dei dettagli della situazione.

4. Le massime della Corte di Cassazione in tema di usucapione

Cassazione civile , sez. III , 12/07/2023 , n. 19951

In materia di beni immobili, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 830 e 828, comma 2, c.c. , i beni del patrimonio indisponibile di un ente pubblico non territoriale possono essere sottratti alla pubblica destinazione soltanto nei modi stabiliti dalla legge, e quindi certamente non per effetto di usucapione da parte di terzi, non essendo usucapibili diritti reali incompatibili con la destinazione del bene dell'ente al soddisfacimento del bisogno primario di una casa di abitazione per cittadini non abbienti. (Nella specie, la S.C. in considerazione della riconosciuta natura pertinenziale di un sottotetto in relazione agli appartamenti ubicati in uno stabile dell'I.A.C.P., ne ha affermato la non usucapibilità).


Cassazione civile sez. II - 08/11/2022, n. 32858

Il giudice di appello che riformi la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accertato l'esistenza di una servitù prediale fondata su un contratto ha l'obbligo di esaminare d'ufficio la domanda, proposta in via subordinata in primo grado e rimasta assorbita, di accertamento dell'esistenza della stessa servitù fondata sull'usucapione, nonostante la mancata espressa riproposizione di essa da parte dell'appellato, trattandosi di un diritto autodeterminato, che si identifica con il suo contenuto e non con il titolo con cui viene fatto valere.


Cassazione civile sez. II - 29/11/2022, n. 35067

In materia di successione ereditaria, il coerede, prima della divisione, può usucapire la quota degli altri coeredi, senza necessità di invertire il titolo del possesso, allorché eserciti il proprio possesso in termini di esclusività, ossia in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare l'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", della cui prova è onerato, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa. Peraltro, tale volontà non può desumersi dal fatto che lo stesso abbia utilizzato e amministrato il bene ereditario attraverso il pagamento delle imposte e lo svolgimento di opere di manutenzione, operando la presunzione "iuris tantum" che egli abbia agito nella qualità di coerede e abbia anticipato anche la quota degli altri.


Cassazione civile sez. II - 14/12/2022, n. 36626

L'istituto dell'usucapione speciale di cui all'art. 1159-bis c.c., riguardante i fondi rustici con annessi fabbricati siti in comuni classificati montani, ovvero in comuni non montani quando il loro reddito dominicale non sia superiore ai limiti fissati dalla l. n. 97 del 1994, postula che il fondo rustico sia concretamente destinato all'attività agricola, per tale intendendosi una ben individuata entità agricola avente destinazione e preordinazione a una propria vicenda produttiva senza che, per definire il predetto concetto, possa essere impiegata la nozione di impresa agricola, ponendosi essa in contrasto con la "ratio" della norma, data dall'esigenza di tutelare l'attività agricola svolta in piccole zone montane di scarsa produttività, onde recuperare terreni incolti e abbandonati dal proprietario e non di incentivare l'attività agricola organizzata in forma imprenditoriale ed esplicata sui fondi in questione.


Cassazione civile sez. un. - 12/01/2023, n. 651

In tema di espropriazione per pubblica utilità, nelle controversie soggette al regime giuridico previgente al d.lgs. n. 327 del 2001 (per essere la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima del 30 giugno 2003), il decreto di esproprio validamente emesso è idoneo a far acquisire al beneficiario dell'espropriazione la piena proprietà del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all'adozione del menzionato decreto non segua l'immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'"animus possidendi" in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene.

Cassazione civile sez. un. - 12/01/2023, n. 651

In tema di espropriazione per pubblica utilità, in base alla disciplina introdotta dal d.P..R. n. 327 del 2001, l'esecuzione del decreto di esproprio - con la immissione in possesso del beneficiario dell'esproprio entro il termine perentorio di due anni, mediante la formale redazione di un verbale - assurge a condizione sospensiva di efficacia del decreto stesso (artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, d.lgs. C.I.T..), con la conseguenza che, in mancanza, detto decreto diventa definitivamente inefficace e non si realizza l'effetto estintivo della proprietà e degli altri diritti gravanti sul bene (salvo il potere dell'autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni, cui dovrà seguire un nuovo decreto di esproprio). Ove, invece, il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito, il beneficiario dell'espropriazione acquista la proprietà e il possesso del bene e l'espropriato o il terzo che continuino ad occuparlo o a utilizzarlo si trovano in una situazione di fatto che non è configurabile come possesso "ad usucapionem" (art. 24, comma 4, d.lgs. C.I.T..). Tale disciplina si applica anche in caso di cessione volontaria delle aree, poiché, ai sensi dell'art. 45 d.lgs. C.I.T.., la menzionata cessione produce gli stessi effetti del decreto di esproprio e, quindi, determina il passaggio della proprietà solo a seguito dell'immissione in possesso con le modalità e nei termini indicati.


