Indice:
1. Assegno di mantenimento: che cos'è?
L'assegno di mantenimento è un contributo finanziario che un genitore è tenuto a versare all'altro genitore per contribuire alle spese relative all'assistenza, all'educazione e al sostentamento dei figli in caso di separazione o divorzio. L'obiettivo principale è assicurare il benessere e il sostegno economico dei figli anche dopo la fine della convivenza tra i genitori.
La materia è disciplinata da Codice Civile (articoli 155 e seguenti) e si fonda sui seguenti principi generali:
Principio della reciprocità: L'obbligo di versare l'assegno di mantenimento è basato sulla reciprocità tra i genitori, tenendo conto delle risorse economiche di entrambi.
Valutazione delle condizioni economiche: La determinazione dell'ammontare dell'assegno tiene conto delle condizioni economiche di entrambi i genitori, considerando redditi, patrimoni, e le spese necessarie per il benessere dei figli.
Tenore di vita dei figli: L'obiettivo è mantenere un tenore di vita per i figli proporzionato alle possibilità economiche della famiglia, anche dopo la separazione dei genitori.
Possibilità di modifica: L'importo dell'assegno può essere rivisto in caso di cambiamenti significativi nelle condizioni economiche di uno dei genitori o nel bisogno dei figli.
Accordo tra le parti o decisione del giudice: L'assegno di mantenimento può essere stabilito attraverso un accordo tra i genitori, o in mancanza di accordo, può essere deciso dal giudice in caso di contenzioso.
2. Come si quantifica il mantenimento?
La quantificazione del contributo dovuto dai genitori deve osservare un principio di proporzionalità, che postula una valutazione comparata dei loro redditi, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del minore e del tenore di vita da lui goduto, sicché, una volta accertata, in sede di procedimento di revisione o modifica dell'assegno, la riduzione delle entrate patrimoniali del genitore non collocatario nonché la sopravvenuta nascita di altro figlio al cui mantenimento egli debba contribuire, il giudice è tenuto a procedere alla nuova quantificazione del contributo in parola, tenendo conto anche delle risorse della madre convivente e delle necessità correnti del minore di età (Cassazione civile , sez. I , 22/11/2023 , n. 32466).
Sì, l'obbligo di mantenimento nei confronti dei figli è previsto dalla legge anche quando diventano maggiorenni, purché siano ancora in un percorso di studio o formazione professionale che ne giustifichi la necessità del supporto economico.
L'obbligo, in genere, continua fino al compimento degli studi o del percorso formativo.
L'art. 333 del Codice Civile italiano afferma che "Il genitore tenuto al mantenimento non cessa di essere obbligato per il solo fatto che il figlio ha raggiunto la maggiore età. L'obbligazione sussiste finché il figlio ha compiuto l'adempimento del proprio dovere, cioè fino al conseguimento di un titolo idoneo all'esercizio di una professione, arte o mestiere."
Quindi, se il figlio maggiorenne è ancora impegnato in un percorso di studio o formazione professionale, l'obbligo di mantenimento può persistere fino al completamento di tale percorso.
Va notato che il mantenimento può anche essere esteso in determinate circostanze particolari, come nel caso di figli che, a causa di malattie gravi o disabilità, non siano in grado di provvedere al proprio sostentamento.
Ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che questo obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni (Cass. 17183/2020).
Pertanto, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o d! essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro; di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto" in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa (Cass. 26875/2023).
Se il riconoscimento del diritto al mantenimento dipende dal fatto che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro, allora la presenza di una patologia (a meno che la stessa non integri la condizione di grave handicap, che comporterebbe automaticamente l'obbligo di mantenimento; Cass. 21819/2021) influisce sul diritto al mantenimento se e nella misura in cui incide sulle capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa.
Va poi aggiunto che il figlio di genitori divorziati, nel caso in cui abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un'occupazione lavorativa stabile (o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente), non può soddisfare l'esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l'obbligazione alimentare da azionarsi nell'ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso (Cass. 29264/2022).