Cassazione civile sez. II - 01/03/2023, n. 6127

In caso di contitolarità di enfiteusi, uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso del diritto di un altro coenfiteuta ai sensi dell'art. 970 c.c., in quanto l'effetto della prescrizione estintiva è la riespansione del dominio diretto del concedente, non già l'espansione del dominio utile di un coenfiteuta a danno di un altro, che può avvenire, invece, nel caso in cui un coenfiteuta eserciti il possesso corrispondente all'esercizio esclusivo dell' enfiteusi sul fondo, incompatibile con il possesso degli altri coenfiteuti, divenendo così l'unico titolare, per usucapione, del diritto di enfiteusi.

Cassazione civile sez. II - 14/03/2023, n. 7374

In tema di azione di reintegrazione nel possesso, il principio secondo il quale la produzione del titolo da cui il deducente trae lo "ius possidendi" non può sostituire la prova del possesso ma solo integrarla, al fine di meglio determinare e chiarire i connotati del suo esercizio, non si applica all'ipotesi in cui il titolo prodotto sia rappresentato da una pronuncia dichiarativa dell'acquisto (a titolo originario) della proprietà per usucapione ordinaria ventennale ex art. 1158 c.c., che attesti la persistenza del potere di fatto al momento in cui è avvenuto il contestato spoglio, atteso che l'acquisto per usucapione postula l'esercizio pacifico, continuato ed ininterrotto della signoria di fatto sulla "res" in tale frangente storico.


Cassazione civile sez. II - 23/03/2023, n. 8320

L'accertamento dell'esistenza, o meno, dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale di servitù costituito per usucapione deve essere condotto unitariamente, con riferimento alla sussistenza dei requisiti del possesso utile "ad usucapionem", dei presupposti dell'apparenza e dell'"utilitas", sia con riferimento all'eventuale domanda di riconoscimento dell'esistenza del diritto stesso, indipendentemente dal fatto che essa sia proposta in via principale o riconvenzionale, sia con riguardo all'eccezione di usucapione, che sia sollevata al solo fine di paralizzare l'avversa azione negatoria del diritto reale. Non è infatti possibile riconoscere, in via di eccezione, la sussistenza dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale che sia stata esclusa, mercé il rigetto della corrispettiva azione di accertamento della sua esistenza.


Cassazione civile sez. II - 24/03/2023, n. 8549

In tema di usucapione speciale per la piccola proprietà rurale ai sensi della l. n. 346 del 1976, qualora il ricorso al giudice volto ad ottenerne il riconoscimento contenga l'elezione di domicilio presso un difensore, coloro che propongono opposizione validamente notificano l'atto di citazione nel predetto domicilio eletto.

Cassazione civile sez. II - 18/04/2023, n. 10257

Laddove venga proposta in primo grado azione di restituzione di immobile fondata su un comodato precario, non costituisce domanda nuova quella di usucapione decennale formulata in appello dall'attore soccombente, essendo quest'ultima formulata in forza dello stesso titolo trascritto univocamente invocato nella domanda di restituzione spiegata in primo grado.


Cassazione civile sez. II - 26/04/2023, n. 10929

La servitù si qualifica come coattiva non in forza del titolo di costituzione bensì in relazione alla funzione svolta, potendo essa essere costituita sia volontariamente che per usucapione, con la conseguente applicazione dell'art. 122 del r.d n. 1755 del 1933, che pone a carico dell'Enel le spese relative allo spostamento, anziché dell'art. 1068 c.c.

Cassazione civile sez. II - 08/05/2023, n. 12175

Le aperture di luci che si aprono tra un vano e l'altro dello stesso edificio condominiale, a differenza di quelle che si aprono su un fondo aperto altrui e alle quali fa riferimento l'articolo 900 c.c., sono prive della connotazione di precarietà e mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli articoli da 901 a 904 c.c.. Ne consegue che, in ordine ad esse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, nonostante il mancato consenso del vicino, l'acquisto della relativa servitù per usucapione in virtù del protratto possesso correlato all'effettiva esistenza dello stato di fatto. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto, nell'ambito di uno stesso edificio condominiale, l'avvenuta usucapione della servitù consistente nel diritto a mantenere una finestra collocata tra una cucina di proprietà esclusiva di un condomino e il vano scala di proprietà esclusiva di altro condomino).