Questo principio non soffre eccezioni ove il figlio ultramaggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia, ma non tale da integrare - come appena detto - la condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l'obbligo di mantenimento. In una simile fattispecie, per soddisfare le essenziali esigenze di vita del figlio ultramaggiorenne non autosufficiente, occorrerà richiedere, ove ne sussistano i presupposti, un sussidio di ausilio sociale, oppure sarà possibile proporre l'azione per il riconoscimento degli alimenti (i quali rappresentano un minus rispetto all'assegno di mantenimento, con la conseguenza che nella richiesta di tale assegno può ritenersi compresa anche quella di alimenti; cfr. Cass. 23133/2023).
4. Assegno di mantenimento e assegno alimentare sono la stessa cosa?
L'assegno di natura alimentare non può essere equiparato all'assegno di mantenimento per i figli, essendo diverse sia la natura e sia le finalità proprie dei due tipi di assegno, solo in minima parte potendo coincidere le due provvidenze.
Invero, l'assegno di mantenimento può comprendere anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come domanda per alimenti, così come ritenuto dai giudici di merito in primo e secondo grado.
In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce, comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito dallo stato di bisogno.
5. Assegno di mantenimento: si valutano i redditi da evasione?
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza matrimoniale a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo rilievo anche i redditi occultati al fisco, all'accertamento dei quali l'ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria."( Sez. 1 - , Ordinanza n. 22616 del 19/07/2022). Come precisato in alcune pronunce di legittimità esiste un limite alla discrezionalità del giudice negli accertamenti reddituali dei coniugi in crisi familiare. Tale limite è rappresentato dal fatto che il giudicante, pur potendosi avvalere delle indagini della polizia tributaria, non può rigettare le richieste delle parti relative al riconoscimento ed alla determinazione dell'assegno sotto il profilo della mancata dimostrazione, da parte loro, degli assunti sui quali le richieste si basano, avendo in tal caso l'obbligo di disporre tali accertamenti
6. L'assegno di mantenimento è ripetibile in caso di revoca?
Le Sezioni Unite (Cass. 32914/2022), su contrasto insorto in ordine alla restituzione delle somme percepite dal coniuge separato e poi divorziato, a titolo di assegno di mantenimento poi revocato, e alla asserita irripetibilità, in tutto o in parte (nei limiti della modesta entità dell'importo del contributo), delle somme versate a titolo di mantenimento, hanno affermato che, "in tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l'insussistenza "ab origine", in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della "condictio indebiti" che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto "ex tunc" delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica".
Questa Corte successivamente, avuto riguardo alle questioni di ripetibilità poste in ordine ad assegni di mantenimento dei figli, in linea con i principi affermati dalle Sezioni unite, ha chiarito che "in ogni ipotesi di riduzione del contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti provvisori adottati, è esclusa la ripetibilità della prestazione economica eseguita; il diritto di ritenere quanto è stato pagato, tuttavia, non opera nell'ipotesi in cui sia accertata l'insussistenza "ab origine", quanto al figlio maggiorenne, dei presupposti per il versamento e sia disposta la riduzione o la revoca del contributo, con decorrenza di regola collegata alla domanda di revisione o, motivatamente, da un periodo successivo". In motivazione, si è ribadito che "l'assegno in oggetto ha comunque natura para-alimentare, rispondendo il contributo al mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti economicamente, al pari degli alimenti, alla necessità di sopperire, in rapporto alle esigenze anche presunte in relazione all'età, agli studi, etc..., ai bisogni di vita della persona, sia pure in un'accezione più ampia e pur non essendo necessario uno stato di indigenza, come negli alimenti (cfr. sul carattere "sostanzialmente alimentare" dell'assegno Cass. 28987/2008; Cass. 13609/2016; Cass. 23569/2016; Cass. 11689/2018)".
7. Non pagare l'assegno di mantenimento è reato?
È integrato il retato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all' art. 570 bis c.p. , in caso di volontaria sottrazione agli obblighi familiari determinando lo stato di bisogno dei figli minori per un lasso di tempo significativo, quando il soggetto obbligato non abbia mai provveduto a versare quanto dovuto in forza di sentenza in favore del figlio beneficiario, senza per di più addurre giustificazione alcuna.