Cassazione civile sez. II - 09/05/2023, n. 12381

In caso di contratto di divisione di un fondo, il condividente che domanda di accertare l'acquisto per usucapione di una servitù a vantaggio della porzione a lui attribuita ed a carico della porzione attribuita ad altro condividente, non può unire al possesso di tale servitù, esercitato in esito alla divisione, quello da lui in precedenza svolto quale compossessore "pro indiviso" dell'asserito fondo dominante. Per godere degli effetti del possesso "ad usucapionem" di una servitù a carico di un fondo di proprietà comune occorre, infatti, che lo stesso sia esercitato a vantaggio di altro fondo di proprietà esclusiva di uno dei comproprietari del primo, ovvero che l'utilità tratta dalle nuove opere sia diversa da quella normalmente derivante dalla destinazione impressa al fondo comune fruita da tutti i compossessori, in quanto ove tale utilità (nella specie, il passaggio e la collocazione di condutture) derivi unicamente dalla natura e dalla pregressa destinazione del fondo in comproprietà, non è configurabile l'esercizio di una servitù a carico di detto bene.


Cassazione civile sez. II - 10/05/2023, n. 12688

Ove sia riscontrata, da parte del giudice di merito, la natura demaniale di un edificio di interesse storico o artistico, l'intero manufatto, in ragione del predetto interesse, è soggetto al regime vincolato, con conseguente esclusione della sua usucapibilità. Resta salva la possibilità del giudice di merito di accertare, all'esito di valutazione in punto di fatto non utilmente censurabile in sede di legittimità - ove sorretta da motivazione idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e non viziata da apparenza o irriducibile contrasto logico - che alcune porzioni dello stabile, in funzione della loro autonomia funzionale e della loro separazione fisica dal corpo dell'edificio vincolato, non partecipano della specifica natura attribuita a detto bene.

Cassazione civile sez. II - 23/05/2023, n. 14105

L'immobile di proprietà di un Comune che, sebbene non iscritto nell'elenco di cui all'art. 4, comma 1, della l. n. 1089 del 1939, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 822 e 824 c.c., al regime del demanio pubblico, con la conseguenza che non può essere sottratto alla propria destinazione, né può essere oggetto di usucapione, indipendentemente dal momento in cui sia apposto il vincolo, atteso che quest'ultimo ha una mera efficacia dichiarativa, volta ad attestare in capo all'immobile una prerogativa già esistente.

Cassazione civile sez. II - 16/06/2023, n. 17380

Ai fini del riconoscimento della servitù per destinazione del padre di famiglia, per determinare il momento rilevante ai fini della costituzione della servitù va considerato lo stato di fatto esistente al tempo della cessazione dell'appartenenza dei due fondi al medesimo proprietario, con la conseguenza che, in caso di acquisto di uno dei due fondi per usucapione, occorre avere riguardo al momento del compimento del tempo necessario ad usucapire e non a quello della pronuncia giudiziale, che ha natura di mero accertamento.


Cassazione civile sez. II - 19/06/2023, n. 17427

L'appartenenza di un terreno comunale al patrimonio indisponibile dell'ente, in quanto destinato a verde pubblico, presuppone una concreta ed effettiva utilizzazione del bene allo scopo destinato, non essendo sufficiente la mera previsione urbanistica, che di per sé esprime solo un'intenzione che, ancorché contenuta in un atto amministrativo, non muta l'oggettiva caratteristica del bene, che può quindi essere oggetto di usucapione.


Cassazione civile sez. II - 19/06/2023, n. 17475

Il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all'acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitù, in quanto la servitù di aria e luce - che è negativa, risolvendosi nell'obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione - non è una servitù apparente, atteso che l'apparenza non consiste soltanto nell'esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all'acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima.

Cassazione civile sez. II - 28/06/2023, n. 18445

L'occupazione usurpativa di un fondo da parte della P.A. è compatibile con l'usucapione del fondo medesimo da parte dell'ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facoltà del proprietario di rivendicare il bene, col limite di diritto comune dell'intervenuta usucapione; non rileva, in senso contrario, la facoltà di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, essendo l'acquisto postumo del diritto di proprietà logicamente incompatibile con l'intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione.

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